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La Corte di giustizia sancisce il dovere, per il giudice, di rilevare d’ufficio l’invalidità della clausola compromissoria stipulata tra il professionista ed il consumatore rimasto contumace nel processo arbitrale - Judicium

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ELENA D’ALESSANDRO

La Corte di giustizia sancisce il dovere, per il giudice, di rilevare d’ufficio l’invalidità della clausola compromissoria stipulata tra il professionista ed il consumatore rimasto contumace nel processo arbitrale

1. A pochi anni di distanza dalla sentenza Mostaza Claro (1) la Corte di giustizia torna nuovamente a pronunciarsi sul regime di rilevazione dell’invalidità della clausola compromissoria stipulata tra consumatore e professionista in relazione alle controversie conseguenti alla conclusione di un contratto di telefonia mobile.

A suscitare il nuovo rinvio pregiudiziale interpretativo è stato ancora una volta il giudice nazionale spagnolo.

Un ulteriore tratto comune tra le due decisioni è costituito dal fatto che l’italiano Antonio Tizzano, avvocato generale nella causa Mostaza Claro, è stato giudice relatore della pronuncia in epigrafe.

Come si ricorderà, nella sentenza Mostaza Claro i giudici comunitari ebbero ad affermare che la direttiva 5 aprile 1993, 93/13/CEE implica che un giudice nazionale, in sede di impugnazione del lodo, possa rilevare la nullità della convenzione di arbitrato qualificata come abusiva e conseguentemente annullare il dictum anche quando il consumatore non abbia preventivamente invocato tale nullità nell’ambito del procedimento arbitrale ma vi abbia provveduto soltanto in sede di impugnazione del lodo. Ciò, pure quando la locale legge processuale sancisce un onere di preventiva attivazione dinanzi agli arbitri.

Nella medesima pronuncia i giudici comunitari precisarono di non essere competenti per stabilire se, all’interno dell’ordinamento spagnolo, la clausola compromissoria stipulata tra consumatore e professionista posta ad origine della vicenda concreta dedotta dinanzi al giudice nazionale, fosse effettivamente da presumersi abusiva, essendo una valutazione che spetta alla prima autorità giurisdizionale in virtù del riparto di competenze tra giudice nazionale e comunitario fissato dal Trattato. Trattasi, difatti, di una qualificazione che, per potere essere effettuata, implica l’interpretazione e l’applicazione della normativa nazionale

(1) Corte di giustizia, 26 ottobre 2006, causa C-168/05, Mostaza Claro, in questa Rivista, 2006, 679 con mia nota.

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attuativa della direttiva (2), così come la ponderazione di situazioni di fatto dedotte dinanzi all’autorità giurisdizionale nazionale (3).

Un analogo rilievo è stato posto in essere, nella vicenda de qua, dall’Avvocato generale Trstenjak (4) ed è stato, a quanto sembra, implicitamente recepito nella pronuncia in epigrafe.

Ne consegue che i principi contenuti nelle sentenze comunitarie Mostaza Claro ed Asturcom, intanto potranno produrre effetti (almeno) nel giudizio a quo pendente dinanzi all’autorità giurisdizionale nazionale, in quanto quest’ultima ritenga di trovarsi in presenza di una clausola negoziale abusiva ai sensi della propria legge nazionale, attuativa della direttiva comunitaria 5 aprile 1993, 93/13/CEE.

2. La fattispecie concreta che ha condotto alla pronuncia in epigrafe, tuttavia, si differenzia da quella che originò la pronuncia Mostaza Claro (5), essenzialmente per due ragioni.

(2) Attività, ambedue, di spettanza del giudice nazionale.

(3) Il problema si pone in quanto l’allegato alla direttiva 93/13/CEE contiene sì un elenco di clausole da presumersi abusive, tuttavia: 1) per un verso, alla lettera q del medesimo si prevede che siano da presumersi abusive le clausole finalizzate «a sopprimere o limitare l'esercizio di azioni legali o vie di ricorso del consumatore, in particolare obbligando il consumatore a rivolgersi esclusivamente a una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche..» non risultando conseguentemente chiaro se si sia voluto evocare il solo arbitrato avente a base un contratto atipico quale è, in Italia, l’arbitrato irrituale ovvero se si sia inteso fare riferimento alle regole di svolgimento del procedimento. In questo secondo caso, sarebbe da presumersi abusiva la convenzione di arbitrato la quale contempli un procedimento dinanzi ai giudici privati non disciplinato da una legge processuale o da una istituzione arbitrale permanente, ma rimesso alla libera determinazione delle parti, nel quale, pertanto, vi è il rischio che il professionista approfitti della sua posizione di superiorità contrattuale; 2) per altro verso, trattasi di elenco avente valenza esemplificativa e non tassativa che, in quanto tale, i singoli Stati membri, in sede di attuazione della direttiva, avevano facoltà di ampliare ovvero ridurre.

Ne deriva che per rispondere al quesito de quo, occorre compiere un’indagine differenziata da Stato membro a Stato membro. All’interno del nostro ordinamento prevale la posizione favorevole all’applicabilità della presunzione di abusività all’accordo compromissorio (indifferentemente per arbitrato rituale o irritale) stipulato tra professionista e consumatore, benché l’art. 33, lett. d, codice consumo (d. lgs. 6 settembre 2005, n.

2006) non faccia espresso riferimento alle clausole compromissorie ma, piuttosto, evochi quelle finalizzate a sancire una deroga alla competenza dell’autorità giurisdizionale: in proposito, si vis, D’ALESSANDRO, Sui rapporti tra la sentenza Mostaza Claro e gli artt. 817, comma 2, ed 829, n. 1, c.p.c., in questa Rivista, 2006, 679 ss., spec. 680 ss. nonché,di recente, DI NELLA, in ADDIS,BARGELLI e altri, I «principi» del diritto comunitario dei contratti, Torino, 2009, 23 ss., spec. 49 ss. e MARINUCCI, L’impugnazione del lodo arbitrale dopo la riforma, Milano, 2009, 44 ss.

La problematica de qua non sarà affrontata ulteriormente nel contesto di questa nota a sentenza perché trattasi di argomento su cui la Corte di giustizia, per le ragioni appena enunciate nel testo, non si sofferma.

(4) Conclusioni dell’Avv. gen. TRSTENJAK, presentate il 14 maggio 2009, punto 56: «Al pari della causa Mostaza Claro la presente causa ha ad oggetto una clausola compromissoria che il giudice del rinvio considera abusiva. Dalla giurisprudenza della Corte si evince che spetta al giudice nazionale determinare se una clausola contrattuale soddisfi i criteri per essere qualificata abusiva ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 93/13. Ad avviso del giudice del rinvio, la clausola compromissoria controversa costituisce un ostacolo alla difesa e alla produzione di motivi da parte della sig. ra Rodriguez Nogueira, il che depone a favore della sua qualificazione ai sensi dell’art. 3, n. 3, della direttiva, in combinato disposto con la lett. q dell’allegato».

(5) Ciò ha reso necessaria l’instaurazione di un ulteriore procedimento pregiudiziale interpretativo. Non sussisteva, cioè, la possibilità di utilizzare il dispositivo della pronuncia Mostaza Claro onde risolvere la questione esegetica che ha originato la sentenza in epigrafe.

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La prima: nella vicenda Mostaza Claro, la consumatrice era comparsa nel giudizio arbitrale ma aveva omesso di eccepire in tale sede la nullità della convenzione d’arbitrato. Nel caso che ha originato la pronuncia Asturcom, invece, la consumatrice era rimasta contumace dinanzi agli arbitri.

La seconda: nella fattispecie Mostaza Claro, la convenuta–consumatrice aveva fatto valere le proprie doglianze in sede di impugnazione del lodo. Viceversa, nella fattispecie che ha originato la pronuncia in epigrafe, la pronuncia arbitrale non era stata impugnata nei termini contemplati dall’ordinamento processuale spagnolo. Il lodo aveva così acquisito autorità di cosa giudicata e pertanto il professionista, risultato vittorioso nella sede arbitrale, aveva presentato domanda per ottenere tutela esecutiva.

All’interno dell’ordinamento spagnolo, difatti, il lodo non necessita di essere munito di exequatur per valere come titolo esecutivo, essendo la sentenza arbitrale a contenuto condannatorio di per sé è valida a tal fine (6). Onde ottenere tutela esecutiva è là sufficiente presentare una richiesta al competente giudice dell’esecuzione il quale, nell’ipotesi in cui il titolo esecutivo sia costituito da un lodo arbitrale, è il Juzgado de Primiera Instancia. Tale autorità giurisdizionale, prima di proseguire oltre con il processo esecutivo, qualora la richiesta di tutela sia fondata su di un lodo arbitrale, dovrà controllare – in un procedimento che si svolge inaudita altera parte – che il lodo possegga determinati requisiti formali (trattasi, mutatis mutandis, del medesimo controllo posto in essere, all’interno del nostro ordinamento in sede di omologazione (7 )) e che non sia contrario all’ordine pubblico (8).

Siffatta verifica è posta in essere su impulso officioso e senza preventiva instaurazione del contraddittorio, come confermato dal tenore dell’art. 547 della Ley n. 1/2000 (9).

In tale contesto, il giudice spagnolo dell’esecuzione si era domandato se gli fosse consentito rilevare d’ufficio l’invalidità dell’accordo compromissorio posto a base del lodo.

(6) Così dispone l’art. 517, n. 2, secondo comma, della Ley n. 1/2000 come ricordato anche dall’Avv.

Gen. TRSTENJAK, al punto 18 delle sue Conclusioni. A commento di siffatta disposizione, si vedano, in dottrina, DE MARTÍN MUÑOZ,HIERRO ANIBARRO,Commentario a la ley de arbitraje, Madrid, 2006, 570 ss.

(7) In realtà, il controllo de quo è posto in essere dal giudice dell’esecuzione non soltanto a fronte di un titolo esecutivo di provenienza arbitrale ma anche a fronte di un titolo esecutivo di provenienza giudiziale.

Altresì, l’autorità giurisdizionale dell’esecuzione è tenuta a verificare la sussistenza della propria competenza: v.

in proposito gli articoli 546 e 547 della Ley n. 1/2000: «Artículo 546. Examen de oficio de la competencia territorial. 1. Antes de despachar ejecución, el tribunal examinará de oficio su competencia territorial y si, conforme al título ejecutivo y demás documentos que se acompañen a la demanda, entendiera que no es territorialmente competente, dictará auto absteniéndose de despachar ejecución e indicando al demandante el tribunal ante el que ha de presentar la demanda. Esta resolución será recurrible conforme a lo dispuesto en el apartado 2 del artículo 552. 2. Una vez despachada ejecución el tribunal no podrá, de oficio, revisar su competencia territorial»; «Artículo 547. Examen de oficio de la competencia territorial. 1. Antes de despachar ejecución, el tribunal examinará de Artículo 547. Declinatoria en la ejecución forzosa. El ejecutado podrá impugnar la competencia del tribunal proponiendo declinatoria dentro de los cinco días siguientes a aquel en que reciba la primera notificación del proceso de ejecución. La declinatoria se sustanciará y decidirá conforme a lo previsto en el artículo 65 de esta Ley».

(8) MERINO,MARCHÀN,CHILLON MEDIN, Tratado de derecho arbitral, 3 ed., Cizur Menor, 2006, 713 ss.

(9) Il cui testo è riportato supra, alla nota n. 7.

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3. La Corte di giustizia, in via preliminare ed ai fini della risoluzione del quesito sottopostole, ribadisce la regola, elaborata nella pronuncia Oceano Grupo Editorial SA (10), della rilevabilità ex officio della abusività delle clausole contrattuali stipulate tra consumatore e professionista.

Siffatta regola trova la propria ragion d’essere nella presunzione di squilibrio tra le due parti contrattuali appena menzionate. Tale diseguaglianza, secondo la Corte di giustizia, è suscettibile di essere riequilibrata soltanto tramite l’intervento protettivo dell’autorità giurisdizionale e, segnatamente, mediante la regola della rilevabilità officiosa della abusività della clausola.

Nella pronuncia Asturcom si compie un ulteriore intervento protettivo a favore del consumatore. Si afferma, difatti, che quando il procedimento arbitrale in contumacia del consumatore sia seguito – come nel caso della richiesta di tutela esecutiva dinanzi al giudice spagnolo – da un procedimento giurisdizionale che fisiologicamente si svolga senza la preventiva instaurazione del contraddittorio nei confronti della parte debole del rapporto contrattuale, in tale sede sussiste un dovere di valutazione ex officio dell’abusività della clausola compromissoria (11); dovere che, tuttavia, sussiste soltanto ove la lex fori contempli un determinato obbligo di verifica in capo all’autorità giurisdizionale adita, il quale, in questa sede e per ragioni di chiarezza sarà precisato soltanto più avanti.

Ad avviso della Corte di giustizia, siffatto dovere esiste sebbene il consumatore rimasto contumace nel processo arbitrale non abbia usufruito della possibilità di impugnare il lodo facendo valere in tale sede l’invalidità dell’accordo compromissorio (12) quale motivo di caducazione del medesimo.

Per giungere ad un simile enunciato i giudici comunitari valorizzano una circostanza di fatto ossia quella per cui il consumatore, pur avendone avuta in astratto la possibilità, potrebbe essere stato in concreto dissuaso dall’utilizzare gli strumenti processuali di impugnazione avverso il lodo messi a disposizione dal foro, in quanto, come già chiarito in

(10) Corte di giustizia, 27 giugno 2000, cause riunite da C-240/98 a C-244/98, Oceano Grupo Editorial SA, commentata da HAU, Vorgaben des EuGh zur Klausel-Richtilinie, in IPRax, 2001, 96 ss.; LEIBLE, Gerichtsstandklauseln und EG-Klauselrichtilinie, in RIW, 2001, 421 ss.; ORESTANO, Ricevibilità d’ufficio della vessatorietà delle clausole nei contratti del consumatore, in Europa e diritto privato, 2000, 1179 ss.; RAYNARD, Droit européen des contrat: le juge a le pouvoir de relever d’office le caractère abusif d’une clause du contrat, in Revue trimestrielle de droit civil, 2000, 939 ss.

(11) V. il punto 53 della motivazione della pronuncia in epigrafe. Più esplicito ancora il punto 32 di Corte di giustizia, 4 giugno 2009, causa C-243/08, Pannon GSM Zrt.: «Il giudice adito ha dunque il compito di garantire l’effetto utile della tutela cui mirano le disposizioni della direttiva. Di conseguenza, il ruolo così attribuito al giudice nazionale dal diritto comunitario nell’ambito di cui trattasi non si limita alla semplice facoltà di pronunciarsi sull’eventuale natura abusiva di una clausola contrattuale, bensì comporta parimenti l’obbligo di esaminare d’ufficio tale questione a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine». In proposito cfr. anche infra, nota n. 13.

(12) Come consente l’art. 41 della Ley 60/2003 all’epoca sicuramente applicabile all’arbitrato dei consumatori. In proposito v. YÁÑEZ VELASCO,ESCOLÁ BESORA,Comentarios sistemáticos a la Ley 60/2003, e 23 de Diciemebre, de Arbitraje, Valencia, 2004, 831 ss., spec. 837 ss. Si ricorda, infatti, che La Ley de Arbitraje del 23 dicembre 2003, in materia di arbitrato dei consumatori ha ormai un ambito di applicazione residuale considerato che il Sistema Arbitral de Consumo è attualmente disciplinato dal Real decreto del 15 febbraio 2008 n. 231.

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precedenti pronunce, egli «ignora i suoi diritti» ovvero «perché viene dissuaso dal farli valere a causa delle spese che un’azione giudiziaria comporterebbe» (13).

La Corte di giustizia, insomma, attribuisce all’inerzia del consumatore il valore di una presunzione assoluta della impossibilità di attivarsi.

Si presume, cioè, che il consumatore contumace non abbia proposto impugnazione avverso il lodo perché ignorava i propri diritti ovvero perché è stato dissuaso dal farlo a causa dell’elevato ammontare delle spese processuali (14), senza peraltro (almeno così sembra) contemplare la possibilità che una simile presunzione possa essere vinta da una prova contraria fornita dal professionista.

Questa presunzione assoluta di inerzia involontaria da parte consumatore, già adottata nella pronuncia Mostaza Claro, all’epoca portò la Corte di giustizia ad affermare la sussistenza del potere di far valere per la prima volta in sede di impugnazione del lodo la invalidità della clausola compromissoria ad opera del convenuto–consumatore, non contumace.

Nella pronuncia in epigrafe, invece, la presunzione de qua ha indotto i giudici del Lussemburgo a ritenere che quando il convenuto–consumatore sia rimasto contumace nel giudizio arbitrale ed altresì non abbia proposto impugnazione avverso il lodo l’invalidità della clausola compromissoria abusiva potrebbe (rectius, dovrebbe) essere rilevata per la prima volta d’ufficio dal giudice della tutela esecutiva (il quale debba pronunciarsi senza la preventiva instaurazione del contraddittorio nei confronti del consumatore) in quanto trattasi della prima autorità giurisdizionale a prendere visione del dictum arbitrale.

Tutto ciò a condizione che la lex fori consenta siffatta verifica.

Secondo la Corte di giustizia, infatti, la clausola compromissoria abusiva è una clausola lesiva dell’ordine pubblico processuale in quanto comprime il diritto di accesso alla tutela giurisdizionale del consumatore (15) ed è quindi suscettibile di essere rilevata per la prima volta, anche d’ufficio, in ogni sede ove il giudice nazionale, secondo la locale lex fori, sia tenuto a compiere una valutazione della conformità del lodo all’ordine pubblico, in una situazione di fisiologica assenza del consumatore.

Tale è il caso dell’ordinamento spagnolo laddove, come già ricordato, prima di impartire la tutela esecutiva il giudice dell’esecuzione deve verificare, in assenza della parte

(13) Corte di giustizia, 21 novembre 2002, causa C- 473/00, Cofidis, spec. punto 34, in Foro it., 2003, 16, altresì commentata da METZGER, Europäischer Verbraucherschutz Effektivitätgrundsatz und nationale Ausschlussfristen, in ZEuP, 2004, 154 ss.; MÖSLEIN, Richtlinienkonforme Auslegung im Zivilverfahrensrecht?

Überlegungen zur Auswirkung der EuGH-Urteile Oceano Grupo und Cofidis, aufgezeigt am Beispiel des § 281 Abs. 2 S. 4 ZPO, in RIW, 2004, 59 ss.; NOURISSAT, Droit communautaire et forclusion biennale: l’étrange effet utile de l’esprit de la directive “clauses abusives”!, in Recueil Dalloz, 2003, 486 ss.; PALLARO, Note a margine di alcune recenti sentenze della Corte di giustizia su tutela dei consumatori e applicabilità di direttive non (correttamente) trasposte in controversie tra privati, in Dir. comm. scambi int., 2003, 35 ss., cui adde Corte di giustizia, 4 giugno 2009, in causa C-243/08 Pannon, punto 30.

(14) Evidentemente in riferimento alla propria posizione reddituale.

(15) Si tratta, peraltro, di affermazioni corrispondenti a quelle che il Prof. Tizzano, in qualità di Avv.

generale aveva posto in essere nelle Conclusioni presentate nella causa Mostaza Claro il 27 aprile 2006, punti 47 ss., spec. punto 58 e che si trovano altresì riportate al punto 38 della sentenza Mostaza Claro, cit.

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che dovrebbe assumere il ruolo di esecutata, se l’apposito titolo non sia contrario all’ordine pubblico.

Trattandosi – secondo i giudici comunitari – di una verifica doverosa, è ragionevole ritenere che in caso di omissione si verta in presenza di un error in procedendo; il medesimo error che si verifica nell’ipotesi di mancato controllo della contrarietà all’ordine pubblico del lodo (16).

Il dispositivo della pronuncia che si commenta, dunque, è la logica conseguenza dell’applicazione al caso di specie dei principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria a tutela della presunta parte debole del rapporto contrattuale intercorrente tra professionista e consumatore.

Preme, però, far notare come si tratti di un intento protettivo, del quale (17) potrà giovarsi anche il consumatore contumace e soccombente che sia stato consapevole delle conseguenze connesse alla propria inerzia (ad esempio, colui che sia stato consumatore nella singola vicenda contrattuale ma svolga professionalmente l’attività di avvocato) e che abbia altresì avuto le possibilità economiche per far valere la doglianza de qua in sede di impugnazione ma sia comunque rimasto scientemente inerte in attesa dell’intervento postumo dell’autorità giurisdizionale (nel caso dell’ordinamento spagnolo, quella dell’esecuzione).

4. Una volta individuata la portata della sentenza comunitaria in epigrafe si tratta di verificare quali possano essere le implicazioni della pronuncia Asturcom in riferimento al nostro ordinamento.

Come noto, difatti, le sentenze interpretative della Corte di giustizia, anche se emesse su sollecitazione di un giudice nazionale appartenente ad altro Stato membro, possono essere applicate da tutte le giurisdizionali nazionali (di merito ma anche) di ultima istanza per risolvere un quesito interpretativo concernente la medesima norma comunitaria, facendo così venir meno l’obbligo di rimessione pregiudiziale attualmente sancito dall’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (ex art. 234 Trattato CE) (18).

L’affermazione contenuta nella sentenza Asturcom secondo cui il giudice nazionale chiamato a verificare la conformità del lodo all’ordine pubblico avrebbe altresì l’obbligo di valutare l’eventuale abusività della clausola compromissoria induce a ritenere che, nel caso in cui il professionista soccombente impugni per nullità il lodo (immaginando, dunque, una fattispecie concreta diversa da quella che originò la pronuncia in epigrafe), la Corte d’appello adita ex art. 829 c.p.c., in una situazione di contumacia del consumatore–convenuto possa, per tale ragione, dichiararlo invalido non già ex art. 829, n. 1, c.p.c., bensì in quanto contrario

(16) Si noti, tuttavia, che secondo i giudici comunitari, tale obbligo sorge a partire dal momento in cui il giudice dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine (ivi, punto 53, ribadendo quanto già affermato in Corte di giustizia, 4 giugno 2009, causa C-243/08, Pannon GSM Zrt, punto 32).

(17) Proprio perché non si ammette che la presunzione di inerzia incolpevole del consumatore sia suscettibile di essere vinta da una prova contraria da parte del professionista.

(18) Secondo quanto affermato da Corte di giustizia, 6 ottobre 1982, causa C-283/81, Cilfit.

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all’ordine pubblico processuale (dunque, ex art. 829, comma 3, c.p.c.). Ciò sembrerebbe possibile, sebbene si tratti di lodo di tenore favorevole al consumatore.

Dubbio, invece, se nell’ipotesi di impugnazione del lodo da parte del consumatore che ometta di lamentarsi della nullità dell’accordo compromissorio ex art. 829, n. 1, c.p.c. il giudice possa rilevarla d’ufficio ex art. 829, comma 3, c.p.c. (in applicazione dei principi Asturcom). La pronuncia in epigrafe non affronta espressamente la questione, in quanto limita il dovere di verifica del giudice alle ipotesi contumacia del convenuto/consumatore. Lo stesso sembra doversi dire per la pronuncia Mostaza Claro (19) benché quest’ultima facesse riferimento ad una fattispecie in cui il convenuto si era costituito nel giudizio di impugnazione.

Al punto 38 della motivazione della sentenza Mostaza Claro, difatti, si evocò il dovere del giudice di rilevare ex officio la abusività della clausola «in tal modo ponendo un argine allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista», secondo quanto già affermato nella pronuncia Oceano Grupo Editorial (20) ma poi nel dispositivo del dictum, quello in cui si detta la regola ermeneutica da applicare nel giudizio a quo, si affermò che tale dovere di rilevazione sussiste limitatamente all’ipotesi in cui il consumatore abbia fatto valere la nullità della clausola nell’ambito del procedimento di impugnazione del lodo. Pare, dunque, che la giurisprudenza comunitaria non abbia ancora chiarito se il del dovere di rilevazione ex officio della abusività della clausola sancito nella pronuncia Océano Grupo Editorial SA a proposito di un processo di cognizione avente ad oggetto un contratto contenente una clausola abusiva di deroga alla competenza –dunque, con riferimento a quella che in quel contesto era un’eccezione di rito – valga anche nell’ipotesi di giudizio di impugnazione in senso stretto avente, di regola, ad oggetto i motivi di censura invocati dalle parti. A fronte di questa seconda tipologia di fattispecie, infatti, l’esercizio del dovere di rilevazione dell’abusività della clausola determinerebbe un ampliamento officioso dell’oggetto del giudizio.

Non vertendosi in presenza di un «atto chiaro», come tale idoneo a far venir meno l’obbligo di rinvio pregiudiziale, vi è spazio per una futura richiesta di intervento interpretativo alla Corte di giustizia finalizzata a dissipare siffatta questio.

Passando, invece, all’ipotesi in cui si verta in presenza di un lodo arbitrale tra consumatore e professionista emesso in contumacia del consumatore, il quale non sia stato impugnato ed abbia perciò acquisito stabilità di effetti, occorrerà distinguere a seconda che:

a) si tratti di lodo condannatorio italiano che, una volta scaduti i termini per la proposizione dell’impugnazione ex art. 829 c.p.c., sia stato depositato per l’omologazione (21);

(19) Come già segnalammo in D’ALESSANDRO,Sui rapporti tra la sentenza Mostaza Claro, spec. 694.

(20) Corte di giustizia, 27 giugno 2000, cause riunite C-240/98-C-244/98, Océano Grupo Editorial SA, cit., secondo cui «La tutela assicurata ai consumatori dalla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole vessatorie nei contratti stipulati con i consumatori, comporta che il giudice nazionale, nell’esaminare l’ammissibilità di un’istanza propostagli, possa valutare d’ufficio l’illiceità di un contratto di cui è causa».

(21) Viceversa, una volta che il lodo sia stato impugnato e l’impugnazione rigettata non dovrebbe più sussistere in capo al tribunale chiamato a concedere l’exequatur il dovere di porre in essere la verifica della non

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b) si tratti di un lodo estero (non necessariamente condannatorio) e, segnatamente, proveniente da altro Stato membro, di cui sia chiesto il mero riconoscimento ovvero l’esecutività in Italia.

Riguardo alla fattispecie sub a), vi è da domandarsi se il tribunale dinanzi a cui sia stata depositata la richiesta di omologazione sia tenuto, prima di concederla, a verificare che la pronuncia arbitrale non abbia a monte una clausola compromissoria abusiva. Per la pronuncia in epigrafe tale dovere di valutazione sussiste soltanto in capo all’autorità giurisdizionale interna quando questa, secondo la lex fori, debba valutare la compatibilità del lodo con l’ordine pubblico e si tratti di un procedimento che non si svolge alla presenza del convenuto (inaudita altera parte).

Tuttavia, comunemente si ritiene che la concessione dell’omologazione non sia subordinata alla preventiva valutazione della validità dell’accordo compromissorio né tantomeno alla valutazione della sua compatibilità con l’ordine pubblico (22). Ciò, al fine di evitare che le verifiche compiute in sede di omologazione duplichino quelle da porre ovvero già poste in essere in sede di impugnazione.

Sembrerebbe, dunque, da escludere la sussistenza di un siffatto dovere di verifica in capo al giudice dell’omologazione. A meno che non si continui a valorizzare l’opinione giurisprudenziale espressa ante d. lgs. 40/2006 secondo cui, in caso di lodo fondato su di una convenzione arbitrale inesistente (in quanto invalida (23)) – almeno a fronte della contestuale contumacia del convenuto soccombente nel processo arbitrale – si verterebbe in presenza di lodo inesistente, non essendosi perfezionato alcun accordo compromissorio per comportamento concludente nel corso del processo arbitrale (24).

Questa argomentazione, combinata con il tenore del dispositivo della pronuncia Asturcom, imporrebbe al giudice dell’omologazione di verificare d’ufficio la eventuale abusività e quindi

abusività della clausola compromissoria, considerato che tale valutazione sarebbe già stata effettuata in sede di impugnazione. V. comunque quanto si dirà a breve nel testo.

(22) Così, ex multis, BOCCAGNA, L’impugnazione per nullità del lodo, I, Napoli, 2005, spec. 425-426;

CARNACINI,Arbitrato rituale, in Novissimo dig. it., I, 2, 874 ss., spec. 908; RASCIO,La decisione, in VERDE (a cura di), Diritto dell’arbitrato, 3ª ed., Torino, 2005, 343 ss., spec. 378 ss.; CECCHELLA (a cura di), L’arbitrato,Torino, 2005, 223-224; MONTESANO, Sugli effetti del nuovo lodo arbitrale e sulle funzioni della sua omologazione, in Riv. trim. dir. proc., 1994, 821 ss., spec. 823 ss.; SCHIZZEROTTO,Dell’arbitrato, 3 ª ed., Milano, 1988, 576-577. Proprio la tendenza a non fare del procedimento di exequatur un duplicato del giudizio di omologazione ha indotto alcuni A. a ritenere che l’omologazione non sia necessaria per conferire l’esecutività al lodo, allorquando quest’ultimo sia stato impugnato e l’impugnazione sia stata rigettata: il riferimento è a BRIGUGLIO, Impugnabilità ed efficacia del lodo dopo la legge di riforma n. 25 del 5 gennaio 2004, in Giust. civ., 2004, II, 295 ss., spec. 308 ss.

Sotto la vigenza della originaria versione dell’art. 825 c.p.c. ritenevano, invece, che il Pretore potesse rifiutare l’omologazione in caso di contrarietà del lodo all’ordine pubblico ovvero al buon costume VECCHIONE, L’arbitrato nel sistema del processo civile, Milano, 1971, 608-609 e d’ONOFRIO,Commentario al codice di procedura civile, II, Torino, 1957, 506.

(23) Lo ricordava LUISO,Diritto processuale civile, IV, 4ª ed., Milano, 2007, 433 mostrandosi, tuttavia favorevole alla sussistenza di un generale onere di impugnazione sussistente in capo al contumace (non consumatore). Quest’ultima posizione è stata ribadita in LUISO,Diritto processuale civile, IV, 5ª ed., Milano, 2009, 415 e 420.

(24) Per ulteriori delucidazioni in proposito (in questa sede ritenute superflue) sia consentito rinviare a D’ALESSANDRO, Sui rapporti tra la sentenza Mostaza Claro, 691, testo e nota 30.

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l’inefficacia dell’accordo arbitrale, senza essere in ciò ostacolato dal fatto che il lodo non è stato e non è più impugnabile.

Soltanto aderendo a questa seconda opzione interpretativa è possibile assicurare al consumatore rimasto contumace nel processo arbitrale italiano lo stesso trattamento protettivo suscettibile di essere ottenuto all’interno dell’ordinamento spagnolo per effetto della sentenza Asturcom (25).

Ciò in quanto, in Italia, peraltro, non pare possibile ravvisare un analogo dovere di verifica in capo al giudice dell’opposizione all’esecuzione fondata su lodo condannatorio omologato, considerato che la lex fori non lo munisce di un generale potere/dovere di verificare la compatibilità con l’ordine pubblico (processuale) del lodo/titolo esecutivo (26).

Passando adesso all’esame della fattispecie sub b), si osserva innanzitutto che il Presidente della Corte d’appello adito ex art. 839 c.p.c., qualora faccia applicazione della pronuncia Asturcom, si riterrà tenuto a controllare d’ufficio se la clausola compromissoria posta a base dell’arbitrato non sia abusiva.

Qualora il lodo estero passi indenne siffatta verifica e sia conseguentemente delibato, sempre in applicazione della giurisprudenza Asturcom, non sembrerebbe possibile per la Corte d’appello porre in essere la verifica de qua d’ufficio in sede di opposizione all’exequatur ex art. 840 c.p.c., trattandosi di fase del giudizio che si svolge alla presenza del consumatore (27), il quale, tuttavia, in tale sede avrà la possibilità di invocare autonomamente la sussistenza del requisito ostativo di cui all’art. 840, n. 1, c.p.c.

Vi è, peraltro, da chiedersi se la verifica posta in essere dal Presidente della Corte d’appello non sia da qualificare come una (inammissibile) revisione nel merito del lodo estero.

Formalmente, difatti, si tratta di un controllo della compatibilità del lodo con l’ordine pubblico processuale del foro, finalizzato a verificare che non sia stato leso il diritto di difesa del consumatore, presunta parte debole del rapporto contrattuale dedotto sub arbitri. Tuttavia, nel caso di specie sussiste una peculiarità consistente nel fatto che, a differenza di quanto solitamente accade per questo tipo di analisi, per valutare se tale compatibilità sussiste non si ha riguardo alle regole di svolgimento del processo arbitrale estero ma, piuttosto, all’accordo compromissorio, in quanto è quest’ultimo che priva il consumatore della facoltà di esercitare il proprio diritto di difesa dinanzi all’autorità giurisdizionale statale. Il controllo, dunque, è un controllo di «diritto sostanziale», nel senso che ha ad oggetto la validità della convenzione di arbitrato. Trattasi, tuttavia, di una verifica concernente la sussistenza della potestas decidendi dei giudici privati, i.e. di un «presupposto processuale» del processo arbitrale, per intendersi.

(25) L’argomento non è tuttavia decisivo, essendo stata la stessa Corte di giustizia a subordinare il dovere del giudice di rilievo officioso dell’abusività della clausola compromissoria vincolante il consumatore contumace nel processo arbitrale alle caratteristiche della lex fori.

(26) Neppure ove si ritenga che sia possibile agire ex art. 615 c.p.c. per far valere l’erronea concessione dell’exequatur (come sostiene, ad esempio, BOCCAGNA, L’impugnazione per nullità, 73 ss.) posto che, nel caso di specie, l’omologazione sarebbe concessa de jure.

(27) Si richiamano, a questo proposito, le considerazioni espresse a proposito della possibilità, per il giudice dell’impugnazione del lodo proposta dal consumatore, di rilevare d’ufficio l’abusività della clausola compromissoria.

(10)

Si tratta, dunque, di una verifica che non riguarda il merito del procedimento arbitrale ponendosi, piuttosto, «a monte di esso». Perciò, deve ritenersi ammissibile.

Insomma, si tratta dell’esercizio di un’attività protettiva a favore del consumatore contumace che il giudice comunitario ha posto a carico (non già degli arbitri, ma) della prima autorità giurisdizionale statale chiamata a valutare la compatibilità del lodo con l’ordine pubblico; autorità giurisdizionale che, nel caso di specie, è quella estera. Non si tratta, conseguentemente, di duplicare un’attività (benché «di rito» e non, invece, di merito) già posta in essere in sede arbitrale ma di compiere, per la prima volta, siffatta verifica «di protezione».

Se questa è la regola, allora, a ben vedere sembrerebbe che l’obbligo di controllo a cui si è fatto riferimento poco più sopra sia suscettibile di essere posto in essere d’ufficio dal giudice del riconoscimento del lodo estero nella fase inaudita altera parte soltanto quante volte il lodo non sia stato preventivamente impugnato nello Stato membro di origine ovvero non sia stato là presentato per l’exequatur o per l’esecuzione (a condizione che, in tale sede, come accade in Spagna, l’autorità giurisdizionale debba controllare la compatibilità del lodo con l’ordine pubblico).

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