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Academic year: 2021

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(1)

Successioni numeriche (vedi Bergamini modulo N unità 2)

Chiamiamo successione numerica una funzione da N* verso R, cioè una funzione che ad ogni numero naturale positivo n associa un numero reale a n .

f : N* → R n a h n

a n è l'ennesimo termine della successione e " n " è l'indice del termine a n .

(Bergamini definisce le successioni come funzioni da N verso R, ma cambia poco) Facciamo qualche esempio:

{a n } = {1, , , , , ... } 1 2 1 3 1 4 1 5 {b n } = { , , , , , ... } 1 2 3 2 5 2 7 2 9 2 {c n } = {-2, 4, -8, 16, -32, ... }

Rappresentazione di una successione

Possiamo rappresentare una successione tramite un elenco dei primi termini (enumerazione), tramite una definizione analitica (mediante funzione) o per ricorrenza.

Definizione analitica: le tre successioni date sopra sono presentate tramite degli elenchi ma possiamo anche specificarle tramite una definizione analitica:

a n = , 1 n b n = 2n−1 , c n = (-2) n

2

abbiamo cioè un'espressione che ci dice quanto vale il termine generale a n (o b n o c n ).

Definizione per ricorrenza: un'altra possibilità per presentare una successione è quella di definirla per ricorrenza. Si deve definire il valore del primo o dei primi termini (dipende) e poi come si trova il valore di un termine conoscendo il termine precedente o alcuni termini precedenti. Le tre successioni viste sopra potrebbero venir definite così:

{ a n+1 a 1 = = 1 a n { {

1+a n

a 1 = 1 2 a n+1 = a n + 1

a 1 = −2 a n +1 = −2a n

Una successione famosa è quella di Fibonacci.

viste sopra occorrono due termini per partire e continuare:

{ a a n 1 = 0, a 2 = 1

+2 = a n +1 + a n

I termini di questa successione (o serie) costituiscono i numeri di Fibonacci che incontriamo in fenomeni di crescita biologici e troviamo poi impiegati in Arte (0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, ... ) Esercizi:

1. Trova l'espressione analitica delle successioni seguenti:

a n = { , , , , ...} 1 3 1 5 1 7 1 9 b n = { 1 4 , 2 9 , 16 3 , 25 4 , 36 5 , ... }

2. Sono date le successioni di termine generale a n = 2n − 1 b n = n$(n+1) 2 . Scrivi i primi 5 termini e individua la sua forma ricorsiva

3. Quante coppie di conigli verranno prodotte in un anno, a partire da un'unica coppia, se ogni mese

ciascuna coppia dà alla luce una nuova coppia che diventa produttiva a partire dal secondo mese?

(2)

Successioni crescenti, decrescenti e costanti

Diciamo di una successione che è crescente se ogni suo termine è maggiore del precedente, diciamo di una successione che è decrescente se ogni suo termine è minore del precedente e diciamo di una successione che è costante se tutti i suoi termini sono uguali.

Esempi: Se definiamo quattro successioni come segue,

a n = 1 n b n = 2n−1 c n = (-2) n d n = 4

2

potremo dire che la prima è decrescente, la seconda crescente, la terza non è ne crescente ne decrescente ne costante mentre la quarta e costante.

Limite di una successione

Consideriamo ancora la successione {a n } = {1, , , , , ...} di termine generale a 1 2 1 3 1 4 1 5 n = 1 1 +n . Vediamo che al crescere di n si avvicina sempre più a 0. Scriviamo allora

a n → 0 per n → +∞

e leggiamo "a n tende a zero per n che tende a più infinito" o "a n tende a zero quando n tende a più infinito". Traduciamo dunque la freccia → con "tende a".

Si dice anche che la successione converge a zero al tendere di n all'infinito o che la successione ha per limite zero al tendere di n all'infinito. La nozione di limite riveste una grande importanza nello sviluppo di quella parte della matematica che va sotto il nome di "analisi", è dunque stato necessario precisarla.

Si dice che la successione a 0 , a 1 , a 2 , a 3 , ... ha per limite l al tendere di n all'infinito se per ogni numero positivo ε (epsilon),

(dipendente da ε), tale che |l - a n | < ε per tutti i valori n ≥ N.

Scriveremo anche:

lim a nd∞ n = l Non sempre però una successione posside un limite finito.

Quando lo possiede si dice che converge e quando non lo possiede si dice che diverge.

Consideriamo ora la successione {b n } = { , , , , , ... } di termine generale b 1 2 3 2 5 2 7 2 9 2 n = 2n 2 +1 . Vediamo che al crescere di n cresce anche b n , senza limite. Possiamo però scrivere

b n → +∞ per n → +∞

e dire che "b n tende a più infinito per n

lim b nd∞ n = +∞

Questa terminologia è utile, pur non essendo forse molto coerente, perché + ∞ non è considerato come un numero l. Attenzione però, anche una successione tendente all'infinito si dice divergente.

Per la terza successione, {c n } = {-2, 4, -8, 16, -32, ... } di termine generale c n = (-2) (n + 1) , vediamo che non possiamo individuare nessun numero a cui tende la successione al crescere di n. Tutt'al più

possiamo dire che |c n | tende a più infinito per n che tende a più infinito. Della successione c n diremo che

non ha limite.

(3)

Operazioni sui limiti

Grazie ad una definizione precisa di limite si possono dimostrare le seguenti proprietà dei limiti delle successioni (escludiamo qui i limiti infiniti):

(k ∈ R)

nd∞ lim (k $ a n ) = k $lim a nd∞ n lim a nd∞ n ! nd∞ lim b n = lim (a nd∞ n ! b n )

nd∞ (

lim a n $ lim b nd∞ n = nd∞ lim (a n $ b n ) lim a nd∞ n + nd∞ lim b n = lim (a nd∞ n + b n ) nd∞ lim b n ! 0)

Progressioni aritmetiche

Si dice che una successione è una progressione aritmetica quando la differenza tra ogni termine e il suo precedente è costante. Tale costante viene chiamata ragione d (d come differenza) della progressione.

Il termine generale di una progressione aritmetica potrà dunque essere scritto come a n = a 1 + (n - 1)⋅d (n ∈ N*, d ∈ R è la ragione)

A volte si considerano un numero finito di termini cosecutivi di una successione e allora il primo e l'ultimo termine sono detti estremi della progressione. I termini compresi tra i due estremi di una progressione aritmetica sono anche detti medi aritmetici.

Somma di termini consecutivi di una progressione aritmetica

Se consideriamo i primi n termini di una progressione aritmetica, la loro somma sarà data da:

S n = a 1 + a 2 n $ n

Progressioni geometriche

Si dice che una successione è una progressione geometrica quando il quoziente tra ogni termine e il suo precedente è costante. Tale costante viene chiamata ragione q (q come quoziente) della

progressione.

Il termine generale di una progressione aritmetica potrà dunque essere scritto come

a n = a 1 ⋅q n - 1 (n ∈ N*, q ∈ R è la ragione)

I termini compresi tra i due estremi di una progressione geometrica sono detti medi geometrici.

Somma di termini consecutivi di una progressione geometrica

Se consideriamo i primi n termini di una progressione geometrica, la loro somma sarà data da:

S n = q $ a q n − 1 − a 1

(4)

Un insieme particolare

Definiamo per ricorrenza una successione di numeri complessi M(c):

{ M n M 1 (c) = c

+1 (c) = (M n (c)) 2 + c

In altri termini c è un numero complesso e chiamiamo M(c) la successione di numeri complessi il cui primo termine vale c e ogni termine successivo è dato dal termine precedente al quadrato più c. I primi termini sono dunque c, c 2 + c, (c 2 + c) 2 + c, ((c 2 + c) 2 + c) 2 + c, ...

Ad ogni numero complesso c è dunque associata una successione M(c). Per certi numeri complessi c la sucessione M(c) tende all’infinito, per altri resta entro certi limiti. Se per esempio c = 0 la successione converge verso 0, se c = -1 alterna tra -1 e 0, se c = 1 tende al infinito. Se c = 1/4 la successione sembra convergere verso ½ (ho provato con excel fino al 65’535esimo termine).

Chiamiamo l'insieme dei numeri c per i quali la successione M(c) non tende all’infinito, insieme di Mandelbrot. Se vogliamo rappresentare sul piano di Gauss tutti i numeri complessi appartenenti all’insieme di Mandelbrot, otteniamo una figura che forse avete già visto.

La frontiera di questo insieme è particolare. Possiamo immaginare questo insieme come un isola che

vediamo da un aereo; se ci avviciniamo per osservare più da vicino la costa, scopriamo sempre più

dettagli. Possiamo proseguire questo zoom sulla frontiera all'infinito e sempre troveremo qualcosa di

complesso (vedi l'immagine della frontiera calcolata dal computer). Questo insieme è un esempio di

quegli oggetti matematici chiamati frattali.

(5)

Limiti di funzioni di una variabile continua

Anche quando abbiamo delle funzioni da R verso R possiamo parlare di limiti. Per esempio possiamo dire che x 2 tende a 4 quando x tende a 2 e scrivere

lim (x xd2 2 ) = 4

Questo avviene sia che x tenda a 2 "da sinistra" (x < 2), sia che x tenda a 2 "da destra" (x > 2).

xd2 lim (x 2 ) = 4 xd2 lim (x + 2 ) = 4

Facciamo un' altro esempio. Consideriamo la funzione f(x) = x + x x 3 , definita da R* verso R. Al tendere di x a zero, la funzione f(x) tende a uno. Anche se non è definito il valore della funzione per x uguale a zero, possiamo scrivere:

lim x + x xd0 x 3 = 1

g da R verso R nel modo seguente :

{ 2 per x 3 per x ! 1 = 1

g(x) =

Benché g(1) = 3, anche in questo caso possiamo scrivere lim g xd1 (x) = 2

Un ultimo esempio. Consideriamo la funzione h(x) = 1/x definita da R* verso R. Se x tende a zero per valori negativi (da sinistra), 1/x tende a −∞. Mentre che se x tende a zero per valori positivi (da destra), 1/x tende a + ∞. Possiamo allora scrivere:

xd0

lim 1x = −∞ xd0 lim 1x = +∞ +

A proposito di quest'ultimo esempio facciamo qualche osservazione.

- Possiamo definire dei limiti da destra e da sinistra e questi possono essere fra loro diversi.

- Anche qui possiamo parlare di limite per x che tende a zero indipendentemente da quello che succede per x = 0.

- Abbiamo qui dei limiti infiniti che devono essere trattati con un po' di prudenza perchè l'infinito non è un numero.

Il concetto di limite di una funzione, come quello di una successione, ha dovuto esser precisato in modo da poter costruire l'analisi. Riportiamo qui di seguito una definizione di limite anche se noi non avremo bisogno di lavorare in modo rigoroso con questo tipo di definizione.

La funzione f(x) ha per limite a, al tendere di x al valore x 1 , se in corrispondenza a ogni numero positivo ε, non importa quanto piccolo, si può trovare un numero positivo δ , (dipendente da ε) tale

che |f(x) - a| < ε, per ogni x ≠ x 1 che soddisfi la diseguaglianza |x - x 1 | < δ.

x y

-6 -4 -2 0 2 4 6

-4

-2

0

2

4

(6)

Continuità (bergamini N98)

Continuità di una funzione in un punto

Ora che abbiamo un'idea di cosa sia il limite di una funzione di una variabile continua, possiamo definire cosa s'intende per continuità. Una funzione f(x) si dice continua in un punto a se in quel punto la funzione ammette un limite finito e questo limite è uguale al valore che prende in a la funzione f.

lim f xda (x) = f(a)

Continuità di una funzione in un intervallo

Quando una funzione è continua in tutti i punti appartenenti ad un'intervallo, si dice che è continua in quel intervallo. Possiamo pensare ad una funzione continua come una funzione di cui posso disegnare il grafico senza staccare la penna dal foglio.

Esempi:

La funzione polinomiale f(x) = x 3 - x 2 - 3x R.

La funzione g(x) = |x| è anch'essa continua nell'insieme R La funzione h(x) = x/|x| è continua in R salvo nel punto x = 0

La funzione k(x) = { x per x irrazionale non è continua in nessun punto

1 2 per x razionale

Esercizi:

y Individua nella figura qui sopra i grafici delle funzioni f, g e h.

y Indica gli intervalli nei quali sono continue le seguenti funzioni:

sin(x) cos(x) tg(x)

(7)

Derivata (Bergamini modulo N unità 3, A Vallardi cap. 13) Derivata di una funzione in un punto

Consideriamo un funzione f(x) continua in un punto c. Ora consideriamo la quantità f (c + h) − f(c) , definita per h ≠ 0. Se il limite di questa quantità per h che tende a zero esiste (limite finito), lo h chiamiamo la derivata di f(x) nel punto c e lo notiamo f'(c) o Df(c). Altrimenti detto:

lim hd0 f (c + h) − f(c)

h = f (c) = Df(c)

Se la derivata esiste (il limite esiste), si dirà che la funzione f(x) è derivabile in c.

Esempio:

Consideriamo la funzione f(x) = -x 2 +3x. La derivata di questa funzione nel punto x = 1, vale lim hd0 f (1 + h) − f(1)

h = lim −( hd0 1 + h) 2 + 3(1 + h) − 2

h = lim −h hd0 2 + h

h = lim −h + 1 hd0 1 = 1 Continuità e derivabilità

Se una funzione è continua in un punto c, ciò non garantisce che sia derivabile in quel punto. Per esempio la funzione f(x) = |x|, pur essendo continua non è derivabile nel punto zero. Ci sono esempi di funzioni continue che non sono derivabili in nessun punto

(per es. quella fornita da C. Cellérier nel 1860: f (x) = n con a intero positivo grande).

=1

a −n sin a n x

Invece, se una funzione è derivabile in un punto sappiamo che è continua in quel punto.

Derivabilità di una funzione in un intervallo

Quando una funzione è derivabile in tutti i punti appartenenti ad un'intervallo, si dice che è derivabile in quel intervallo. Possiamo pensare ad una funzione derivabile come ad una funzione il cui grafico è continuo e "liscio".

Derivata di una funzione

Quando una funzione è derivabile in un intervallo, possiede cioè una derivata in ogni punto, la derivata costituirà essa stessa una funzione definita su quell'intervallo. Per esempio la funzione sen(x) è derivabile su tutto R e la sua derivata è data, per ogni elemento di R, dalla funzione cos(x).

Significato "geometrico" della derivata Geometricamente la derivata di una funzione in un punto c rappresenta il coefficiente angolare (la pendenza) della tangente alla curva nel punto c.

Rappresentiamo a fianco la funzione f(x) = -x 2 +3x e la tangente al punto (1, 2).

La retta tangente ha pendenza uguale a uno, come calcolato sopra.

Dal disegno si direbbe che la derivata per x

= 1.5 debba valere zero. ...

(8)

regole di derivazione e derivate di alcune funzioni (vedi A.Vallardi cap. 13)

Riprendiamo l’esempio della pagina precedente, consideriamo cioè la funzione f(x) = -x 2 +3x. Tramite la definizione di derivata in un punto proviamo a calcolare la derivata in un punto generico x.

lim hd0 f (x + h) − f(x)

h = lim −( hd0 x + h) 2 + 3(x + h) − (−x 2 + 3x)

h = lim −h hd0 2 − 2xh + 3h

h = lim −h − 2x + 3 hd0 1 = −2x + 3 Abbiamo dunque ottenuto una nuova funzione, la derivata di f(x), che notiamo f’(x) o Df(x). Se calcoliamo il valore di Df(x) = -2x + 3 per x = 1 o x = 1.5, ritroviamo quello che avevamo trovato alla pagina precedente.

Per calcolare la derivata di una funzione disponiamo di un’insieme di regole che rendono questo compito abbastanza facile. Proviamo ad elencarle:

Regole di derivazione

[f (g(x))] = f (g(x)) $ g (x) di una funzione composta

f (x) g (x)

= f (x) $ g(x) − f(x) $ g (x) [g(x)] 2

del rapporto di due funzioni

[f (x) $ g(x)] = f (x) $ g(x) + f(x) $ g (x) del prodotto di due funzioni

[f (x) + g(x)] = f (x) + g (x) della somma di due funzioni

[k $ f(x)] = k $ f (x) di una costante per una funzione

Derivata ...

Inoltre, per aiutarci nella ricerca della derivata, ricordiamo le derivate di alcune funzioni comuni.

1/cos 2 (x) tg(x)

a x ⋅ln(a) a x

-sin(x) cos(x)

1/(x⋅ln(10)) log|x|

e x e x

cos(x) sin(x)

1/x ln|x|

k ⋅x k - 1 x k

Derivata Funzione

Derivata Funzione

Derivata Funzione

(k ∈ R e a ∈ R + ) Esempio:

Consideriamo la funzione h(t) = 1 2 gt 2 + v 0 t + h 0 dove g, v 0 e h 0 sono delle costanti e t è la variabile.

Deriviamo h(t) per ottenere h'(t). Abbiamo

1 2 gt 2 + v 0 t + h 0

∏ = − 1 2 gt 2 ∏ + [v 0 t] + [h 0 ] = − 1 2 g $ [t 2 ] + v 0 $ [t] + h 0 $ [t 0 ] = − 1 2 g $ 2t + v 0 $ t 0 + h 0 $ 0

= −gt + v 0

Abbiamo dunque calcolato h'(t) = -gt + v 0 . Possiamo chiamare la funzione trovata v(t) e derivarla.

[−gt + v 0 ] = [−gt] + [v 0 ] = −g $ [t] + v 0 $ [t 0 ] = −g $ t 0 + v 0 $ 0 = g

troviamo che la derivata di v(t) è una costante; v'(t) = g. Potremmo chiamarla a(t).

(9)

Integrale (brevemente) (vedi A.Vallardi cap. 14) integrale come area

consideriamo una curva di equazione y = f(x) = -x 2 + 2x + 2.

Vorremmo calcolare l'area racchiusa tra la curva e l'asse delle x nell'intervallo [0, 2] (tratteggiata a lato). Per fare questo suddividiamo l'intervallo [0, 2] in 10 segmenti, ognuno lungo 0.2. Su ogni segmento immaginiamo una

"colonna" alta quanto il la curva alla fine del segmento. Poi calcoliamo l'area di ogni colonna e le sommiamo.

Scriveremo

S 10 = = 5.32

i =1

10 f ( 5 i ) $ 1 5

Avremo ottenuto un'approssimazione dell'area cercata.

Ora possiamo immaginare che suddividendo l'intervallo [0, 2]

in un maggior numero di segmenti, avremo delle approssimazioni migliori dell'area. Possiamo anche aspettarci che l'approssimazione dell'area, con l'aumentare del numero di suddivisioni tenda ad un valore ben preciso che chiameremo l'integrale di quella funzione su quell'intervallo. Avremo cioè:

A = n lim d∞ i

=1

n f ( 2i n ) $ 2 n = lim S nd∞ n = ¶

0 2 f (x)dx

(Precisiamo che per la definizione d'integrale non si è

obbligati a scegliere segmenti tutti uguali, basta che con il tendere di n all'infinito ogni segmento tenda a zero. Inoltre non siamo obbligati a scegliere il valore della curva alla fine di ogni segmento, basta che sia un valore corrispondente ad un punto del segmento).

primitiva di una funzione

Sia F(x) una funzione che ha per derivata la funzione f(x), cioè F'(x) = f(x), allora diremo che F(x) è una primitiva di f(x). Non è unica, infatti se F(x) è una primitiva di f(x), anche F(x) + C, dove C è una costante qualsiasi, è una primitiva di f(x).

Per esempio

F(x) = x −1 3 3 + x 2 + 2x e G(x) = x −1 3 3 + x 2 + 2x - 3 sono entrambe primitive di f(x) = -x 2 + 2x + 2 Integrale definito

Per f(x) continua su [a, b] e F(x) una qs. primitiva di f(x), chiamiamo integrale definito la quantità

a

b f (x)dx = F(x)| a b = F(b) − F(a) [a, b] è detto intervallo d'integrazione e f(x) è detta funzione integranda.

Esempio:

Della funzione f(x) = -x 2 + 2x + 2 conosciamo una primitiva; F(x) = x −1 3 3 + x 2 + 2x. Possiamo allora scrivere che:

¶ 0

2 f (x)dx = F(x)| 0 2 = F(2) − F(0) = −1 3 2 3 + 2 2 + 2 $ 2 = −8 3 + 4 + 4 = 16 3 = 5.3 e possiamo confrontare questo risultato con il risultato della nostra prima approssimazione.

x y

-2 -1 0 1 2 3 4

-1 0 1 2 3

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5

0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

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