Università degli Studi di Enna
“Kore”
Insegnamento di
Psicologia sociale dei gruppi
Prof.ssa Irene Petruccelli irene.petruccelli@unikore.it
TERZA lezione
Enna, 8 MARZO 2016 A.A. 2015-2016
Deferenza guidata
L’esperimento di Milgram (1963)
• Il lavoro di Asch sull’influenza sociale influenzò Stanley Milgram e le sue successive ricerche.
• Falso esperimento per studiare gli effetti della punizione sull’apprendimento e la memoria
• Divisi a coppie, un partecipante avrebbe dovuto memorizzare coppie di parole (Allievo), mentre l’altro aveva il compito di esaminare la memoria
dell’allievo e di somministrargli scosse elettriche, di intensità crescente, ad ogni errore (Istruttore).
L’esperimento di Milgram (1963)
• In realtà, l’Allievo era un attore che non riceveva alcuna scossa elettrica
• Lo scopo era quello di verificare fino a che punto un essere umano si sarebbe spinto nell’infliggere punizioni dolorose ad un innocente…
I risultati furono sconvolgenti!
• L’Istruttore era disposto ad infliggere il
massimo dolore possibile: invece di cedere alle invocazioni della vittima, circa i 2/3 dei soggetti hanno abbassato tutti gli interruttori (fino a 450 volt) finché lo sperimentatore non metteva fine alla seduta.
• A niente servivano le implorazioni dell’Allievo di smettere: solo dopo la scarica da 300 volt,
qualcuno si è fermato, ma anche allora una netta minoranza.
In successivi esperimenti è stato dimostrato che:
• Il sesso dei soggetti è irrilevante: le Istruttrici si
comportavano esattamente come i soggetti maschi dei precedenti esperimenti
• L’ipotesi che i soggetti non si rendessero conto del pericolo fisico per la vittima si è rivelata inadeguata:
anche quando la vittima dichiarava di aver sofferto di
cuore e di cominciare a risentire delle scariche elettriche, il 65% dei soggetti eseguiva fedelmente il suo compito fino al voltaggio massimo…
Scrisse un osservatore esterno che assistette all’esperimento:
“Ho potuto vedere un professionista maturo e posato
entrare nel laboratorio sorridente e fiducioso. In capo a venti minuti era ridotto un relitto umano, tremante e balbettante, sull’orlo del collasso nervoso. Si tirava
continuamente il lobo dell’orecchio e si torceva le mani.
A un certo punto si premette il pugno contro la fronte, mormorando: “Oddio, facciamola finita”. Eppure
continuò a rispondere ad ogni parola dello sperimentatore, obbedendogli fino alla fine”.
Le conclusioni di Milgram
• Nella situazione sperimentale tutto dipenderebbe dall’incapacità dei soggetti di contrastare i
desideri del “capo”
• Ciò è dovuto al senso di deferenza verso l’autorità profondamente radicato in
ciascuno di noi.
Le persone adulte mostrano
un’estrema disponibilità a seguire fino all’estremo l’ordine di
un’autorità
Ne è prova il fatto che gli “Istruttori” dell’esperimento di Milgram, nonostante soffrissero evidentemente
nell’eseguire gli ordini, continuassero a somministrare scosse elettriche.
La reazione automatica all’autorità
È abbastanza logico adeguarsi alle richieste dell’autorità:
• in maniera automatica e quasi inconsapevole, utilizziamo le informazioni che un’autorità riconosciuta ci fornisce come un’utile
scorciatoia per decidere come comportarci in una certa situazione.
Teoria dell’apprendimento sociale di A.
Bandura
In un suo famoso esperimento, Bandura formò tre gruppi di bambini in età prescolare:
• nel primo gruppo sperimentale era inserito uno dei suoi collaboratori che si mostrava aggressivo nei confronti di un pupazzo chiamato Bobo. L'adulto picchiava il
pupazzo con un martello, lo lanciava in aria, gli dava calci e pugni;
• In una fase successiva i bambini venivano
condotti in una stanza nella quale vi erano giochi neutri (peluche, modellini di camion) e giochi
aggressivi (fucili, Bobo, una palla con una faccia dipinta legata ad una corda). Bandura poté
verificare che i bambini che avevano osservato l’adulto picchiare Bobo manifestavano
un'incidenza maggiore di comportamenti aggressivi, così come un maggior uso di
giocattoli violenti (pistole, eccetera), sia rispetto a quelli che avevano visto il modello pacifico, sia rispetto a quelli che avevano giocato da soli.
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Teoria dell’apprendimento sociale
di A. Bandura (1986) del
“ determinismo triadico reciproco”
Persona
(fattori cognitivi, affettivi e biologici) Ambiente
(fattori ambientali)
Condotta/Comportamento/Azione
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A. Bandura (1969, 2000) definisce l’apprendimento:
• acquisizione di conoscenze attraverso
l’elaborazione cognitiva di informazioni;
• riguarda il processo generale di acquisizione di informazioni da un’altra persona e il
possibile conseguente cambiamento
cognitivo.
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In quest'ottica l’apprendimento costituisce un processo che si svolge anche sotto il controllo
cognitivo che aumenta la velocità degli
apprendimenti, ovvero attraverso i processi:
• di attenzione alle informazioni rilevanti;
• di formazione di ipotesi su quale sia la risposta corretta;
• di creazione di strategie per la raccolta delle informazioni.
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Secondo A. Bandura i bambini apprendono allo scopo di ottenere un rinforzo sociale e
l’apprendimento si sviluppa attraverso:
• l’osservazione;
• l’insegnamento;
• l’imitazione del comportamento del
modello (anche quando questo non è più
presente).
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“ Apprendimento osservativo”
• Componenti dell’apprendimento osservativo:
ü attenzione, ü ritenzione,
ü riproduzione motoria, ü motivazione.
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Modello comportamenti imitativi
ü Insegnando nuovi comportamenti;
ü Rafforzando e indebolendo le inibizioni del bambino;
ü Attirando l’attenzione su degli oggetti particolari, incrementandone l’uso in modi diversi;
ü Accrescendo l’eccitazione emotiva che aumenta la responsività.
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Caratteristiche che rendono il modello più attraente:
ü valenza affettiva positiva
ü semplicità del comportamento ü prevalenza del comportamento
ü valore funzionale del comportamento.
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Capacità importanti per l’apprendimento sociale:
ü simbolizzazione
ü apprendimento vicario ü autoregolazione
ü autoefficacia
ü abilità a prevedere le conseguenze future dei comportamenti.
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Le concezioni che i bambini hanno del mondo e di loro stessi si sviluppano
attraverso 4 processi:
ü Esperienza diretta degli effetti prodotti dalle proprie azioni;
ü Esperienza vicaria;
ü Giudizi pronunciati da altri;
ü Inferenza di conoscenza nuova da quella preesistente.
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La spiegazione della condotta può essere articolata tenendo in considerazione i seguenti elementi (segue):
Human agency 1. simbolizzazione;
2. anticipazione;
3. apprendimento per imitazione;
4. autoriflessione;
5. autoregolazione.
Perceived self-efficacy
6. percezione che una persona ha della propria competenza di portare a termine un compito nel proprio ambiente (credenza contesto e compito specifica),
7. incide sull’esito del compito stesso al di là dell’impiego reale delle risorse
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La spiegazione della condotta può essere articolata tenendo in considerazione i seguenti elementi:
Moral
disengagement
! Giustificazione morale
! Etichettamento eufemistico
! Confronto vantaggioso
! Dislocamento della responsabilità
! Diffusione della responsabilità
! Distorsione delle conseguenze
! De-umanizzazione della vittima
! Attribuzione di colpa.
• Il disimpegno morale è un costrutto proposto da Bandura (1986) nel contesto della teoria socialcognitiva della condotta
aggressiva.
• Il concetto di disimpegno morale consiste nell’insieme dei dispositivi
cognitivi interni all’individuo, socialmente appresi, che lo liberano dai sentimenti di autocolpevolizzazione, nel momento in cui
non vengono rispettate le norme.
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I meccanismi di disimpegno morale comportano una sostanziale
ridefinizione della condotta e possono essere distinti tra:
1. processi di disimpegno che operano sulla definizione della condotta;
2. meccanismi che determinano una distorsione nella relazione causa – effetto;
3. processi che provocano una rivalutazione della vittima.
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• Il disimpegno morale si concretizza in una ristrutturazione cognitiva del
comportamento deviante in condotta
corretta o comunque degna di giustificazione, attraverso un confronto vantaggioso.
• La ristrutturazione cognitiva della condotta deviante può essere dovuta anche ad un
mancato riconoscimento della propria
responsabilità, attraverso un dislocamento o una diffusione di responsabilità.
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• L’individuo può auto-giustificare il suo
comportamento deviante anche attribuendo la colpa alla vittima o disumanizzandola.
• Inoltre, il soggetto, può minimizzare o
ignorare gli effetti nocivi delle sue azioni.
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• Il cambiamento nel comportamento di una persona, non avviene in modo repentino, ma
attraverso una diminuzione graduale delle sanzioni interne.
• Inizialmente l’individuo è sollecitato a
compiere atti non del tutto corretti che è in grado di tollerare con poca autocensura.
• Una volta che il senso di disagio e le emozioni negative per l’azione compiuta
diminuiscono volta per volta, le azioni considerate inizialmente ignobili e
riprovevoli, vengono agite senza il consueto sentimento di angoscia.
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Moral Justfication Palliative Comparison Euphemistic Labeling
Minimizing, Ignoring, or Misconstruing The
Consequences
Dehumanization Attribution of Blame
Displacement of Responsibility Diffusion of Responsibility
Reprehensible Conduct
Detrimental
Effects Victim
Figura 1- Meccanismi di Disimpegno Morale (Bandura et al., 1996)
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