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CAPITOLO TERZO LA (NON) SOSTENIBILITA' DELLE AGROENERGIE. SOMMARIO:

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CAPITOLO TERZO

LA (NON) SOSTENIBILITA' DELLE AGROENERGIE.

SOMMARIO: 1. La sostenibilità ambientale degli impianti

di produzione energetica - 2. La tutela del paesaggio - 3. La valutazione di impatto ambientale e la valutazione di incidenza - 4. L'impatto ambientale prodotto dagli impianti fotovoltaici – 4.1. La sottrazione del suolo. - 4.2. L'impatto sulla vegetazione. - 4.3. Il fenomeno dell'abbagliamento. - 5. Il rilascio delle autorizzazioni e il riparto delle competenze. - 6. Il difficile bilanciamento tra esigenze energetiche ed alimentari.

1. LA SOSTENIBILITA' AMBIENTALE DEGLI

IMPIANTI DI PRODUZIONE ENERGETICA.

L’ agricoltura nel corso dei secoli ha disegnato gli attuali paesaggi europei come ambienti naturali unici, configurando paesaggi mozzafiato, spesso dotati di un’ampia varietà di habitat di specie animali e vegetali la cui esistenza dipende dal proseguimento dell’attività agricola.

L'agricoltura moderna, che si è andata sviluppando a partire dagli anni 2000, non è più chiamata soltanto a produrre prodotti da piazzare sul mercato, ma anche a proteggere il suolo dai

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processi di erosione, attivare la biodiversità, conservare il paesaggio agrario, tenere vivi i saperi e le tradizioni locali, custodire la salubrità dell'aria e delle acque, organizzare un turismo eco-compatibile.

La funzione energetica connessa all'agricoltura può arrecare delle conflittualità e delle criticità per l'ambiente, la quale si lega con il concetto di multifunzionalità dell'agricoltura. Quest'ultima è destinata ad essere ulteriormente valorizzata poiché negli ultimi anni si sono moltiplicati, a livello europeo, gli appelli rivolti alla PAC affinché venga dato spazio agli strumenti volti ad incentivare la produzione di beni pubblici, in particolare, di carattere ambientale, tra cui il paesaggio, la stabilità climatica, la conservazione della biodiversità, la qualità e la disponibilità delle risorse idriche, la funzionalità del suolo e la qualità dell'aria1.

Nell’agricoltura europea contemporanea le politiche agricole adottate, il progresso tecnologico, la maggiore apertura dei

1 Bolognini S., Sicurezza alimentare versus sicurezza energetica: conflittualità e criticità, in Sicurezza energetica e sicurezza alimentare nel sistema Ue, atti del convegno Siena 10-11 maggio 2013, Giuffè, p. 248.

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mercati internazionali e il conseguente aumento della competizione, hanno conferito al settore agricolo un carattere sempre più intensivo, con ripercussioni negative sul territorio e le sue risorse ambientali. Si è assistito da un lato all’intensificazione dell’agricoltura nelle aree più produttive, dall’altro alla tendenza alla marginalizzazione e all’abbandono dei terreni agricoli nelle aree meno produttive. Queste dinamiche incidono sulla sostenibilità dell’agricoltura con ripercussioni sulle dimensioni sociale, economica ed ambientale. Le criticità emerse in seno al sistema agro-alimentare europeo in seguito all'intensificarsi dell'azione rivolta alle energie nuove e rinnovabili, nel novero delle quali possono essere ricomprese le c.c.d.d agroenergie, è facilitata dall'impiego del termine <<sostenibilità>>.

L'agricoltura sostenibile è un concetto elaborato all'inizio degli anni '90 dalle istituzioni degli Stati Uniti d'America e da quelle dell'Europa che, dopo avere verificato i danni del modello agricolo industriale, hanno utilizzato per definire i principi guida destinati a supportare un cambiamento dell'agricoltura

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verso forme più rispettose dell'ambiente e del territorio, prevedendo il minor impiego di fertilizzanti e pesticidi.

Il concetto di sostenibilità applicato all’agricoltura si riferisce alla possibilità di sostenere un sistema nel lungo periodo, attraverso il mantenimento delle risorse naturali necessarie all’agro-ecosistema per un corretto funzionamento dell'agricoltura.

L’ agricoltura sostenibile potrebbe essere definita come quel tipo di agricoltura che è in grado di :

• fornire cibo per i bisogni alimentari per gli essere umani e animali;

• essere economicamente valida;

• migliorare le risorse naturali dell'azienda agraria e la qualità complessiva dell'ambiente

• migliorare la qualità della vita per gli agricoltori e l'intera società civile.

Questo tipo di gestione dell'agricoltura si pone l' obiettivo di soddisfare le esigenze economiche degli stessi imprenditori

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agricoli senza compromettere l'ambiente2 e la biodiversità3. Il Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 (PSR)4 per la sostenibilità dell'agricoltura ha sottolineato le principali criticità in materia di sostenibilità nell'attività agricola. L'uso di metodi di

2 L' <<ambiente>> potrebbe essere definito come l'insieme degli elementi che, da soli o nei rapporti tra loro, costituiscono la cornice della vita dell'uomo, determinandone alcune delle condizioni essenziali. L'Unione Europea annovera la <<tutela dell'ambiente>> tra i principali temi delle sue politiche e contribuisce a perseguire il raggiungimento di determinati obiettivi attraverso: 1) la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente; 2) la protezione della salute umana; 3) l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; 4) la promozione delle misure destinate a risolvere le problematiche ambientali.

3 Per <<biodiversità>> si intende il paniere complessivo di organismi viventi che vivono in ogni ambiente. La Convention on Biological

Diversity (Summit mondiale Rio de Janeiro,1992) ha definito la

biodiversità come la varietà e la variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono. La biodiversità svolge in agricoltura una funzione attiva in molti processi ecologici tra i quali: il riciclo degli elementi nutritivi, il controllo del microclima locale, la regolazione dei processi idrologici locali, la regolazione dell'abbondanza degli organismi nocivi, la detossificazione da prodotti chimici inquinanti. La biodiversità porta con sé valori e benefici ambientali, economici e socioculturali.

4 Il Programma di Sviluppo Rurale (PSR) è uno specifico strumento per una politica determinata dell’Unione Europea rivolta ai territori non urbanizzati. Il quadro normativo cui si riferisce ed il suo fondo finanziario sono denominati “FEARS”. La struttura dei PSR è articolato in alcuni tipi di intervento: 1) Miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale; 2) Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale; 3) Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell’economia rurale.

Le Regioni hanno il compito di predisporre i programmi ed inviarli alla Commissione Europea la quale dovrà approvare ciascun singolo Programma di Sviluppo Rurale.

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produzione intensivi nelle zone agricole comportano un forte stress sull’ambiente provocando un’eccessiva semplificazione degli agro-ecosistemi, ai quali vanno ad aggiungersi, nelle are più densamente popolate, gli effetti negativi legati dell’urbanizzazione.

Lo sviluppo rurale deve tener conto dei mutamenti nel ruolo dell’agricoltura nell’economia di un paese o di singole aree e del cambiamento dei modelli di consumo. Da un lato vi è la necessità di rivitalizzare le zone rurali più marginali e di ridurre la pressione esercitata sull’ambiente a causa dell’utilizzazione di tecniche produttive troppo intensive; dall’altro di rispondere alle esigenze della domanda sempre più orientata verso le produzioni di qualità e la fruizione di servizi ambientali soprattutto a scopi ricreativi.

Nell’ambito delle attività multifunzionali del settore agricolo le imprese agroenergetiche rappresentano una componente importante, in continua espansione ed evoluzione, sia per la

Le strategie del Programma di Sviluppo Rurale mirano ad incrementare la competitività del sistema produttivo agricolo ed a dare un ruolo ed una identità alle aree rurali, promuovendone la tutela e la valorizzazione dell’ambiente attraverso una corretta gestione del territorio.

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diversificazione aziendale delle attività, che per la complementare integrazione delle caratteristiche di offerta dei prodotti resi disponibili sul mercato.

La funzione energetica deve essere vista in un’ottica di integrazione con quella alimentare, poiché ne deve conservare i metodi senza mai rinunciare alla sostenibilità ambientale e della tutela del territorio.

Le interazioni tra fonti rinnovabili, agricoltura e territorio, infatti, creano le condizioni di una “nuova” pianificazione energetica.

Si tratta di credere realmente nella creazione di un nuovo modello energetico e di sostenerlo con scelte politiche durature. La sfida consiste nel prendere definitivamente atto dell’importanza, in un territorio come quello italiano, del corretto dimensionamento degli impianti, delle tecnologie effettivamente percorribili e delle modalità di valutazione degli impatti ambientali, territoriali e sociali degli investimenti energetici.

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che, oggi, consente un elevato livello di efficienza energetica ed ambientale serve ancora un ulteriore sforzo nell’adattamento delle tecnologie e degli impianti alle dimensioni ed alle strutture delle realtà produttive agricole e zootecniche nazionali, costituite essenzialmente da imprese di dimensioni medie e piccole, che, potenzialmente, costituiscono la principale risorsa “quantitativa” e “qualitativa” per il raggiungimento degli obiettivi nazionali fissati al 2020.

2. LA TUTELA DEL PAESAGGIO

Quando si fa riferimento all' <<Ambiente>> bisogna necessariamente considerare il paesaggio e la sua tutela. Per quanto concerne la tutela giuridica del paesaggio bisogna tenere in considerazione le norme provenienti dal legislatore nazionale, le quali nel corso degli anni si sono evolute nonostante non sia presente una definizione giuridica ben precisa, rispetto all'ordinamento comunitario.

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poiché accenna soltanto alla tutela del paesaggio, ma poi non ne consacra gli effetti, infatti prevede che << la Repubblica tutela il paesaggio (...)>>. Questa mancanza legislativa ha dato modo alla giurisprudenza e alla dottrina agraristica di inserirsi producendo frequenti interventi in materia allo scopo di tracciare delle linee, che di volta in volta, hanno consentito il progressivo adattamento alle nuove esigenze ambientali e paesaggistiche.

Il paesaggio è identificato dall'art. 131, del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 come <<parti di territorio i cui caratteri distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni>> che vengono investite dalle attività di tutela e valorizzazione a salvaguardia dei <<valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili>>5.

Sicuramente più precisa è la definizione di paesaggio offerta dalla Convenzione europea del paesaggio, firmata a Firenze il 20 ottobre 2000, che all'art. 1, comma 1, lett. a), lo individua in <<una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle

5 Art. 131, d.lgs. n. 490 del 29 ottobre 1999 "Testo Unico Disposizioni Legislative in Materia di Beni Culturali e Ambientali" G.U.27/12/99 Serie generale n. 302 - Supplemento Ordinario n. 229/L

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popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni>>, ove è evidente che l'oggetto della tutela sia definito dalla percezione che le popolazioni abbiano della cosa e non già da quest'ultima in quanto tale ed individuata dal legislatore o da un provvedimento dell'autorità amministrativa.

Il paesaggio si caratterizza per il suo carattere estetico e formale, rappresentando una bella forma di territorio, al punto da costruire un quadro naturale e per questa sola ragione meritevole di tutela6.

La legge 431/19857 ha introdotto una tutela del paesaggio intesa nella sua globalità ed integrità, partendo da una visione culturale ed estetica ( che si lega al patrimonio storico-culturale di ogni singolo paesaggio), per poi condividerlo con il governo del territorio e quindi includendo all'interno del paesaggio i vari piani urbanistici dei singoli centri abitati. La giurisprudenza 6 Giuffrida M., La tutela giuridica del paesaggio tra esigenze di conservazione e prospettive di sviluppo, in Riv. Dir. Agr., n.1, Milano, 2007, Giuffrè, p.26.

7 La Legge n. 431, 8 agosto 1985, c.d. Legge Galasso, ha introdotto a livello normativo una serie di tutele sui beni paesaggistici e ambientali. E' stata la prima normativa organica per la tutela dei beni naturalistici ed ambientali in Italia.

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della Corte Costituzionale è stata sempre molto attenta nelle sue decisioni, quando si è trattato dei temi ambientali.

La prima sentenza in materia, la n. 151 del 1986, ha definito il paesaggio «un valore primario, valore estetico e culturale». La sentenza n. 210 del 1987 ha parlato dell'ambiente «come diritto fondamentale della persona umana ed interesse della collettività», condividendo «la concezione unitaria del bene ambientale comprensiva di tutte le risorse naturali e culturali». Successivamente la sentenza n. 641 del 19878 ha definito nuovamente l'ambiente come «un bene di valore assoluto e primario», nonché «un bene immateriale unitario». Si può evincere da questa definizione che l'ambiente è considerato un bene primario e collettivo meritevole di tutela da parte delle istituzioni. L'ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione esprime l'esigenza di un habitat naturale nel quale l'uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività. Esso comprende la conservazione, la razionale gestione ed il miglioramento delle condizioni naturali (aria, acque, suolo, sottosuolo e territorio in tutte le sue

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componenti), l'esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri e marini, di tutte le specie animali e vegetali che in esso vivono allo stato naturale.

La sentenza n. 1029 del 19889 ha riaffermato che l'ambiente è un «bene unitario se pur composto da molteplici aspetti rilevanti per la vita naturale ed umana».

Il d.lgs 22 gennaio 2004, n.42 10, che ha poi portato alla legge n.308 del 2004 << Codice Urbani>>, ha abbandonato la concezione di estetica di paesaggio. Dichiara che il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici, intendendo per tali sia gli immobili, sia le aree sottoposti a tutela dai piani paesaggistici, costituenti tutti questi espressione di valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, nonché gli altri beni individuati dalla legge.

Le istituzioni europee sono da sempre attente alla tematica della tutela paesaggistica, infatti il preambolo premesso all'articolato

9 Sentenza Corte Costituzionale 17 ottobre 1988. La concezione

dell’ambiente come bene unitario è poi ripetuta dalle sentenze n. 1031 del 1988, n. 67 del 1992 e n. 318 del 1994.

10 Entrato in vigore il 1° maggio 2004, e poi modificato il 15 dicembre 2004 dalla legge 308, c.d. Codice Urbani.

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della Convenzione europea 11 prevede che:

• il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale. Costituisce una risorsa favorevole all'attività economica e se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro;

• concorre all'elaborazione delle colture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell'Europa, contribuendo così al benessere e alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento dell'identità europea; • è un elemento importante della qualità della vita delle

popolazioni nelle aree urbane e nella campagne, nei terroni degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali, come in quelle della vita quotidiana;

• la consapevolezza del ruolo svolto dall'evoluzione delle

11 Firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata in Italia con la legge n.14 del 9 gennaio 2006. E' entrata in vigore a livello internazionale il 1° settembre 2006.

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tecniche di produzione agricola e forestale e dalle prassi in materia di pianificazione territoriale e urbanistica sulla trasformazione dei paesaggi, con ciò implicitamente ammettendo la necessaria dimensione dinamica della relativa tutela, attraverso il riconoscimento di diritti e correlate responsabilità connessi alla salvaguardia, alla gestione ed alla pianificazione del paesaggio stesso.

Le finalità che la Convenzione si propone di perseguire la salvaguardia e la gestione del paesaggio.

L'evoluzione dell'approccio legislativo ai fini della tutela dei valori intrinseci connessi al paesaggio è stata sollecitata anche dalle nuove politiche ambientali e di qualità promosse dalle istituzioni comunitarie. In questa ottica si pone la modifica ad opera del reg. n.1698 del 2005, apportata alla politica agricola di sviluppo rurale ha introdotto delle problematiche paesaggistiche all'interno degli ordinamenti strategici comunitari finalizzati alla promozione dello sviluppo rurale nel periodo 2007-2013. Si sostiene che il ruolo di principale

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utilizzatore dei terreni rurali è svolto dall'agricoltura.

Il paesaggio rappresenta un bene primario che dovrà essere, responsabilmente, consegnato alle generazione future con le sue risorse e che, quindi, va gestito in maniera sostenibile, preservandone anche la componente vitale “invisibile” di biodiversità e quella paesaggistica.

L'utilizzo di impianti per la produzione di energie in ambito agricolo non deve, quindi, produrre un danno per l'ambiente e per il paesaggio. Gli imprenditori agricoli, in virtù del comma 3 dell'art. 2135 c.c, possono produrre agroenergie sui fondi agricoli rispettando le normative nazionali e comunitarie in materia di tutela dell'ambiente, in modo da evitare l'impatto ambientale.

3. LA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE E

LA VALUTAZIONE DI INCIDENZA

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energie derivati da fonti alternative è soggetta alla valutazione di impatto ambientale (VIA). Per impatto ambientale, ai sensi del d.lgs. 152/200612, si intende <<l'alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell'attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti>>.

La normativa riguardante la valutazione di impatto ambientale è disciplinata dal d.lgs. n. 152, parte II, titolo III, del 3 aprile 2006.

Per realizzare un progetto bisogna, preliminarmente, acquisire informazioni per lo studio di impatto ambientale. Successivamente si deve procedere con una verifica di assoggettabilità alla VIA.

All'interno della VIA confluiscono provvedimenti di

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autorizzazione paesaggistica e di valutazione di incidenza. Gli impianti per la produzione di agroenergie possono costituire impatto ambientale per cui si rende necessaria una valutazione. L'art. 26, comma 6, d.lgs. n. 152/2006 prevede una determinata tempistica per la realizzazione dell'impianto sottoposto a VIA. Si prevede che la VIA ha una durata di cinque anni, quindi, i progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di VIA, trascorsi i quali se il progetto non è stato realizzato bisognerà intraprendere una nuova VIA.

Se la realizzazione del progetto dell'impianto per la produzione di energie rinnovabili è prevista su siti di importanza comunitaria (SIC) o in Zone speciali di conservazione (ZSC), ovvero in aree ad essi limitrofe13, la verifica di assoggettabilità e la VIA comprendono anche le procedure di valutazione d'incidenza di cui al d.P.R. n. 357/199714 e del d.lgs. n.152/200615. In una recente sentenza della Corte Costituzionale, la n. 178 del

13 Per <<limitrofa>> si intende una zona ubicata a 200 metri circa dalle zone SIC e ZSC. T.A.R. Abruzzo, sez.I, 3 luglio 2012, n. 325. 14 Art. 5, comma 4, d.P.R. 8 settembre 1997, n.357

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4 luglio 2013, il ricorrente (Lo Stato) ha impugnato gli artt. 3, co. 2, e l’allegato A della legge regionale Liguria 32/201216 in riferimento agli articoli 117, co. 1 e 2, lett. s), Cost. nonché agli artt. 6, co 3, e 20, co. 2 e 7, d.lgs. 152/2006 ed alla direttiva 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente.

La questione di legittimità costituzionale concerneva i piani ed i programmi «che hanno ad oggetto l’uso di piccole aree a livello locale e le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 1 sono soggetti a procedura di verifica di assoggettabilità alla VAS di cui all’art. 13, nei casi indicati nell’allegato A, in quanto aventi potenziali effetti sull’ambiente». Nell’accogliere i rilievi del ricorrente, la Corte Costituzionale ha rilevato come le norme (già citate) avessero ad oggetto la VAS ed in particolare i casi nei quali determinati piani o programmi devono esservi sottoposti al cosiddetto screening.

Secondo la giurisprudenza della Corte gli interventi specifici del legislatore regionale in materia sono «ammessi nei soli casi in

16 «Disposizioni in materia di valutazione ambientale strategica

(VAS) e modifiche alla Legge regionale 30 dicembre 1998 n. 38 (Disciplina della valutazione di impatto ambientale)»

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cui essi, pur intercettando gli interessi ambientali, risultano espressivi di una competenza propria della Regione» e quando essi, non compromettano «un punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato»: pertanto devono ritenersi costituzionalmente illegittime le norme regionali che ne restringono l’ambito di esperibilità rispetto alla disciplina statale.

La Corte osserva che lo standard di tutela fissato dal Legislatore italiano con la normativa sulla VIA non può essere ridotto dal Legislatore regionale e che però, nella fattispecie, era proprio questo l’effetto prodotto dalla limitazione della pubblicità prevista dalla norma regionale.

La Consulta si è trovata a dover (ri)disegnare i confini della competenza in materia ambientale, che più di altre è stata causa di un costante e continuato contenzioso tra lo Stato e le Regioni.

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4. L' IMPATTO AMBIENTALE PRODOTTO DAGLI

IMPIANTI FOTOVOLTAICI.

Il tema della realizzazione e della localizzazione di infrastrutture energetiche ha generato un alto livello di attenzione da parte dell'opinione pubblica, in ragione della considerazione che qualifica gli impianti energetici come rischiosi e fortemente impattanti sull'ambiente.

I principali impatti ambientali e le criticità ambientali derivanti dalla realizzazione e dalla messa in esercizio di impianti fotovoltaici in zona agricola non integrati con il suolo e con il territorio, producono degli effetti negativi per: il suolo, la vegetazione, per i volatili per i quali si potrebbe verificare il c.d fenomeno dell' abbagliamento e l' impatto visivo a livello paesaggistico. Analizzando singolarmente ognuna di queste problematicità ci si rende conto di come l'energia fotovoltaica prodotta da questi, realizzati in zona agricola, non va ad integrarsi in modo soddisfacente con l'ambiente e con il paesaggio.

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4.1. La sottrazione del Suolo

Per l'installazione degli impianti necesari alla produzione delle energie da fonti rinnovabili è necessario che l'imprenditore agricolo preveda dei luoghi, degli spazi su cui poter installare tali impianti.

Spesso, la sottrazione di suolo agricolo è uno degli effetti indiretti dell'installazione degli impianti fotovoltaici, poichè la messa in opera di tali impianti richiede, oltre, allo spazio necessario per l'insediamento degli appositi impianti, (in genere un impianto fotovoltaico richiede circa 2 ettari di terreno per ogni MW installato)17, altri spazi di “servizio” necessari per le opere accessorie, inoltre, sono predisposte delle opportune fasce di “rispetto” per evitare fenomeni di ombreggiamento tra gli stessi pannelli fotovoltaici.

Tali operazioni, protratte nel tempo, potrebbero portare ad una progressiva ed irreversibile riduzione della fertilità del suolo, aggravata dall’ombreggiamento pressoché costante del terreno. Verrebbero a mancare, quindi, due degli elementi principali per il mantenimento dell’equilibrio biologico degli strati superficiali

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del suolo: la luce e l' apporto di sostanza organica con il conseguente impoverimento della componente microbica e biologica del terreno.

Queste operazioni potrebbero generare diverse problematiche per il terreno:

• la compattazione del suolo: l'opera di spianamento con mezzi meccanici per ottenere piani regolari per l'insediamento degli impianti provoca un “calpestio” del terreno che potrebbe deteriorare la struttura del terreno riducendone sensibilmente la capacità di immagazzinare acqua e sostanze nutritive. Inoltre queste lavorazioni provocano un danno dal punto di vista visivo al paesaggio.

• Perdita di permeabilità: le acque meteoriche, per effetto delle lavorazioni, potrebbero non essere assorbite dal terreno.

• Elevate temperature: ogni pannello fotovoltaico genera un campo termico che può arrivare ad una temperatura di 70°C, ciò comporta una variazione del microclima

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sottostante i pannelli ed il riscaldamento dell'aria, provocando modificazioni chimico-fisiche per il suolo circostante.

Tali effetti si pongono in netto contrasto con gli interventi del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 che hanno l’obiettivo di accrescere la competitività dei sistemi agrari e delle filiere agroalimentari e di sostenere la qualificazione delle produzioni agricole di qualità.

La misurazione e il contenimento del consumo del suolo rappresentano un obiettivo prioritario per costruire le visioni all'interno delle quali celare ipotesi sostenibili di governo del territorio. Per consumo del suolo si intende il processo dinamico che altera la natura di un territorio.

Il suolo rappresenta una risorsa non rinnovabile caratterizzata da un degrado molto rapido e da processi di formazione e rigenerazione molto complicati.

La capacità del suolo di espletare molte funzioni18 dipende

18 A titolo esemplificativo le funzioni esercitate dal suolo sono: 1) le attività agricole; 2) la soddisfazione del fabbisogno alimentare dell'uomo e delle specie animali; 3) garanzia di biodiversità; 4) protezione dal rischio di inquinamento dovuto a sostanze contaminanti; 5) produzione di biomasse.

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essenzialmente dall'integrità della sua struttura che può essere messa a rischio dall'attività umana.

In linea con quanto previsto dal “Sesto programma di azione in materia di ambiente”19 la Commissione Europea ha adottato nel 2006 una “Strategia tematica per la protezione del suolo”20 finalizzata ad istituire un quadro di disposizioni che consentano di prevenire il degrado e preservare le funzioni ecologiche, economiche, sociali e culturali del suolo integrandone la protezione nelle politiche nazionali e comunitarie, rafforzando il sistema della conoscenza e stimolando una maggiore sensibilizzazione della collettività.

4.2. L'impatto sulla vegetazione

L'installazione degli impianti fotovoltaici presentano un impatto notevole sulla vegetazione. Nei casi in cui occorre è previsto lo

19 <<Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento

Europeo al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, del 24 gennaio 2001, sul Sesto programma d'azione per l'ambiente della Comunità Europea “Ambiente 2010: in nostro futuro, le nostre scelte” [COM (2001) 31 def.].

20 Comunicazione della Commissione del 22 settembre 2006: “Strategia tematica per la protezione del suolo” [COM (2006) 231 def.]

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scortico della vegetazione presente con il conseguente sacrificio per la vegetazione futura. Le istallazioni potrebbero provocare:

• la sottrazione e la perdita diretta di habitat naturali; • la perdita di flora;

• la sottrazione di colture agricole di pregio;

• la trasformazione permanente del territorio e del paesaggio;

• il rischio di mancata dismissione e/o smaltimento degli impianti senza il successivo ripristino dello stato dei luoghi.

4.3.Il Fenomeno dell' abbagliamento

Le aree interessate dall'insediamento dei pannelli fotovoltaici potrebbero produrre un effetto particolare, il fenomeno dell'abbagliamento, che potrebbe interessare i fruitori delle zone interessate e soprattutto la fauna avicola acquatica migratoria. Il riflesso del sole, potrebbe provocare l'abbaglio di chi transita nelle vicinanze, ed inoltre, dall’alto le aree sottoposte a

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pannellatura potrebbero essere scambiate, dagli uccelli migratori, per specchi lacustri. Ciò potrebbe rappresentare un’ingannevole attrattiva per queste specie animali, deviarne le rotte e causarne gravi morie. Ciò sarebbe ancora più grave in considerazione del fatto che i periodi migratori possono corrispondere con le fasi riproduttive e determinare, sulle specie protette, imprevisti esiti negativi.

L’impatto ambientale dei pannelli fotovoltaici può essere inquadrato in tre fasi distinte.

Fase di produzione dei pannelli: nel processo di produzione vengono utilizzate sostanze chimiche tossiche e/o esplosive che richiedono sistemi di sicurezza per i lavoratori e per il territorio in cui è insediato lo stabilimento. Il malfunzionamento di tali sistemi di sicurezza può produrre effetti impattanti dal punto di vista della salute e dell'ambientale, ma tendenzialmente localizzato sul sito di produzione. I rischi dipendono comunque dalla tipologia di pannelli, in quanto

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differiscono i sistemi e le sostanze nel processo produttivo.

Fase di esercizio: in questa fase gli impianti fotovoltaici non sono causa di inquinamento ambientale. Essi non producono emissioni, residui o scorie, non utilizzano liquidi pericolosi, non superano, nei loro valori massimi i 60°C di temperatura e non producono inquinamento acustico. In questa fase subentra la valutazione dell’impatto ambientale dal punto di vista paesaggistico e delle conseguenze sul sistema naturale all’interno del quale viene inserito l’impianto fotovoltaico.

Fase di fine vita dei pannelli: i pannelli solari hanno una durata di circa 25 anni. Al termine essi si trasformeranno in un rifiuto speciale, da trattare come tale al fine del suo smaltimento. La presenza di numerosi metalli al loro interno crea la necessità di utilizzare sistemi di riciclo particolarmente complessi. Il boom della produzione di pannelli risulta essere ancora piuttosto recente e conseguentemente si presuppone lo sviluppo futuro di

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incentivi allo smaltimento e alla ricerca di sistemi di riciclo più evoluti.

Nel caso dell'installazione di sistemi fotovoltaici l'interesse collettivo dovrebbe consigliare di sfruttare territori desertici o di scarsa fertilità. In Italia non sono presenti grandi spazi deserti o incolti. La nostra penisola presenta un clima ideale per le coltivazioni in genere, e quindi l'installazione di questi impianti in modo non integrato con il territorio potrebbe rappresentare un "danno all'immagine" dello stesso. Si indicano nell'altopiano delle Murge e in alcune zone della Sardegna luoghi dove potrebbero essere inseriti nel contesto del territorio alcuni impianti per la produzione di energetia fotovoltaica. La Spagna, per esempio, da questo punto di vista potrebbe essere avvantaggiata poichè le sue caratteristiche territoriali fanno sì che l'inserimento di pannelli fotovoltaici sulle parti desertiche del territorio non comprometta l'utilizzo dei terreni fertili alla coltivazione di varie specie vegetali. Per ragioni di produzione di energia da fonti rinnovabili e nella fattispecie di produzione

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di energia fotovoltaica, una soluzione, che pare già essere avviata, potrebbe essere rappresentata dall'utilizzo dei deserti dell'Africa e di alcuni stati dall'est Europa21.

5. IL RILASCIO DELLE AUTORIZZAZIONI E IL

RIPARTO DELLE COMPETENZE.

A seguito della liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica ed in particolare dell’attività di produzione della stessa energia si sono avute nuove opportunità per lo sfruttamento razionale delle risorse territoriali e la creazione di attività imprenditoriali. Gli operatori interessati al rilascio di autorizzazioni per la costruzione e la gestione di impianti di produzione di energia si sono dovuti confrontare con degli iter procedurali difficili da interpretare.

Vi è necessità di trovare il giusto equilibrio fra i diversi interessi contrapposti: da un lato, la tutela dell’ambiente e dall’altra la necessità di far fronte alle esigenze energetiche ed inoltre incentivazione dell'iniziativa privata.

21 Costato L., in Sicurezza energetica e sicurezza alimentare nel

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Per diversi anni dall'entrata in vigore della carta costituzionale le tematiche riguardanti l'ambiente e la sua tutela erano devolute alla competenza statale, vi era quindi un accentramento verso il legislatore statale delle questioni inerenti alla tutela ed alla conservazione dell'ambiente, ma ciò non era del tutto pacifico.

Il legislatore italiano non ha del tutto recepito gli indirizzi provenienti dal legislatore comunitario. Nel nostro ordinamento mancano delle precise disposizioni sul rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti destinati alla produzione di energie provenienti da fonti rinnovabili.

La mancanza di uno specifico riferimento all'ambiente nel “vecchio” testo dell'art. 117 della Costituzione ha determinato alcuni contrasti fra lo Stato e le Regioni.

Il riparto delle competenze tra Stato, Regioni ed Enti Locali è stato inizialmente tracciato dal d.lgs. n. 112 del 31 marzo 199822 che costituiva una previsione con un'ampia prospettiva volta al conferimento di funzioni, soprattutto amministrative, ma anche

22 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli locali locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n.59. ( G.U. n.92 del 21.04.1998- suppl. ordinario n.77).

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legislative alle Regioni. Queste funzioni comprendevano la ricerca, la produzione, il trasporto e la distribuzione dell' energia. Questo decreto affidava alle Regioni una competenza di carattere residuale: l’art. 30 prevede, infatti, che “sono delegate alle Regioni le funzioni amministrative in tema di energia, ivi comprese quelle relative alle fonti rinnovabili, all’elettricità, all’energia nucleare, al petrolio ed al gas, che non siano riservate allo Stato ai sensi dell’articolo 29 o che non siano attribuite agli Enti Locali ai sensi dell’articolo 31”.

L'avvento del nuovo Titolo V, parte seconda, della Costituzione, introdotto dalla legge costituzionale 3 del 2001, pur menzionando per la prima volta, nell'art. 117, la materia della tutela dell'ambiente, di competenza esclusiva dello Stato, ha tuttavia provocato problemi interpretativi la cui soluzione non ha certo giovato alla tutela ambientale23. La competenza esclusiva dello Stato, di cui all'art. 117, comma secondo, lett. s), della Costituzione, in materia di ambiente, ecosistema e beni

23 Maddalena P., L’interpretazione dell’art. 117 e dell’art. 118 della Costituzione secondo la recente giurisprudenza costituzionale in tema di tutela e di fruizione dell’ambiente, in Riv. giur. ambiente, 2011, 06, p.735.

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culturali, non è stata considerata una competenza piena ed esclusiva, ma, restringendosene il contenuto, è stata limitata alla potestà di «fissare standard di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale», con la conseguenza che, riguardo alla tutela dell'ambiente, sussistessero anche competenze regionali. La competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente, necessaria poiché le Regioni hanno competenze in materia, non di tutela, ma di fruizione dell'ambiente (governo del territorio, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali), è diventata così una competenza parzialmente condivisa con le Regioni.

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sentenze n. 36724 e n. 37825 del 2007, si è resa conto che era arrivato il momento di rivedere le proprie posizioni ed ha cominciato a riesaminare il rapporto tra l'art. 117 Cost. ed il successivo art. 118 Cost. L'espressione «per assicurarne l'esercizio unitario» aveva un contenuto ben più pregnante

24 La sentenza 367 del 2007, con la quale la Corte costituzionale ha in

parte dichiarato inammissibili, in parte rigettato nel merito le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni Toscana e Piemonte avverso alcune disposizioni del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157, modificativo e integrativo del Codice dei beni naturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42). Il ragionamento della Corte, a dimostrazione della legittimità della normativa contestata dalle Regioni è incentrato sulla piena adesione ai principi contenuti nell'art. 9 Cost., e sul dato, per la Corte incontrovertibile dopo la novella costituzionale del 2001, che la tutela del paesaggio spetta alla competenza esclusiva allo Stato. Competenza che, il Giudice delle leggi, non essendo stato il paesaggio espressamente indicato tra gli oggetti "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali" riservati (art. 117, comma 2, lett. s) allo Stato, fonda sull'esistenza di un preciso collegamento tra la nozione di paesaggio e quella di ambiente. Il paesaggio infatti indica, secondo la Corte, la <<morfologia del territorio>> concerne, cioè, l'<<ambiente nel suo aspetto visivo>>: l'oggetto della sua tutela non è costituito dalle <<bellezze naturali>>, ma dall' <<insieme delle cose, beni materiali e loro composizioni>> che insistono su un territorio e ne determinano la conformazione storico-geografica. La Corte, dunque, tra le due tesi, quella che riconduce la tutela del paesaggio alla materia <<beni culturali>> e quella che la riconduce all'<<ambiente>>, ha optato per la seconda, confermando, così, anche un proprio precedente orientamento (sentt. n. 196 del 2004 e n. 359 del 1985).

25 Sentenza Corte Costituzionale 5 novembre 2007, n. 378 Tutela

dell'ambiente - Competenza - Articolo 117, comma 2, lettera s), Costituzione

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dell'espressione «di attrazione in sussidiarietà», coniata dalla Corte Costituzionale soprattutto per riservare allo Stato la fissazione di standard minimi uniformi per tutto il territorio nazionale, in quanto l'esercizio unitario delle funzioni amministrative è stato previsto dalla Costituzione per scopi funzionali, per assicurare cioè il migliore svolgimento dell'azione amministrativa, allocando le competenze verso l'alto o verso il basso, sulla base dell'oggetto e della ratio della disposizione di legge, da valutare secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

È risultato evidente che l'art. 118 Cost. ha attenuato il rigore del principio della non corrispondenza tra funzioni legislative e funzioni amministrative, ravvisandosi in quel «salvo che... siano conferite» il riferimento concreto al soggetto (Stato o Regione) che aveva esercitato la propria competenza legislativa.

In quest'ottica interpretativa trova piena giustificazione il principio giurisprudenziale della «leale collaborazione» sul piano amministrativo, con l'implicita conseguenza che l'intesa possa avvenire solo sul piano dell'amministrazione e non su

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quello della legislazione26.

La sentenza n. 61 del 2009 ha sancito la possibilità per le Regioni di stabilire, per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze, livelli di tutela ambientale più elevati. La tutela dell'ambiente resta comunque assicurata dai livelli adeguati e non riducibili di tutela posti dallo Stato. Questa sentenza ha stabilito che: «Le Regioni, nell'esercizio delle loro competenze, debbono rispettare la normativa statale di tutela dell'ambiente, ma possono stabilire per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze27 livelli di tutela più elevati.

Successivamente, la sentenza n. 225 del 2009, paragrafo quattro, della parte in diritto, ha sancito che il bene ambiente ha un contenuto, nello stesso tempo, oggettivo e finalistico. Lo Stato, in quanto titolare di una competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente, ai sensi dell'art. 118 Cost., può conferire a sé le relative funzioni amministrative, ovvero conferirle alle Regioni o ad altri Enti territoriali, ovvero ancora prevedere che la

26 Maddalena P., L'interpretazione dell'art. 117 e dell'art. 118 della Costituzione secondo la recente giurisprudenza costituzionale in tema di tutela e di fruizione dell'ambiente, op. cit., p. 735

27 In materia di tutela della salute, di governo del territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, ecc.

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funzione amministrativa sia esercitata mediante il coinvolgimento di organi statali, regionali, o degli Enti locali. La competenza dello Stato alla tutela e conservazione dell'ambiente «concorre» autonomamente, e «non si intreccia», con le altre competenze regionali concernenti la fruizione dell'ambiente, ognuna delle quali ha un oggetto diverso.

Il coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali è una priorità nell'ottica del necessario rispetto degli impegni assunti, non solo a livello comunitario, ma anche internazionale, dal momento che l'incentivazione della produzione di energia mediante fonti rinnovaili costituisce un impegno assunto dallo Stato italiano, con la sottoscrizione del protocollo di Kyoto, al fine della riduzione delle emissioni di gas serra. La promozione delle fonti energetiche è un obiettivo vincolante e il suo conseguimento esige la partecipazione attiva di tutte le amministrazioni, di ogni livello costituzionale.

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6. IL DIFFICILE BILANCIAMENTO TRA ESIGENZE

ENERGETICHE ED ALIMENTARI.

A partire dagli anni 2000 si è avuto un notevole (ri)lancio delle energie rinnovabili. Alcuni Stati puntano moltissimo sulla produzione di queste energie, soprattutto sulle agroenergie. Queste ultime offrono il contributo maggiore nell'ambito della produzione di energie in virtù del fatto che molti paesi europei possono sfruttare una posizione geografica e climatica strategica per la produzione della biomassa, fonte energetica che rappresenta la prima energia prodotta dal settore agricolo. I consistenti contributi e gli incentivi pubblici concessi per gli impianti di erogazione di energia rinnovabile hanno concorso alla creazione di fisionomie imprenditoriali nuove, sconosciute al tradizionale contesto rurale. In esso, accanto ad insediamenti a tutti gli effetti industriali di produzione di energia fotovoltaica, biogas, eolica, anche gli imprenditori agricoli hanno intrapreso la grande avventura, aggiungendo all'attività tradizionale quella ben più remunerativa di produzione di

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energia28.

L'originaria fisionomia e gli equilibri sociali e culturali delle aree rurali sono stati stravolti dalla diffusione dell'industria energetica. Si è incrementato in questo modo il fenomeno dell'abbandono delle campagne e conseguentemente delle attività agricole principali, ponendo il rischio di segnare profondamente la sopravvivenza delle produzioni agricole europee a vantaggio delle produzioni dei paesi terzi, innescando un processo di dipendenza alimentate europea da questi stessi paesi, con gravi conseguenze per la sicurezza alimentare.

Dopo il Trattato di Lisbona29 la funzione energetica dell'agricoltura è destinata ad evolversi.

L'art. 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) ha dotato l'Unione di una politica specifica in materia di energia, prevedendo anche l'esigenza di preservare e migliorare l'ambiente, la sicurezza dell'approvvigionamento energetico nell'Unione, in uno spirito di solidarietà tra gli Stati membri.

28 Basile E.R., Sicurezza energetica e sicurezza alimentare nel sistema UE, profili giuridici e profili economici, atti del convegno, Siena, 10-11 maggio 2013, Giuffrè, Milano, 2013, p.9-10

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Ogni stato membro dovrà garantire e promuovere: a) il funzionamento del mercato dell'energia; b) la sicurezza dell'approvvigionamento energetico nell'Unione; c) il risparmio energetico, l'efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili; l'interconnessione delle reti energetiche. Per tali ragioni ogni paese in difficoltà, nell'approvvigionamento energetico, potrà avvalersi dell'aiuto degli altri Stati membri. Uno dei maggiori esponenti del settore, Tamponi, nel commentare l'art. 194 TFUE ha osservato che la produzione di energie rinnovabili risponde all'esigenza di trovare un'alternativa ai combustibili fossili, per il contemperamento perseguimento di tre obiettivi: 1) ridurre l'emissione di gas a effetto serra; 2) ridurre la dipendenza dell'Occidente dai Paesi produttori di gas naturale e petrolio; 3) assicurare un futuro meno grigio alle generazioni che verranno30.

Alcuni studiosi sostengono come la produzione e la coltivazione delle colture dedicate sia concentrata in alcuni alcuni Paesi del mondo, soprattutto quelli più svantaggiati infrastrutturalmente 30 Tamponi M., Le attività agricole per la produzione di colture energetiche, in Politiche di forestazione ed emissioni climalteranti, a cura di Paoloni L., Roma, p. 77.

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ed economicamente deboli, in modo tale che le coltivazioni si concentrino verso questi prodotti “energetici” in luogo delle produzioni alimentari, provocando in tal modo un rischio per la food security.

Derivano dal settore agroenergetico alcuni dubbi sulla sostenibilità di queste produzioni agricole poiché una politica di incentivazione delle colture agroenegetiche potrebbe scompaginare l'agricoltura (c.d. tradizionale), facendo diminuire sensibilmente la produzione di coltivazioni destinate all'alimentazione e quindi all'approvvigionamento alimentare, con il conseguente rischio di un aumento dei prezzi, tutto ciò a discapito dei consumatori. Deve compiersi, quindi, un bilanciamento tra la sostenibilità delle agroenergie per i motivi indicati e il “consumo” della terra e del suolo che può derivare dall'occupazione dei terreni agricoli per la realizzazione di pannelli fotovoltaici (a terra), della messa in opera di pale eoliche e per lo spazio da destinare agli impianti di produzione e di accumulo dell'energia.

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interessi in gioco poiché bisogna considerare gli aspetti positivi, ma anche quelli meno positivi delle energie prodotte in agricoltura.

Le conflittualità derivanti dalla funzione energetica dell'agricoltura possono essere approfondite quando vengono messe a confronto con la multifunzionalità dell'agricoltura. Per evidenziare le conflittualità connesse al rapporto fra sicurezza alimentare e funzione energetica dell'agricoltura bisogna analizzare le diverse tipologie di attività di produzione agroenergetica, tenendo in considerazione le azioni volte al

soddisfacimento delle esigenze connesse

all'approvvigionamento energetico mediante il ricorso alle energie rinnovabili, le quali sono state pensate senza tenere bene in considerazione i valori che derivano dall'esercizio di un'attività agricola esercitata come bene collettivo.

Gli obblighi assunti in sede di World trade Organisation (WTO)31,

31 Nel 1994 i risultati dell' Uruguay Round sono stati sanciti a livello politico con la sottoscrizione da parte di 118 Stati del Trattato di Marrakesh, con l'accordo che contiene l'accordo che istituisce l' Organizzazione mondiale (OMC o WTO). Tale accordo ha interessato tre aspetti di intervento pubblico in agricoltura: il sostegno interno, l'accesso al mercato e gli aiuti alle esportazioni.

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hanno portato il legislatore comunitario a riformare la politica agricola comunitaria indirizzandola verso le cosiddette Food

security.

Le esigenze connesse alla food security con quelle della c.d.

Energy security rappresentano la capacità dell'agricoltura

europea di adattarsi al mercato globalizzato32.

Secondo la definizione più seguita a livello internazionale di food security33, questa esiste quando <<tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso fisico ed economico ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti che soddisfino il loro fabbisogno e le loro preferenze alimentari al fine di condurre una vita attiva e sana>>34.

Partendo da questa definizione si può ritenere che gli aspetti fondamentali inerenti alla food security siano la food availability35,

32 Bolognini S., Food Security, Food Safety e agroenergie, in Rivista di diritto agrario, 2010, n.2, Giuffrè, parte I, p.330.

33 Dichiarazione sulla food security nella Dichiarazione del Vertice mondiale sull'alimentazione del 1996.

34 Lattanzi P., in Agricoltura e contemperamento delle esigenze energetiche ed alimentari, Atti dell'incontro di studi, ( a cura di D' Addezio M), Udine 12 maggio 2011, Giuffrè Editore, Milano, 2012. 35 La disponibilità del cibo, per il quale si intende il livello dell'offerta dei produttori destinati all'alimentazione, che dipende dalla capacità complessiva del sistema agroalimentare di far fronte alla relativa domanda.

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la food accessibility36, la stability of supply and access37, Safe and healthy food utilization38.

Il cosiddetto “cibo sicuro” ha cominciato ad assumere a livello europeo una notevole importanza, data la sempre più crescente richiesta da parte dei consumatori di cibi sani, di qualità, di certificazioni in modo da poter rintracciare la loro provenienza. In definitiva, si potrebbe dire che con la locuzione <<sicurezza alimentare>> significa diritto ad un'alimentazione quantitativamente e qualitativamente adeguata. Questa definizione pone dei dubbi sulla concreta realizzazione di tale diritto poiché se si pensa a quella parte di popolazione mondiale che patisce, ancora oggi, la fame e la sottoalimentazione ci si rende conto che le politiche mondiali da questo punto di vista non hanno raggiunto l'obiettivo.

Il progetto SAM 39, promosso dall' ISGI40 in cooperazione con il

36 L'accesso al cibo, cioè la concreta possibilità di accesso alle risorse alimentari da parte dei singoli individui o dei nuclei famigliari.

37 La stabilità delle forniture, che possono essere influenzate dal tempo, dalle fluttuazioni dei mercati e dei prezzi, da fattori politici ed economici.

38 L'utilizzo di alimenti sani e di qualità.

39 Sicurezza alimentare mediterranea. 40 Istituto di studi giuridici internazionali.

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Dipartimento agroalimentare del CNR , ha evidenziato come il problema dell'accesso al cibo rappresenta l'aspetto cruciale della sicurezza alimentare. Esso deve essere affrontato secondo tre diverse prospettive: da un lato, è necessario assicurare la disponibilità di cibo per una popolazione in continua crescita, soprattutto nelle aree in via di sviluppo; da un altro lato, è fondamentale garantire la qualità e la sicurezza del cibo prodotto e distribuito, da ultimo è necessario assicurare che siano mantenuti e valorizzati gli aspetti tradizionali e culturali locali ad esso associati per evitare il diffondersi di prodotti alimentari privi di identità e poco equilibrati dal punto di vista nutrizionale con risvolti negativi anche sul piano sanitario41. Nell'ottica dello sviluppo sostenibile compatibile con la tutela delle risorse ambientali e nel rispetto delle condizioni di benessere vi può essere una differenza sostanziale tra le agroenergie e la sostenibilità, infatti, bisogna riconoscere il diritto al cibo sicuro previsto da diverse convenzioni internazionali42. Si è affermato il concetto di <<sostenibilità

41 Documento progetto SAM

42 Anche dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo del 1948.

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alimentare>> che vuole dar spazio alle energie nuove e rinnovabili e alle agroenergie senza compromettere la sicurezza degli approvigionamenti alimentari. L'insostenibilità ambientale potrebbe derivare dalle colture energetiche e dalla destinazione di terreni agricoli all'installazione di impianti energetici, che di fatto hanno ridotto le produzioni alimentari in luogo di più accattivanti e remunerativi vantaggi sotto il profilo economico. Il diritto al cibo appare diretto ad esigere anche il rispetto e la concreta operatività dei presupposti materiali e culturali che permettano nelle diverse realtà territoriali lo sviluppo ed il funzionamento dei sistemi agroalimentari locali in grado di assicurare da un lato il soddisfacimento della domanda alimentare locale, valorizzando in primo luogo le strutture agricole ivi insediate, dall'altro il controllo sociale del circuito produttivo alimentare43.

Il prosperare delle coltivazioni energetiche e delle istallazioni di impianti energetici sono destinate ad avere incidenza anche

43 Jannarelli A., Cibo e democrazia: un nuovo orizzonte dei diritti sociali, in Il ruolo del diritto nella valorizzazione e nella promozione dei prodotti agro-alimentari, Atti del Convegno, Pisa, 1-2 luglio 2011, a cura di Goldoni M e Sirsi E., Milano, 2011, p.48.

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sulla food safety.

Le prospettive sul difficile bilanciamento delle esigenze energetiche con quelle alimentari non sono certo entusiasmanti, poiché presentano delle incertezze rilevanti. Questi dubbi potrebbero essere attenuati da una rivalutazione delle politiche energetiche comunitare e nazionali. La rivalutazione potrebbe, poi, essere trasformata in valorizzazione delle agroenergie se prodotte e utilizzate in modo da non compromettere l'ambiente, il territorio e il paesaggio. Le istituzioni europee dovrebbero predisporre un piano adeguato incentrato sulla modalità di coltivazione e sulla quantità dei prodotti. Questo profilo se messo in correlazione con politiche di revisione della PAC sarebbe idoneo a ridisegnare il rapporto, in termini qualitativi e quantitativi, con la sicurezza energetica. Infatti, spesso, il conflitto tra la sicurezza alimentare e la sicurezza energetica è esasperato dall'impiego di organismi geneticamente modificati (OGM) per la produzione di colture energetiche, a danno della biodiversità e della salubrità delle derratte alimentari.

Il d.lgs. n. 28 del 201144 non ha previsto alcuna fattispecie che 44 Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla <<promozione dell'uso

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tuteli la sostenibilità alimentare.

In dottrina45 si sostiene l'idea che il legislatore nella fretta di incentivare il più possibile il ricorso a fonti energetiche alternative , in ossequio agli obblighi assunti in sede europea, abbia agito senza una piena consapevolezza dell'impatto che i suoi interventi avrebbero potuto avere sulla coerenza del sistema: non solo non si è posto il problema del contemperamento delle esigenze energetiche con quelle alimentari, ma, ha forzato oltre misura il concetto di agrarietà, includendovi anche la produzione di energia da fonti rinnovabili e soprattutto di energia fotovoltaica.

Tra le istituzioni, gli enti locali e l'opinione pubblica per quanto riguarda il rapporto tra energie ed agricoltura si intravedono orizzonti complicati, date le difficoltà dovute al mancato coordinamento tra le energie rinnovabili con gli altri settori interessati: agricolo, alimentare e della tutela dell'ambiente e del paesaggio.

dell'energia da fonti rinnovabili>>, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.

45 D' Addezio M., Agricoltura e contemperamento delle esigenze

energetiche ed alimentari, Atti dell'incontro di studi, Udine 12 maggio 2011, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p. 165.

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Il rapporto tra agricoltura e territorio, tra agricoltura e biodiversità e tra agricoltura e ambiente assume una diversa configurazione: l'attività agricola svolge allo stesso tempo il ruolo di produzione di effetti positivi e negativi.

L'agricoltura, da un lato, è destinataria delle regole, delle imposizioni, dei vincoli e dei limiti nell'agire a tutela dell'ambiente propri di ogni forma di produzione; dall'altro lato, è destinataria di discipline, di agevolazioni e di incentivazione della sua funzione a tutela dell'agricoltura stessa, prevedendo la preservazione e la rigenerazione dell'ambiente e della biodiversità.

La funzione energetica dell'agricoltura deve continuare ad essere valorizzata perché offre un elemento di competitività del settore primario, ma occorre che questa valorizzazione sia accompagnata da un ripensamento delle logiche di sistema che consentano di attenuare considerevolmente le conflittualità tra cibo ed energia.

La concorrenza che si sta instaurando fra destinazioni diverse nell'uso di risorse naturali <<finite>> deve essere oggetto di

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attenzione complessiva a livello politico mondiale. L'Unione Europea dovrebbe mostrare più accortezza nel considerare la rilevanza della produzione agricola a destinazione alimentare e fornire garanzie adeguate ai produttori, al fine di riacquisire quella sovranità alimentare alla quale ha, unitamente agli Stati membri, spensieratamente rinunciato mostrando una fede sconsiderata nelle proprietà salvifiche del mercato, dimenticando che il primo dovere di ogni governante consiste nel garantire la sicurezza negli approvigionamenti di alimenti ai governati, come d'altra parte prescrive l'art. 39 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea46.

Le istituzioni europee dovrebbero intervenire con un certo vigore sulle conflittualità insite nel rapporto fra sicurezza alimentare e sicurezza energetica in agricoltura. Per conciliare le esigenze connesse alla food security con quelle della c.d. energy security, diviene indispensabile individuare degli strumenti idonei a dotare l'agricoltura europea della capacità di porre fine alle conflittualità ed alle criticità.

46 Costato L., Sicurezza energetica e sicurezza alimentare nel sistema Ue, profili giuridici e profili economici, atti del convegno, Siena, 10-11 maggio 2013, Giuffrè, Milano, 2013, p. 267-268.

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Costato ha esaminato, nel corso del convegno "Sicurezza

energetica e sicurezza alimentare nel sistema UE", il problema

dell'utilizzo del suolo per fini energetici giungendo a soluzioni condivisibili.

Per quanto concerne l'utilizzo di prodotti primari agricoli per la produzione di energia emerge una forma di concorrenzialità tra la destinazione della terra a scopi alimentari e la destinazione della stessa per la produzione di coltivazioni energetiche, una concorrenza che si trasforma in bisogno di cibo e bisogno di energia. Cibo ed energia sono perennemente in concorrenza, sembrano andare a braccetto, quasi come a lanciare una sfida ai legislatori, che a diversi livelli, cercano di separarli definitivamente.

Le istituzioni europee dovrebbero intervenire con un certo vigore sulle conflittualità insite nel rapporto fra sicurezza alimentare e sicurezza energetica in agricoltura. Per conciliare le esigenze connesse alla food security con quelle della energy

security, diviene indispensabile individuare degli strumenti

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alle conflittualità ed alle criticità.

C'è bisogno di un' Europa forte, in grado di conciliare 27 tipi di agricolture diverse e che tenga in considerazione le peculiarità di ogni singola nazione, dal punto di vista geografico, climatico, delle tecnologie e delle infrastrutture utilizzate in modo da realizzare una diversità di prodotti alimentari ed energetici e che possa, quindi, competere con gli altri Stati del mondo.

E' necessario che gli Stati mebri incoraggino gli enti pubblici ad adottare piani di efficienza energetica integrati e sostenibili che coinvolgano i cittadini nella loro realizzazione e attuazione. Bisogna rafforzare il coordinamento tra gli Stati, le regioni e le parti interessate, in applicazione del principio di sussidarietà, per implementare la realizzazione di filiere agroenergetiche che consentano di bilanciare il fabbisogno e la produzione di energia, in modo da aumentare la sicurezza energetica e ridurre la dipendenza dalle importazioni.

Le istituzioni europee dovrebbero farsi garanti, per le generazioni future, in materia di salvaguardia dell'ambiente e del territorio, prevendo delle norme giuridiche, economiche e

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finanziarie, capaci di orientare ogni Stato membro verso il rispetto e la tutela dell'ambiente, del territorio e del paesaggio europeo, e da questo punto di vista l'agricoltura e le relative politiche rappresentano uno strumento necessario affinchè tali risultati possano essere raggiunti.

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