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8 febbraio 2022 La tutela penale del riciclaggio e degli strumenti di pagamento. La giurisprudenza sull aggiornamento dei Modelli.

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(1)

8 febbraio 2022

La tutela penale del riciclaggio e degli strumenti di pagamento.

La giurisprudenza

sull’aggiornamento dei Modelli.

avv. Guido Stampanoni Bassi

(2)

Agenda :

1) La responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001 2) Riciclaggio

3) Strumenti di pagamento

4) Aggiornamento dei Modelli 231

5) Problematiche

(3)

1. La responsabilità ex D. Lgs. 231/2001

(4)

Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 ha introdotto la responsabilità amministrativa degli Enti in caso di commissione di determinati reati nell’interesse o a vantaggio degli Enti stessi comportando il superamento del brocardo «societas delinquere non potest».

1) La responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001

PRIMA DEL D.LGS. 231/2001 Solo l’autore (persona fisica) del fatto

illecito rispondeva penalmente per l’illecito compiuto.

L’ente di appartenenza (ovvero i suoi legali rappresentanti) non veniva

coinvolto.

DOPO IL D.LGS. 231/2001

Sia l’autore (persona fisica) del fatto illecito che l’Ente di appartenenza rispondono penalmente per l’illecito

compiuto.

L’ente può essere soggetto a una serie di sanzioni, pecuniarie e interdittive,

previste dal Decreto.

(5)

1) La responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001

Cassazione Penale, Sez. IV, 26 ottobre 2020, n. 29584:

che tipo di responsabilità?

Siamo di fronte ad un micro-codice che coniuga i tratti essenziali del sistema penale e di quello amministrativo nel tentativo di contemperare due esigenze:

1) Le ragioni dell’efficacia preventiva tipiche del sistema amministrativo;

2) Le ragioni di garanzia tipiche del sistema penale.

(6)

Scelta di politica criminale

• La prevenzione del reato e la valutazione del rischio sono devolute alla società (schema mutuato dal d.lgs. 626/94).

• Si promuove una codificazione privatistica di policy e procedure aziendali, che antepongano la neutralizzazione del rischio all’ottimizzazione del profitto.

1) La responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001

(7)

Promozione di una cultura della legalità dall’interno attraverso la premialità

Istituzione nei confronti dell’ente di un sistema sanzionatorio assimilabile a quello penale:

sanzioni interdittive: interdizione dall’esercizio dell’attività, sospensione/revoca di licenze e concessioni, divieto di contrattare con la PA, esclusione/revoca di finanziamenti e contributi, divieto di pubblicizzare beni o servizi

sanzioni pecuniarie fino a oltre 1.5M euro (triplicabili in caso di violazioni multiple)

Modello carrot and stick (US Sentencing Guidelines 1991)

1) La responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001

(8)

Presupposti della responsabilità della società

La Società risponde se un reato incluso nel catalogo è commesso

a) da una persona che riveste funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione anche di fatto (l’ordinamento punisce la decisione apicale che mira a un profitto contra legem – reato come espressione di politica aziendale)

b) da persona sottoposta alla direzione o alla vigilanza di un soggetto apicale (l’ordinamento punisce la colpa di organizzazione e controllo dei vertici rispetto a operato sottoposti)

nell’interesse o a vantaggio della Società (segue…)

1) La responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001

(9)

Definizione di interesse o vantaggio

Quanto ai criteri d'imputazione oggettiva della responsabilità dell'ente (l'interesse o il vantaggio di cui all'art. 5 del d. Igs. 231 del 2001), essi – come puntualmente affermato dalla giurisprudenza – sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto:

- il primo esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, cioè al momento della commissione del fatto secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo;

- il secondo ha, invece, una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell'illecito (cfr. Sezioni Unite n. 38343 del 24/04/22014, Espenhahn e altri, Rv. 261113).

Inoltre, per non svuotare di contenuto la previsione normativa che ha inserito nel novero di quelli che fondano una responsabilità dell'ente anche i reati colposi, posti in essere in violazione della normativa antinfortunistica (art. 25 septies del d.lgs. 231 del 2001), la giurisprudenza ha elaborato un criterio di compatibilità, affermando in via interpretativa che i criteri di imputazione oggettiva vanno

riferiti alla condotta del soggetto agente e non all'evento, coerentemente alla

diversa conformazione dell'illecito, essendo possibile che l'agente violi consapevolmente la cautela, o addirittura preveda l'evento che ne può derivare, pur senza volerlo, per rispondere a istanze funzionali a strategie dell'ente.

1) La responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001

(10)

2. Riciclaggio

(11)

Art. 25-octies * D. Lgs. 231/2001 - Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché' autoriciclaggio

1. In relazione ai reati di cui agli articoli 648,648-bis,648-ter e 648-ter.1 del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote. Nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni si applica la sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote.

2. Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a due anni.

3. In relazione agli illeciti di cui ai commi 1 e 2, il Ministero della giustizia, sentito il parere dell'UIF, formula le osservazioni di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

Interesse e vantaggio della società?

Non si pongono problemi di compatibilità: anzi, si tratta dei tipici reati collocabili

nello schema degli illeciti dolosi finalizzati ad ottenere un profitto illecito, ossia

nell’ambito di una condotta volontariamente orientata a favorire la criminalità di

imprese; es: riciclaggio di evasioni fiscali.

(12)

Art. 25-octies D. Lgs. 231/2001 - Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché' autoriciclaggio

Esempio

di contestazione:

(13)

Reati di riciclaggio - Generalità

Definizione

Bene giuridico

Fattispecie penali previste nel Capo II del Titolo XIII del codice penale (ʺDei delitti contro il patrimonio mediane frodeʺ) tese a criminalizzare condotte successive alla commissione di un reato ed incidenti sul provento del medesimo, finalizzate a dissimularne l’origine criminosa.

La collocazione sistematica tra i reati contro il patrimonio è stata in più occasioni criticata, sul presupposto che le condotte punite incidano anche su beni giuridici diversi (plurioffensività):

Amministrazione della Giustizia → ostacolo all’accertamento del reato-presupposto da parte della A.G.

Ordine pubblico → frequente commissione a valle dei delitti di criminalità organizzata

Ordine economico → inquinamento dei del mercato e dell’economia

Reati di

«secondo grado»

I reati appartenenti a questa famiglia di illeciti presuppongono la previa commissione di altri delitti (cd. reati-presupposto), realizzate da autori diversi o – nel solo caso dell’autoriciclaggio – dallo stesso autore della condotta di reato commesso ʺa monteʺ.

N.B. Ai fini della punibilità è sufficiente che la sussistenza del delitto presupposto sia accertata incidentalmente dal giudice, anche se l’autore sia ignoto o non imputabile.

(14)

Ricettazione (art. 648 c.p.)

Riciclaggio (art. 648-bis c.p.)

Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.)

Autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.)

Ai sensi dell’art. 25-octies d.lgs. 231/2001, l’ente può essere sanzionato

per i reati di:

(15)

Art. 648 c.p. – Ricettazione

Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da euro 516 a euro 10.329 . La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis.

La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 300 a euro 6.000 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

La pena è aumentata se il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale

Se il fatto è di particolare tenuità, si applica la pena della reclusione sino a sei anni e della multa sino a euro 1.000 nel caso di denaro o cose provenienti da delitto e la pena della reclusione sino a tre anni e della multa sino a euro 800 nel caso di denaro o cose provenienti da contravvenzione

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.

chiunque

acquista, riceve od occulta

denaro o cose provenienti da

delitto

al fine di procurare a sé o

ad altri un profitto

Ad esclusione di chi è concorso nel reato- presupposto

(clausola di riserva)

Dolo specifico + consapevolezza della natura delittuosa del bene (compatibilità con dolo eventuale, SSUU 12433/2010)

Il provento

(prodotto, profitto e prezzo) può derivare da un qualsiasi delitto-presupposto, sia doloso che colposo nonché da contravvenzione.

Qualsiasi condotta attraverso cui l’autore entra in possesso del bene, anche in via mediata («o comunque si intromette»)

(16)

Art. 648-bis c.p. – Riciclaggio

Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000.

La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita le pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.

chiunque

sostituisce, trasferisce o compie altre operazioni su

denaro, beni o utilità provenienti da

delitto

in modo da ostacolare l’identificazione

della loro provenienza

delittuosa

Ad esclusione di chi è concorso nel reato- presupposto

(clausola di riserva)

Reato di pericolo

(interpretazione

giurisprudenziale estensiva:

non è richiesta l’idoneità ad ostacolare definitivamente, ma anche solo a rendere più difficoltosa l’identificazione delittuosa del bene, pur se la

provenienza rimane

tracciabile) Fino al 2021, il

provento poteva derivare solo da delitto-presupposto doloso (e non anche colposo); ora si parla di «provenienti da delitto» al 1° comma e di «provenienti da contravvenzione al 2°»

• Sostituzione = ‘’pulitura’’

del bene tramite

conseguimento di un equivalente (es. deposito di danaro in banca e successivo ritiro)

• Trasferimento =

mutamento di titolarità (es.

cessione di titoli, operazione bonifico)

• Altre operazioni = qualsiasi altra condotta idonea a ostacolare la tracciabilità del bene (indeterminatezza)

Dolo generico = consapevolezza della provenienza delittuosa e volontà di ostacolare l’identificazione della stessa

(17)

Art. 648-ter c.p. – Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita

Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648 bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000.

La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

La pena è diminuita nell'ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 648.

Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.

chiunque

impiega in attività economiche o

finanziarie

denaro, beni o utilità provenienti da delitto

Ad esclusione di chi è concorso nel reato- presupposto e nei reati di ricettazione e riciclaggio

(clausola di riserva)

Dolo generico = consapevolezza della natura delittuosa del bene e volontà di destinarlo a un impiego economicamente utile

Il provento può derivare da qualsiasi delitto- presupposto, sia doloso che colposo, nonché da contravvenzioni.

Qualsiasi forma di investimento in un settore economico destinato a conseguire profitti (es. investimenti in attività produttive, titoli

azionari, attività

imprenditoriali)

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Art. 648-ter.1 c.p. – Autoriciclaggio

Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi

La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all'articolo 416-bis.1

Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.

La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.

La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.

Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.

Ai sensi della l. 186/2014, a partire dal 1° gennaio 2015, le condotte di riciclaggio e impiego di beni, danaro o utilità illecite sono punite anche se commesse dall’autore del delitto-presupposto non colposo.

N.B. La novità normativa è stata imposta da obblighi di incriminazione internazionali (Convenzione di Strasburgo del 1999, Convenzione ONU 2000, raccomandazioni OCSE 2011 e FMI 2006) e ha scalfito il cd. privilegio dell’autoriciclaggio, fondato sui principi di ne bis in idem e nemo tenetur se detegere.

(19)

Focus: Autoriciclaggio

«non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale»

Funzione selettiva delle condotte punibili:

«occorre un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene» (Cass. Pen.

38919/2019),

ma contra vd., ad es., Cass. Pen. 5719/2019, che ha ritenuto tipica la condotta di trasferimento di denaro di provenienza illecita da un conto corrente all’altro, pur se perfettamente tracciabile

La causa di non punibilità trova applicazione nei casi di «uso diretto da parte dell’agente dell’utilità ricavata del precedente delitto», in «assenza di attività concretamente ostacolanti l’identificazione della provenienza delittuosa del bene» (Cass.

Pen. 9755/2020)

Diversamente dagli artt. 648-bis e 648-ter c.p., la norma incriminatrice dell’autoriciclaggio prevede che:

la condotta sia commessa

«in modo da ostacolare concretamente

l’identificazione della […]

provenienza delittuosa» dei beni

(20)

20

Sanzioni per l’ente

Pecuniarie Interdittive

Reati di riciclaggio - Art. 25-octies d.lgs. 231/2001

da 200 a 800 quote a) interdizione dall'esercizio dell'attività;

b) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;

c) divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

d) esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi;

e) divieto di pubblicizzare beni o servizi

da 400 a 1000 quote

«se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni»

Aggravante

«per una durata non superiore a 2 anni»

Ai sensi dell’art. 25-octies d.lgs. 231/2001, i reati di riciclaggio sono puniti con sanzioni:

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Attività/aree sensibili

➢ Gestione degli acquisti di beni e servizi

➢ Gestione delle attività commerciali

➢ Gestione dei rapporti intercompany

➢ Gestione dei flussi finanziari

➢ Gestione della contabilità e predisposizione del bilancio

➢ Gestione della fiscalità

➢ Gestione delle operazioni sul capitale e operazioni straordinarie

Reati di riciclaggio

Il ruolo dell’OdV nella disciplina antiriciclaggio

… prima del 2017 ... dopo il 2017

(22)

Modello 231: linee-guida per prevenire il rischio-reato

❑ Predisposizione di procedure che assicurino la verifica della solidità finanziaria, l’attendibilità commerciale, tecnica e professionale dei partner commerciali, anche richiedendone autocertificazione antimafia

❑ Previsione di specifici protocolli per la segnalazione interna di transazioni a rischio o sospette, sulla base – inter alia – del comportamento della controparte, nonché delle caratteristiche e degli importi dell’operazione

❑ Apposizione di specifiche clausole nei contratti con i partner commerciali che richiamino gli adempimenti e le responsabilità derivanti dal d.lgs. 231/2001, dal rispetto del MOG e del Codice Etico

❑ Assicurazione della piena ricostruibilità dei dati relativi alle operazioni commerciali e alla transazioni svolte dai funzionari e dai dipendenti aziendali per conto della società, tramite sistemi di tracciamento e contabilizzazione completi e trasparenti

❑ Imposizione di specifici limiti all’utilizzo autonomo delle risorse finanziarie definendo soglie quantitative coerenti con i ruoli e le responsabilità organizzative attribuite ai singoli operatori aziendali

❑ Formalizzazione di regole condivise per la determinazione di prezzi di trasferimento congrui, in linea coi benchmark di mercato

Reati di riciclaggio

(23)

Art. 25-octies D. Lgs. 231/2001 - Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché' autoriciclaggio

Problema: il «doppio» reato-presupposto nell’art. 25-octies

I reati di cui all'art. 25-octies d.lgs. 231/2001 – già essi stessi «reati presupposto» per la posizione dell’ente – contemplano, a loro volta, ulteriori «delitti presupposto»:

(24)

Art. 25-octies D. Lgs. 231/2001 - Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché' autoriciclaggio

delitto presupposto (del reato presupposto) non ricompreso catalogo 231: violazione del principio di legalità?

Prevale la tesi negativa: nell'ambito del d.lgs. 231/2001, infatti, a venire in rilievo sono i reati di riciclaggio, reimpiego e autoriciclaggio e non i delitti presupposto che le diverse disposizioni incriminatrici richiamano esclusivamente come fonti di provenienza delle corrispondenti disponibilità economiche.

Ne deriva che, senza alcuna violazione del principio di legalità, all'ente si impone di mappare i rischi derivanti da qualsiasi delitto non colposo produttivo di flussi finanziari (delitti tributari, bancari, fallimentari, di falso, a contro il patrimonio, come furto, rapina, truffa a danno di privati, appropriazione indebita, usura o estorsione o anche allo stesso trasferimento fraudolento di valori, reato associativo) da chiunque commesso e pur a prescindere dalla sussistenza del requisito dell'interesse o vantaggio.

L’ente dovrà, dunque, implementare adeguati sistemi di controllo con particolare riferimento a:

- segregazione di ruoli e responsabilità;

- flussi informativi interni ed esterni;

- provenienza di beni o servizi o del denaro riversato sui conti dell'ente

- verifiche sulla regolarità dei pagamenti verso terzi, degli investimenti e delle operazioni infragruppo o con parti correlate.

- formazione del personale;

- tracciabilità delle attività.

(25)

3. Strumenti di pagamento

(26)

Art. 25-octies.1 * D. Lgs. 231/2001 – Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti

1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dal codice penale in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per il delitto di cui all'articolo 493-ter, la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote;

b) per il delitto di cui all'articolo 493-quater e per il delitto di cui all'articolo 640-ter, nell'ipotesi aggravata dalla realizzazione di un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale, la sanzione pecuniaria sino a 500 quote.

2. Salvo che il fatto integri altro illecito amministrativo sanzionato più gravemente, in relazione alla commissione di ogni altro delitto contro la fede pubblica, contro il patrimonio o che comunque offende il patrimonio previsto dal codice penale, quando ha ad oggetto strumenti di pagamento diversi dai contanti, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) se il delitto è punito con la pena della reclusione inferiore ai dieci anni, la sanzione pecuniaria sino a 500 quote;

b) se il delitto è punito con la pena non inferiore ai dieci anni di reclusione, la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote.

3. Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui ai commi 1 e 2 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2.

* introdotto dal D. Lgs. 8 novembre 2021, n. 184 (Attuazione della direttiva (UE) 2019/713 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e che sostituisce la decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio) – in vigore dal 14 dicembre 2021.

(27)

Art. 493-ter c.p. - Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti

1. Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, o comunque ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera gli strumenti o i documenti di cui al primo periodo, ovvero possiede, cede o acquisisce tali strumenti o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.

2. In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.

3. Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al secondo comma, nel corso delle operazioni di polizia giudiziaria, sono affidati dall'autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta.

(28)

Art. 493-quater c.p. - Detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di farne uso o di consentirne ad altri l'uso nella commissione di reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti, produce, importa, esporta, vende, trasporta, distribuisce, mette a disposizione o in qualsiasi modo procura a sé o a altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici che, per caratteristiche tecnico-costruttive o di progettazione, sono costruiti principalmente per commettere tali reati, o sono specificamente adattati al medesimo scopo, è punito con la reclusione sino a due anni e la multa sino a 1000 euro.

2. In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è sempre ordinata la confisca delle apparecchiature, dei dispositivi o dei programmi informatici predetti, nonché la confisca del profitto o del prodotto del reato ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.

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STRUMENTI DI PAGAMENTO DIVERSI DAI CONTANTI: COSA SI INTENDE?

Art. 1 del d. lgs. n. 184/2021 amplia il concetto includendovi “ogni dispositivo, oggetto o record protetto, materiale o immateriale, o una loro combinazione, diverso dalla moneta a corso legale, che, da solo o unitamente a una procedura o a una serie di procedure, permette al titolare o all’utente di trasferire denaro o valore monetario, anche attraverso mezzi di scambio digitali”.

Come si è osservato in dottrina, l’ampliamento dell’oggetto sembra dunque muoversi in due direzioni:

- da un lato, il ricomprendere i mezzi di pagamento immateriali consente di sanzionare anche le condotte aventi ad oggetto account di mezzi di pagamento digitali aventi una diffusione sempre più ampia, come Satispay o Paypal, a prescindere dall’esistenza di un documento fisico;

- dall’altro, lo stesso art. 1 del d. lgs. n. 184/2021, nel definire i “mezzi di scambio digitali”, ricomprende anche la “valuta digitale”, a sua volta individuata come “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è legata necessariamente a una valuta legalmente istituita e non possiede lo status giuridico di valuta o denaro, ma è accettata da persone fisiche o giuridiche come mezzo di scambio, e che può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”.

Attraverso questa serie di richiami, di fatto, sembrerebbe che le fattispecie di cui all’art. 493-ter c.p.

vengano estese a colpire non solo le condotte aventi ad oggetto mezzi di pagamento digitali attraverso cui viene scambiata moneta elettronica avente corso legale, ma anche le c.d. criptovalute, prive di valore

(30)

QUALE INTERESSE O VANTAGGIO?

Alcuni commentatori, al fine di ritenere configurabile un astratto interesse o vantaggio per l’ente dalla commissione delle fattispecie delittuose da ultimo inserite nel novero dei reati- presupposto della responsabilità 231, hanno evidenziato la necessità di leggere tale presupposto in chiave economica: l’unico interesse di una persona giuridica che legittima la commissione di tali reati è la finalità dell’aumento del profitto o della riduzione dei costi – come avviene negli illeciti colposi – caratterizzante una specifica politica d’impresa dell’ente, realizzata attraverso l’omissione di idonee misure di protezione di dati e informazioni relativi a sistemi di pagamento o di gestione del denaro che l’ente avrebbe in ragione dell’esercizio della propria attività economica.

Si vuole qui far riferimento ad ipotesi in cui l’ente, avente in ragione dell’attività economica svolta la possibilità di accedere o interfacciarsi con sistemi informatici di gestione del denaro di un numero indeterminato di individui, al fine di conseguire un risparmio di spesa ometta di assicurare idonee misure di protezione di tali informazioni, così consentendo ad un soggetto della sua organizzazione di compiere atti illeciti di trasferimento di denaro a danno dei vari soggetti che con essa entrino in contatto.

In altri termini e semplificando all’estremo, la disposizione di cui all’art. 25-octies.1 dovrebbe trovare applicazione in misura quantomeno prevalente con riferimento a quelle realtà imprenditoriali aventi come core business la conservazione e la gestione di capitali altrui (istituti di credito, società di intermediazione finanziaria o di gestione di fondi di investimento) o che si occupino della realizzazione di apparecchiature, dispositivi e sistemi informatici che vengano in contatto con strumenti di pagamento diversi dai contanti, aventi in ragione dell’attività svolta la disponibilità di dati e informazioni che consentano l’utilizzo di tali capitali.

(31)

Art. 640-ter c.p. – Frode informatica

1. Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro.

2. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 309 euro a 1.549 euro se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 640, ovvero se il fatto produce un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale o è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

3. La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti.

4. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o taluna delle circostanze previste dall'articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all'aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all'età, e numero 7.

(32)

Aggiornamento del Modello 231

1 – ANALISI DEI RISCHI

Analisi del rischio volta a verificare la rilevanza dei nuovi reati rispetto alla attività concretamente svolta.

2 - AGGIORNAMENTO DEL MODELLO

Aggiornare i Modelli con una nuova parte dedicata ai nuovi delitti e protocolli volti a prevenirne la commissione.

3 – PROCEDURE

Predisposizione di nuove procedure di prevenzione per le attività a rischio (ad esempio per l’utilizzo di carte di credito aziendali).

4 – DIVULGAZIONE

Divulgazione delle modifiche apportate al Modello 231 e effettuazione di specifiche sessioni formative finalizzate ad illustrare i protocolli di prevenzione che i destinatari dovranno rispettare.

(33)

Esempi

Art. 493-ter c.p. - Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti

Un esponente aziendale potrebbe, ad esempio, commettere il reato previsto dall’articolo 493-ter nel caso in cui, nell’interesse o vantaggio dell’ente, falsifichi o utilizzi indebitamente un dispositivo diverso dalla moneta a corso legale, che, da solo o unitamente a una procedura o a una serie di procedure, permette al titolare o all’utente di trasferire denaro o valore monetario, anche attraverso mezzi di scambio digitali.

Vi possono rientrare, ad esempio, monete elettroniche, valute virtuali, criptovalute, ma anche carte di credito/debito aziendali.

[Fonte Sole 24 Ore, 7-2-2022]

(34)

Esempi

Art. 493-quater c.p. - Detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti

Il reato previsto dall’articolo 493-quater potrebbe essere commesso, ad esempio, se, un esponente aziendale, sempre a vantaggio o nell'interesse dell’ente, realizzi un sistema informatico oppure apparecchiature o dispositivi progettati per la commissione di reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti (ad esempio, un programma informatico capace di accedere a una app con cui si trasferisce il denaro e, quindi, progettato per commettere un reato di indebito utilizzo di un mezzo di pagamento diverso dal contante).

[Fonte Sole 24 Ore, 7-2-2022]

(35)

Ai sensi del comma 2 della disposizione:

«salvo che il fatto integri altro illecito amministrativo sanzionato più gravemente, in relazione alla commissione di ogni altro delitto contro la fede pubblica, contro il patrimonio o che comunque offende il patrimonio previsto dal codice penale, quando ha ad oggetto strumenti di pagamento diversi dai contanti, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie […]».

Assoluta novità nel panorama del ‘catalogo’ dei reati presupposto, la disposizione, per di più avente espressamente portata residuale, «opera un insolito – rispetto alla lettera degli altri reati presupposto di cui agli artt. 24 ss. D. Lgs. n. 231/2001 – rimando a “ogni altro delitto contro la fede pubblica, contro il patrimonio o che comunque offende il patrimonio previsto dal codice penale”, laddove la condotta abbia ad oggetto “strumenti di pagamento diversi dai contanti”. Per la prima volta nella costruzione di una norma contenente reati presupposto, il legislatore non menziona passivamente uno dopo l’altro gli articoli di legge rilevanti ma opta per un richiamo generico a categorie di reati individuate in ragione del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, a condizione, in questo caso, che l’azione o l’omissione illecita si ponga in relazione a “strumenti di pagamento diversi dai contanti”».

(36)

4. Aggiornamento dei Modelli

(37)

Trib. Milano – vicenda MPS

(38)

Trib. Milano – vicenda MPS

(39)

Trib. Milano – vicenda MPS

(40)

Trib. Milano – vicenda MPS

(41)

Trib. Vicenza – vicenda BPVI

(42)

Trib. Vicenza – vicenda BPVI

(43)

Trib. Vicenza – vicenda BPVI

(44)

Trib. Vicenza – vicenda BPVI

(45)

Trib. Vicenza – vicenda BPVI

(46)

Trib. Vicenza – vicenda BPVI

(47)

5. Problematiche.

(48)

Reati ‘fuori catalogo’ e principio di legalità:

Come si devono porre le aziende di fronte a

reati non ricompresi nel catalogo dei reati presupposto?

il problema è oggi meno avvertito di quanto non fosse in passato perché il catalogo dei reati presupposto si è oggi molto ampliato e prevede numerose fattispecie di reato

prima non ricomprese.

(49)

Art. 24-ter D. Lgs. 231/2001 – Delitti di criminalità organizzata

1. In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 416, sesto comma, 416-bis, 416- ter e 630 del codice penale, ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416- bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonchè ai delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.

309, si applica la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.

2. In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui all'articolo 416 del codice penale, ad esclusione del sesto comma, ovvero di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numero 5), del codice di procedura penale, si applica la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.

3. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.

4. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati nei commi 1 e 2, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3.

Sebbene meno avvertito, il problema esiste

(50)

L’art. 24-ter D. Lgs. 231/2001, nel richiamare l’art. 416 c.p. (reato associativo), può estendersi sino a ricomprendere i reati-fine della associazione per delinquere, anche qualora questi ultimi non siano

ricompresi nel catalogo dei reati presupposto?

1) associazione per delinquere (art. 416 c.p.) finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati tributari [sino al 2019]

2) associazione per delinquere (art. 416 c.p.) finalizzata alla commissione di una serie di reati di turbativa d’asta

L’ente può essere chiamato a rispondere ai sensi del D. Lgs. 231/2001 qualora il reato-fine della associazione non sia previsto nel catalogo dei reati

presupposto della 231?

(51)

associazione per delinquere (art. 416 c.p.) finalizzata alla

commissione di una serie indeterminata di reati tributari [sino al

2019 non ricompresi nel catalogo dei reati presupposto]

(52)

associazione per delinquere (art. 416 c.p.) finalizzata alla

commissione di una serie di reati di turbativa d’asta

(53)

TESI RESTRITTIVA

la società NON PUO’ RISPONDERE dell’illecito amministrativo di cui all’art. 24-ter D. Lgs. 231/2001 se i reati-fine della associazione NON SONO RICOMPRESI nel

catalogo dei reati presupposto

Una parte della dottrina (Paliero) ha sin da subito evidenziato che qualunque intervento giurisprudenziale volto ad estendere per via interpretativa la responsabilità degli enti a reati non ricompresi nel catalogo dei reati presupposti finirebbe con il porsi in contrasto con il principio di legalità.

Tale principio – scolpito nell’art. 2 D. Lgs. 231/2001 – nell’affermare che il

reato presupposto «deve essere espressamente previsto da una legge entrata in

vigore prima della commissione del fatto», comporta evidentemente un divieto

di applicazioni analogiche o, in generale, di un ricorso a qualsiasi criterio di

interpretazione (teleologica, funzionale, sistematica o costituzionalmente

orientata) in funzione di una affermazione di responsabilità cui fa da pendant,

sul versante processuale, l’obbligo di proscioglimento nel caso di dubbio ai

sensi dell’art. 66 D. Lgs. 231/2001.

(54)

TESI RESTRITTIVA

Vige, infatti, nel sistema 231 un cd. doppio livello di legalità – tale per cui il fatto della persona fisica deve essere previsto come reato nonché inserito nel tassativo elenco dei reati presupposto – il quale denota l’impostazione di fondo per un sistema chiuso e non aperto, composto da rinvii fissi e non mobili essendosi il legislatore voluto riservare nel tempo l’ampliamento del catalogo degli illeciti sulla base di una ponderazione degli interessi rispetto ai quali, come osservato dalla dottrina, non è lasciato alcuno spazio a meccanismi di creazione giurisprudenziale.

Il rischio per la società è quello di trovarsi priva di coperture, non

avendo effettuato una valutazione dei rischi per quei reati che non

sono ricompresi nel catalogo dei reati presupposto.

(55)

TESI RESTRITTIVA

Cassazione Penale, Sez. IV, 20 dicembre 2013, n. 3635 (Sentenza Riva):

(56)

TESI ESTENSIVA

la società PUO’ RISPONDERE dell’illecito amministrativo di cui all’art. 24-ter D.

Lgs. 231/2001 ANCHE se i reati-fine della associazione NON SONO RICOMPRESI nel catalogo dei reati presupposto

Si è evidenziata, in dottrina ed in giurisprudenza, la differenza e la autonomia tra l’illecito amministrativo di cui è chiamata a rispondere la società (art. 24- ter D. Lgs. 231/2001) e la fattispecie di reato associativo che è contestata alla persona fisica che ha commesso il reato nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

Quali le ragioni che hanno spinto il legislatore a introdurre, nel 2009 (legge 15 luglio 2009, n. 94), i reati di associazione per delinquere nel sistema 231?

- sia nel caso in cui l’impresa sia solo apparente e abbia come unico scopo quello di perseguire attività illecite (ad es: società cartiera), sia nel caso in cui vi sia una compagine criminale che si annida in una società che opera lecitamente, non sussistono ragioni di incompatibilità circa la configurabilità del reato associativo;

- in questo secondo caso, occorre una prova rigorosa della componente

materiale del delitto associativo che non deve alimentarsi dei fatti

organizzativi del sodalizio lecito.

(57)

TESI ESTENSIVA Cassazione Penale, Sez. III, n. 8785/2020:

PROBLEMI?

(58)

TESI ESTENSIVA Cassazione Penale, Sez. III, n. 8785/2020:

(59)

Alla luce del contrasto giurisprudenziale presente all’interno della giurisprudenza di legittimità, si auspica l’intervento delle Sezioni Unite che faccia chiarezza.

Questione non è meramente teorica, ma ha forti ricadute pratiche:

- la società rischia di subire la perdita di efficacia esimente propria dei modelli organizzativi (che non avrebbero analizzato un potenziale rischio-reato);

- vi è la possibilità di disporre la confisca del profitto derivante anche

dal reato presupposto;

(60)

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