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Assistenti sociali: quando chiamarli

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Assistenti sociali: quando chiamarli

written by Carlos Arija Garcia | 18/10/2021

I casi in cui la legge obbliga chiunque a fare una segnalazione di una situazione di degrado che coinvolge minori o persone in difficoltà.

Non sempre, o non da tutti, sono visti di buon occhio. E non certo per colpa loro ma a causa del mestiere che fanno, che in determinate circostanze comporta il dover prendere delle decisioni, diciamo così, «complicate». Decisioni che – bisognerebbe ricordarlo più spesso – vengono adottate per il bene della persona o della famiglia per la quale sono stati interpellati. Si tratta, di solito, di realtà di disagio economico o sociale, anche se nella maggior parte dei casi hanno entrambi i connotati: non è un mistero il fatto che spesso il disagio sociale arriva a causa di quello economico.

Può risultare difficile a volte capire quando arriva il momento di coinvolgere gli assistenti sociali, quando chiamarli senza rischiare di compromettere maggiormente una situazione già difficile di per sé.

Le persone che lavorano nei servizi sociali svolgono attività mirate a garantire proprio alle persone che vivono in una situazione di disagio l’assistenza necessaria

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per affrontare i loro problemi e, possibilmente, per cercare di risolverli. Gli assistenti sociali sono operatori laureati, gente che si è preparata apposta per quella che più che un mestiere dovrebbe essere (e per molti lo è) una missione.

Vediamo, però, quando chiamare gli assistenti sociali.

Assistenti sociali: che cosa fanno?

Descrivere in poche righe il lavoro degli assistenti sociali non è semplice, ma è possibile riassumere quali sono gli scopi della loro attività. In particolare, questi operatori si occupano di supportare persone o famiglie in difficoltà dal punto di vista economico e/o sociale:

procurando un sostegno psicologico e materiale;

intervenendo in difesa delle donne in caso di violenza domestica o di separazione;

prestando una consulenza psicologica gratuita;

proteggendo i bambini ed intervenendo in loro difesa in caso di maltrattamenti;

accompagnando i minori emarginati nell’inserimento nella società;

lavorando in favore dei soggetti disabili ed anziani, sia per rendere più semplice il loro inserimento in una struttura specializzata sia per l’assistenza domiciliare.

Assistenti sociali: è obbligatorio chiamarli?

Ci sono dei casi previsti dalla legge in cui è obbligatorio chiamare gli assistenti sociali quando si viene a conoscenza di determinate situazioni. Nello specifico, di fronte a minori:

in stato di abbandono;

tenuti e allevati in locali insalubri o rischiosi oppure da persone non in grado di provvedere alla loro educazione;

costretti a prostituirsi o vittime di abusi e di violenza sessuale;

stranieri privi di assistenza vittime di prostituzione, di pornografia infantile o di tratta e commercio.

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Si è tenuti ad avvertire i servizi sociali anche in caso di proroga di affidamento familiare o di collocamento in comunità o in un istituto oltre il termine stabilito o per anticiparne la cessazione.

Assistenti sociali: chi può fare la segnalazione?

In determinate circostanze, fare una segnalazione ai servizi sociali può essere un dovere civico e umano, più che legale. Si pensi a chi abita nello stesso pianerottolo di una famiglia in gravi difficoltà economiche, con i figli che non possono andare a scuola o mangiare regolarmente quello che dovrebbero, oppure a chi sa che la vicina di casa ha spesso addosso le mani del marito non proprio per una carezza ma per riempirla di botte. E ancora: l’anziano abbandonato dai parenti che non ha né la forza né la possibilità di prendersi cura di sé stesso.

L’intervento di chi queste cose le sa o le intuisce perché ci sono dei segnali inequivocabili (la vicina spesso con l’occhio nero, i bambini malnutriti eccessivamente magri) ha il dovere di chiamare gli assistenti sociali o di presentare una segnalazione. Si parla, dunque, di:

insegnanti o personale scolastico che avvertono la situazione di necessità di un alunno;

personale sanitario che assiste una vittima di violenza al pronto soccorso;

l’allenatore, il parroco, il medico di famiglia o altri soggetti qualificati che hanno un motivo per frequentare le famiglie;

un soggetto privato come, appunto, il vicino di casa, un parente, un amico.

Che cosa possono fare? Possono presentare la segnalazione orale o scritta ai servizi sociali del Comune, sia firmandola sia in forma anonima. Occorre specificare il più possibile:

nome, cognome e indirizzo della persona segnalata e, nel caso si tratti di un minore, anche dei genitori;

che cosa ha portato il segnalatore a rivolgersi ai servizi sociali: segni di violenza o di maltrattamenti psicologici nella persona segnalata, segnali di disagio economico o di stato di abbandono, ecc.;

le fonti di prova a sostegno della situazione descritta;

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se ci sono già stati altri interventi degli assistenti sociali.

Tuttavia, gli assistenti sociali possono intervenire anche in mancanza di segnalazione, quando la famiglia in difficoltà decide di aderire spontaneamente ad un progetto di recupero mirato al superamento della situazione di difficoltà.

Dove finisce la segnalazione ai servizi sociali?

Una volta contattati i servizi sociali, la segnalazione finisce sul tavolo di un pubblico ministero, il quale può decidere di:

archiviare la pratica perché non ci sono gli elementi sufficienti a dimostrare la situazione di disagio o di rischio;

trasmettere il fascicolo alla procura presso il tribunale ordinario, nel caso in cui si avverta la presenza di una fattispecie di reato;

se la persona segnalata è un minore, depositare un ricorso al Tribunale per i minorenni per ottenere la dichiarazione dello stato di adottabilità, la decadenza o la sospensione della responsabilità genitoriale oppure disporre provvedimenti urgenti per la protezione del minore (come, ad esempio, l’allontanamento dalla residenza familiare).

I genitori e i parenti possono rivolgersi direttamente al Tribunale per i minorenni, attraverso il patrocinio di un legale, e depositare un ricorso per ottenere un provvedimento. In tal caso, saranno gli assistenti sociali ad informarli della possibilità di servirsi del patrocinio a spese dello Stato, sempre che si trovino al di sotto della soglia di reddito prevista dalla legge per il gratuito patrocinio.

Assistenti sociali: quando possono togliere il figlio alla famiglia?

Probabilmente, il timore principale di chi si vede arrivare gli assistenti sociali a casa perché qualcuno ha fatto la segnalazione di una situazione di disagio è quello di vedersi togliere i figli. Questa è una possibilità molto concreta quando si verifica la necessità di eliminare un pregiudizio reale o potenziale per un minore, cioè nel momento in cui è necessario allontanarlo da un contesto in cui possono essere compromessi il suo normale sviluppo psicologico e la sua incolumità fisica.

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In questo caso, gli assistenti sociali possono rivolgersi al Tribunale per i minorenni allo scopo di esporre la situazione e chiedere un provvedimento:

di allontanamento del figlio o di uno o entrambi i genitori o dei conviventi dalla residenza familiare;

di decadenza della responsabilità genitoriale;

di dichiarazione dello stato di adottabilità del minore;

di esortazione ai genitori affinché si astengano dalla loro condotta pregiudizievole.

Tale provvedimento può essere preso perché sono stati accertati:

uno stato di trascuratezza o di malnutrizione di cui è vittima il minore;

maltrattamenti o violenza fisica e/o morale;

un contesto familiare di grave degrado sociale, con i genitori tossicodipendenti, alcolisti o che si prostituiscono;

l’incapacità dei genitori di badare alle necessità del figlio.

A questo punto, il minore può essere collocato presso:

un’altra famiglia;

una singola persona che si prende cura di lui;

una comunità familiare per minorenni;

un istituto pubblico o privato di assistenza ai minori;

un curatore speciale.

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