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Chi paga le spese legali in caso di sfratto?

written by Redazione | 21/01/2022

Come recuperare le spese legali in caso di procedura di sfratto nei confronti dell’inquilino moroso o che non vuole lasciare la casa in affitto.

Se c’è una cosa che avvelena i proprietari di casa che non riescono a mandare via l’inquilino è il fatto di dover pagare per poter esercitare i propri diritti. Eppure, la giustizia civile non è gratuita come il servizio sanitario, ragion per cui lo Stato richiede il versamento delle imposte per procedere (contributo unificato, bolli, diritti di notifica). Dall’altro lato gli avvocati sono professionisti privati che, in quanto tali, non svolgono gratuitamente il proprio incarico né sono pagati dallo Stato (salvo al ricorrere dei presupposti per il gratuito patrocinio). Stando così le cose, la speranza quantomeno di addebitare i costi dello sfratto sull’inquilino è l’ultima a morire. Di qui la ricorrente domanda: chi paga le spese legali in caso di sfratto?

Per comprendere la risposta che a breve forniremo dobbiamo innanzitutto

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ricordare che la procedura di sfratto è un procedimento di carattere civile. Solo nell’ambito del penale al cittadino basta fare la segnalazione (querela o denuncia) alle forze dell’ordine o alla Procura per poi veder incardinare il giudizio penale senza dover spendere un solo euro; in questi casi, infatti, il processo è a carico dello Stato. Non avviene invece così nei giudizi amministrativi, tributari e, appunto, civili.

Detto ciò, ecco alcuni importanti chiarimenti pratici in merito a chi paga le spese legali dello sfratto e a quanto ammontano queste, qual è la giusta parcella dell’avvocato, quanto costa il procedimento in termini di tasse. Ma procediamo con ordine.

Chi paga le spese legali in caso di sfratto?

Come in tutti i procedimenti civili, anche in quello di sfratto le spese legali vengono anticipate da chi agisce, nel nostro caso quindi dal locatore (il proprietario di casa) nel momento in cui deposita l’atto di ricorso.

A questi è data però la possibilità di avvalersi del gratuito patrocinio (ossia del patrocinio a spese dello Stato) nel caso in cui presenti un reddito annuo non superiore a 11.746,68 euro annui. In esso sono compresi tutti i redditi del nucleo familiare. Quindi, ad esempio, una persona priva di reddito che però sia nello stesso nucleo familiare dei genitori che invece posseggono un reddito superiore a detta soglia, non può fruire del gratuito patrocinio.

Chi rientra nelle soglie del gratuito patrocinio non deve versare alcun importo né allo Stato, né all’avvocato, neanche a titolo di rimborso spese. Tutto è coperto dallo Stato che, a fine processo, liquiderà anche la parcella del difensore.

Attenzione però: il gratuito patrocinio non copre anche l’eventuale condanna alle spese. In altri termini, se il locatore dovesse intentare un’azione temeraria, priva dei presupposti, e perciò il giudice dovesse condannarlo a rimborsare le spese processuali all’avversario, di esse dovrà farsene carico personalmente.

Si possono recuperare le spese

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processuali dall’inquilino sfrattato?

Una volta che il locatore abbia anticipato le spese processuali e abbia poi ottenuto l’ordinanza di sfratto, il giudice – il più delle volte – pone a carico del conduttore (parte soccombente del giudizio) l’obbligo di rimborsare al locatore tutti i costi del giudizio: contributo unificato, bolli, notifiche e parcella dell’avvocato (è la cosiddetta condanna alle spese processuali).

Quanto alla parcella dell’avvocato è bene fare un chiarimento. La quantificazione che fa il giudice non tiene conto degli accordi personali intercorsi tra il difensore e il proprio cliente all’atto del mandato, ma di tabelle ministeriali fissate a monte, con DM del 2014. Questo significa che ben potrebbe l’avvocato chiedere al proprio assistito una somma superiore rispetto a quella che poi questi si vedrà rimborsare – per ordine del giudice – al termine del giudizio. E questo perché la legge ha liberalizzato le tariffe degli avvocati, consentendo a questi di quantificare autonomamente il proprio compenso, salvo solo l’obbligo del preventivo scritto al momento del conferimento dell’incarico.

Ma l’inquilino pagherà le spese processuali in caso di condanna?

Il problema principale non è tanto l’ottenimento di un provvedimento di condanna al rimborso delle spese processuali da parte del giudice (circostanza quasi scontata), quanto la materiale possibilità di recuperarle. Il più delle volte infatti l’inquilino è uno squattrinato, che cambierà residenza e si renderà irreperibile. Il locatore dovrà quindi, in caso di inadempimento da parte di questi, avviare un autonomo e ulteriore procedimento, quello di esecuzione forzata. Dovrà cioè innanzitutto individuare eventuali redditi da sottoporre a pignoramento e poi corrispondere al proprio avvocato le spese e gli onorari per questa ulteriore fase.

L’unica speranza di recuperare le somme dovute a titolo di condanna alle spese processuali sta nella possibilità di pignorare il quinto dello stipendio o della pensione dell’inquilino se si tratta di lavoratore dipendente o pensionato.

Ecco perché, considerati peraltro i tempi del giudizio di sfratto, è bene non scartare mai la carta dell’accordo con l’affittuario: magari dietro la concessione di un maggior tempo per lasciare l’appartamento (a canone scontato) si può avere la

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garanzia di un rilascio dell’immobile in tempi definiti e certi.

Quanto costa fare uno sfratto?

Abbiamo appena detto che, per avviare uno sfratto, il locatore deve anticipare le spese del giudizio, con l’aspettativa – e la speranza – di vedersele poi rimborsate a fine giudizio. Attenzione: le spese legali vengono versate all’avvocato che poi provvede ad acquistare bolli e contributo unificato.

La marca da bollo e il contributo unificato

Per fare uno sfratto bisogna innanzitutto pagare una marca da bollo da 27 euro.

L’importo più oneroso è dato però dal contributo unificato, che varia a seconda del valore della causa (ossia della posta in gioco, determinata anche dall’ammontare dei canoni di affitto non corrisposti). Per le cause:

fino a 1.100 euro è pari a 21,50 euro;

fino a 5.200 euro è pari a 49,00 euro;

fino a 26.000 euro è pari a 118,50 euro;

fino a 52.000 euro è pari a 259 euro;

fino a 103.300 euro è pari a 379,50 euro;

e così via fino ad arrivare a un massimo di 843 euro.

La parcella dell’avvocato

Un peso altrettanto determinante è dato dalla parcella dell’avvocato che può essere oggetto di trattativa essendo rimessa alla libera scelta delle parti. Si parte mediamente da un minimo di 500 euro a un massimo di 5.000 euro, determinato anche sulla base del valore della causa.

Come anticipato, l’avvocato è tenuto a fornire il preventivo scritto prima della formalizzazione dell’incarico. Ma se anche non dovesse farlo, non per questo non avrebbe diritto al compenso, potendo subire una sanzione di carattere deontologico da parte dell’ordine. Si aprirà allora una contestazione sull’importo dell’onorario sulla quale deciderà il giudice tenendo conto delle tariffe approvate con DM del 2014. Anche qui però la parte dovrà sostenere delle spese legali per il relativo giudizio, cosa di certo non sempre conveniente.

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Il costo delle notifiche

Ultima spesa, anche se minima, è costituita dal costo delle notifiche degli atti giudiziari che di solito non supera i 30/50 euro.

L’esecuzione forzata

Se, nonostante l’ordinanza di sfratto, l’inquilino non dovesse lasciare l’appartamento, bisognerà avviare il procedimento esecutivo con l’intervento dell’ufficiale giudiziario. Anche in questo caso, ad anticipare i costi di tale fase è sempre il padrone di casa.

Che fare se l’inquilino non rimborsa le spese legali?

Se l’inquilino, condannato a rimborsare al locatore le spese legali per lo sfratto, non adempie bisogna agire contro di lui. Non c’è bisogno di avviare una nuova causa, atteso che il giudice, nel momento in cui delibera lo sfratto, emette anche un’ordinanza di ingiunzione al pagamento dei canoni scaduti e delle spese processuali. L’ordinanza andrà notificata e poi bisognerà avviare il pignoramento, con ulteriori costi a carico del locatore.

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