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News Settimanali SOMMARIO. Nr febbraio 2021 SEGUICI SU SOCIAL

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(1)

Distribuito ai sensi dell’art. 3 bis della legge 16 luglio 2012 nr. 103

News Settimanali

Nr. 7 13 febbraio 2021

A cura della Segreteria Nazionale U.P.L. Sicurezza

Email: nazionale.uplsicurezza@gmail.com

Pec: u.p.l.sicurezza@legalmail.it Sito internet: https://www.uplsicurezza.it/

S E GUICI S U S OCIA L

SOMMARIO

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Distribuito ai sensi dell’art. 3 bis della legge 16 luglio 2012 nr. 103

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Nr. 7 13 febbraio 2021

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COVID-19 PIANO VACCINALE PER IL PERSONALE DELLA POLIZIA DI STATO

FONDO PER L’EFFICIENZA ISTITUZIONALI

CORSI DI PREPARAZIONE CONCORSI IN POLIZIA

DAL MONDO GIUDIZIARIO:

Cassazione: si deve rallentare anche nelle vicinanze delle strisce pedo- nali

Guidare dopo essersi fatto una 'canna' è reato?

Bollo auto: prescritta la cartella notificata oltre tre anni

PER IL CITTADINO:

Addio all'assegno di divorzio per l'ex che ha poca voglia di cercare lavoro

Maltrattamenti in famiglia esclusi in caso di episodi sporadici di violenza

CONVENZIONE UPLS NAZIONALE AVVERA SPA (GRUPPO CREDEM)

SOMMARIO

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Omissis…..

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CORSI DI

PREPARAZIONE

CONCORSI IN POLIZIA i

per gli

Istituto Cappellari, forte della sua pluridecennale esperienza nella preparazione ai concorsi pubblici, è da anni impegnato anche sul fronte dei concorsi in Polizia.

Notevole è stato l'impegno, a partire dal 2013, per la preparazione ai concorsi interni per viceispettori (1400 posti, 501 posti, 263 posti) e ai concorsi periodici per commissari e agenti:

uno sforzo ampiamente ripagato dalla soddisfazione di vedere tantissimi vincitori tra i propri allievi. Ad oggi Istituto Cappellari offre corsi di preparazione a distanza per Agenti, Vice- ispettori e Commissari di Polizia.

Ulteriori informazioni: https://www.istitutocappellari.it/concorsi/landingpage/polizia-upl/

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Cassazione: si deve rallentare anche nelle vici- nanze delle stri- sce pedonali

Il Palazzaccio ribadisce che il conducente è tenuto a rallentare anche quando si tro- va nelle vicinanze delle strisce pedonali

Omicidio colposo con violazione delle regole sulla circola- zione stradale

Il conducente deve prestare attenzione e tenere una condotta prudente anche quando si trova nella zona vicina alle stri- sce pedonali. Questa la precisazione della Cassazione nella sentenza n. 4738/2021, che chiude una vicenda giudiziaria che vede protagonista il conducente di un au- tocarro, condannato per il reato di omici- dio colposo per l'investimento di un pedo- ne, perché non ha prestato la dovuta at- tenzione anche nel momento in cui si av- vicinava alle strisce pedonali adibito all'at- traversamento.

La sentenza impugnata di fronte agli Er- mellini è quella con cui la Corte d'Appello ha ridotto la pena applicata dal giudice di primo grado all'imputato per il reato di omicidio colposo con violazione delle nor- me sulla circolazione stradale, perché mentre si trovava alla guida del proprio autocarro durante l'attraversamento di un centro urbano, investiva in prossimità del-

le strisce pedonali un pedone, trascinan- dolo a terra, causandone così la morte immediata.

Il conducente, alla luce dei fatti come so- pra descritti, è stato ritenuto responsabile di aver violato non solo l'art. 589 c.p.

(omicidio colposo), ma anche l'art 191.

commi 1 e 4 del Codice della Strada, che disciplina il comportamento dei conducen- ti nei confronti dei pedoni, perché ha omesso di dare la precedenza proprio al pedone.

Pedone investito

Nel ricorrere in Cassazione l'imputa- to solleva un unico, ma complesso motivo, in cui rileva primariamente la contraddizione esistente tra varie fonti di prova, come il verbale della

Polizia Municipale intervenuta sul po- sto, le dichiarazioni di una testimone e la perizia tecnica di un ingegnere.

Quest'ultima in particolare sostiene che il pedone è stato investito con la ruota destra anteriore del mezzo, mentre i vigili nel verbale dichiarano che l'investimento è avvenuto con la ruota anteriore sinistra.

La teste invece ha riferito di aver vi- sto un uomo a terra e subito dopo la

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Indietro Avanti Pagina 12 ruota dell'autocarro che gli passava

sopra, senza tuttavia riferire alcunché sull'urto che ha provocato la caduta del pedone.

Per il ricorrente pertanto da queste prove non emerge un nesso di causa tra la propria condotta e l'evento. Per l'imputato il pedone si trovava già a terra e fuori dalle strisce pedonali, ra- gion per cui il suo attraversamento deve essere qualificato come un evento imprevedibile e imprevisto, un caso fortuito che lo rende impunibile.

Il ricorrente infine rileva come la Cor- te d'Appello abbia errato nell'applicare il comma 2 dell'art 589 c.p anziché il comma 1. Un errore che deriva dalla convinzione dell'inosservanza della regola del C.d.S che regola l'attraver- samento pedonale e dalla mancata considerazione di quanto dichiarato dalla teste oculare.

Il conducente deve rallentare anche

quando è vicina alle strisce

La Corte di Cassazione adita però con la sentenza n. 4738/2021 respinge il ricorso dell'imputato perché manifestamente in- fondato.

La Corte d'Appello infatti nella sentenza spiega che: "risulta pacificamente accer- tato, attraverso i rilievi effettuati dagli operanti e le dichiarazioni della teste (...), che l'investimento del pedone avvenne in corrispondenza, o comunque nell'imme- diata prossimità, delle strisce penali, di talché correttamente il Tribunale ha rav-

visato a carico del conducente del mezzo pesante l'inosservanza della regola di comportamento di cui all'art. 191, commi 1 e 4, del c.d.s. (contestato in fatto all'imputato)."

Esclusa dalla Corte e definita come mera

"illazione" la versione dei fatti che vuole il pedone già a terra. Il fatto che la teste abbia visto il mezzo passare sul corpo della vittima non significa che lo stesso fosse già a terra.

Esclusa inoltre dalla Corte l'interruzione del nesso di causa per il fatto che il pedo- ne si trovasse fuori dalle strisce pedonali in quanto: "In tema di circolazione stra- dale, il conducente di un veicolo è tenuto ad osservare in prossimità degli attraver- samenti pedonali la massima prudenza e a mantenere una velocità particolarmente moderata, tale da consentire l'esercizio del diritto di precedenza, spettante in ogni caso al pedone che attraversi la car- reggiata nella zona delle strisce zebrate, essendo al riguardo ininfluente che l'at- traversamento avvenga sulle dette strisce o nelle vicinanze. (In motivazione la Corte ha precisato che non è possibile determi- nare aprioristicamente la distanza dalle strisce entro la quale la detta precedenza opera, dovendosi avere riguardo al com- plessivo quadro nel quale avviene l'attra- versamento pedonale)."

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Guidare dopo

essersi fatto una 'canna' è reato?

La Cassazione ha assolto un condu- cente condannato per guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti per- chè non basta aver fumato marijuana se non viene accertato lo stato di al- terazione

Condanna per guida in stato di alterazio- ne psicofisica

Per la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul reato di guida in stato di alterazione psicofisica sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, non basta l'esito delle analisi del sangue a condannare l'im- putato, occorre anche accertare dai se- gnali esteriori, che il soggetto si trovi in uno stato di alterazione tale da rendere peri- colosa la guida.

Questa la motivazione della sentenza n.

3900/2021che ha accolto il ricorso dell'im- putato avverso la decisione con cui la Cor- te di appello ha confermato la sentenza di primo grado ritenendo l'imputato responsa- bile per il reato di cui all'art. 187 comma 1 del Codice della Strada, perché lo stesso si è messo alla guida di un'auto di proprie-

tà di terzi dopo aver assunto sostanze stu- pefacenti.

Lo stato di alterazio- ne va dimostrato

Decisione a cui l'imputato si oppone pre- sentando, a mezzo difensore, ricorso in Cassazione, per i seguenti motivi.

Con il primo evidenzia come la Corte d'Ap- pello non abbia accolto la doglianza con cui ha lamentato la violazione del diritto di difesa, causata dal mancato avviso da par- te degli agenti all'imputato di poter chiama- re un difensore prima di procedere all'ac- certamento indifferibile e urgente.

Con il secondo invece lamenta l'erronea applicazione dell'art. 187 del Codice della Strada in quanto la disposizione punisce chi si pone alla guida in stato di alterazione dopo aver assunto sostanze stupefacenti, condizione che per la giurisprudenza non si può desumere dalla presenza di elemen- ti sintomatici esterni. E' infatti necessario un accertamento che dimostri l'attualità dell'uso attraverso una conoscenza tecnica specialistica, verifica che ne caso di specie è mancata del tutto.

La Corte di Cassazione adita, con la sen- tenza n. 3900/2021 accoglie il ricorso per- ché fondato.

Il primo motivo per la Corte tuttavia va ri- gettato perché l'imputato, chiamando auto- nomamente e tempestivamente il difensore per farsi assistere, ha esercitato il diritto di difesa, garantito dall'ordinamento, indipen- dentemente dall'omissione in merito degli agenti accertatori.

Il secondo motivo invece merita accogli- mento perché fondato. La sentenza impu- gnata infatti si basa sulla verifica della po- sitività dell'esame ematico ai cannabinoidi, ma non affronta il tema dell'alterazione del- lo stato psico fisico dell'imputato.

Tema che invece è stato affrontato dalla Cassazione, la quale ha chiarito che: "Ai

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Indietro Avanti Pagina 14 fini della configurabilità del reato di cui

all'art. 187 cod. strada, non è sufficiente che l'agente si sia posto alla guida del veicolo subi- to dopo aver assunto droghe ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione."

Lo stato di alterazione non deve essere ac- certato solo con specifiche analisi mediche.

Il giudice infatti può desumerla da accertamen- ti biologici in grado di dimostrare l'assunzione dello stupefacente, unitamente anche alle de- posizioni raccolte e al contesto.

Principi a cui la Corte di Appello non si è atte- nuta in quanto ha omesso ogni approfondi- mento sullo stato di alterazione psico fisi- ca, limitandosi alla constatazione da parte de- gli agenti del rossore degli occhi dell'imputato, senza verificare la presenza di altri elementi da cui desumere la pericolosità alla guida, co- me la diminuzione dell'attenzione e la velocità di reazione. La sentenza va quindi annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce rea- to.

Bollo auto:

prescritta la car- tella notificata oltre tre anni

Per non considerarsi prescritta, la cartella do- vrà essere notificata entro il terzo anno suc- cessivo a quello in cui l'accertamento è dive- nuto definitivo

Prescrizione bollo auto

Non si è tenuti al pagamento del bollo auto qualora la tassa sia caduta in prescrizione, ovvero sia stato superato quel termine massi- mo per richiederne il pagamento. In particola- re, nel caso di questo tributo automobilistico, la prescrizione qualora l'agente della riscossione non notifichi alcunché nell'arco di tre anni, che iniziano a decorrere dall'anno successivo a quello nel quale il bollo si riferisce.

Alcuni anni, come la notifica di un avviso di accertamento, hanno l'effetto di interrompere il termine di prescrizione, che inizierà poi a de- correre ex novo. Pertanto, una volta ricevuto l'avviso di accertamento, il termine di prescri- zione ricomincia la sua corsa, a partire dal pri- mo gennaio dell'anno successivo a quello in cui è previsto il pagamento del tributo. Da tale momento andranno conteggiati i 36 mesi tra- scorsi i quali l'eventuale cartella notificata dall'agente della riscossione sarà da conside- rarsi illegittima.

Si tratta di un orientamento pressoché pacifico in giurisprudenza, consolidatosi a partire dalla sentenza n. 23397/2016 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, recentemente con- fermato anche dalla sentenza n. 625/2021 con cui la Commissione Tributaria Regionale per il Lazio ha accolto l'appello di un contribuente contro Agenzia delle Entrate-Riscossione.

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L'orientamento Consolidato

Come noto, le Sezioni Unite nella sen- tenza del 2016, hanno statuito la gene- rale applicazione del principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comun- que di riscossione coattiva produce sol- tanto l'effetto sostanziale della irretratta- bilità del credito, ma non determina anche l'effetto della c.d.

"conversione" del termine di pre- scrizione breve eventualmente previ- sto in quello ordinario decennale, ai sen- si dell'art. 2953 del codice civile.

Tale principio, secondo la Corte, si appli- ca con riguardo a tutti gli atti, comun- que denominati, di riscossione me- diante ruolo, di modo che, ove per i relativi crediti sia prevista una prescri- zione più breve di quella ordinaria, la so- la scadenza del termine concesso al de- bitore per proporre l'opposizione, non consente di fare applicazione dell'art.

2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.

Come evidenziato sempre dagli Ermellini nella successiva ordinanza

20425/2017, per quanto riguarda la riscossione della tassa automobili- stica questa è soggetta a termine di prescrizione triennale, per effetto di quanto stabilito dall'art. 5 comma 51 del D.L. n. 953/1982 (come modificato dall'art. 3 del D.L. n. 2/1986 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 60/1986).

Prescrizione triennale

La norma su richiamata stabilisce, infatti, che

"l'azione dell'Amministrazione finanziaria per il recupero delle tasse dovute dal 1° gennaio 1983 per effetto dell'iscrizione di veicoli o auto- scafi nei pubblici registri e delle relative penali- tà si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento".

E, ancora, "nello stesso termine si prescrive il diritto del contribuente al rimborso delle tasse indebitamente corrisposte".

Si determina una interruzione del termine di prescrizione qualora al contribuente giunga un avviso di accertamento o una cartella di pagamento (conta la data di ricezione dell'atto, non quella di spedizione) con conseguente decorrenza ex novo della prescrizione interrot- ta dal momento della ricezione dell'atto, per altri tre anni.

Nel caso esaminato dalla CTR del Lazio, il contribuente è riuscito ad ottenere proprio la cancellazione, per prescrizione, della cartella di pagamento notificatagli dall'Agenzia delle Entrate-Riscossione: in tale occasione, i giudi- ci Commissione hanno rammentato come la pretesa della Regione legata alla tassa auto- mobilistica si prescriva nel termine di tre anni a partire dal primo gennaio dell'anno suc- cessivo a quello in cui il tributo deve esse- re versato.

Inoltre, quanto alla scadenza del termine per opporsi o per impugnare l'atto di riscossione, la CTR ritiene che ciò produca il solo effetto di rendere irretrattabile il credito, dovendosi dun- que escludere che si configuri una conversio- ne del termine breve previsto in materia nel termine ordinario decennale ex articolo 2953 del codice civile.

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Addio all'assegno di divorzio per l'ex che ha poca voglia di

cercare lavoro

Per la Cassazione è da revocare l'assegno di divorzio alla ex moglie di 46 anni, che non presenta ma- lattie ma che ha solo un atteggia- mento rinunciatario nel trovare un impiego

Revocato assegno divorzile alla ex mo- glie

La Corte di Cassazione con l'ordinanza n.

2653/2021 torna a occuparsi dell'assegno di divorzio e decide in questo caso di con- fermarne la revoca, già decisa in sede d'Appello, perché in effetti la beneficiaria ha soli 46 anni, non è malata e quindi può trovare un impiego che le consenta di ren- dersi autonoma dal marito. Il fatto che la stessa abbia un atteggiamento rinunciata- rio nel trovare un'occupazione non giustifi- cano il mantenimento della misura in suo favore stabilita dal giudice di primo grado.

Trascurati età e al- lontanamento dal lavoro da circa 20 anni

Parte soccombente però, a cui la corte d'appello ha revocato l'assegno divorzile ricorre in Cassazione, sollevando i se- guenti motivi, nella speranza di ottenere nuovamente l'assegno.

Con il primo lamenta come non la Corte non abbia tenuto conto, ai fini della revo-

ca, del tenore di vita goduto dalla stessa in costanza di matrimonio.

Con il secondo fa presente che la Corte d'appello ha revocato l'assegno divorzile ritenendola astrattamente idonea a svol- gere attività lavorativa.

Con il terzo rileva come il giudice dell'im- pugnazione non abbia tenuto conto della sua e delle sue difficoltà di reinserirsi nel mondo del lavoro, da cui si è allontanata da circa vent'anni.

Con il quarto fa presente che, anche ove la stessa trovasse lavoro, non sarebbe in grado di rendersi indipendente economi- camente.

Con il quinto non comprende le ragioni del mancato riconoscimento dell'assegno ali- mentare.

Con il sesto ritiene insufficiente, contrad- dittoria, se non del tutto assente la motiva- zione relativa all'accertamento della convi- venza more uxorio e alla violazione delle norme sulla formazione della prova.

Via l'assegno divorzile alla ex di 46 anni che rinuncia a trovare lavoro

La Cassazione rigetta il ricorso ritenendo infondato il primo motivo e inammissibili tutti gli altri per le seguenti ragioni.

Il primo motivo per la Corte è infondato perché in realtà, come del resto non è sta- to smentito dalla ricorrente, la famiglia non godeva di un tenore di vita elevato.

Il secondo invece è inammissibile perché la revoca dell'assegno divorzile è avvenu- ta anche in ragione dell'accertata nuova convivenza della ricorrente.

Inammissibili anche il terzo e quarto moti- vo perché la Corte d'Appello, nel disporre la revoca dell'assegno, ha proprio tenuto conto dell'età della donna, di soli 46 an- ni e quindi non particolarmente avanzata, dell'assenza di malattie o di condizioni tali da impedirle di lavorare come addetta alle pulizie, ma anche dell'atteggiamento particolarmente rinunciatario della donna nel trovare un impiego.

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Maltrattamenti in famiglia

esclusi in caso di episodi spo- radici di

violenza

Per il Tribunale di Siena il reato ex art. 572 c.p. è integrato da continue vessazioni, reiterate nel tempo e con nesso di abitualità, tali da im- porre un vero e proprio sistema di sofferenze

Niente maltratta- menti in famiglia per atti episodici

Alcuni episodi violenti in cui volano parole forti e si arriva anche alle mani non sono idonei a integrare il reato di maltrattamenti contro fami- liari e conviventi se si tratta di atti sporadici, derivanti da un clima di tensione coniugale che precede la separazione. Questi, seppur lesivi dei diritti fondamentali della perso- na, non sono riconducibili al delitto di cui all'art. 572 c.p. il quale pre- suppone continue vessazioni e una posizione sovraordinata del reo, con correlata sottomissione della perso- na offesa, costretta a subire gli ef- fetti della deliberata e preordinata condotta di sopraffazione dell'agen- te.

Insomma, deve esservi reiterazione nel tempo e un nesso di abitualità, al punto da imporre un vero e pro- prio sistema di vita caratterizzato da sofferenze e afflizioni, lesioni

dell'integrità fisica e psichica della vittima. Ne restano fuori, invece, quegli episodi occasionali che origi- nano da situazioni contingenti e particolari che, ove ne ricorrano i presupposti, possono al più assu- mere singolarmente l'autonomo ri- lievo di delitti contro la persona (ingiurie, percosse, lesioni, ecc.).

È questo in breve quanto chiarito dal Tribunale Penale di Siena nella sentenza n. 917/2020 che di fatto assolve per insussistenza del fatto un uomo imputato del delitto di cui all'art. 572 del codice penale. In particolare, l'imputato è accusato di aver reso abitualmente dolorose le relazioni domestiche tenendo nei confronti della propria moglie con- dotte pesantemente intimidatorie e umilianti, percuotendola e minac- ciandola con frasi particolarmente aggressive.

Gli episodi violenti

Dalla narrazione dei fatti emerge che i due, dopo circa 27 anni di matrimonio e dopo averne trascorsi sei da "separati in casa" (abitando insieme, ma inter- rompendo ogni relazione di tipo senti- mentale), erano giunti a separarsi giu- dizialmente. Ed è a questo punto che il marito inizia a porre in essere una serie di atti ai danni della moglie che il pub- blico ministero ritiene integrino il delitto di maltrattamenti in famiglia.

Per il Tribunale, invece, non sono emer- se prove per l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato oltre la re- gola di giudizio del ragionevole dubbio, nonostante le testimonianze della vitti- ma sostanzialmente confermate da quelle dei figli.

La ex moglie descrive rapporti

"tranquilli" durante il periodo in cui la relazione affettiva era stata interrotta, pur avendo i due continuato a convive- re, fino ad arrivare al momento in cui si

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iniziato a discutere delle modalità della se- parazione, con riferimento soprattutto alle questioni patrimoniali, sulle quali non c'era accordo, e con riferimento alla casa ove l'uo- mo sarebbe dovuto andare a vivere.

La donna parla di offese proferite nel corso delle discussioni e poi si sofferma su tre epi- sodi in cui dichiara di aver subito un'aggres- sione fisica: volano parole pesanti, tentativi del marito di mettere le mani al collo della moglie, schiaffeggiamenti a seguito dei quali la donna (cardiopatica) avrebbe anche perso i sensi. Racconti che trovano conferma nelle testimonianze della figlia ventitreenne e dal figlio ventiseienne.

Maltrattamenti in fami- glia: quando si configura il reato?

Tanto basta a parlare di maltrattamenti in famiglia? No, secondo il Tribunale di Siena, poiché tale delitto, si legge nel provvedi- mento, è necessariamente abituale e "si ca- ratterizza per la sussistenza di una serie di fatti che acquistano rilevanza penale per ef- fetto della loro reiterazione nel tempo, per- fezionandosi allorché si realizza un minimo di condotte (delittuose o meno) collegate da un nesso di abitualità".

In pratica, per poter ritenere integrato tale reato, "deve trattarsi di continui atti di ves- sazione, di disprezzo, di umiliazione, di as- servimento che offendono la dignità della vittima, tali da determinare per i familiari sofferenze, privazioni, umiliazioni, che costi- tuiscono fonte di uno stato di disagio conti- nuo ed incompatibile con le normali condi- zioni di esistenza".

Il Tribunale spiega la previsione in esame il legislatore abbia attribuito particolare disva- lore soltanto alla "reiterata aggressione all'altrui personalità, assegnando autonomo rilievo penale all'imposizione di un sistema di vita caratterizzato da sofferenze, afflizio- ni, lesioni dell'integrità fisica o psichica, le quali incidono negativamente sulla persona- lità della vittima e su valori fondamentali propri della dignità e della condizione uma- na".

Episodi sporadici even- tualmente perseguibili per altri reati

Ne restano esclusi, dunque, quegli atti epi- sodici e lesivi dei diritti fondamentali della persona che non sono però riconducibili nell'ambito della descritta cornice unitaria in quanto traggono origine da situazioni contin- genti e particolari che sempre possono veri- ficarsi nei rapporti interpersonali di una con- vivenza familiare.

Ma tali atti non sono destinati a rimanere impuniti, in quanto conservano, se ne ricor- rono i presupposti, la propria autonomia e possono integrare delitti contro la persona (ingiurie, percosse, lesioni) comunque san- zionati dall'ordinamento giuridico.

Nel caso in esame, si ritiene che non ricorra- no tali caratteristiche e dunque non sia pos- sibile ritenere integrato il reato in epigrafe: i tre litigi avvenuti tra l'imputato e la persona offesa non sono stati generati da una volon- tà di vessazione, umiliazione e sopraffazione del primo nei confronti della seconda, ma sono stati determinati da situazioni diverse, quali soprattutto le ragioni squisitamente economiche conseguenti alla decisione di separazione che la coppia aveva maturato dopo un lungo periodo di crisi.

In definitiva, i contrasti insorti tra la coppia appaiono frutto di decisioni estemporanee assunte di volta in volta dall'imputato, che non sono parte di un "disegno preordinato e risalente tendente a realizzare in essere condotte vessatorie nei confronti del coniu- ge". Trattasi di atti episodici che si ritengono riconducibili "a quel tipico clima contingente e particolare che si crea in un periodo di grave crisi coniugale quale quello che prece- de la separazione".

Come ribadisce il Tribunale, però, "tale rilie- vo non esclude la illiceità delle condotte, le quali, però, trovano una diversa e autonoma forma di tutela nella previsione di altre fatti- specie penali (quali le percosse e le minac- ce) per le quali non risulta" che la persona offesa abbia avanzato la necessaria istanza di punizione. Da qui la decisione di assolu- zione.

(Continua da pagina 17)

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Distribuito ai sensi dell’art. 3 bis della legge 16 luglio 2012 nr. 103

News Settimanali

Nr. 7 13 febbraio 2021

A cura della Segreteria Nazionale U.P.L. Sicurezza

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