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IL RACCONTO DEL CIECO NATO

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Academic year: 2022

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I

L RACCONTO DEL CIECO NATO PARADIGMA DI UNA FEDE MATURA

Cecità – tenebre in confronto all’Inviato-Luce del Mondo

Bibliografia di riferimento

*ALETTI, J.-N., «Lettura narratologica. Esemplificazione su Gv 9», AScRel 9 (2004) 123-136.

BEUTLER, J., Gesù a Gerusalemme (Gv 9-12), ad uso degli studenti, PIB 2001-2002), 18-34.

*CAURLA,M.,Il cieco illuminato e i vedenti accecati di fronte alla luce di Cristo. La simbologia visiva in Gv 9, Tesi Gregoriana, Serie Teologia 215, Roma 2015, esp 173-200.

*GOURGUES, M., «L’aveugle-né (Jn 9). Du miracle au signe: typologie des réactions à l’égard du Fils de l’homme», NRT 104 (1982) 381-395.

KIM, S.S., «The Significance of Jesus’ Healing the Blind Man in John 9», BS 167 (2010) 307- 318.

LUZÁRRAGA, J., «Los “impedimentos” para el encuentro con Jesús en el Evangelio de Juan», Manresa 49 (1977), 23-38.

PAINTER, J., «John 9 and the Interpretation of the Fourth Gospel», JSNT 28 (1986) 31-61.

*SCHOLTISSEK, K., „Mündiger Glaube. Zur Architektur und Pragmatik johanneischer Begegnungsgeschichten: Joh 5 und Joh 9“ in D. Sänger – U. Mell, ed., Paulus und Johannes, Tübingen 2006, 75-105.

*SABUGAL, S., «La curación del ciego de nacimiento (Jn 9,1-41). ¿Catequesis bautismal o cristológica?», in: P.-R. Tragan, ed., Segni e sacramenti nel vangelo di Giovanni, Roma 1977, 121- 164.

*STALEY,J.L., «Stumbling in the Dark, Reaching for the Light: Reading Character in John 5 and 9», Semeia 53 (1991) 55-80.

Altra bibliografia utile a p. 18.

{Upage ni,yai eivj th.n kolumbh,qran tou/ Silwa,m o] e`rmhneu,etai VApestalme,noj

(2)

S

CHEMA

1. Introduzione 2. Contesto di Gv 9

3.

Composizione letteraria di Gv 9 4. Racconto della guarigione. Vv. 1-7

4.1 Elementi di analisi sintattica e semantica 4.2 Analisi narrativa

4.3 Orientamento pragmatico

4.4 Confronto con la storia della tradizione 4.4.1 Intertestualità neotestamentaria

4.4.2 Intertestualità veterotestamentaria 4.5 Redazione giovannea

5. Le conversazioni. Relazione del cieco guarito con Gesù e gli altri personaggi Vv. 8-41

5.1 La tecnica giovannea del capovolgimento dei ruoli 5.2 Dalla cripto - cristianità ad un credere conseguente

5.3 Il cieco nato e la strategia dietro le parole di Gesù nel IV vangelo

6. Gv 5 e Gv 9

6.1Anagnorisis: dal non riconoscere al riconoscimento 6.2 Architettura parallela d’entrambi i racconti

7. Il filo conduttore della narrazione giovannea. Da Gv 5 a Gv 9 8. La fede matura

9. Attualizzazione

--- 1. Introduzione

La qualità artistica letteraria del quarto evangelista si mostra nella descrizione di quest’incontro fra Gesù ed il personaggio del cieco nato. È un capolavoro dello stile giovanneo. Il simbolismo della luce che viene nel mondo e illumina ogni essere umano (prologo: 1,9) in articolazione con il tema del giudizio serve come tema di base per la narrazione. Il cieco vede sempre di più e al rovescio i farisei si accecano volontaria e progressivamente.

La scena gode di una relativa autonomia sebbene sia ben inserita nell’insieme del quarto vangelo.

(3)

2.

Delimitazione della sequenza del cieco guarito. Contesto di Gv 9

Dove inizia e dove finisce il racconto?

Il v. 8,59 indica chiaramente che Gesù, quando i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo, si nascose e uscì dal tempio (evxh/lqen evk tou/ i`erou/). L’incontro tra Gesù ed il cieco nato, la sua guarigione e i dialoghi successivi fino alla fine del capitolo (9,41), sono stati considerati come una compatta unità con una relativa autonomia dentro il QV, nonostante soprattutto recentemente si tenda ad allungare la sequenza, inglobandovi anche il discorso sul Buon Pastorefino a 10,21, dove si menziona la guarigione del cieco nato.

Per Beutler “l’evento della guarigione (versi 1-7) appartiene ad un contesto più ampio, con le scene successive di dialogo nei versetti 8-41 che da parte loro preparano al cap. 10”1. Dal punto di vista sintattico la prima frase del capitolo in 9,1 comincia già, come osservavamo, in 8,59b:

8,59b VIhsou/j de. evkru,bh kai. evxh/lqen evk tou/ i`erou/Å Gesù però si nascose ed uscì dal tempio

9,1 Kai. para,gwn e passando

ei=den a;nqrwpon vide un uomo

tuflo.n evk geneth/jÅ cieco dalla (evk = di) nascita = generazione.

“Così in 8,59, [frase ponte (di transizione)], si trovano due elementi mancanti in 9,1: il soggetto grammaticale della frase ed un’indicazione sul luogo dove avvenne l’incontro tra Gesù ed il cieco nato”2. L’operare di Gesù non è più adesso nel tempio.

C’è qualche connessione fra questo racconto sul dono della visione (cap. 9) e la paroimia del buon pastore (cap. 10? Per rispondere a questa domanda:

“si deve partire dal fatto che la divisione in capitoli del Quarto Vangelo (come del resto del NT) è stata introdotta solo nel 1206 da Stephen Langton (Canterbury). Uno sguardo alle edizioni facsimile dei grandi codici unciali del NT (come il Codice Vaticano, Alessandrino o Bezae Cantabrigensis) mostra che 10,1 segue immediatamente il v. 9,41. Così, una cesura radicale fra il segno del cieco e il discorso del Pastore deve provarsi con metodi esegetici.

Un argomento decisivo contro tale separazione tra i capitoli è il fatto che gli interlocutori di Gesù nel cap. 10 rimangono quelli di 9,39-41. All’inizio del discorso del Pastore non si trova un altro uditorio, semplicemente si continua con VAmh.n avmh.n le,gw u`mi/n (10,1). La conclusione si presenta così: “questa paroimia disse loro Gesù” 10,6. Una conferma di questa prospettiva allungata, e cioè di questa unione fra il segno del cieco e il discorso sul Pastore, è il richiamo alla guarigione del cieco nato in 10,19-21”3.

In Gv 9,1–10,21 infatti si nota una sequenza, che si può osservare anche nel caso del paralitico (Gv 5) e altrove nel QV (ad esempio in Nicodemo), concatenata come inizio narrativo (9,1-7), dialogo (vv. 8-41) e monologo (10,1-18 ss) 4. Soprattutto il brano finale di Gv 9 (9,39-41) sembra fare da ponte tra i due capitoli, importante per la comprensione di entrambi. Sebbene noi studieremo Gv 9 come un’unità, riserveremo una particolare attenzione al passo 10,1-18.

1 J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 22.

2 J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 22. Le parentesi quadra [ ] sono del sottoscritto.

3 J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 18.

4 C. H. DODD , The Interpretation of the Fourth Gospel, Cambridge 1953, 354-362 in J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 18.

(4)

3 Composizione letteraria di Gv 9,1-41 e articolazione del pensiero

5 Visione globale del capitolo

9,1-41 Cecità in confronto alla “Luce del Mondo”

9,1-7 La guarigione del cieco nato

v.1 L’incontro fra Gesù e il cieco nato

v 2-5 Dialogo teologico fra Gesù e i suoi discepoli a proposito dell’incontro fra Gesù e il cieco nato v 2-3 Su peccato e malattia

v 4-5 Su opere, notte e luce

v 6-7 La miracolosa guarigione del cieco grazie a Gesù 9,8-12 1. Conversazione: I vicini e il guarito

V 8-11 La meravigliosa guarigione: “Come…?”

V 12 La domanda sul dove si trova Gesù: Dov’è quello?

9,13-17 2. Conversazione: I farisei e il guarito

V 14-15 La meravigliosa guarigione come conflitto sul sabato V 16-17 La domanda sull’identità di Gesù (Gesù come profeta) 9,18-23 3. Conversazione: I Giudei e i genitori del guarito

V 18-21 La meravigliosa guarigione ( “Come…?”) e l’identità di Gesù (“Chi?”)

V 21-23 La confessione cristologica e l’espulsione dalla sinagoga

Essere adulto = Maturità (h`liki,an e;cei( auvto.j peri. e`autou/ lalh,seiÅ) 9,24-34 4. Conversazione: I Giudei e il guarito

V 24-25 L’identità di Gesù: un peccatore?

V 25-26 La meravigliosa guarigione (“Che?” “Come…?”)

V 27-34 Interrogatorio/Discussione: Maestro – alunno – Mose – Dio 9,35-38 5. Conversazione: Gesù e il guarito

V 35-38: Gesù interroga sulla fede nel Figlio dell’Uomo e rivela se stesso;

la fede del guarito 9,39-41 6. Conversazione:

vv 39-41 Giudizio (kri,ma) – vedere – non vedere

Il segno giovanneo della guarigione del cieco si sviluppa in sei conversazioni in progressivo approfondimento: la conversazione conduce ad un incontro nel quale Gesù in forma caratteristica si rivela al guarito. Come nel caso della donna di Samaria, abbiamo prima la rivelazione di Gesù; che conduce poi alla fede cristologica. Si possono osservare diversi tipi di reazione6:

5 K. SCHOLTISSEK, „Mündiger Glaube“, 91.

6 Cf. K. SCHOLTISSEK, „Mündiger Glaube“, 92.

(5)

1 I vicini e il cieco nato: coloro che si domandano

per mera curiosità = non si domandano …… 9,8-12 2 I farisei e il guarito: coloro che si domandano,

ma non credono ……… 9,13-17.24-34 3 I genitori e il guarito: coloro che credono, ma non danno testimonianza 9,18-23 4 Gesù e il guarito: coloro che si domandano, credono

e danno testimonianza ……….. 9,35-38 5 Gesù e i farisei coloro che rimangono nel peccato,

perché colpevolmente non credono … 9,39-41 Nei primi tre incontri Gesù è oggetto d’interesse (vv. 8-12) o d’indagine giuridica (accusa in 9,13-34), cioè oggetto d’un interrogatorio. Poi il narratore mette in scena due contrapposizioni:

mentre Gesù si rivela al guarito come Figlio dell’Uomo e il guarito lo riconosce attraverso la sua parola e il suo operare (vv. 35-38), le parole di Gesù hanno come conseguenza per alcuni dei farisei la durezza di cuore, la cecità e il peccato (vv. 39-41; vedi 8,21.24). In queste due ultime scene Gesù è presente.

DUCCIO DI BUONINSEGNA 1308-11 National Gallery, London

(6)

4. Racconto della guarigione vv. 1-7

7

9,1 Kai. para,gwn ei=den a;nqrwpon tuflo.n evk geneth/j

2 kai. hvrw,thsan auvto.n oi` maqhtai. auvtou/ le,gontej

~Rabbi,( ti,j h[marten( ou-toj h' oi` gonei/j auvtou/( i[na tuflo.j gennhqh/|È

3a avpekri,qh VIhsou/j

3b Ou;te ou-toj h[marten ou;te oi` gonei/j auvtou/(

avllV i[na fanerwqh/| ta. e;rga tou/ qeou/ evn auvtw/|

4 h`ma/j dei/ evrga,zesqai ta. e;rga tou/ pe,myanto,j me e[wj h`me,ra evsti,n\

e;rcetai nu.x o[te ouvdei.j du,natai evrga,zesqai

5 o[tan evn tw/| ko,smw| w=( fw/j eivmi tou/ ko,smou

6 tau/ta eivpw.n e;ptusen camai.

kai. evpoi,hsen phlo.n evk tou/ ptu,smatoj

kai. evpe,crisen auvtou/ to.n phlo.n evpi. tou.j ovfqalmou.j

7 kai. ei=pen auvtw/|

{Upage ni,yai eivj th.n kolumbh,qran tou/ Silwa,m o] e`rmhneu,etai VApestalme,noj

avph/lqen ou=n kai. evni,yato

kai. h=lqen ble,pwn

9,1 E passando vide un uomo cieco dalla (= di) nascita = generazione

2 e i suoi discepoli lo interrogarono dicendo:

« Rabbì, chi peccò, costui o i suoi genitori

così-che sia stato generato cieco? » Ger 31,29-30; Ez 18,2

3a Gesù rispose:

3b « Né costui peccò, né i suoi genitori, ma (è così)

affinché siano manifestate LE OPERE DI DIO in lui

4 Noi, bisogna CHE OPERIAMOLE OPEREDI COLUI CHE-MI-MANDÒ

finché (il) giorno è;

viene (la) notte, quando nessuno può OPERARE

5 Quando-eventualmente (mentre) sono nel mondo sono luce del mondo »

6 Avendo detto queste-cose, sputò per-terra

e fece del fango con lo sputo

e lo unse col fango sugli occhi

7

e gli disse:

«Va’ a fare-il-bagno alla piscina di Sìloe

che significa = è interpretato “Inviato”

Si allontanò dunque

e fece-il-bagno

e venne che-vedeva = guardando

7Per questa presentazione seguiamo alcune osservazioni di J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 22-24.

(7)

4.1 Elementi di analisi sintattica e semantica8 I verba dicendi aprono delle clausole:

- di senso interrogativo (hvrw,thsan - le,gontej ) nel v. 3 che apre un discorso relativamente lungo di Gesù: 3b-5

- di senso dichiarativo nei vv. 3 (avpekri,qh) e 7 (comando di Gesù: ei=pen).

Si può notare l’importanza che il narratore attribuisce alle parole di Gesù con la reiterazione:

tau/ta eivpw,n all’inizio del v. 6. Sebbene i verbi siano quasi sempre all’aoristo, si trova però il presente nei vv. 4-5. La persona più ricorrente è la terza, ma incontriamo la prima plurale in bocca a Gesù nel v. 4, e la prima singolare nel v. 5, e poi la seconda singolare nell’esortazione al cieco nel v. 7. Così si rimarca il ruolo particolare dei versetti 4-5 ai quali dovremo fare – come lettori - particolare attenzione.

Troviamo un passaggio dall’azione alla riflessione su di essa nei vv. 3-5. Qui si incontrano verbi come a`marta,nw, fanero,w, evrga,zomai, fw/j eivmi. Sono da rilevare anche i sostantivi h`me,ra, nu,x (reale-metaforico) e ko,smoj.

Ci sono delle ripetizioni che contribuiscono alla coerenza del passo in esame (vv. 2 e 3; v. 7a.b). Nel primo caso si sottolinea la corrispondenza tra la domanda dei discepoli e la risposta di Gesù; nel v. 7a.b quella tra l’esortazione di Gesù e la sua esecuzione da parte del cieco.

4.2 Elementi narrativi in Gv 9,1-7: luogo, tempo, partecipanti e trama9

Questi elementi facilitano l’individuazione della struttura del passo e il suo flusso narrante.

- Luogo. Fuori del tempio.

- Quando accade? Durante la festa dei Tabernacoli, probabilmente nel “grande giorno” (7,37), il giorno nel quale Gesù si proclama “la luce del mondo” (8,12).

- Partecipanti. È importante distinguere tra narrazione e discorso diretto.

Discorso diretto: Gesù, protagonista indiscutibile, e i suoi discepoli. Nel suo discorso Gesù menziona il cieco, i genitori di questi, le opere di Dio, il giorno e la notte (vv. 3-5) e la piscina di Siloe (v. 7).

Narrazione: La piscina di Siloe ha un significato rilevante per il narratore. Il lettore greco viene informato subito: Siloe = VApestalme,noj = Inviato.

- Movimento narrativo: Dal cieco dalla nascita (v. 1) al “vedeva” (v. 7). All’inizio della narrazione Gesù vede il cieco. I discepoli domandano su chi fosse responsabile della sua cecità (v. 2). Egli dà la risposta (vv. 3-5). Poi si racconta la guarigione del cieco. Gesù colloca del fango sui occhi (v. 6) e lo manda alla piscina dell’Inviato per lavarsi ed essere guarito (v. 7).

Il nodo della trama - la situazione del cieco e la domanda teologica che ne scaturisce - si risolve momentaneamente mediante la guarigione del cieco. L’intreccio drammatico si complica immediatamente dopo tramite l’introduzione del tema della legge rappresentata dal divieto di lavorare di sabato (vv. 8-41).

8 J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 23-24.

9 J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 23.

(8)

4.3 Orientamento pragmatico. Obiettivo emergente dall’analisi

Quale direzione vuole dare l’autore ai suoi lettori fin dall’inizio del racconto? Uno strumento per farlo è la presenza dei discepoli e la loro domanda (v. 2), mentre l’altro è il commento del narratore sul significato del nome della piscina. Vale la pena riportare qui le osservazioni di Beutler al riguardo:

« I discepoli si riferiscono ad una convinzione, accettata nel giudaismo, secondo la quale il destino (le sofferenze fisiche, malattie, problemi di famiglia, il successo economico e sociale) dell’uomo dipende (soltanto) dal suo comportamento (cf. gli amici di Giobbe). Nel brano in esame i discepoli (ed i lettori) devono essere condotti al di là di questa concezione teologica. Devono essere testimoni dell’opera di Gesù e diventare suoi discepoli in un senso più profondo (cf. già 7,3: “Gli dissero i suoi fratelli: ‘Parti di qui e va’ nella Giudea, affinché anche i tuoi discepoli VEDANO LE OPERE CHE TU FAI’”). Un discepolo esemplare sarà il cieco guarito, mostrando la prontezza nel professare la sua fede (cf. 9,27).

Un altro mezzo di orientamento nel brano è l’indirizzo diretto ai lettori nella nota esplicativa del v. 7. Essi devono comprendere che la piscina di “Siloe”, nella quale il cieco si era lavato, significa “inviato” e così “Cristo”. Anche il lettore stesso è o era cieco e riceve la luce da Cristo, “l’inviato” di Dio, mandato dal Padre per fare le opere di Dio (v. 4). Finalmente il gruppo dei discepoli viene integrato direttamente nell’attività di Gesù: “Dobbiamo operare le opere di Colui che mi ha mandato finché è giorno ... »10

4.4 Confronto con la storia della tradizione 4.4.1 Intertestualità neotestamentaria

Gli autori, fra i quali Beutler, individuano una tradizione pre-giovannea nei versetti 1 e 6-7.

Soprattutto nei due ultimi versetti si trovano parecchi hapax legomena del NT o del vangelo di Giovanni. Lo stile di questi versetti si distingue da quello generalmente attribuito all’evangelista. Mancano degli elementi tipici del suo stile. Inoltre si trovano elementi tipici del raccontò di miracolo, precisamente in questi versetti. Gli elementi tipici di tali racconti si trovano, fra altro, anche nei racconti della guarigione del cieco di Mc 8,22-26 e 10,46-52 ma si può paragonare anche alla guarigione del sordo in Mc 7,33 (saliva!)11.

Anche i racconti della guarigione del cieco di Betsaida (Mc 8,22-26) prima della professione di fede di Pietro (8,27-29), e del cieco Bartimeo (10,46-52) in mezzo alle istruzioni nel contesto del terzo annuncio della passione, hanno lo scopo di condurre i discepoli ad una fede più profonda.

Una differenza importante con Marco e in genere con i sinottici è la mancanza di una reazione di meraviglia o di lode alla fine del racconto di guarigione (“Chi è costui?”; “un grande profeta è sorto tra noi” etc.). Giovanni riferisce invece varie reazioni dei testimoni del miracolo, per offrire ai lettori la possibilità di sceglierne una e cioè proprio quella coraggiosa del miracolato.

4.4.2 Intertestualità veterotestamentaria

Le piscine e il bagno - assenti nelle presentazioni sinottiche - hanno un ruolo nelle guarigioni non solo nel quarto vangelo. T. L Brodie analizza parallelismi e differenze con la

10 J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 23-24. Le parentesi sono del docente.

11 J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 24.

(9)

guarigione del lebbroso Naaman accaduta per mezzo di un bagno nel fiume Giordano su esortazione del profeta Eliseo (2 Re 5,10)12.

4.5 Redazione giovannea

Il quarto evangelista presenta Gesù con delle caratteristiche specifiche secondo la sua intenzionalità teologica, e il cieco guarito come un modello di credente – discepolo. Beutler individua, valendosi di aspetti storico-tradizionali (N.T. e A.T.), l’attività redazionale di Giovanni:

Secondo una tradizione della fonte dei Logia (Mt 11,2-6 //; cf. 8,27-30; Lc 7,18-23) Gesù risponde ad una delegazione di Giovanni Battista, se lui fosse o meno Colui che doveva venire, con un riferimento alla sua attività: “I ciechi vedono, gli zoppi camminano, il lebbrosi sono mondati ...”. Vengono ripresi testi come Is 26,19; 29,18; 35,5s.; 61,1, e il compimento di questi testi viene proclamato. L’evangelista allarga questa prospettiva:

Gesù non è solamente il Messia di Israele, ma anche la “luce del mondo” (v. 5) – una luce però minacciata dalle forze delle tenebre. In questo senso il racconto prelude già alla passione. È da paragonare il linguaggio metaforico di “giorno”, “luce” e “notte” in 11,9 all’inizio del racconto su Lazzaro. Il concetto di “luce” appare in Gv 9 anche nel senso metaforico di “luce della fede”. Già la circostanza che, secondo il v. 1, il cieco è “cieco dalla nascita” appare piena di significato. Questa cecità descrive la situazione della persona umana sin dalla nascita, per quanto non ha trovato ancora Gesù, la “luce del mondo”. Questo tema sarà sviluppato ulteriormente nel corso del capitolo. Dalla parte delle “tenebre”, del

“non vedere” appartiene anche il “peccato” (vv. 2-3). Questo tema si è incontrato diverse volte nel capitolo precedente (cf. 8,21.24.34.46). Dall’altra parte sta “l’opera” di Dio, realizzata da Gesù, che rende i suoi discepoli partecipi di quest’opera attraverso il “noi” del v. 4. Anche questo tema era stato già introdotto sin dal capitolo 7 (cf. 7,3.7.21; 8,39,41).13

5. Le conversazioni. Relazione del cieco guarito con Gesù e gli altri personaggi

14

Vv. 8-41

Il segno operato da Gesù si riflette qui come in un prisma nella reazione dei diversi gruppi di personaggi. Diverse volte si parla del segno di Gesù e della sua persona. Per il guarito e per i farisei Gesù stesso è il partner della conversazione. Vengono così presentate le diverse reazioni umane all’operato di Gesù: credere e non credere in confronto alla luce del mondo (9,4:

cf. 8,12). Da una parte si presentano diverse identificazioni cristologiche (Gesù come profeta, come Cristo, come Figlio dell’uomo, come luce del mondo), dall’altra alcune domande antropologiche, etiche e soteriologiche (l’osservanza del sabato, l’esclusione dalla sinagoga, il peccato nella sua radice, giudizio, vedere, essere cieco, in senso letterale e metaforico).

In ogni “conversazione” confluiscono le domande sul “come?”, riguardanti il segno accaduto e la domanda sulla identità della persona che lo ha operato (“Chi?”). Dietro dunque alle domande si sviluppa il tema cristologico. Il guarito fa gradualmente l’opzione per Gesù (vv 27-34) e così facendo si mette in diretto confronto, anzi sfida gli specialisti della legge giudaica con la provocatoria affermazione:

12 «Jesus as the New Elisha: Cracking the Code», ET 93 (1981) 39-42. J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 21.24.

13 J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 25.

14 Esposizione dei punti principali e traduzione tratti dall’argomentazione di K.SCHOLTISSEK, „Mündiger Glaube“, 92ss.

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evk tou/ aivw/noj ouvk hvkou,sqh o[ti hvne,w|xe,n tij ovfqalmou.j tuflou/ gegennhme,nou\

33 eiv mh. h=n ou-toj para. qeou/( ouvk hvdu,nato poiei/n ouvde,nÅ

32 Da sempre non si udì dire che aprì qualcuno gli occhi di un cieco nato.

33 Se non era questi da Dio, non poteva far niente.

5.1 La tecnica giovannea del capovolgimento dei ruoli15

È paradossale che le credenze giudaiche parlino a favore di Gesù, e dunque contro i suoi

“autorevoli” interpreti. La narrazione all’inizio - come abbiamo analizzato - molto viva e movimentata dal punto di vista della descrizione include pure un dialogo a livello teologico (3b-5).

Gesù quindi si rivela pure come maestro che interpreta fin dall’inizio del racconto le credenze giudaiche. Questo lo fa con i suoi discepoli che, rimanendo sullo sfondo del racconto, non appaiono espressamente, facendo così posto al discepolato del cieco.

I discepoli pongono la domanda su chi ha peccato: lui o i suoi genitori? (9,2). È vero che dal punto di vista formale si tratta di una domanda, ma essa presuppone una convinzione, cioè un’affermazione di fondo, che non è più una domanda. Qualcuno ha peccato, il peccato in quella famiglia è la causa della cecità. Questa condizione deve essere - pensano loro - conseguenza del peccato proprio o dei suoi genitori16. E una “domanda” che possiamo chiamare “tecnica” cioè specialistica su un tema teologico.

Nell’ultima conversazione di Gesù con i farisei in 9,39-41, si conclude che i farisei non sono ciechi nel senso meramente psicologico di non capire, che li renderebbe non colpevoli. Al contrario, il loro peccato li acceca, rendendoli incapaci di accettare il significato profondo e chiaro del segno della guarigione (9,40-41). La stretta associazione fra cecità e peccato viene ridimensionata. Né il cieco né i genitori sono colpevoli, altrimenti la cecità sarebbe stata una conseguenza giusta di un comportamento moralmente sbagliato; sono invece i farisei, gli specialisti nella teologia dell’epoca, che mediante un’inversione di ruoli in senso metaforico diventano ciechi a causa della loro incapacità, prodotta dal peccato, di riconoscere un qualcosa di nuovo. Essi rimangono chiusi nella loro rigidità (9,34). Rifiutano di accogliere un evento che si presenta come evidente: “Se non era questi da Dio non poteva far niente” (9,33).

Di quale tipo di peccato si tratta? Quello di non riconoscere la gloria (do,xa) di Dio a causa del loro ricercare e trovare soltanto la gloria degli uomini17 [cf. 5,41-44 (discorso dopo la guarigione del paralitico sugli impedimenti per credere); 7,18; 8,50; 9,24; 12,41.43 (sommario del libro dei segni)].

La domanda degli oppositori di Gesù “forse anche noi siamo ciechi?” (9,40) si colloca in un lungo elenco di domande rimaste senza risposta immediata e diretta nel QV18. Molte volte mediante questa tecnica l’evangelista confronta la persona che parla nel racconto con il lettore del vangelo che ha già, come il narratore stesso, una risposta corretta e discrepante rispetto alla persona del racconto che l’ha formulata. Nel nostro caso la forma con la quale il guarito conversa con quelli che indagano è caratteristica. Parte dell’interrogatorio lo fa lo stesso guarito invece dei farisei, e poi porta una testimonianza che suona come una sfida, giacché ricorda agli specialisti alcuni elementi basilari della teologia giudaica: “Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori” ad esempio.

Col guarito i lettori del QV devono meravigliarsi della non conoscenza degli oppositori di Gesù, giacché davanti ai segni, all’operare di Gesù, l’evidenza si manifesta. È la gloria di Dio che si rivela in forma chiara:

15 K.SCHOLTISSEK, „Mündiger Glaube“, 92-94.

16 La stessa credenza sulla relazione fra peccato e punizione corporale si riflette sullo sfondo di Lc 13,1-5. Per la bibliografia sulla fede giudaica dell’epoca sulla retribuzione, cf. K. WENGST, Il Vangelo di Giovanni, Brescia 2005, 382-385.

17 J. LUZÁRRAGA, «Los “impedimentos” para el encuentro con Jesús en el Evangelio de Juan », Manresa vol. 49, 23-38.

18 Ad esempio 1,46; 4,12; 6,25.42.52; 7,15.20.26.35-36.41.42.47.48.52; 8,22.48; 9,27. cf. 18,30.

(11)

30 avpekri,qh o` a;nqrwpoj kai. ei=pen auvtoi/j(

VEn tou,tw| ga.r to. qaumasto,n evstin(

o[ti u`mei/j ouvk oi;date po,qen evsti,n( kai. h;noixe,n mou tou.j ovfqalmou,jÅ

31 oi;damen o[ti a`martwlw/n o` qeo.j ouvk avkou,ei(

avllV eva,n tij qeosebh.j h=| kai. to. qe,lhma auvtou/ poih/| tou,tou avkou,eiÅ

32 evk tou/ aivw/noj ouvk hvkou,sqh o[ti hvne,w|xe,n tij ovfqalmou.j tuflou/ gegennhme,nou\

33 eiv mh. h=n ou-toj para. qeou/( ouvk hvdu,nato poiei/n ouvde,nÅ

30 L’uomo rispose e disse loro:

«In questo infatti sta (= è) la cosa-sorprendente,

che voi non sapete da-dove è, eppure aprì i miei occhi.

31 Sappiamo che Dio non ascolta (i) peccatori,

ma se qualcuno è-rispettoso-di-Dio e fa la sua volontà, (Egli) lo ascolta.

32 Da sempre non fu udito che qualcuno aprì (gli) occhi di un cieco nato (= generato).

33 Se costui non fosse da Dio, non potrebbe far nulla».

Queste parole coraggiose del cieco preparano quelle di Gesù al v. 39:

Eivj kri,ma evgw. eivj to.n ko,smon tou/ton h=lqon(

i[na oi` mh. ble,pontej ble,pwsin

kai. oi` ble,pontej

tufloi. ge,nwntaiÅ

« Per un discernimento io venni in questo mondo,

affinché COLORO CHE NON VEDONO

vedano

e (affinché) coloro che vedono DIVENTINO CIECHI ».

L’importanza di queste parole di Gesù riecheggia alla fine del Libro dei Segni. L’evangelista ricorda l’oracolo del profeta Isaia (6,10):

12,39 dia. tou/to ouvk hvdu,nanto pisteu,ein( o[ti pa,lin ei=pen VHsai<aj(

40 Tetu,flwken auvtw/n tou.j ovfqalmou.j kai. evpw,rwsen auvtw/n th.n kardi,an(

i[na mh. i;dwsin toi/j ovfqalmoi/j kai. noh,swsin th/| kardi,a| kai. strafw/sin(

kai. iva,somai auvtou,jÅ

12,39

Per questo non potevano credere, perché Isaia disse anche:

40 Ha accecato i loro occhi e ha-indurito il loro cuore,

affinché con gli occhi non vedano e col cuore non comprendano e così non si convertano e io non li guarisca.

Il giudizio (kri,sij) che Gesù porta (vedi 3,19; 5,24), l’effetto 9,39b che produce la sua attività, ha una doppio taglio:

- Uno che dalla nascita è cieco può essere guarito e può trovare un altro senso nella sua vita, vedendo l’operare di Dio nel suo Figlio.

- Coloro che hanno i loro occhi fisiologicamente sani, possono mediante la loro sorprendente non riconoscenza dell’operato di Gesù, in un senso traslato, diventare colpevoli, vale a dire attrarre il giudizio su di sé.

(12)

Le parole e l’operare di Gesù come Luce del Mondo (9,5;8,12) cambiano i presupposti teologici dell’epoca e cioè la connessione diretta fra cecità e peccato personale in famiglia, provocando così una reazione; nella quale la connessione fra peccato e cecità viene scoperta e riproposta in forma traslata. La relazione fra cecità e vedere, malattia e sanità, colpevolezza e innocenza, credere e incredulità, viene esposta apertamente alla Luce del mondo che è Gesù, e così capovolta.

5.2 Dalla cripto - cristianità ad un credere conseguente19

Le diverse conversazioni che abbiamo studiato in questo capitolo lasciano trasparire il problema storico-critico dell’espulsione dalla sinagoga e del cosiddetto cripto-cristianesimo. In 9,22 l’espulsione viene collegata con il riconoscimento, cioè con la confessione di Cristo (vedi 9,34;

12,32; 16,2). L’espulsione dei giudei cristiani dalle sinagoghe creò un trauma ed è la chiave per capire, dal punto di vista della storia della comunità cristiana e della sua teologia, la coniazione del titolo “i Giudei” e il suo peculiare uso nel IV Vangelo.

Esempi di cripto cristiani sono Nicodemo (Gv 3) e i genitori del cieco guarito. Questi ultimi non danno una confessione esplicita della loro fede in Gesù, ma rimandano a loro figlio:

20b Oi;damen o[ti ou-to,j evstin o` ui`o.j h`mw/n kai. o[ti tuflo.j evgennh,qh\

21 pw/j de. nu/n ble,pei ouvk oi;damen(

h' ti,j h;noixen auvtou/ tou.j ovfqalmou.j h`mei/j ouvk oi;damen\

auvto.n evrwth,sate( h`liki,an e;cei( auvto.j peri. e`autou/ lalh,seiÅ

20b «Sappiamo che costui è nostro figlio e che fu generato cieco.

21

Ora, come adesso veda (= guardi), non (lo) sappiamo, o chi aprì i suoi occhi, noi non (lo) sappiamo.

A lui chiedete; ha (l’) età, parlerà lui di se-stesso».

Ad un primo livello di lettura sembra una scusa appropriata per non compromettersi. Nella situazione della chiesa al tempo dell’evangelista la reazione dei genitori indica più della maturità del loro figlio, capace di fare l’annuncio giusto. Questa è l’intenzione, lo scopo dell’evangelista: I cristiani che soltanto interiormente ed in modo nascosto vivono la loro fede dia. to.n fo,bon tw/n VIoudai,wn “per paura dei Giudei” [3,1-2 (Nicodemo di notte); 7,13; 9,22; 19,38 (Giuseppe d’Arimatea); 20,19], devono essere motivati a confessare Cristo in modo da diventare adulti, cioè maturi nella loro fede.

La radice semantica del termine h`liki,a, poco frequente nel NT, è “anzianità” e in combinazione con e;cein indica età adulta, maturità, cioè la capacità di agire da se stessi. Questo termine compare in Gv soltanto qui in 9,21 in forma diretta, sulla bocca dei genitori del guarito, in contrasto con l’attitudine dei genitori che avendo più anni di età non hanno dato una matura confessione “perché avevano paura (evfobou/nto) dei Giudei” (v 21). Poi viene ripetuto il termine in forma indiretta come parte del racconto dall’evangelista, cioè dal narratore, che in questo modo trasmette le motivazioni dei suoi personaggi e guida il lettore a simpatizzare col coraggio del guarito (v.23). “Per questo i genitori di lui dissero: l’età ce l’ha, interrogate lui”.

Scholtissek riporta diversi esempi dalla letteratura greca, alcuni da Platone e dall’AT, dove questo vocabolo viene utilizzato con una connotazione simile per designare una matura responsabilità di scelta. Di particolare rilievo è la citazione di 2 Mac 7,27. Durante la persecuzione di Antioco IV Epifane, si descrive così il martirio del settimo dei fratelli in presenza della madre20.

19 Cf. K.SCHOLTISSEK, „Mündiger Glaube“, 94-96.

20 K.SCHOLTISSEK, „Mündiger Glaube“, 95-96.

(13)

27 (La madre) curvatasi su di lui, beffandosi del crudele tiranno, disse nella lingua dei padri:

«Figlio, abbi pietà di me che per nove mesi ti ho portato in seno e per tre anni ti ho allattato, ti ho nutrito, allevato e portato a questa età». kai. avgagou/san eivj th.n h`liki,an tau,thn.

Le parole dei genitori del cieco guarito hanno dunque un peso particolare:

Gv 9,21

Chiedete a lui; ha (l’) età, parlerà lui di se-stesso».

auvto.n evrwth,sate( h`liki,an e;cei( auvto.j peri. e`autou/ lalh,seiÅ

In forma profetica, e senza rendersene conto, i genitori pre-annunciano la confessione cristologica matura del loro figlio. C’è qui un’inversione dei ruoli tipicamente giovannea.

Sarà il figlio a dare la necessaria e matura confessione di fede. Dobbiamo tener conto tanto della comunicazione interna del testo, cioè all’interno del racconto, quanto della comunicazione dell’evangelista con i suoi lettori.

La raccomandazione dei genitori va diretta pure ai lettori: come il nato cieco, così i lettori devono maturare la loro fede. I genitori considerano come ideale la condotta del loro figlio; come qualcosa che loro al momento non sono capaci di fare. I lettori però sono condotti a simpatizzare col cieco guarito e così indirettamente esortati con le parole dei genitori a reagire senza paura e a maturare nella loro opzione per Gesù.

5.3 Il cieco nato e la strategia dietro alle parole di Gesù nel IV vangelo21

Il guarito utilizza in sua difesa la stessa strategia che Gesù impiega nel dialogo con Nicodemo: lancia domande di confronto (9,27) e argomenta con mentalità e convinzioni giudaiche (9,25b; 9,30b; 9,31-33). Come nella conversazione con Nicodemo si vede un’inversione di ruoli:

10avpekri,qh VIhsou/j kai. ei=pen auvtw/|( Su. ei= o` dida,skaloj tou/ VIsrah.l kai. tau/ta ouv ginw,skeijÈ

10Rispose Gesù: «Tu sei maestro in Israele e queste cose non conosci?

Di fronte a Nicodemo, maestro di Israele, si trova Gesù, il vero maestro, che insegna a Nicodemo. Questa connessione l’abbiamo pure in Gv 9, dove i Giudei domandano al guarito:

9,34 « Nei peccati tu fosti generato (tutto) intero, e tu insegni a noi?».

VEn a`marti,aij su. evgennh,qhj o[loj kai. su. dida,skeij h`ma/jÈ

In realtà il guarito si comporta proprio come un maestro, come un uomo maturo che si costituisce testimone in favore di Gesù. Questa voluto parallelo che l’evangelista fa tra Gesù e il guarito appartiene alla strategia narrativa del Quarto Evangelista. Si nota lo stesso nella presentazione della sorte di Gesù e della sua comunità di discepoli [12,26 (istruzioni ai discepoli dopo l’arrivo dei Greci); 15,18-25 (persecuzioni)]. Da un’altra parte prepara la sfida che suppone la sequela di Gesù e la missione che darà ai discepoli dopo la sua risurrezione (20,21). Questo invio conduce alla krisis escatologica. C’è una proiezione in avanti che guarda all’operare di Cristo risorto nello Spirito. Questa è la realtà che i lettori vivono.

I destinatari hanno sotto gli occhi un Paradigma di fede matura. Il guarito si manifesta come i suoi genitori hanno pre-annunciato: come un uomo adulto e maturo che riconosce e confessa, nonostante le minacce di sanzioni e la realtà dell’espulsione dalla sinagoga. L’uomo confessa la fede in colui che l’ha guarito. Attraverso il dialogo con i Giudei (9,24-34) il guarito fa sua la strategia di Gesù e si manifesta allo stesso modo di Gesù davanti agli esperti della legge e davanti ai teologi. I conoscitori della legge cadono paradossalmente in contraddizione.

21 K.SCHOLTISSEK, „Mündiger Glaube“, 96-98.

(14)

6. Caratteristiche dei racconti d’incontro in Gv 5 e Gv 9

22 6.1 Anagnorisis: dal non riconoscere al riconoscimento23

In ogni racconto d’incontro personale nel QV troviamo sempre uno schema fisso con qualche variazione minore. Di fondo si tratta di riconoscere o non riconoscere Gesù come l’Inviato escatologico di Dio; si tratta di cercare e trovare o non trovare Gesù. Siamo davanti ad una situazione di generale e comune non-conoscenza che soltanto attraverso l’iniziativa di Gesù può diventare conoscenza.

Le parole del Battista “in mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete” danno inizio a un tema che percorre tutto il vangelo. Questo movimento che in Gv in diverse forme viene raccontato e presentato davanti agli occhi dei lettori, è appunto il movimento dalla non conoscenza, dal non sapere, alla conoscenza credente o ad una conoscenza credente più matura.

Secondo Culpepper, la ripetizione di scene di riconoscimento lungo il vangelo e il ruolo che giocano entro il tema più ampio di Gesù come il rivelatore non ancora riconosciuto, suggerisce che l’evangelista abbia utilizzato la tecnica dell’anagnorisis, un motivo letterario e tematico che era comune nella letteratura giudaica e nel dramma greco24. Il QV impiega l’anagnorisis come uno degli elementi centrali del suo racconto. L’anagnorisis organizza schematicamente e sviluppa il dramma (Aristotele Poetica 11).

Il paralitico e il cieco nato sono beneficiari immediati dell’opera salvifica di Gesù. Essi riconoscono e credono. Al momento il guarito in Gv 5 non può però dare nessun annuncio su Gesù.

Egli non sapeva chi fosse (5,13). Soltanto a causa dell’iniziativa di Gesù arriva alla conoscenza della sua persona e all’annuncio “ai Giudei” (5,15).

È vero, il guarito in Gv 5 è soltanto all’inizio del suo cammino di fede. Questo cammino si mostra in tutto il suo sviluppo nella persona del cieco nato (imprévu e déjà vu). Il guarito nato cieco difende Gesù, accusa i suoi accusatori, utilizza le tecniche di Gesù e riconosce in profondità l’identità del suo guaritore con una risposta degna di una fede matura: credo, Signore (9,38).

6.2 Architettura parallela Scholtissek fa il seguente elenco25:

- Ambedue i segni di guarigione miracolosa hanno dei protagonisti senza il nome proprio - Ambedue sono organizzati per mezzo di dialoghi.

Il primo segno (a Cana in 2,1-11), che dà inizio alla serie dei sette segni, e la guarigione del figlio del Basiliko,j, probabilmente un funzionario regale della corte di Erode (4,46-54), non hanno nessuna spiegazione successiva. Questo cambia dal terzo segno fino al sesto (5,1-9;

6,1-14.15-21; 9,1-8). Nel settimo segno, la rianimazione di Lazzaro, le narrazioni e i dialoghi esplicativi si mescolano.

- L’operato meraviglioso di Gesù è il punto di partenza per un conflitto severo con “i Giudei”

- Ambedue i fatti vengono visti dagli oppositori di Gesù come violazioni del sabato. Questo dato temporale viene menzionato dopo la guarigione stessa e non prima o durante il racconto (v 5,9b e 9,14a). In ambedue sono il punto iniziale di un’aspra controversia.

- Ambedue si localizzano nell’ambito spaziale di una piscina a Gerusalemme.

22 Sono interessanti oltre a K. SCHOLTISSEK „Mündiger Glaube“, 97-100 anche le pagine 58-70 di J.L., STALEY,

« Stumbling in the Dark ».

23 Sintesi e semplificazione di „Mündiger Glaube“, 97-99 a scopo pedagogico.

24 R.A. CULPEPPER, «The Gospel and the Letters of John», Nashville 1998, 67-86 in K.SCHOLTISSEK, „Mündiger Glaube“, 98 nota 41.

25 „Mündiger Glaube“, 99-100.

(15)

- Dopo la guarigione miracolosa in ambedue i racconti Gesù prende l‘iniziativa di cercare- trovare il guarito. Stesso utilizzo del verbo eu`ri,skein:

“Dopo queste cose lo trova (eu`ri,skei) Gesù nel tempio e disse..” 5,14 “Gesù sentì che lo avevano cacciato e avendo trovato (eu`rwn) lui disse…” 9,35

- In ambedue si rispecchia il tema del peccato. In 5,14 è soltanto accennato. Nel capitolo 9 si sviluppa di forma magistrale.

- Nelle due sequenze Gesù scompare, si nasconde. 5,13; cf. 6,15.

- Dopo 9,12 il guarito non sa dov’è Gesù (9,25).

- Ambedue i segni provocano domande sull’identità e l’autorità del taumaturgo. Gli oppositori si separano da Gesù, nonostante nella prospettiva giovannea tutti gli argomenti siano a favore della messianicità di Gesù, e cioè della sua identità come il Cristo.

- Ambedue i guariti svolgono un’attiva funzione di annuncio, pur se diversamente sviluppata e accentuata.

7.

Il filo conduttore della narrazione giovannea. Da Gv 5,1-16.(17-47) a Gv 9,1-41

26

Nella costruzione dell’evangelista c’è una chiara intenzione (analisi pragmatica): mettere davanti agli occhi dei suoi lettori due scene esemplari con le quali essi possano identificarsi. Così l’evangelista mostra ai suoi destinatari, con l’uso del verbo avnagge,llw, che in Gv 5 abbiamo un primo passo nella direzione giusta. In Gv 9 la situazione dei credenti della comunità giovannea viene completamente sviluppata. Gv 5 e Gv 9 sono delle situazioni che esemplificano altre situazioni dell’evangelo. La relazione fra queste due scene, l’anagnorisis, illumina altri racconti del vangelo.

La strategia del racconto giovanneo permette al lettore di entrare nel processo che si sta sviluppando, per così dire, davanti ai suoi occhi. Scholtissek cita la teoria di Paul Ricoeur27 per la quale un buon racconto permette al ricevente, vale a dire al lettore, d’introdursi con la propria situazione presente nel racconto e procedere ad una trasformazione, e così ricevere “una nuova identità”. Il lettore della passione, per esempio, nell’atto di ricevere quanto è narrato, entra lui stesso nel processo fatto a Gesù, cioè si sente coinvolto. Così, nella narrazione del cieco nato, la fede del lettore si approfondisce e si sviluppa, cresce verso una matura testimonianza che pure a lui viene richiesta.

L’inizio della drammatica situazione di prendere posizione a favore o contro Gesù, la possiamo individuare in Gv 5 ma s’articola pienamente in Gv 9. Il ruolo mediatore di ambedue i guariti, uomo ammalato e cieco nato, s’illumina a vicenda. Come ambedue i personaggi del racconto, i destinatari del QV vengono sfidati e confermati come testimoni a favore dei segni operati da Gesù, come testimoni a favore di Gesù come Messia (20,30-31). La testimonianza pubblica appartiene ad ogni fede matura.

In questi due episodi l’ambiente vitale (Sitz im Leben) del QV si chiarisce. Gli immediati destinatari del QV non sono i non-cristiani. Non sono neppure i Giudei. Il QV viene indirizzato ai credenti, membri della comunità giovannea. La loro fede deve essere rinforzata, deve essere confrontata con una crescente apostasia, sebbene forse soltanto allo stato embrionale e non ancora chiaramente dichiarata. In questo confronto la loro fede deve diventare operosa e matura.

Autori come J. Zumstein vedono qui il fondamento della coerenza della teologia giovannea.

Il QV dà un’interpretazione della fede cristiana, un approfondimento radicale. Dalla prospettiva della Pasqua, ma senza relativizzare né l’affermazione sull’Incarnazione (1,14), né la missione del Gesù terreno, Gv presenta il cammino della fede in modo graduale, come a gradini. La strategia giovannea di presentazione della fede si sviluppa e si fortifica lungo il vangelo in base alle diverse reazioni dei personaggi che entrano in contatto personale con Gesù. Il QV è dunque un’istanza per

26 Sintesi e semplificazione di K.SCHOLTISSEK „Mündiger Glaube“, 99 -104 a scopo pedagogico.

27 „Mündiger Glaube“, 101 nota 46.

(16)

mezzo della quale si cerca di risvegliare la fede dei credenti. La fede minacciata dei cristiani deve essere rinforzata attraverso la rivelazione progressiva dell’identità di Cristo, che richiede adesione coraggiosa. Questo si consegue attraverso il processo dell’incomprensione, non assente di “ironia”, e l’uso del discorso simbolico.

Questa fede matura del testimone può e deve operare ad extra. In questo senso il QV è missionario. La fede matura, per la quale Gv lavora, si presenta in una concreta situazione di conflitto che attraversa la sua comunità. Questa situazione conflittuale oggi non deve perpetuarsi esattamente così. I Giudei sono caratterizzati in Gv in relazione al momento storico nel quale egli viveva. Ma pure in quella circostanza storica, la preghiera sacerdotale di Gesù proclamava con eloquenza: Attraverso la fede e unità nell’avga,ph della comunità di Gesù, il ko,smoj deve riconoscere come amato da Dio a dai cristiani (17,23;3,16). Il vocabolo ko,smoj ha almeno due significati. Ma anche nel suo significato negativo, pur se il ko,smoj si manifesta come nemico, rimane come destinatario dell’Invio e dell’avga,ph di Gesù (3,16), e continua ad essere destinatario dell’Invio del Paraclito e a sua volta dell’invio missionario della comunità dei discepoli.

Il cammino del credere nel QV si mostra come un processo all’aperto con molti ostacoli, incomprensioni, identificazioni e sorprendenti iniziative di Gesù stesso. D’altra parte la libertà di scelta responsabile si riflette nella possibilità di non accettare, di non credere.

8. La fede matura giovannea

29

Attraverso lo specchio dei racconti d’incontro, l’evangelista chiede alla sua comunità di uscire dal suo nascondiglio (cripto – cristianesimo). Nel discorso giovanneo i cristiani devono camminare nella luce (Gv 1,4.9; 8,12; 9,5; 11,10; 12,35.46; cf. 1 Gv 1,6-7; 2,11).

Con l’intenzione di fortificare e di dare un contenuto programmatico al loro sviluppo verso una maturità di fede, l’evangelista descrive personaggi che nel parlare con Gesù si offrono come modelli d’identificazione per l’oggi del destinatario. In questo modo, mediante il racconto di Gv 5 e Gv 9, si presenta loro il cammino verso una fede matura e testimoniante. Questo cammino di fede e di discepolato tende verso una confessione cristologica nelle parole e nell’agire (Nicodemo e Giuseppe di Arimatea). Se la circostanza avviene, devono saper prendere su di sé, sia gli inconvenienti sia perfino la persecuzione che tale cammino comporta.

La fede matura si orienta verso il pubblico annuncio secondo la strategia discorsiva di Gesù.

Come Gesù devono comportarsi i suoi discepoli. I chiamati, dopo i segni realizzati di fronte a loro, devono comportarsi come esemplarmente l’ha fatto il cieco guarito, confrontandosi ad esempio con la teologia giudaica del tempo. Così gli accusati diventano accusatori, ma nel senso del rîb profetico, invitando a credere nell’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Così continua, attraverso i suoi, il processo al mondo iniziato da Gesù nel suo operare terreno. Questa è la missione dei cristiani dopo il trionfo del Cristo risorto sul peccato e sulla morte. La sua vicinanza ai suoi (tema dell’e;rcomai) continua attraverso il Paraclito nella comunità dei credenti-testimoni in tutti i tempi. È la forma giovannea di presentare il logion matteano:

28,19 poreuqe,ntej ou=n maqhteu,sate pa,nta ta. e;qnh …

kai. ivdou. evgw. meqV u`mw/n eivmi pa,saj ta.j h`me,raj e[wj th/j suntelei,aj tou/ aivw/nojÅ

La fede matura in Gv non implica un’attitudine trionfalistica e arrogante. Al contrario i personaggi, (i genere i discepoli ma soprattutto Pietro) sono avvertiti di capire di non essere mai completamente preparati. Essi rimangono in cammino, sfidati nella loro fede e a volte oppressi, sebbene frequentemente in forma non diretta, ma in ogni caso col dovere di condurre il cammino di cristiani in modo sempre innovativo.

28 J. ZUMSTEIN, „Das Johannesevangelium. Eine Strategie des Glaubens“ in DERS., Kreative Erinnerung: Relecture und Auslegung in Johannesevangelium, Zürich 2004, 36 citato in K.SCHOLTISSEK, „Mündiger Glaube“, 103 nota 36.

29 K.SCHOLTISSEK, „Mündiger Glaube“, 104-105.

(17)

9. Spunti d’attualizzazione

Il senso profondo del racconto, tramite le parole interpretative di Gesù, all’inizio e alla fine (vv. 3a-5 e 39-41) conduce anche verso un simbolismo dietro all’evento narrato. Possiamo pure considerare che qui sia anche presente una simbologia battesimale? Molti autori, soprattutto cattolici, considerano che le azioni di Gesù sul cieco, toccarlo, porre della saliva sugli occhi, e il requisito di lavarsi nella piscina abbiano un valore rituale. L’identificazione fra il nome della piscina e la missione di Gesù come l’Inviato indirizzano nella stessa linea. Ci sono delle testimonianze dell’arte paleocristiana che fanno una connessione fra Gv 9 e la pratica battesimale della Chiesa delle origini

30

. Sembra logico pensare ad uno scopo del racconto non solo cristologico ma anche ecclesiologico e sacramentale. Ambedue le linee d’interpretazione sono ben integrate in queste osservazioni di Beutler:

« Il Cieco Nato appare come il discepolo modello che riceve nell’incontro con Gesù la luce della fede e professa questa fede senza paura. Sembra che il testo voglia condurre i lettori verso questo intrepido cammino. Si tratta di “avere la sua età” (vv. 21 e 23), nella quale il cristiano si professa discepolo di Gesù al di là dell’opinione dei suoi genitori, dei vicini o delle autorità religiose del suo popolo, e si mostra pronto a mettere a disposizione tutta la sua rete sociale per la propria convinzione. Così la professione di fede in Gesù significa prontezza al conflitto e alla partecipazione al destino di quel Gesù, che come “luce del mondo” è minacciato dalle forze delle tenebre (vv. 4-5)…

Essere discepoli di Gesù significa essere pronti ad essere esclusi a causa sua. Questa interpretazione del testo appare ancora attuale, ora che la fede cristiana deve essere vissuta in quasi tutto il mondo in un contesto più o meno a-cristiano… si potrebbe pensare al sacramento della confermazione come sacramento della persona “adulta”,

“maggiorenne” nella professione di fede. Oggi si trovano cresimandi che professano e vivono la loro fede in contraddizione non solo con il mondo della scuola o del lavoro, ma persino nei confronti dei propri genitori. Queste persone vengono incoraggiate dal testo a vivere la loro età, adulta, come il Cieco Nato e a professare la loro fede senza paura, qualunque siano le conseguenze nel campo sociale della loro decisione »31.

30 Al riguardo vedi R. BROWN, Giovanni, 497-499.

31 J. BEUTLER, Gesù a Gerusalemme, 33-34.

(18)

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