• Non ci sono risultati.

La carta di rischio archeologico

Nel documento Ai miei genitori Ai miei nonni A Massimo (pagine 76-90)

Parte prima: Il Sistema informativo di Cividale del Friuli I.1 Strumenti e metodi

2.3. La carta di rischio archeologico

“1. In attuazione dell’articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all’articolo 117 della Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice.

2. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura.

3. Lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni assicurano e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione. 4. Gli altri soggetti pubblici, nello svolgimento delle loro attività, assicurano la conservazione e la pubblica fruizione del loro patrimonio culturale.”

I punti citati sono i primi quattro articoli del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio approvato con decreto legislativo il 22 gennaio 2004, n°42 (G.U. n° 45 del 24 febbraio 2004), il cui testo integrale è scaricabile sul sito www.beniculturali.it53 o su www.gazzettaufficiale.it.

Il codice continua con l’Articolo 3, in cui si parla della tutela del patrimonio culturale:

“1. La tutela consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione.” Continua poi con l’Articolo 29, inerente la Conservazione:

“1. La conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro.

2. Per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitarne le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo complesso.

3. Per manutenzione si intende il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’identità del bene e delle sue parti.”

Questo lungo preambolo serve ad introdurre il discorso relativo alla tutela del patrimonio archeologico e alla redazione di carte di rischio ad essa connesse; per un centro abitato che, come Cividale, insiste su una città antica il discorso è maggiormente importante, in quanto i continui cambiamenti ed interventi nel tessuto cittadino modificano e rischiano di distruggere le evidenze antiche sepolte. Molto spesso l’evoluzione e l’intenso sviluppo urbano dei centri abitati ha modificato fortemente, a volte cancellato ogni traccia dell’antico tessuto urbano antico; alle volte la pianta della città antica è ancora visibile o ricostruibile osservando quella moderna, con l’ausilio

53

di cartografia storica, foto aeree, fonti e toponomastica. La convivenza tra le due realtà è spesso complicata ed è per questo che nella redazione dei piani regolatori è assolutamente necessario un continuo dialogo tra gli enti preposti alla salvaguardia del patrimonio antico e quelli che si interessano della gestione della città moderna. Spesso succede che durante i lavori di manutenzione urbana per la messa in opera di tubature o cavi elettrici si incorra nel ritrovamento fortuito di dati archeologici: la conseguenza è il blocco dei lavori o il loro slittamento per favorire la ricerca e questo crea malcontento da parte di chi deve eseguire gli interventi, anche per il sovraccarico dei costi e l’allungamento dei tempi.

In questo contesto è da inserire la carta di rischio archeologico, una carta che può essere chiamata previsionale, poiché fornisce dati per una tutela “indiziaria”, uno strumento in continuo sviluppo che affianca ai dati conosciuti una parte relativa a dati ipotetici, individuando zone soggette a rischio di futuri ritrovamenti archeologici: una sorta di carta di “diagnostica archeologica”54 costituita da vari elementi: fonti scritte, foto aeree, ritrovamenti archeologici precedenti, toponimi, particolare geomorfologia del territorio, ricognizioni su campo, dove possibili.

L’importanza primaria della carta di rischio e di tutela e quella relativa alle istituzioni a cui essa è principalmente rivolta, cioè alle amministrazioni locali: la carta deve essere costruita in modo tale che il personale tecnico sia in grado di leggerla senza difficoltà e soprattutto di capire il significato dei dati presentati; la carta deve rappresentare una sorta di prontuario per evidenziare le aree a maggiore rischio archeologico, nel momento in cui si programma e si pianifica l’uso del territorio urbano. la carta, inoltre, deve favorire una migliore integrazione tra problematica archeologica e pianificazione territoriale.

La funzione della carta di rischio è quella di rendere evidente che ogni area non indagata, soprattutto in ambito urbano e in città di fondazione antica, è un’area a rischio di ritrovamenti, che l’assenza di elementi archeologici non significa specificatamente assenza di dato, significa solamente che in quel luogo ancora non sono noti dati archeologici. Solamente dopo sondaggi esplorativi con esito negativo si può dire che quell’area non è a rischio, non prima. In contesto urbano, le uniche aree che possono essere considerate non a rischio sono quelle in cui le trasformazioni moderne, quando ancora le leggi sulla tutela non esistevano, hanno completamente asportato la stratificazione storico-archeologica fino a livello del suolo vergine.

La grande differenza tra carte di rischio relative a città e carta relative ad un territorio è che mentre lo spazio urbano è potenzialmente a rischio nella sua totalità e l’intensità di rischio è riferibile ad una certa prevedibilità dei meccanismi di organizzazione dell’urbanistica antica, per il territorio è necessario fare dei distinguo: tramite l’utilizzo di foto aeree, ricognizione, fonti scritte,

54

toponomastica, studio della morfologia territoriale, si possono evidenziare tre gradi di rischio archeologico, alto, medio e basso. Il primo si riferisce a luoghi in cui la convergenza di dati provenienti dallo studio della toponomastica, delle foto aeree e della ricognizione, per esempio, permettono di individuare un luogo in cui la probabilità di trovare dati archeologici è molto alta, soprattutto se dalla ricognizione di superficie sono emersi dati relativi a ritrovamenti di materiali non sporadici e prevalentemente sincronici. Il secondo grado si riferisce ad aree in cui la ricognizione di superficie non ha dato grandi risultati ma magari vi è una convergenza tra dati toponomastici e modifiche geomorfologiche, a maggior ragione se il luogo di studio si trova ai margini di un’area archeologica attestata. L’ultimo grado di rischio infine viene utilizzato per quelle aree che non hanno dato risultati convergenti da due o più aree di studio, per esempio vi è la sola attestazione toponomastica, senza conferme né dalla geomorfologia né dalla ricognizione. La capacità di prevedere e prevenire, soprattutto in ambito urbano, è possibile utilizzando gli strumenti adeguati, cioè cercando di redigere buone carte di rischio archeologico che possano permettere la conciliazione delle esigenze di sviluppo collettivo e di trasformazione dell’abitato con quelle di conservazione e di tutela del patrimonio artistico.

La città di Cividale è caratterizzata da una stratigrafia varia e disomogenea: la fondazione viene datata al periodo cesariano, intorno al 50 a.C. e subisce un grande cambiamento durante l’invasione longobarda del 568 d.C. diventando la capitale del primo ducato longobardo in Italia. Gli scavi archeologici hanno ben documentato le vicende storiche della città, individuando fasi diverse, momenti di riutilizzo di murature o pavimenti e momenti di distruzione per la messa in opera di strutture posteriori. Un altro dato importante che emerge dalla lettura delle relazioni di scavo è, come visto in precedenza, quello relativo alla variazione di profondità a cui sono stati documentati i ritrovamenti: alcuni scavi sono scesi fino a tre metri di profondità, altri si sono fermati a meno di un metro; l’individuazione della aree superficiali, quindi più vicine al piano di calpestio attuale, è fondamentale perché esse possono essere raggiunte, manomesse o distrutte con grande facilità. La carta archeologica e le sezioni sono state impostate per facilitare la lettura della stratigrafia archeologica proprio allo scopo di valutare la profondita’ dei livelli antropizzati antichi in rapporto alle quote attuali di calpestio, soprattutto in quei settori della città che per concentrazione dei resti archeologici noti e sulla base delle ipotesi ricostruttive del tessuto edilizio antico sono da considerare ad alto rischio.

La carta archeologica , infatti, con l’integrazione dei dati contenuti nel database, indica una grande concentrazione di strutture antiche, verosimilmente abitazioni, nei pressi di Largo Boiani e piazza Foro Giulio Cesare. Altre domus o comunque piani pavimentali sono stati trovati nell’isolato che comprende l’attuale sede del Municipio.

Occorre, inoltre, sottolineare che l’unico edificio a carattere pubblico finora individuato, le terme, è sito nelle vicinanze di piazza Foro Giulio Cesare; poiché nelle città romane molto spesso i complessi termali erano collocati in prossimità dell’area forense, possiamo ragionevolmente ipotizzare che la piazza pubblica con i suoi annessi sia da riconoscere nelle aree limitrofe alle terme.

Sebbene l’insieme delle informazioni acquisite non consentano ancora una ricostruzione completa ed esauriente dell’impianto urbanistico di Cividale in età romana e altomedievale, alcune osservazioni generali sull’articolazione topografica possono essere formulate e possono costituire un punto di riferimento importante per l’individuazione e la definizione delle aree e dei livelli di rischio:

1) il nucleo principale della città è collegato alla presenza del fiume; il settore urbano prossimo al corso d’acqua deve, pertanto, essere oggetto di particolare attenzione.

2) un tessuto edilizio particolarmente denso, costituito in prevalenza da domus, si disloca lungo l’asse stradale, dove è stato messo in luce il lapis decussatus, e sul suo proseguimento verso nord. Anche questo settore della città va considerato a rischio e diventare oggetto di misure di salvaguardia;

3) una rarefazione delle presenze archeologiche sembra determinarsi nell’area nord della città moderna. Occorre però sottolineare ancora una volta che l’assenza di dati non significa automaticamente assenza di resti archeologici. il “vuoto” di presenze può essere più banalmente dovuto alla mancanza di indizi e di indagini. ne consegue che anche questo settore, nelle more di un approfondimento degli studi e delle ricerche, deve considerarsi a rischio.

Sulla base di queste osservazioni, si è proposta una suddivisione della città moderna in aree a diverso grado di rischio archeologico55 (fig. 64).

55

D’ora in poi la carta verrà chiamata carta di rischio archeologico, anche se, per un contesto urbano come quello di Cividale, potenzialmente a rischio nella sua interezza, sarebbe meglio parlare di carta della distribuzione archeologica, ugualmente utile e importante per gli Enti pubblici in quanto permette di localizzare le aree a maggiore o minore concentrazione archeologica. In senso lato questa carta ha funzione di carta di rischio in quanto la localizzazione delle aree permette di evidenziare quelle che sicuramente necessitano di maggiore cura e attenzione.

Fig. 64. Carta di rischio con evidenziata l’area ad alto rischio archeologico (fucsia), le aree a medio rischio (verde) e le aree a minore rischio (azzurro).

Le aree sono state ottenute in base ad un procedimento automatico denominato buffer mediante il quale si ottiene un’area delimitata centrata su un punto prestabilito e di geometria prestabilita. Nel caso della carta di rischio del centro storico di Cividale, il buffer è stato impostato in due diversi modi, a seconda del tipo di dato disponibile: nel caso di posizionamenti puntuali, solitamente riferibili a piani pavimentali, è stata associata un’area di rispetto circolare del diametro di 20 m, partendo dal presupposto che il pavimento in questione in origine doveva verosimilmente appartenere ad una struttura edilizia, come ad esempio una domus, di cui è impossibile determinare l’articolazione planimetrica e di conseguenza la sua estensione superficiale; quindi l’area di rischio pertinente a questa tipologia di rinvenimenti archeologici deve per forza essere maggiore di quella indicata sulla carta archeologica. Nei casi invece in cui è conosciuta una pianta che restituisca graficamente la distribuzione e l’articolazione dei resti archeologici di una data area di scavo, in modo tale da riconoscere una parte più o meno consistente dell’articolazione planimetrica complessiva della struttura, l’area di buffer insiste sul centroide della superficie con i resti archeologici e si sviluppa per 10 m dalle strutture più esterne rinvenute nell’area determinando una geometria areale plasmata sui contorni dei resti archeologici (fig. 65).

Fig. 65. La creazione dei buffers intorno alle aree archeologiche

Dopo aver creato i buffer, le ipotetiche aree di rischio sono state digitalizzate seguendo i confini dettati dal buffer stesso, suddividendole in tre diversi gradi: basso, medio e alto. Il risultato, visibile in fig. 64, è molto evidente: l’area ad alto rischio è quella in cui si concentra il maggior numero di ritrovamenti, estesa dall’attuale Municipio fino a via Ristori.

L’area a medio rischio consiste in una lunga fetta in direzione nord – sud dalle mura urbane fino all’area di maggiore concentrazione; le aree a basso rischio, infine, sono i due settori ad est e ad ovest, tra il circuito murario e i ritrovamenti archeologici.

Ai dati planimetrici, importanti ma insufficienti per la creazione di una carta di rischio archeologico56, sono stati associati i dati altimetrici in base alle quote conosciute. In ArcMap sono

56

Se fossero sufficienti i dati a livello planimetrico, qualsiasi pianta sarebbe una carta di rischio. Il problema relativo alla tutela dei resti archeologici, soprattutto quelli indagati e successivamente interrati, è sapere non solo la loro posizione ma anche e soprattutto la quota, in modo da individuarne la profondità.

stati presi tutti gli scavi di cui si conosceva la quota ed è stata creata una carta con soli posizionamenti puntuali. Questo passaggio è stato obbligatorio perché la selezione con il programma è possibile solo per layers, quindi è stato necessario raggruppare tutti gli scavi nel

layer “posizionamenti puntuali” in modo da avere tutte le informazioni di altimetria insieme (fig.

66).

Fig. 66 La carta con l’indicazione dei soli posizionamenti puntuali. Per i due scavi di cui è nota la planimetria, terme e tomba del cd Gisulfo in piazza Paolo Diacono, è stato disegnato un punto al centro dello scavo a cui è stta attribuita la quota relativa.

Sono state successivamente fatte alcune selezioni per attributi in modo da evidenziare sulla carta gli scavi la cui quota era compresa entro certi limiti: il primo gruppo è compreso tra -0,30 e -0,86 m, il secondo tra -1,40 e -1,93 m, il terzo gruppo tra -2,10 e -2,70 m ed infine il quarto ed ultimo gruppo tra -3,00 3 -3,52 m; i termini entro cui inserire gli scavi sono stati scelti per raggruppare le quote entro forbici relative a valori assoluti, sotto il metro di profondità, tra il metro e i due metri, trai due metri e i tre metri ed infine sopra i tre metri di profondità. Naturalmente le selezioni possono essere fatte in vario modo per evidenziare di volta in volta solo quello che interessa (fig. 67).

Fig 67.. Le selezioni in base ai differenti range di valori scelti.

Dopo aver selezionato i vari gruppi, sono state digitalizzate le aree di rischio in base alla profondità dei resti archeologici (fig. 68 ) e successivamente, alle aree così create e unite (fig. 69) sono state sovrapposte quelle disegnate in base ai posizionamenti (fig. 70): in questo modo si

hanno tutte le informazioni che interessano, e le aree di rischio sono delineate in base a tutti i dati necessari per la tutela.

A

C B

D

Fig. 68 Le aree di rischio disegnate in base al range di quota: dal -0,30 a -0,86 m (A), da -1,40 a -1,93 m (B), da -2,10 a – 2,70 m (C) ed infine da -3,00 a 3,52 m (D).

Fig. 69 Le aree di rischio digitlizzate secondo le variazioni di quota visualizzate nella loro totalità sulla carta

catastale della città.

Dalle carte di rischio così create si può notare che la quota a cui maggiori sono stati i ritrovamenti archeologici è quella compresa nel range “C” (tra i -2,10 e i -2,70 m), con intersezioni del range “B” (tra i – 1,40 e i -1,93 m) e del range “D” (tra – 3,00 e -3,52 m) mentre le quote più alte, sopra il metro di profondità, si riferiscono ad una piccola porzione relativa all’isolato ora sede del Municipio (range “A”).

La carta data dalla somma di posizionamenti e quote (fig. 70) risulta uno strumento importante perché comprensiva di tutti gli elementi ed inoltre fornisce un’ulteriore conferma che l’area a maggior rischio è quella relativa alla parte sud – ovest della città.

gitalizzate in base al

state disegnate

Fig. 71. Le aree in cui non sono state effettuate indagini archeologiche

Fig. 70 Le aree di rischio disegnate in base alle variazioni di quota insieme alle aree di posizionamento dei resti archeologici.

Sulla base dei punti archeologici e delle aree di rischio relative alle loro quote, sono le aree in cui il dato archeologico è assente (fig. 71)

A queste aree sono state collegate quelle relative alle selezioni in base alle quote (fig. 72) ed infine è stata sovrapposta anche l’area di rischio digitalizzata in base ai buffers dei posizionamenti (fig. 73).

Fig. 72. Le aree non ancora indagate collegate a quelle relative al rischio sulla base delle variazioni di quota.

Fig. 73. La carta precedente a cui è stata sovrapposta l’area digitalizzata in base ai posizionamenti delle aree archeologiche

Il risultato ottenuto da queste elaborazioni, sommate alle sezioni in CAD, è importante perché fornisce uno strumento di indirizzo e di attenzione per la pianificazione urbana, in particolare per le opere di urbanizzazione primaria (rete fognaria, rete idrica, rete elettrica, ecc.) che costantemente vengono modificate, adeguate alle nuove esigenze della comunità, ammodernate. questi interventi costituiscono la causa più frequente di incidenza negativa sui livelli archeologici, molto spesso con compromissioni pesanti e gravi sullo stato di conservazione dei manufatti antichi e per la comprensione della stratificazione insediativa.

La conoscenza preventiva delle aree archeologiche note e il riferimento costante da parte delle amministrazioni pubbliche alla carta del rischio archeologico e alle disposizioni di attenzione, che dovranno essere indicate dagli organi di tutela del territorio, per questi settori della città rappresentano una procedura efficace e valida per salvaguardare il patrimonio storico-culturale e al contempo un supporto in grado di guidare e indirizzare correttamente gli interventi sul terreno, rendendoli compatibili e solidali con le esigenze della tutela.

Nel documento Ai miei genitori Ai miei nonni A Massimo (pagine 76-90)