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La metodologia applicata

Nel documento Ai miei genitori Ai miei nonni A Massimo (pagine 37-46)

Parte prima: Il Sistema informativo di Cividale del Friuli I.1 Strumenti e metodi

1.3 La metodologia applicata

L’impostazione e la compilazione del database Access e la raccolta del materiale cartografico sono stati la premessa necessaria per la creazione del GIS. Il sistema informativo è stato realizzato partendo dalla scelta della cartografia di base su cui posizionare le piante di scavo e le indicazioni puntuali relative alle indagini archeologiche effettuate: due erano le possibilità, la Carta Catastale o la Carta Tecnica Regionale Numerica; la prima è utilizzata dall’Amministrazione Comunale, la seconda dalla Soprintendenza, per agganciare alla topografia moderna, mediante stazione totale, gli scavi effettuati in regione. All’inizio del lavoro si è subito presentato un problema: i file vettoriali che erano a disposizione avevano infatti diverso sistema di coordinate, il Catasto in Cassini – Soldner, la CTRn in Gauss – Boaga29. La scelta è ricaduta necessariamente sulla seconda per poter fornire un documento omogeneo con i lavori della Soprintendenza. Il problema è stato superato quando il Comune di Cividale ha fornito la Carta Catastale in formato vettoriale ed in coordinate Gauss – Boaga; grazie a questo documento si è scelto come base per il GIS il Catastale che però risulta coerente con la CTRn e quindi vi può essere sovrapposto senza difficoltà.

Una volta superato il problema della cartografia di base si è proceduto alla georeferenziazione delle immagini raster relative sia a carte archeologiche che alle singole piante di scavo. Per le prime si è utilizzato il comando “Georeferencing” dalla Toolbar di ArcMap. Dopo aver caricato il file vettoriale della carta di base in estensione *.shp30 e il raster si procede con la selezione di alcuni punti31 sulla carta da georiferire che sono presi uno per volta anche sul file vettoriale. In questo modo il programma “sposta” il raster sotto al vettoriale in modo tale che, dopo il salvataggio, il raster abbia le stesse coordinate del file di base. In modo tale tutte le immagini possono essere sovrapposte e permettono una lettura completa delle informazioni contenute (fig. 24).

29

Per la proiezione Cassini – Soldner vd MIGLIACCIO 2003 pg 44 – 46, per la proiezione Gauss – Boaga vd MIGLIACCIO

2003 pg 36 – 40. 30

Questo è il formato tipico dei file di ArcGis 31

GCP, cioè Ground Control Point: essi identificano uguali postini sulle carte e servono per simare la funzione polinomiale che interpola i punti sulla carta da georiferire. La precisione della georeferenziazione si deve al cosiddetto RMS Error (Root Mean Square Error) dato dalla somma dei singoli errori nei GCP: ogni punto, in base alla distanza tra quello preso sulla carta da georiferire e quello sulla carta su cui si georiferisce, presenta un errore; la somma fornisce l’errore complessivo che misura la precisione della georefernziazione. Più basso è l’errore, misurato nell’unità di misura del sistema di riferimento (entro il valore 10 per la cartografia storica), migliore è la georeferenziazione.

A

C

Fig. 24. Le due cartografie vengono caricate nel programma e si procede alla definizione dei punti notevoli necessari per geriferire il file raster. Con il comando “zoom to layer” si visualizza il raster (A). Dopo aver posizionato il primo punto su entrambe le carte il programma automaticamente le sovrappone; si scelgono altri punti, mimimo tre, che coprano il più possibile l’area da georiferire (B). Con il comando “Rectify” nella Toolbar Georeferencig si georiferisce la carta (C).

Le piante di scavo, invece, sono state georiferite con il programma Autocad per poterle poi facilmente digitalizzare. È stato usato il comando “Rubber Sheet” che presenta un procedimento molto simile al “Georeferencing” di ArcMap. Successivamente le piante sono state digitalizzate per creare un file vettoriale da importare in ArcMap (fig. 25).

A

B

Fig. 25. Le immagini vengono georiferite e digitalizzate in CAD, salvate in formato *.dwg (A) ed aperte in ArcMap per poi esere esportate in foramto *.shp, più leggero e facile da usare del *.dwg (B).

Si è proceduto alla digitalizzazione e all’esportazione in ArcMap di tutti i resti archeologici di cui si possedeva la pianta di scavo. I posizionamenti puntuali sono stati inseriti in ArcMap dopo aver creato un nuovo shape file in ArcCatalog, passaggio necessario per avere un layer in cui inserire i dati (fig. 26). Al nuovo file viene attribuito lo stesso sistema di coordinate della carta catastale e delle piante di scavo già georiferite32.

32

Allo shape file relativo alla carta catastale e ai singoli scavi è stato selezionato il sistema di coordinate mediante il programma ArcToolbox: questo passaggio non è necessario in quanto i file sono già provvisti di un sistema di coordinate ma in questo modo ArcMap può determinare immediatamente le coordinate che vengono visualizzate nelle proprietà del file.

Fig. 26. Creazione di un nuovo sape file in ArcCatalog in cui verranno inseriti tutti i posizionamenti puntuali della carta archeologica. Quando si crea il file bisogna scegliere quale geometria dovrà avere, se punto, linea o poligono, e viene determinato il sistema di coordinate.

Vengono quindi disegnati i vari punti nella particella catastale in cui è stato segnalato il ritrovamento. Successivamente è stata disegnata, in base ai ritrovamenti, l’ipotesi del percorso murario e la viabilità antica, suddivisa in tre diversi shape file: strade accertate, da scavo, strade ricostruite, calcolando l’ampiezza di un isolato di 80 metri dato che a questa distanza circa sono state trovati due tratti di strada paralleli, e strade incerte, o rompitratta, possibili assi viari secondari, di cui non è sicura l’esistenza. Oltre ai ritrovamenti di epoca romana sono stati inseriti elementi relativi al periodo longobardo della città, in modo da poterne osservare lo sviluppo urbanistico e per avere un quadro complessivo dei rinvenimenti che sono soprattutto di natura funeraria e il tratto di cinta muraria medievale; in questo modo si può avere un quadro generale della città romana e si possono sovrapporre le evidenze archeologiche longobarde in modo da poter creare delle carte di fase o studiare lo sviluppo di un edificio o di un’area della città.

Fig. 27. La carta archeologica di Cividale del Friuli.

Alla carta così completata è stato collegato il database in Access tramite comando Join & Relates (fig. 28): il primo permette un collegamento uno – a – uno tra lo shape file e la tabella, il secondo permette invece collegamenti uno – a – molti; l’utilizzo di questi due comandi permette di mantenere le relazioni che sono state impostate nel database Access, in modo da permettere la visualizzazione di più records riferiti ad un solo scavo. Il primo passaggio per creare i collegamenti è stato quello di inserire nella tabella degli attributi degli shape file una colonna denominata “scavo_id” per i posizionamenti puntuali e “id” per gli scavi più articolati, in modo da avere un campo coerente con quello contenuto nel database che permettesse il collegamento con il campo contatore “id” nella tabella generale e il campo numerico lungo “scavo_id” contenuto nelle tabelle collegate (fig. 29). Per questi ultimi scavi, l’articolazione delle piante non ha permesso di disegnare linee chiuse a formare un unico poligono, quindi per consentire il collegamento con il database è stato creato uno shape file con geometria poligono che racchiudesse l’intera area di scavo, denominato “area_scavo”: in questo modo è stato possibile creare un collegamento agevole con il database (fig. 30).

Successivamente la tabella “informazioni_generali” è stata collegata ai singoli scavi, lo shape file così formato è stato esportato creando un nuovo file con al suo interno i dati relativi alla tabella, visibili anche nella tabella attributi del file (fig. 31) a cui sono state collegate, tramite il comando

Relates le tabelle secondarie. Una volta fatti tutti i collegamenti, cliccando con il pulsante indicante

tabella generale e in schermate successive, le informazioni delle sottotabelle, che possono essere lette cliccando sul simbolo “+” visibile nella maschera (fig. 32).

Fig. 29. Gli attributi degli shape file con la colonna “scavo_id” che presenta per ogni scavo il numero corrispondente nel database. In questo modo il programma collega automaticamente lo shape file alle informazioni del database. Fig. 28. Il comando Join & Relates in ArcMap.

Fig. 30. L’indicazione dello sape file “area_scavo” creato per collegare il database alle piante di scavo

Fig. 31. La tabella degli attributi dei posizionamenti puntuali con visualizzate le informazioni della tabella “informazioni_generali” del database e le stesse informazioni visualizzate mediante il comando “identify”, la freccia con la “i” su fondo blu.

A

B

Fig. 32. Terminati i collegamenti, la schermata delle interrogazioni appare come in figura 28 A: vengono visualizzate le informazioni generali e a fianco è visibile un menù in cui sono indicate le altre tabelle collegate; per visualizzare le informazioni delle sottotabelle basta cliccare su uno dei sottocampi visualizzati, come in figura 28 B.

Ultimo passaggio è stato quello di collegare alcune foto, le più rappresentative, agli scavi tramite

hyperlinks. Questi ultimi vengono collegati cliccando sullo shape file con la freccia indicante la”i”

su campo blu, in seguito cliccando con il tasto destro del mouse sul nome del file nel campo a destra della finestra delle informazioni, operazione che apre un’ulteriore finestra che permette di scegliere il percorso in cui prendere la foto da collegare. Per visualizzare le foto basta ciccare sul punto desiderato usando il comando rappresentato con un fulmine nella Toolbar di ArcMap (fig. 33)

A

C

Fig. 33. Il collegamento delle foto tramite hyperlink: dopo aver cliccato con la freccia delle informazioni sullo scavocon il tasto destro si seleziona il comando “Add Hyperlink”(A); si sceglie la foto da visualizzare (B) e con il comando a forma di fulmine si seleziona lo scavo e si visualizza la foto (C)

I.2. Risultati

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