Allegato al verbale di udienza in data 10.03.2016 Sentenza n. …………..……
Reg. Gen. n. 977/2014 ..…
Cronolog. n………..
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI L’ AQUILA
SEZIONE PER LE CONTROVERSIE DI LAVORO E PREVIDENZA
Composta dai Magistrati:
Dott.ssa RITA SANNITE Presidente Dott.ssa MARIA LUISA CIANGOLA Consigliere rel.
Dott. CIRO MARSELLA Consigliere
All’ udienza del 10.03.2016, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Con motivazione contestuale ai sensi dell’ art. 281 sexies cpc
Nella causa in grado d’appello iscritta al n. 977/2014 ruolo generale, promossa da GIARDINI LUIGI e PALOMBO GIUSEPPE nei confronti della ASL di LANXIANP-
VASTO-CHIETI, dando lettura, all’esito della camera di consiglio, del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione
OGGETTO: Appello contro la sentenza n. 236 pronunciata dal Tribunale di Vasto in data 18.07.2014
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E DIRITTO.
Giardini Luigi e Palombo Giuseppe hanno impugnato la sentenza indicata in epigrafe che ha respinto la loro domanda diretta – previo accertamento della illegittimità delle trattenute operate dalla ASL appellata, a titolo di IRAP, sui compensi percepiti per l’attività professionale svolta in regime di intramoenia – ad ottenere la condanna dell’Azienda appellata alla restituzione di quanto indebitamente detratto, in misura pari
(all’8,50 %) alle trattenute già effettuate a far data dall’11.05.2006, oltre interessi e rivalutazione fino al soddisfo.
In particolare, hanno censurato detta sentenza con un unico, ampio, motivo nella parte in cui, erroneamente interpretando il Regolamento ALPI e la disciplina in materia, ha ritenuto insussistenti i presupposti per poter individuare un inadempimento contrattuale dell’Azienda per il fatto che “i medici…..avrebbero potuto facilmente e correttamente adeguare la tariffa inserendo anche l’ulteriore percentuale richiesta in ragione della maggiorazione dei costi aziendali già quantificati nel 13,50” senza considerare che questa Corte di Appello aveva già stigmatizzato il comportamento dell’Azienda alla quale aveva ritenuto unicamente spettasse di adeguare la tariffa “quanto alla voce costi generali, nei quali, ex art.23 del contratto decentrato, vanno ricompresi anche gli oneri fiscali”.
Individuato l’inadempimento dell’Azienda nella mancata rideterminazione della tariffa che avrebbe dovuto essere maggiorata della corrispondente percentuale IRAP ed escluso che essi avrebbero potuto, di loro iniziativa, adeguare la tariffa inserendovi anche la percentuale (8,50%) dovuta a titolo di IRAP, hanno concluso per la riforma della sentenza impugnata, con accoglimento delle domande formulate con il ricorso introduttivo.
Ha resistito l’Azienda appellata, segnatamente richiamando l’art. 33 del regolamento ALPI e le note prot. 10290/2000 e prot. 1870/5p del 16.10.2006 che avevano individuato nei
“professionisti riscossori” i responsabili della esazione dell’aliquota IRAP, i quali l’avrebbero dovuto addebitare all’utenza, “non potendo la stessa gravare né sul sanitario né sull’Azienda”, concludendo per la conferma della sentenza e, in ogni caso, per l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione quinquennale relativamente a tutte le richieste antecedenti al 18.05.2006.
L’appello è fondato e merita accoglimento
Va premesso che l’IRAP, introdotta dal D. Lgs. n. 446/1997, assoggetta a tassazione il valore della produzione netta dei soggetti che abitualmente producono o scambiano beni, ovvero prestano servizi.
Soggetti passivi di detta imposta sono le società, gli enti e le persone fisiche che esercitano attività commerciali o agricole, gli esercenti arti o professioni, gli enti non commerciali e le amministrazioni pubbliche.
Pertanto sono soggetti passivi dell’IRAP anche le Aziende Sanitarie Locali.
Del resto, anche l'azienda appellata non nega di essere soggetto passivo dell'imposta sulle attività produttive (IRAP) relativa alle attività intramoenia - e, quindi, di non essere legittimata ad operare trattenute sul compenso dell’attività libero-professionale spettante ai medici a titolo di rimborso della quota IRAP versata all’Erario - dal momento che la stessa, nella sostanza, ha sostenuto di aver provveduto ad operare le trattenute per cui è causa in conseguenza dell’inadempimento degli appellanti agli obblighi discendenti dai richiamati atti e, segnatamente, per aver omesso di porre a carico dell’utenza, in qualità di soggetti riscossori, anche l’anzidetta quota a titolo di IRAP.
Va precisato, inoltre che, secondo l’art. 1 comma 7 L n. 662/1996, l’attività libero professionale intramuraria è assimilata, ai fini fiscali, al rapporto di lavoro dipendente, come ribadito dall’art. 10 del D.M. del Ministero della Sanità in data 12/2/97 nonché da ultimo dall’art. 33 del Regolamento A.L.P.I., oggetto di contrattazione decentrata.
Tale assimilazione comporta che i proventi dell’attività libero professionale intramuraria sono equiparati al reddito da lavoro dipendente, per cui i predetti compensi concorrono, secondo le disposizioni di legge, a determinare l’imponibile per il calcolo dell’IRAP, ma i percettori di tali redditi non sono soggetti passivi dell’imposta stessa.
Pertanto, la traslazione dell’IRAP sui compensi dei medici, non si giustifica né sotto il profilo che l’imposta rappresenta un costo per l’azienda, mentre per espressa previsione normativa l’attività intramuraria non deve comportare alcun onere per
l’Amministrazione; né per le esigenze di pareggio di bilancio, pure richiamate dalla sentenza impugnata.
Invero, l’art. 6 del Regolamento A.L.P.I. prevede che le tariffe possano essere ridefinite annualmente in relazione all’andamento del mercato.
Al Direttore Generale è consentito, infatti, di assumere tutti i provvedimenti, compresi l’adeguamento delle tariffe o la sospensione del servizio relativo alle erogazioni delle prestazioni sanitarie, quando la contabilità separata, di cui al comma 6 dell’articolo 3 della legge 23.12.1994 n. 724, presenti un disavanzo.
Pertanto, nella determinazione della tariffa, la ASL deve comprendere tutte le voci di costo, tra cui l’IRAP; e può, nel caso in cui, comunque, si verifichi un disavanzo, arrivare anche a sospendere il servizio.
Sicuramente, perciò, l’Azienda non può far gravare l’imposta sul compenso del medico, in quanto non è il medico il soggetto passivo dell’imposta; né l’attività liberoprofessionale da lui espletata nell’ambito ospedaliero, può essere assimilata alla normale attività libero- professionale, poiché nel caso specifico sia la organizzazione dell’attività sia la determinazione delle tariffe spettano alla ASL.
D’altronde tale situazione risultata cristallizzata dalle parti sociali con l’art. 33 del Contratto per la regolamentazione dell’attività libero-professionale “intra moenia” il quale, con riferimento all’IRAP, così testualmente stabilisce: … “La suddetta aliquota, non potendo gravare né sul professionista che ha reso la prestazione, né sull’azienda come costo aggiuntivo, deve essere posta a carico del soggetto che richiede la prestazione”.
Né può ritenersi che con le note richiamate (prot. 10290/2000 e prot. 1870/5p del
16.10.2006) l’Azienda appellata abbia disposto a carico dei professionisti l’obbligo di inserire nella ricevuta destinata all’utente la percentuale IRAP dell’8,50% (al fine di farla ricadere sull’utenza, dal momento che costituiva per essa “un anomalo onere aggiuntivo”) trattandosi di note dirette ai Responsabili delle varie articolazioni aziendali e non ai medici esercenti l’ALPI (per come emerge dai soggetti cui risultano dirette) al fine di richiamare
l’attenzione circa la corretta applicazione dell’IRAP in merito alle prestazioni rese in regime di intramoenia.
Quindi, il fatto che l’Azienda non abbia dato attuazione al suddetto disposto rideterminando la tariffa quanto alla voce costi generali, nei quali vanno ricompresi ex art.
23 del contratto decentrato anche gli oneri fiscali, non può essere addebitato al singolo medico, il quale non ha alcuna colpa in ordine alla inadempienza dell’Azienda medesima.
Né può prospettarsi una responsabilità contrattuale o extracontrattuale del medico per omesso adeguamento della tariffa ai nuovi costi, poiché tale adeguamento compete solo alla ASL, il cui Direttore Generale dovrebbe provvedervi annualmente, dopo aver consultato le categorie interessate.
Tutte queste considerazioni risultano già espresse in precedenti decisioni rese in materia da questa Corte e vengono oggi riaffermate, conservando intatta la loro correttezza logico- giuridica ( cfr. sentenze nn. 803,804,806 e 807 del 2010 ).
Pertanto si deve dichiarare la illegittimità delle trattenute “de quibus” e condannare la ASL alla restituzione delle somme indebitamente detratte.
Non merita accoglimento neppure l’eccezione di prescrizione insistita dall’Azienda appellata, stante che gli stessi appellanti hanno rivendicato il diritto azionato “a far data dall’11.05.2006” con riferimento alla richiesta di espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione.
Parimenti, non può trovare accoglimento la domanda subordinata, non esaminata dalla sentenza impugnata e riproposta in questo grado, relativa alla variazione tariffaria sottoscritta dal dott. Luigi Giardini in data 28.03.2008, con riguardo alla quale l’Azienda appellata ha chiesto fosse riconosciuto che al medesimo nulla spettasse per il periodo successivo a detta data.
Trattasi, invero, di c.d “variazione tariffaria” recante sottoscrizione “per accettazione”
del Giardini relativa al fatto di “essere a conoscenza che l’IRAP sui compensi per le prestazioni in ALPI, non potendo gravare sull’azienda, va posta a carico del soggetto che
richiede la prestazione” e “di essere consapevole che nella tariffa vanno recuperati tutti i costi diretti ed indiretti” dalla quale non pare possa derivarsi la conclusione auspicata dall’Azienda, permanendo i rilievi sopra esposti, (circa l’onere dell’IRAP a carico esclusivo dell’Azienda che può solo trasferire sui pazienti il relativo onere previo adeguamento delle tariffe) non ricavandosi dalle disposizioni richiamate l’onere ed il potere del medico di modificare le tariffe del servizio nei confronti dei pazienti e, comunque, il potere di incidere sulle tariffe, stante che la disciplina del contratto aziendale non configura oneri a carico dei medici in tema di adeguamento delle tariffe con aumento del valore corrispondente all’aliquota IRAP dovuta dall’Azienda.
Ne consegue che – come già enunciato – in accoglimento dell’appello, la sentenza impugnata deve essere riformata e l’Azienda appellata condannata alla restituzione delle somme indebitamente trattenute a titolo di IRAP a decorrere dall’11.05.2006 con gli interessi come per legge.
Le spese di lite sostenute dagli appellanti, in applicazione del principio della soccombenza, vanno poste a carico dell’Azienda appellata che dovrà rimborsarle nell’ammontare indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di L’Aquila, definitivamente pronunciando sull’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di Vasto, in funzione di giudice del lavoro, pronunciata in data 18.07.2014, così decide nel contraddittorio delle parti :
- Accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna la ASL appellata alla restituzione delle somme trattenute a titolo di IRAP
(equivalenti all’importo dell’imposta, fissata nella misura dell’8,50%) a far data dall’11.05.2006, oltre interessi legali;
- Condanna l’Azienda appellata al rimborso della spese sostenute dagli appellanti nei due gradi di giudizio che si liquidano in euro 2.010,00 per compensi ed euro 225,00 per esborsi, quanto al primo grado ed in euro 1.890,00 per compensi ed euro 388,50 per esborsi, quanto al presente grado, oltre spese generali nella misura del 15% del compenso totale per la prestazione (art.2 D.M.10.03.2014), I.V.A. e C.A.P. come per legge.
L’Aquila 10.03.2016
IL CONSIGLIERE EST. IL PRESIDENTE
Dott.ssa Maria Luisa Ciangola Dott.ssa Rita Sannite