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ASPETTI DELLA IV DIRETTIVA E DELLA PROPOSTA DI V DIRETTIVA R.C.A

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ASPETTI DELLA IV DIRETTIVA E DELLA PROPOSTA DI V DIRETTIVA R.C.A

Prof. Flavio Peccenini

La proposta di V Direttiva R.C.A come è noto ha quasi un anno: risale al 7 giugno 2002; seguendo la relazione che la accompagna, a fini espositivi il suo impianto (il corpus normativo) può, per comodità essere suddiviso, in tre macro temi:

• Soluzione di problemi

(che si sono presentati con frequenza o che sono stati anche sottoposti al vaglio della Corte di Giustizia – in ogni caso - già noti al mondo assicurativo)

• Aggiornamenti

(della normativa in essere)

• Miglioramenti della tutela

(dei soggetti coinvolti nella circolazione)

Per quanto concerne la soluzione dei problemi, che si risolva quello delle targhe temporanee, quello delle targhe false o non corrispondenti, quello della copertura dei veicoli importati, del rilascio delle attestazioni relative ai sinistri precedenti o della copertura, sull'intero territorio della comunità, per tutta la durata del contratto, risponde a necessità eminentemente pratiche, che non spostano i termini di impianto giuridico generale della fattispecie generatrice della responsabilità né quelli contrattuali; del pari sul versante degli aggiornamenti mi sembra soluzione utile, per non dire necessaria, quella che riguarda la revisione dei minimi di copertura con indicizzazione automatica, ogni cinque anni, così come è difficile negare l’opportunità della estensione della inopponibilità delle franchigie (che per nostro sistema, è ormai un dato

Professore Associato di Diritto Privato, Università di Bologna

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acquisito) ovvero della eliminazione della facoltà di limitare l’indennizzo dei danni a cose causati da veicoli non identificati.

Di maggiore complessità ed interesse è invece il versante dei miglioramenti di tutela, ove dobbiamo confrontarci con l’art. 4 della Direttiva, secondo la cui previsione (comma 1) un passeggero non può essere escluso dalla copertura assicurativa, in base alla circostanza che sapeva

o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era sotto l'azione dell'alcool o di altre sostanze eccitanti al momento del sinistro, mentre il 2° comma afferma che l’assicurazione copre le lesioni subite da pedoni e ciclisti indipendentemente dalla responsabilità del conducente.

A questo proposito va sottolineato il modo con cui procede la Direttiva; mentre, da un lato, nell'articolo 4-1° si affronta il problema dell’estensione della copertura assicurativa del passeggero che sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era ubriaco o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, nella relazione leggiamo che la copertura non pregiudica la eventuale responsabilità del passeggero, alla luce della legislazione nazionale, o il livello del risarcimento dovutogli (che è quanto disciplinato dall’art. 1227 del nostro codice civile). In più, va rilevata un’altra incongruenza: nell'articolo 2.5° si dà la facoltà di escludere l’intervento dell'Organismo Incaricato (da noi, il Fondo di Garanzia) nel caso in cui si dimostri che il passeggero fosse a conoscenza della mancanza di copertura assicurativa. Questa, dunque, la posizione del passeggero, se sa che non c'è copertura assicurativa, non viene risarcito, se invece si accorge che il conducente è ubriaco il risarcimento non gli può essere negato; c’è qualcosa che stona sotto il profilo sistematico dell’attribuzione della responsabilità, in ogni sistema che, come il nostro, fondi detta attribuzione sulla colpa, da cui nella Direttiva si prescinde totalmente, attribuendo invece rilevanza alla mera occasione della circolazione ed all’esistenza di una copertura assicurativa.

Veniamo ora alle lesioni subite da pedoni e ciclisti. Nel considerando 14 si fa riferimento all'esistenza, nella comunità, di due ipotesi generali, per il risarcimento di tali soggetti; l'ipotesi

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collegata alla responsabilità del conducente, ovvero l’ipotesi della tutela della parte che viene definita “debole” (desidero, sul concetto di soggetto debole, di associarmi a Antonio Gambaro quando afferma che si è di fronte ad uno stravolgimento semantico che ricorda molto da vicino la neolingua di Orwell), con relativa inclusione nella copertura secondo la previsione della Direttiva; con un però: tale copertura fa salva la responsabilità civile del pedone o del ciclista o il livello del risarcimento. Ancora una volta la stessa formula già vista, per il trasportato.

Si sottolinea, poi, che l'inclusione dei pedoni e ciclisti non avrebbe o non ha avuto, secondo i dati di valutazione statistica, un impatto significativo sul costo delle assicurazioni. Osservazione che la dice lunga sotto il profilo della ratio sottostante all’introduzione di queste previsioni:

introduciamo il principio perché attuarlo costa poco. Non mi sembra una giustificazione con un forte fondamento giuridico né di analisi economica del diritto, in relazione ai sistemi che si vogliono realizzare. Mi pare quindi che il modo di esprimersi del legislatore comunitario possa

apparire abbastanza fuorviante, letto alla luce dei “considerando” della relazione e valutato nella prospettiva di quello che è stato chiamato un non sempre facile gemellaggio tra responsabilità civile e assicurazione. Chi ha mai pensato anche il senza suggerimento della

Direttiva, che, nel nostro sistema, pedoni e ciclisti non dovessero essere risarciti qualora sia attribuibile la responsabilità all'investitore, né mi sembra ci si voglia allontanare dalla regola che occorre un criterio di selezione in forza del quale si attribuisce la responsabilità ad un certo soggetto per il danno causato ad un altro soggetto. Che poi questo criterio sia la colpa, ovvero sia il rischio (il rischio di una certa attività, come nell’ipotesi dell’art. 2050 c.c. e forse anche in quella dell’art. 2054 c.c., perlomeno al primo comma, come hanno sostenuto illustri autori) il problema è e resta: qual è il criterio di selezione per attribuire la responsabilità in questa fattispecie? Non vorrei che si arrivasse a pensare che il criterio di selezione è costituito da fatto che il soggetto è assicurato (mi induce a ciò la previsione sopra richiamata per cui si può escludere il passeggero se sapeva che il vettore non era assicurato). Ritengo che ciò non sia

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possibile nel nostro sistema, così come non mi pare possa trovarvi posto, come in altri sistemi, un nesso di causalità lieve accanto ad un nesso di causalità grave. Se poi vogliamo eliminare la colpa, accogliendo la tesi che la responsabilità va attribuita con un criterio di responsabilità oggettiva, possiamo continuare a discuterne, in ogni caso non possiamo eliminare anche il nesso di causalità, che resta ineludibile anche in tema di responsabilità oggettiva. In relazione a questo modo di porsi della Direttiva in un recente dibattito, cui ho partecipato, in DEA si è parlato di strabismo del nostro legislatore comunitario. L’immagine è suggestiva ma, se presa alla lettera, pecca per eccesso; la Direttiva, con ogni probabilità vuole evidenziare il principio che certi utenti vanno garantiti prioritariamente, senza tuttavia l’intenzione di incidere sui sistemi di responsabilità. Sono gli interpreti che sentono la sollecitazione di questi problemi, preoccupati dagli effetti di questo presunto strabismo, del gemellaggio difficile o impossibile cui prima facevo riferimento. Credo che, invece, se non vogliamo far torto al legislatore comunitario, dobbiamo semplicemente concludere che, da un lato, si è voluto dare un’ulteriore spinta verso l’uniformità (anche in previsione del futuro allargamento) e, dall’altro, si è voluto mantenere fermi i principi di responsabilità dei singoli paesi, lasciando ad altri (Busnelli) non alla Direttiva l’arduo compito di avvicinare tali sistemi, risultato che, in ogni caso, non potrà passare attraverso la scorciatoia della uniformità della disciplina del contratto di RCA.

Per il momento, siamo spettatori e protagonisti di una fase in cui dobbiamo vigilare che quello che noi vediamo come un rischio non si trasformi in un'onda di piena: per questo mi richiamo al dibattito già pubblicato nel 2002 su DEA e che ha visto protagonisti Candian, Gambaro, Monateri, Porrini e Gismondi, un dibattito, che mi permetto di affermare si è spinto ben oltre le stesse suggestioni/preoccupazioni suscitate dal contenuto della proposta di Direttiva: alla domanda “possiamo far funzionare meglio la RCA?” si è cercato di disegnare una prospettiva esaminando sia i problemi di disciplina della fattispecie sia i problemi di carattere istituzionale, cioè “quelli che discendono dall’assetto complessivo e dinamico degli apparati

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che presiedono all’amministrazione delle conseguenze di un sinistro stradale e quindi all’attività dei Tribunali, degli avvocati, degli assicuratori dei periti e quant’altro”.

Di questo versante non possiamo che fare menzione, dell’altro posso solo ricordare che talora si è cercato di fuoriuscire dalle regole della responsabilità civile creando regole specifiche per il caso della RCA divergenti o, persino, confliggenti con quelle generali. Mi riferisco al caso della

Neozelanda dove si è spostata la fattispecie sinistro stradale dal campo della law of torts al campo della sicurezza sociale, o all’esperienza della Loi Badinter, con l’introduzione del concetto di implication, che elimina la causalità tra condotta ed evento, salvo il ricorso dei giudici transalpini alla “faute”.

Veniamo in conclusione al terzo dei miglioramenti.

Estensione a tutti i sinistri del meccanismo previsto dalla Quarta direttiva, per l’attuazione della quale, come è noto, con l’art. 49 della legge 1° marzo 2002 n. 39 (legge Comunitaria 2001) il Parlamento ha conferito al Governo una delega, a ben vedere assai ampia e generica.

Questa delega non ha ancora avuto attuazione, anche se circola un testo di decreto legislativo ancora in bozza, cui farò tuttavia riferimento.

IN BREVE IL CONTENUTO DELLA IV DIRETTIVA

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ambito operativo: sinistri che coinvolgono cittadini in uno stato diverso da quello di

appartenenza

caposaldo essenziale: attribuzione di un diritto di azione diretta nei confronti della Compagnia

che copre la responsabilità civile del sinistro, come condizione necessaria per la applicazione appropriata della procedura di offerta.

disciplina:

ogni impresa di assicurazione deve designare in ogni Stato membro un mandatario per la liquidazione dei sinistri; questi o l’impresa di assicurazione del responsabile del sinistro devono presentare, entro tre mesi dalla data di richiesta di indennizzo, una offerta di indennizzo motivata nel caso in cui la responsabilità non sia contestata e il danno sia quantificato o una risposta motivata qualora la responsabilità sia negata (al mancato rispetto di tale dovere consegue nella bozza di dlgs l’irrogazione di una sanzione pecuniaria); qualora il mandatario o il rappresentante non diano la risposta, ovvero nel caso in cui sia mancata la designazione del mandatario il danneggiato potrà rivolgersi ad un organismo di indennizzo nazionale (nella bozza la CONSAP, che si avvarrà dell’UCI con apposita convenzione) così come potrà fare nel caso che si tratti di veicolo non identificato o di assicuratore non identificato; l’organismo, per la determinazione della responsabilità e la quantificazione del danno, rispetterà le norme di diritto positivo applicabili nello Stato in cui è avvenuto il sinistro.

L’organismo nazionale, una volta che abbia risarcito il danno agli aventi diritto, acquisisce un credito nei confronti dell’organismo di indennizzo dello Stato membro o del Fondo di garanzia dello Stato in cui staziona abitualmente il veicolo non assicurato o dello stato in cui si è verificato il sinistro in caso di veicolo non identificato.

Inoltre ogni Stato membro deve istituire un centro di informazioni incaricato di tenere un registro contenente informazioni specifiche al fine di facilitare la liquidazione dei sinistri (nella

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bozza è individuata l’ISVAP, che potrà stipulare convenzioni gratuite con enti pubblici o privati).

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