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La Carta Archeologica di Cividale del Friuli

Nel documento Ai miei genitori Ai miei nonni A Massimo (pagine 46-58)

Parte prima: Il Sistema informativo di Cividale del Friuli I.1 Strumenti e metodi

2.1 La Carta Archeologica di Cividale del Friuli

Il GIS elaborato in questa ricerca offre una veduta d’insieme della distribuzione topografica degli scavi nell’area urbana di Cividale del Friuli e permette lo studio e l’approfondimento delle informazioni relative a ciascuno scavo. Come detto più volte, il fine di questo Sistema Informativo

entazione, in modo da e di avanzamento lla morfologia della

na e Foro Giulio ma la finalità del Sistema

ente e possa essere usato per

unque parzialmente

Fig. 34. In azzurro sono evidenziati i ritrovamenti pertinenti le domus. In rosso contornate di blu le terme romane, pianta complessiva degli ambienti scavati dal della Torre e dal Marioni.

è quello di poter offrire uno strumento agile e di facile accesso e implem completare e aggiornare costantemente e in modo continuativo lo stato di fatto delle ricerche archeologiche a Cividale e al fine di gestire e accumulare dati su

città antica. Avendo come base di lavoro la tesi di laurea, discussa nel 2003, la carta archeologica che viene presentata è già di per sé datata mancando le informazioni relative agli scavi effettuati negli ultimi anni poiché non ancora pubblicati: solo di due di essi (Corte Roma

Cesare) si conoscono le piante, che vengono riportate in carta;

Informativo è quella di consegnare una documentazione unitaria che possa essere facilm implementabile, in modo da disporre di un prodotto sempre aggiornato, ch

studio e tutela dei beni archeologici.

Allo stato attuale, la forma urbana di età romana di Cividale del Friuli è com ricostruibile in via ipotetica (fig. 34).

Un problema ancora aperto riguarda il percorso della cinta difensiva della città. I dati a disposizione permettono di identificare con una certa sicurezza due tracciati, la cinta più interna, di cui oggi è visibile un tratto nella proprietà Canussio , che partiva dal monastero dei Francescani e proseguiva verso nord, seguendo poi, nel lato orientale, il percorso del Rio Emiliano, deviato nel percorso attuale nel 1530 e una cinta più esterna, inglobata nella cinta veneziana, parallela alla precedente ad una distanza di circa 20 – 25 ma ovest e a nord, innestandosi nel percorso della cinta interna ad est (fig. 35). Non ci sono però ancora dati certi che possano permettere una datazione precisa di questa seconda cinta al periodo romano o al periodo bassomedievale33.

Fig. 35. Le due cinte murarie, in rosso la cinta interna, sicuramente databile al periodo romano, in arancione la cinta esterna, di datazione incerta.

Un secondo problema legato all’interpretazione e alla ricostruzione della topografia di Forum Iulii (nome latino di Cividale del Friuli), è quello relativo alla viabilità. In base ai ritrovamenti pubblicati, i tratti stradali sicuramente individuati sono cinque, indicati in pianta con un punto posizionato nel luogo di ritrovamento (fig. 36).

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Fig. 36. I punti relativi ai ritrovamenti di piani stradali sicuri in base alle indicazione nelle note di scavo pubblicate.

Il ritrovamento più sicuro, in quanto oggetto di scavo nel 1998, è quello relativo al tratto di cloaca indagato in proprietà Fornasaro da Sandro Colussa34. Lo scavo ha interessato un’area di circa 41 m², nella quale sono venuti alla luce tre ambienti di cui il centrale fu completamente scavato fino al terreno vergine, con una stratigrafia notevolmente frazionata e di difficile interpretazione a causa del continuo uso del suolo dall’età romana ai giorni nostri.

L’impianto fognario, scavato nel terreno alluvionale, era formato da conci lapidei e copertura di lastre di arenaria e aveva andamento E – W. Sopra alla fogna si rinvenne una strato di terra con inclusi di epoca romana tra cui una fibula a balestra. Questo strato di terreno era coperto da un pavimento in malta integro legato a due muri rasati in antico. La fogna è larga 90 cm, alta circa 1,20 m cioè 3 x 4 piedi e per questo si può pensare che fosse un collettore principale: questo tipo di indicazione è interessante perché gli impianti fognari seguivano l’andamento delle strade, e quindi il ritrovamento di questo collettore permette di posizionare con sicurezza una via cittadina (fig. 37)

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Fig. 37. L’indicazione della posizione della cloaca nel tessuto cittadino e la foto di scavo pubblicata, collegata tramite hyperlinks.

Il secondo asse stradale sicuramente posizionabile è quello rinvenuto in Largo Boiani35 (fig. 38): nel marzo 1963, durante i lavori per stabilizzare le fondazioni di un edificio tra Largo Boiani e Piazza Ristori, fu trovato a 1,60 m di profondità un piano stradale romano composto da piccoli ciottoli con direzione N – S. Sbancati i ciottoli e dopo aver trovato un sottile strato di ghiaia di 5 cm di spessore, si rinvenne uno strato di 45 cm di sabbia mista a piccoli ciottoli, probabilmente la

ruderatio della strada sotto cui, alla profondità di m 2,10, fu trovato un piastrino (lapis in capite decussatus) di forma piramidale con base pressappoco rettangolare, infisso interamente nel terreno

vergine, con la faccia superiore a livello della ruderatio. Sulla faccia a vista erano state tracciate, dopo aver lisciato frettolosamente la superficie, solo due linee perpendicolari incise abbastanza profondamente, che si incrociano al centro della faccia36.

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BOSIO 1965

36 La prima ipotesi fu di ritenere il lapis come uno dei termines con i quali i gromatici segnavano i limiti della centuriazione, ma questi termini avevano incise anche le coordinate, i riferimenti gromatici del decumanus e del cardo maximi e la loro numerazione. Il pilastro scoperto a Forum Iulii inoltre era infisso, come visto, totalmente nel terreno ed era coperto da mezzo metro di sabbia sotto al piano stradale e quindi è improbabile che si possa riferire alla centuriazione dell’agro, che inoltre non ha lo stesso orientamento di quella della città.

Il Bosio cerca di spiegare il ritrovamento del piastrino facendo riferimento ad un passo di Igino (Iginus, De Munit. Castr. 12) , in cui si parla del cosiddetto “luogo della groma”, in cui veniva posto questo strumento di misura in modo tale che le porte dell’accampamento potessero formare una stella al cospetto delle strade (… ut portae castrorum in conspectu rigoris stellam efficiant): le vie principali del nuovo centro, che partivano dalle porte dell’accampamento, si univano ad angolo retto nel punto centrale segnato dalla groma. Questo punto centrale era considerato l’umbilicus della nuova città e doveva essere fissato ed indicato nel terreno da un decussis che mostrasse l’orientamento del reticolo viario. Una volta

Fig. 38. La posizione dello scavo in cui fu rinvenuto il lapis e la foto relativa alla sezione ricostruttiva pubblicata.

Ulteriori tratti stradali sono stati trovati tra largo Boiani e piazza Duomo, di uno sappiamo solo che aveva andamento N – S mentre al numero civico 3 di largo Boiani i resti erano orientati E – W. Un ultimo, il più incerto alla luce degli ultimi ritrovamenti, è il tratto stradale individuato nel cortile Codutti, indicato come pertinente all’asse viario romano, ma che verrebbe smentito dai ritrovamenti effettuati in piazza S. Francesco nel 199837 (fig. 39).

assolta la sua funzione di indicatore di direzione, il piastrino veniva seppellito. La groma era uno strumento formato da una croce posta orizzontalmente al terreno e sorretta da un braccio di sostegno e da un’asta di supporto. La croce era formata da quattro bracci perpendicolari tra loro e di uguale lunghezza da ognuno dei quali, tramite un foro, era appeso un filo a piombo. Il braccio che sosteneva la groma fungeva da collegamento tra lo strumento e l’asta, era posto orizzontalmente al terreno e faceva si che nel traguardare da un filo a piombo ad un altro non vi fosse in mezzo l’asta, dotata di punta piramidale che ne permetteva l’infissione nel terreno. Lo strumento era basato sul principio delle mire ortogonali e permetteva di tracciare solo linee dritte e angoli retti.

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Fig. 39. I due tracciati viari sotto il bar “Centrale” ( N – S) e in largo Boiani n°3 (E – W), evidenziati in azzurro. Con il cerchio verde è invece indicato il tratto più incerto, trovato nel cortile Codutti

In base a questi dati il reticolo viario della città romana è stato impostato su isolati di circa 80 m di larghezza (tale infatti è la distanza tra i due tratti rinvenuti sopra al lapis e sotto il bar “Centrale”) ipoteticamente intervallati da strade secondarie a 40 m (fig. 27, infra): il cardo maximus38 sarebbe ricalcato dalle attuali via Paolino d’Aquileia e corso Mazzini mentre l’attuale percorso del

decumanus maximus non è ancora stato identificato con sicurezza; le ipotesi relative alla sua

ubicazione sono essenzialmente due, la prima vorrebbe che il suo percorso fosse ricalcato dalle attuali via Cavour (luogo di ritrovamento della cloaca) e di via Bernardino Rubeis, l’altra dal lato Nord di piazza Duomo, che sarebbe relativamente in linea con la porta Brossana, forse una delle porte urbiche della cinta muraria.

Per quanto riguarda gli altri cardines, oltre a quello di sicura ubicazione, relativo alla scoperta del

lapis decussatus, e ripercorso da via Foro Giulio Cesare, ad est un altro cadrebbe lungo il percorso

dell’attuale via Patriarcato. L’individuazione dei decumani è più difficile, uno potrebbe essere ricalcato dal percorso di stretta Iscopo Stellini e via Monastero Maggiore, il cui percorso rettilineo probabilmente è stato deviato con la costruzione delle chiese di San Francesco a ovest e San Giovanni ad est39, gli altri come visto potrebbero essere individuati dal limite nord di piazza Duomo, da via Cavour – via Bernardino Rubeis, mentre spostandosi verso nord una strada antica potrebbe essere riconosciuta nel percorso di via della Stazione – piazzetta de’ Portis. Il riconoscimento degli eventuali altri decumani è dato più da calcolo matematico (calcolando dal ritrovamento della cloaca

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Il cardine massimo di una città romana era l’asse principale tracciato in direzione Nord – Sud che si incrociava ad angolo retto con il decumanus maximus, l’arteria principale in direzione Est – Ovest.

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Non è infatti anomalo osservare in città a continuità di vita lo spostamento dei tracciati delle arterie viarie antiche in relazione alla costruzione di un edificio di culto (vd. AZZENA 1991 pg. 90).

80 m verso nord) che da individuazione in base alla topografia attuale: il motivo per cui l’urbanistica moderna sia così cambiata rispetto all’antico potrebbe essere riferita alle modifiche apportate dagli insediamenti longobardi che hanno stravolto l’organizzazione rettilinea dell’urbanistica romana (fig. 40).

Fig. 40. L’indicazione dell’ipotetico tracciato viario di Forum Iulii.

Per quanto riguarda l’edilizia privata, infine, la maggior parte dei ritrovamenti riguardanti le domus a Cividale del Friuli si deve a Michele della Torre, che scavò in città dal 1816 al 1827, lasciando una documentazione che a livello scientifico presenta naturalmente molte lacune, ma che permette, per la meticolosità con cui è stata redatta, di farsi una precisa idea sulla localizzazione dei vari ritrovamenti. Le relazioni di scavo dello studioso sono da interpretare e da prendere con le dovute cautele, poiché il della Torre con la tipica mentalita’ erudita dell’epoca, attribuiva, a Cividale la stessa impostazione urbanistica di Roma. per quanto inficiati da questo atteggiamento, i dati raccolti sono stati posizionati su una carta che possiamo considerare attendibile (fig. 41). La carta è accompagnata da una tabella esplicativa in cui sono indicati il fondo, il nome del proprietario e la particella catastale del ritrovamento: grazie a questo documento, si sono potuti posizionare anche gli scavi di cui il della Torre non aveva fatto menzione nei suoi rendiconti utilizzando il catasto

Austriaco del 1800 per conoscere l’ubicazione delle particelle catastali e per individuarne il corrispondente su catasto moderno.

Fig. 41. La pianta del della Torre, attualmente conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli. Si notano in colore scuro le piante relative alle indagini archeologiche effettuate dallo studioso nella città.

Un valido supporto all’interpretazione della carta del della Torre, integrato con scavi successivi, è la carta archeologica dello Stucchi, redatta nel 1951 (fig. 42), in cui le piante delle domus indagate sono indicate in scala all’interno del tessuto urbano ed contrassegnate da numeri romani. In pianta viene anche rappresentata l’ipotesi dei due percorsi della cinta muraria difensiva, quella esterna basata sui ritrovamenti del della Torre relativi al cosiddetto “muro di Cesare” e agli scavi effettuati dallo Stucchi40, la seconda, il percorso interno, relativa all’ipotesi del Bosio41 e del Brozzi42 sulla base del ritrovamento di due tratti murari in via Ristori (fig. 43).

40 STUCCHI 1950 41 BOSIO 1972 42 BROZZI 1957 e BROZZI 1959

Fig. 42. La pianta del

Fig. 43. la pianta del Bosio con l’indicazione dei due tracciati della cinta difensiva. lo Stucchi.

L’idea che ci si può fare osservando la pianta è che la zona residenziale fosse concentrata nella parte sud - ovest della città, intorno a Largo Boiani, Piazza S. Francesco, Piazza Ristori e la Piazzetta delle Terme. Qui è stato trovato il maggior numero di mosaici e di muri appartenenti a

domus anche se alcuni mosaici sono stati trovati a nord, in Piazzetta de’ Portis, Stretta S. Valentino

e via Monte di Pietà e uno isolato nel cortile di una casa che si affaccia su Piazza del Duomo43 (fig. 44 - 45).

Fig. 44. Il mosaico scoperto in proprietà Galliussi dal della Torre identificato come la personificazione del dio Natisone, ora conservato nel piano terra del Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli.

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Analizzando il ritrovamento dei mosaici in di Cividale, il Buora (BUORA 1999) afferma che ci fu un salto di qualità nell’esecuzione dei tappeti musivi, favorita dalla maggiore agiatezza nel periodo augusteo che permetteva di usufruire di maestranze specializzate che probabilmente avevano creato delle botteghe locali.

Il mosaico trovato dal della Torre in casa Formentini viene datato al I secolo d. C. e segue il gusto del periodo augusteo di decorare solo la parte centrale della stanza con marmi policromi formanti una rosetta al centro, decorazione che si trova non solo nella Venetia ma anche a Pompei. Interessante ritrovamento è il mosaico raffigurante il “dio Natisone”, trovato dal della Torre in casa Galliussi. Per il modo di disegnare i delfini, il mosaico è datato al I secolo d. C. e anche se viene affiancato come confronto alla decorazione della parte occidentale delle terme severiane di Ostia, la resa dell’ombreggiatura nel mosaico di Cividale non si trova nelle figure che decorano le terme di Ostia, e per questo il “dio Natisone” è datato tra la seconda metà del I secolo d. C. ai primi decenni del II (BUORA op. cit pg 70)

Fig. 45. Il mosaico policromo scoperto in proprietà Formentoni dal della Torre.

Per quanto riguarda l’età medievale, nel 568 Cividale44 fu conquistata dai Longobardi, che ne fecero la sede del primo dei trentacinque ducati del regno. Il posizionamento degli edifici longobardi si può individuare nella parte est della città, a controllo del fiume, luogo in cui avevano sede il palazzo patriarcale e la Gastaldaga45, di cui abbiamo notizia solo grazie alle fonti scritte46 e il complesso episcopale47; visibili inoltre sono il potenziamento della cinta muraria e le chiese48.

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Il nome Cividale deriva dal nome longobardo della città - Cividất – mentre dal nome romano – Forum Iulii – deriverà Friuli.

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La Gastaldaga era luogo destinato al gastaldius regis, rappresentante del re. Era il perno dell’organizzazione dei poteri e dell’urbanistica di Cividale longobarda ed è l’area che accoglie il celeberrimo Tempietto longobardo, la chiesa di San Giovanni in Valle e le strutture del monastero benedettino di S. Maria in Valle

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BORZACCONI 2003 47

Il complesso si estendeva a nord della Gastaldaga ed era il principale nucleo religioso cividalese, sede dell’antica chiesa cattedrale intitolata a Santa Maria Assunta, del battistero e del palazzo patriarcale. Le fonti attribuiscono la fondazione dei tre edifici al patriarca Callisto attorno al 737: è’ probabile però che la cattedrale ed il battistero fossero già stati eretti in epoca paleocristiana e che l’intervento di Callisto corrisponda ad un radicale e consistente rinnovamento coincidente con il trasferimento del patriarca di Aquileia nella città longobarda

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Il circuito delle mura romane potenziate, tra avanzato V e VI secolo, con l’aggiunta di un sistema di torri pentagonali tuttora visibile in alcuni tratti, definiva il limite dello spazio urbano anche della città longobarda.

Le chiese di S. Martino, S. Pantaleone, S. Giovanni in Xenodochio, distribuiti in quattro punti chiave della qualificazione monumentale dell’ambito cittadino, sono da considerare edifici di culto dell’aristocrazia longobarda: erano in alcuni casi di fondazione longobarda, altrimenti erano sedi di sepolture privilegiate (vedi in particolare S. Martino, dove era conservata fino al 1940 l’ara di Ratchis e dove furono rinvenuti nel 1661 importanti corredi longobardi) e furono oggetto di programmi di rinnovamento promossi da notabili locali.

Indagate in modo più estensivo sono le aree cimiteriali, che si trovano in varie zone della città, anche esterne al circuito murario, vicino ad importanti edifici sacri come S. Giovanni in Valle, S. Pietro, S. Maria in Corte49 (fig. 45).

A

Fig. 45. Nella figura A in blu i ritrovamenti di epoca medievale con l’indicazione delle chiese officianti ( il cerchio vuoto), le chiese con sepolture di prestigio ( i due cerchi concentrici) e le sepolture isolate ( i triangoli); nella figura B sono indicate le aree cimiteriali di periodo longobardo.

B

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Alcune delle necropoli suburbane (Gallo, Ferrovia, San Giovanni e Cella, Piazza Resistenza, Santo Stefano e San Mauro) sono disposte lungo assi viari. Lo studio dei ricchi corredi, conservati nel Museo Archeologico Nazionale, offre riscontri ineguagliabili sullo sviluppo della cultura funeraria e dei costumi del Longobardi sin dall’epoca dell’immigrazione: dalla fine del VI secolo fino a tutto il VII, si seppellì anche nel centro urbano, presso strutture in disuso o edifici di culto. Tra le importanti tombe monumentali ha caratteri eccezionali il cosiddetto “sepolcro di Gisulfo”, rinvenuto in Piazza Paolo Diacono nei pressi delle rovine di un imponente palazzo tardoimperiale: una situazione unica nel genere che richiama le sepolture di personaggi di stirpe ducale o regia a cui rimanderebbe anche il ricchissimo corredo recuperato che comprende alcuni simboli dell’alto rango dell’inumato come l’anello sigillare, la croce in lamina d’oro e pietre dure, la piccola teca decorata a smalti policromi.

2.2. La struttura morfologica del sito nell’antichità: il modello tridimensionale del

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