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RITIRO SPIRITUALE IGNAZIANO Centro Ignaziano di cultura e formazione ANTONIANUM - Prato della Valle 56, Padova

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Academic year: 2022

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RITIRO SPIRITUALE IGNAZIANO

Centro Ignaziano di cultura e formazione ANTONIANUM - Prato della Valle 56, 35123 Padova

Saluto iniziale

Benvenuti in questo luogo e in questa giornata di ritiro riprendono i nostri incontri con lo scopo di rinverdire, rinfrescare quell'esperienza spirituale che ci ha permesso di scoprire la "tenerezza" di Dio per noi e lo facciamo ritornando asieme sui passi del principio e Fondamento Ignazioano.

Iniziamo il nostro incontro nel segno dell'Amore Trinitario Padre, Figlio, Spirito Santo

La giornata di ritiro si svolgerà nel seguente modo:

9.00 accoglienza e saluti

9.10 La Parabola del Padre misericordioso Lc 15, 11-32 - spunti per entrare in preghiera personale

11.30 S. Messa

12.30 pausa pranzo (al sacco)

14.30 Come regolarsi nel discernimento Regole di prima settimana

- spunti per entrare in preghiera personale 16.00 condivisione spirituale libera in piccoli gruppi 16.30 Conclusione e saluti

Preghiera allo Spirito Signore noi ti ringraziamo

per averci riuniti alla tua presenza per farci ascoltare la tua Parola:

in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà.

Fa tacere in noi ogni altra voce che non si la tua e perché non troviamo condanna nella tua Parola, letta e non accolta

meditata ma non amata

pregata ma non custodita contemplata ma non realizzata, manda il tuo Santo Spirito

ad aprire le nostre menti e a guarire i nostri cuori.

Così che l’ incontro con la tua Parola riempia di luce il nostro cammino.

Amen

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La Parabola del Padre misericordioso Lc 15, 11-32 . Teniamo presente il contesto del capitolo 15:

Gesù mangia con tutti i peccatori e i giusti (gli scribi ei farisei) brontolano contro Gesù perché lui fa festa. Allora Lui racconta le parabole del pastore che fa festa perché ha trovato la pecora smarrita: è Dio che fa festa per il peccatore e della donna che fa festa, perché ha trovato il suo tesoro: è Dio che fa festa per i peccatori.

Questo testo così importante è chiamato il Vangelo nel Vangelo, cioè se perdessimo tutto il Vangelo e restasse solo questa pagina, capiremmo chi è Dio e chi siamo noi! Noi pensiamo che Dio ci salvi perché siamo bravi, perché osserviamo la legge, andiamo a messa, facciamo volontariato … altrimenti Dio ci punisce.

Così pensa il minore che dice che è meglio andarsene da casa che fare una vita così tutto ossequiente, una vita senza libertà. Il minore si ribella, il maggiore lo serve da schiavo. I due fratelli rappresentano in realtà una stessa cosa, sono uguali, entrambi hanno la stessa falsa immagine di Dio, sia chi fa il bravo religioso, sia chi si ribella.

Nel testo si nomina continuamente il “Padre”.

Lo chiama padre il cronista, prima comincia con “un uomo” e poi si capisce che è padre; lo chiama padre il minore, poi lo chiamano padre anche tutti gli altri servi e gli schiavi; mentre il fratello maggiore non lo chiama mai padre. Lo chiamerà padre quando capirà che “questo tuo figlio”, il disgraziato è suo fratello. Ma non chiamerà neanche il fratello come fratello, lo chiamerà: “questo figlio tuo”.

Il problema è del padre nella relazione con i figli e dei figli nella relazione col padre.

Il minore dice: “è impossibile vivere, mi ribello e faccio quello che mi pare e piace”.

Il maggiore dice: “è impossibile vivere, ma presto creperà e resterà tutto mio, se se ne va anche il fratello tocca tutto a me.”

Se il primo sceglie la strategia della libertà e del piacere, il secondo sceglie quella del dovere, del fare tutto a modino, in modo che può restare a casa per l’eredità. Loro pensano così del padre.

E il padre lascia andare via il minore, il maggiore non vuole entrare,si arrabbia perché il padre fa festa e accoglie il minore senza fare alcun rimprovero.

Il testo vorrebbe essere la rivelazione a entrambi i figli che il padre non è come loro pensano, ma è un’altra cosa. Dio non è come lo pensiamo noi, non è il Dio della legge, delle religioni che gli atei negano, ma quel Dio che è amore e misericordia assoluta.

11Ora disse: un uomo aveva due figli; 12e disse il più giovane di loro al padre: Padre, da’ a me la parte di sostanze che mi tocca. Egli poi divise tra loro la vita. 13E, non molti giorni dopo, raccolto tutto, il figlio più giovane emigrò in paese lontano; e là sperperò la sua sostanza vivendo insalvabilmente. 14Ora, dilapidato tutto, venne una carestia forte per quel paese; ed egli cominciò ad essere nel bisogno 15e andò a incollarsi a uno dei cittadini di quel paese; e lo mandò nei suoi campi a pascere i porci. 16E desiderava saziarsi delle carrube che mangiavano i porci e nessuno gliene dava.

Questi due figli rappresentano tutta l’umanità che si divide in due categorie: quelle dei peccatori, come il minore e quelli che si credono giusti, come il maggiore; quindi ci stiamo dentro tutti.

La differenza è che chi sbaglia non è un grave problema, chi invece è giusto fa grosso problema, perché non accetta che Dio sia amore e misericordia. Questi due figli hanno in comune la stessa

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immagine del padre: lo dirà chiaramente il maggiore:“che ti ho servito, ti sono stato schiavo tutta la vita e non mi dai mai niente”. Un padre esigente da servire … tutti i precetti, gli ordini, i divieti.

Cosa fa il minore? “Non molti giorni dopo emigrò in paese lontano”: io voglio godere la vita, voglio il mio piacere, voglio la mia libertà! Se in casa del padre non si può vivere, perché Dio è così esigente, è un padre padrone, che vuol dominare tutti, che ci toglie la libertà, che è il mio antagonista … io me ne vado e giustamente! Per questo, giustamente, Dio rispetta la nostra libertà anche quando sbagliamo e ci lascia andare! Raccolse tutte le sue cose, emigrò in paese lontano:

pensa che solo lontano da Dio trova la felicità.

Cosa capita lontano da Dio?

Se Dio è vita, lontano da Dio trovo la morte; se Dio è pienezza trovo il vuoto; se Dio è gioia trovo la mancanza, la penuria, il bisogno; se Dio è libertà trovo la schiavitù. Allora qui c’è sotto la parabola dell’uomo che crede che la sua realizzazione sia andare lontano da Dio.

È la storia dell’uomo che, essendo immagine e somiglianza di Dio, lontano da Lui perde la sua realtà e diventa il vuoto, la penuria, scopre i propri limiti. L’uomo che si ribella a Dio alla fine idolatrizza, assolutizza tutte le sue cose relative ai suoi piaceri, i suoi idoli, diventa schiavo degli idoli. Vorrebbe mangiare, ma non può mangiare, perché l’idolo non sazia, non dà la vita, la toglie.

Desiderava mangiare carrube, il cibo dei porci, nessuno gliene dava: perché non le prendeva?

Ci sono sotto tanti significati: il primo è perché l’uomo non è fatto per il cibo dei porci essendo figlio di Dio; il secondo parla della solitudine assoluta: nessuno ti dà!

17Ora, venuto in se stesso, disse: Quanti salariati di mio padre sovrabbondano di pane ; io, invece, di carestia qui perisco. 18Sorgerò e andrò verso mio padre e dirò a lui: Padre, 19 non sono più degno di essere chiamato tuo figlio: fa’ me come uno dei tuoi salariati.

Il bisogno lo fa tornare in sé stesso e comincia a ragionare; non è che si sia pentito, ha solo fame e dice: “Quanti salariati di mio padre sovrabbondano di pane. Sorgerò e andrò verso mio padre e dirò a lui: Padre, peccai contro il cielo e contro di te non sono più degno di essere chiamato tuo figlio:

fa’ me come uno dei tuoi salariati.”

Vuole tornare a casa e fare anche lui come il fratello maggiore; però “poiché non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”, prima si considerava un po’ figlio (aspettava solo che morisse il padre per l’eredità) adesso invece non sono più degno di essere figlio e farò come uno schiavo, ma almeno ho da mangiare. Quindi non è che vuole tornare a casa perché ha capito che il padre gli vuole bene, ma perché ha fame. Essere figli non è una cosa che si può meritare. Essere figlio è un dono, non è che la mia vita sia pagare il conto tutta la vita a chi me l’ha data, e magari con interessi, con le sofferenze, no! Per cui lui ha dentro ancora la falsa immagine di Dio.

20E, sorto, venne da suo padre. Ora, mentre ancora distava lontano, lo vide il padre e si commosse e corso cadde sul suo collo e lo baciò. 21Ora gli disse il figlio: Padre, peccai verso il cielo e al tuo cospetto; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. 22Ora il padre disse ai suoi servi:

Presto, portate fuori una veste, la prima, e vestitelo; e date un anello alla sua mano e sandali ai piedi e portate il vitello, quello di grano: immolatelo e, mangiando, facciamo festa, perché costui, il figlio mio, era morto e rivive, era perduto e fu ritrovato.

Il padre “lo vede, si commuove” …

Corre, gli cade sul collo e lo baciò, anzi in greco c’è di più, lo strabaciò proprio con effusione. Una scena assurda, non si fa così! Il padre vuol rivelare davvero tutto il suo amore; è contento che il figlio sia libero, che goda la vita! Nessun rimprovero. Chiama uno dei servi: quella casa è piena di servi e di schiavi. È la tragedia di Dio che tutti, tutta la sua casa, tutte le persone pie e devote sono

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servi e schiavi. Nessuno lo ama, nessuno si sente amato; sono tutte persone ligie al loro dovere, tutti schiavi e servi. Questa falsa immagine di Dio è la tragedia di Dio.

25Ora suo figlio, il maggiore, era in campagna. E quando, venendo, si avvicinò alla casa, udì sinfonie e danze. 26E, richiamato uno dei servi, s’informava che mai fosse ciò. 27Ora egli gli disse:

Tuo fratello venne e tuo padre sacrificò il vitello di grano, perché lo ha ottenuto sano e salvo.

28Ora si adirò e non voleva entrare. Ora suo padre, uscito, lo consolava.

Vediamo le reazioni del maggiore. Era in campagna, venendo e la sera torna pure a mangiare, si avvicinò a casa e udì sinfonie e danze: al padre sarà dato di volta il cervello, forse con l’età, il padre ha messo su una discoteca. Per lui Dio è dovere, è obbligo, è divieto, è punizione se trasgredisci e basta! Altro che sinfonia e danza! Si informava da uno dei servi: che cos’è questo? L’altro gli spiega il tuo fratello venne e il tuo padre sacrificò il vitello di frumento perché lo riebbe sano. Lui si adirò perché non è giusto: il fratello non lo merita, io si!Meritare l’amore, pagare l’amore si chiama meretricio; peccato del giusto è che tratta Dio da prostituta. Il maggiore non vuole entrare nel banchetto, nella salvezza, e la salvezza e il banchetto è l’amore gratuito del Padre. E’ il padre che deve uscire a pregarlo di entrare.

29Ora, rispondendo, disse al padre: Ecco: da così tanti anni ti sono schiavo e non trasgredii mai un tuo ordine; e a me non desti mai un capretto perché facessi festa con i miei amici. 30Ma ora quando venne il figlio tuo, costui, che divorò la tua vita con le meretrici, immolasti per lui il vitello di grano. 31 Ora egli disse a lui: Figlio, tu sei sempre con me e tutte le cose mie sono tue. 32Ora bisognava far festa e rallegrarsi perché il tuo fratello, costui, era morto e visse, e, perduto, fu ritrovato.

Il maggiore risponde: “Ecco: io datanti anni ti sono schiavo e non trasgredii mai un tuo ordine; a me non desti mai un capretto perché facessi festa con i miei amici ...”Descrive il suo dramma: essere schiavo, osservare tutti gli ordini…

“Ora che venne questo tuo figlio costui che divorò la tua vita con le meretrici tu fai festa immolando il vitello ingrassato col grano?!”Pensa che Dio sia tiranno, che gli toglie la vita, la gioia di vivere, lo fa solo lavorare e faticare. Non capisce che invece Dio è libertà, è gioia, è amore, è dono, è perdono. Il vero errore non è sbagliare, tutti sbagliamo, ma pensare che Dio sia esigente, padrone e giudice e che ci punisce: questo non è Dio. Dio è quello che è morto in croce per i peccatori.L’altro Dio si chiama satana.Bisognava far festa, è necessario far festa e che tu partecipi alla festa di questo tuo fratello, allora capirai anche tu che sei come lui amato infinitamente, e diventerai figlio se ti farai fratello di quello che tu critichi e condanni. Teniamo presente che questa parabola Gesù l’ha detta per gli scribi e i farisei che lo criticavano, perché lui mangiava e faceva festa con i peccatori e Gesù dice: “anche voi cominciate a fare festa con i peccatori, a riconoscere gli altri come fratelli, a perdonare e gioire di essere salvati”.

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COME REGOLARSI NEL DISCERNIMENTO - Regole di Prima Settimana Pomeriggio Sintesi del testo: SILVANO FAUSTI,

“Occasione o tentazione. Arte di discernere e decidere” – Ed. Ancora, pp 61 e segg. [313] Regole per sentire e riconoscere in qualche modo le varie mozioni che si producono nell'anima, per accogliere le buone e respingere le cattive. Queste regole sono adatte soprattutto alla prima settimana.

Innanzi tutto devi avvertire i moti del cuore (mozioni), se non li avverti sei incosciente e non agisci, bensì sei solo agi(ta)to dalle tue pulsioni. A questa avvertenza puoi giungere attraverso il

raccoglimento, il silenzio e la riflessione su te stesso. Ma non basta avvertire, occorre anche, se vuoi veramente essere libero

Che tu conosca e capisca se questi moti portano al bene o al male,

poi bisogna che tu trattenga ciò che è bene e respinga ciò che è male.

I moti dell’animo non sei libero di averli o meno, li devi per forza subire, ma l’esercizio del tuo libero arbitrio consiste propriamente nel dissentire o assentire a ciascuno di essi.

[314] Prima regola. A coloro che passano da un peccato mortale all'altro, il demonio comunemente è solito proporre piaceri apparenti, facendo loro immaginare diletti e piaceri sensuali, per meglio mantenerli e farli crescere nei loro vizi e peccati. Con questi, lo spirito buono usa il metodo opposto, stimolando al rimorso la loro coscienza con il giudizio della ragione

Quando vai di male in peggio, il nemico ti adesca col piacere e Dio ti rincorre con il rimorso. Il male cerca sempre di apparire bene, ma non ci riesce mai del tutto. Il nemico è un comunicatore seducente che cerca di spacciare il bene come male e il male come bene. Il piacere ha sempre l’apparenza di bene appetibile ai sensi, ma non è sempre bene. Non bisogna confondere piacere e felicità:

Il piacere è soddisfazione dei propri bisogni corporei – intellettuali – affettivi, prescindendo dalla relazione con l’altro;

La felicità è la soddisfazione che viene da una relazione: è apertura, amore verso l’altro

Nessun piacere appaga l’uomo perché è fatto per amare. Non bisogna quindi fare una cosa solo perché ti dà un piacere immediato. Il piacere è il criterio d’azione dell’animale ed è governato dall’istinto per la conservazione dell’individuo e della specie mediante il procurarsi del cibo e l’esercizio della sessualità. Anche la persona umana è sensibile al piacere, ma è chiamata a viverlo in maniera umana, anzi divina!

PASSI BIBLICI

Gen 3 – Svela il meccanismo del male come bene apparente e del rimorso conseguente.

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2 Sam 11,1ss– Davide sedotto dalla bellezza di Betsabea.

2Sam 12,1ss – Natan porta Davide a scoprire il suo male.

2Cor 7,8-10 – Paolo contrappone la tristezza che viene da Dio a quella che viene dal nemico.

[315] Seconda regola. In coloro che si impegnano a purificarsi dai loro peccati e che procedono di bene in meglio nel servizio di Dio nostro Signore, avviene il contrario della prima regola. In questo caso, infatti, è proprio dello spirito cattivo rimordere, rattristare, porre difficoltà e turbare con false ragioni, per impedire di andare avanti; invece è proprio dello spirito buono dare

coraggio ed energie, consolazioni e lacrime, ispirazioni e serenità, diminuendo e rimuovendo ogni difficoltà, per andare avanti nella via del bene.

Se nel male il nemico ti incoraggia e Dio ti scoraggia, nel bene il nemico ti scoraggia e Dio ti incoraggia. È naturale che sia così. Cambiando tu campo, il tuo alleato diventa il tuo avversario e viceversa. Non meravigliarti quindi se il nemico ti lasciava in pace quando lo servivi da buon suddito, e ti combatte ora che vuoi riprenderti la tua libertà.

PASSI BIBLICI

Rm 7,14,15 – Paolo descrive la lotta interiore Es 14,10-14 – Il popolo vuole tornare in Egitto

[316] Terza regola: la consolazione spirituale. Si intende per consolazione quando si produce uno stimolo interiore, per cui l'anima si infiamma di amore per il suo Creatore e Signore, e quindi non può amare nessuna delle realtà di questo mondo per se stessa, ma solo per il Creatore di tutte; così pure quando uno versa lacrime che lo portano all'amore del Signore, sia per il dolore dei propri peccati, sia per la passione di Cristo nostro Signore, sia per altri motivi direttamente ordinati al suo servizio e alla sua lode. Infine si intende per consolazione ogni aumento di speranza, fede e carità, e ogni gioia interiore che stimola e attrae alle realtà celesti e alla salvezza dell'anima, dandole tranquillità e pace nel suo Creatore e Signore.

Il linguaggio base di Dio è consolare. Consolare è stare con chi è solo, Lui è l’Emmanuele, il Dio con noi e noi siamo sempre soli senza di Lui, Egli è la sola compagnia che vince la nostra solitudine perché fatti per stare con Lui (cf Mc 3,14). Il suo Spirito è Paraclito, cioè colui che è chiamato ad essere vicino, a consolare e difendere.

I sentimenti che manifestano la sua presenza si descrivono in termini di amore per Lui e in Lui per ogni creatura. Dio è amore, e l’amore è sempre presente dov’è amato.

PASSI BIBLICI

Gal 5,22 – La consolazione descritta come frutto unico e multiforme dello Spirito

1Cor 13,4-7 – Attraverso verbi di azione, Paolo enumera le 14 caratteristiche dell’amore che si manifesta nei fatti.

[317] Quarta regola: la desolazione spirituale. Si intende per desolazione tutto il contrario della terza regola, per esempio l'oscurità dell'anima, il turbamento interiore, lo stimolo verso le cose basse e terrene, l'inquietudine dovuta a diverse agitazioni e tentazioni: così l'anima s'inclina alla

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sfiducia, è senza speranza e senza amore, e si ritrova pigra, tiepida, triste e come separata dal suo Creatore e Signore. Infatti, come la consolazione è contraria alla desolazione, così i pensieri che sorgono dalla consolazione sono contrari a quelli che sorgono dalla desolazione.

Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene, il nemico ti dà desolazione spirituale. Il suo nome è diavolo che significa “divisore”. La sua azione, contraria a quella dell’Emmanuele, ti divide dalla sua “compagnia”, ti lascia desolato, abbandonato, con quei sentimenti di tristezza che ne seguono. Prima ti divide da Dio e dalla sua parola, quindi da te stesso («sono nudo!» rispose Adamo), poi dagli altri, e infine dalla natura: tutta l’esistenza, dal nascere al morire, è divisione, trauma, fatica (cf Gen 3,10-24). Separato da Dio, di cui sei immagine, pedi la tua identità. Rotta la tua relazione fondante, si spezzano anche le altre. Resti solo, “desolato”, appunto,. In una solitudine sempre maggiore e senza confini, avvolto nell’oscurità del nulla, senza sapere chi sei, da dove vieni e verso dove vai. Sei turbato e sconvolto, pieno di paura, sospeso in un vuoto vorace che invano cerchi di riempire con illusori piaceri. Sei agitato, incapace di agire, senza fiducia, senza speranza e senza amore.

PASSI BIBLICI

Gal 5,19-21 – La desolazione e le sue conseguenze: le opere della carne.

Giobbe – Giobbe mostra come comportarsi nella desolazione,senza prendersela con Dio, Giobbe

“prende -bene” anche il male

Giona – Giona è il prototipo contrario: “prende - male”, addirittura con ira, ciò che è bene.

N.B. Nel percorso EVO, le Regole di discernimento di prima settimana, si trovano nelle schede 13, 14 e 15.

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Al termine del proprio momento di preghiera personale ci si ritrova per una CONDIVISIONE LIBERA sui frutti maturati nella giornata.

CONCLUSIONE

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