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Academic year: 2021

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Il modello a telaio equivalente.

4.1 Introduzione.

La resistenza di un edificio alle azioni orizzontali è fornita da un sistema formato da solai e muri di controvento, disposti parallelamente all’azione sismica. Su tale sistema resistente si scaricano infatti le reazioni delle pareti perimetrali direttamente investite dall’azione sismica. Tuttavia se i muri sono ben ammorsati, i setti ortogonali al sisma possono collaborare con i muri di controvento. Nella definizione del modello si deve inoltre valutare se i solai assolvono la funzione di diaframma infinitamente rigido nel proprio piano.

Sebbene gli strumenti di calcolo disponibili consentono un’agevole modellazione tridimensionale globale della struttura in campo lineare, tale approccio non sempre è da preferire a modelli di calcolo semplificati.

L’ipotesi di comportamento lineare in una progettazione allo stato limite ultimo è da ritenere già un’approssimazione notevole in special modo nel caso di edifici in muratura non armata. Inoltre, ai fini della verifica degli elementi basata sulle azioni quali sforzo normale, taglio e momento flettente, la presentazione dei risultati sotto forma di sforzi unitari non risulta particolarmente utile.

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collaboranti. Spesso è possibile schematizzare la struttura come un insieme di telai piani orientati secondo le direzioni di maggior rigidezza della parete.

Una possibile ipotesi è quella di schematizzare la parete attraverso il modello a mensole. In esso si trascura completamente l’accoppiamento flessionale offerto dai solai sovrastimando il momento alla base delle mensole (fig. 1a). Spesso però è preferibile modellare l’accoppiamento flessionale offerto dai solai o dalle travi in muratura in maniera tale da conoscere le sollecitazioni agenti (fig. 1b, 1c). In tal caso è opportuno inserire dei bracci infinitamente rigidi per ridurre la deformabilità degli elementi orizzontali nella parte compresa nella larghezza dei montanti murari.

Figura 1: Possibili modelli strutturali per la valutazione della risposta sotto azioni orizzontali.

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4.2 Il ruolo di accoppiamento fornito dalle fasce

murarie.

Il comportamento meccanico di un edificio in muratura è influenzato da diversi fattori quali la rigidezza dell’impalcato, la rigidezza e resistenza delle

fasce di piano.

L’evoluzione tecnologica ha portato all’adozione di nuove tecniche costruttive: l’elemento che maggiormente ha subito cambiamenti nel corso degli anni è l’impalcato il quale assume un ruolo importante nella risposta globale dell’edificio all’azione sismica.

La mancanza di un solaio rigido e resistente nel proprio piano o comunque in grado di collegare efficacemente le pareti verticali, causa inevitabilmente un impegno della muratura fuori piano con possibilità di ribaltamento e conseguente aumento della vulnerabilità sismica dell’edificio associata a preoccupanti scenari di danno.

Al contrario, se l’impalcato è tale da poterlo ritenere sufficientemente rigido nel piano orizzontale ed è in grado di svolgere, attraverso il collegamento, la funzione di distribuzione delle forze in modo da trasferirle sugli elementi più rigidi, le azioni orizzontali andranno ad impegnare le pareti murarie nel proprio piano riducendo la vulnerabilità sismica dell’edificio associata a meccanismi di ribaltamento con comportamento sismico sicuramente più accettabile.

Preso atto che la resistenza delle pareti murarie fuori piano è da ritenere trascurabile, è evidente che, parlare di vulnerabilità sismica degli edifici esistenti in muratura, significa prendere in esame il comportamento delle pareti nel proprio piano con l’obiettivo di intervenire sul costruito progettando interventi necessari a conferire all’impalcato la capacità di svolgere la funzione di collegamento.

Definiamo quindi la “fascia di piano” come elemento costituito dalla striscia orizzontale di muratura posta la di sopra dei vani. Essa assume un ruolo di

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In altre parole, se ciascun maschio murario è schematizzabile attraverso un elemento dotato di deformabilità assiale, flessionale e tagliante, al contrario le caratteristiche di resistenza e rigidezza delle fasce devono essere valutate di volta in volta sulla base delle proprietà possedute.

E’ opportuno inoltre che le fasce siano in grado di resistere fino al collasso dei maschi in modo da impedire il collasso globale della struttura.

La fascia può assumere varie tipologie strutturali che brevemente possiamo classificare in fascia debole, fascia confinata e fascia consolidata.

Quando sono presenti orizzontamenti a volta o aperture sovrastate da archi, la fascia è priva di qualsiasi elemento resistente a trazione; allo stesso modo quando l’edificio è caratterizzato da solai in legno o in ferro semplicemente appoggiati e senza ancoraggi alle spalle dei vani, essi non sono da ritenersi elementi efficaci al fine della resistenza a trazione. Pertanto in questi casi la fascia è da ritenere

debole ed inoltre il solaio non assicura un comportamento a diaframma rigido.

Al contrario, se l’edificio presenta solaio in c.a. con cordolo di piano, quest’ultimo in collaborazione con una striscia di solaio è da ritenere un valido tirante. Se le pareti presentano cordoli non solo a livello del solaio ma anche al di sopra dei vani allora la fascia ne risulta pienamente confinata da due elementi tenso-resistenti. Nei due casi descritti la fascia può essere schematizzata come confinata ed l’impalcato può essere ritenuto un efficace diaframma rigido.

La fascia può essere ritenuta consolidata nel caso in cui essa abbia subito

trasformazioni rispetto alla configurazione originaria attraverso:

- l’inserimento di catena metallica posta a livello dell’intradosso del solaio ed ancorata alle testate dell’edificio,

- la previsione di elementi resistenti a trazione posti alla quota delle piattabande delle aperture come completamento di intervento sul solaio,

- l’adozione di interventi di rinforzo come il placcaggio del pannello di fascia con reti metalliche e betoncino, la disposizione di rinforzi di acciaio lungo le diagonali o la fasciatura con materiali fibrorinforzati in modo da impedire la rottura per taglio con disponibilità alle deformazioni a flessione e favorendo così

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La vulnerabilità sismica dell’intero edificio è influenzata dal grado di accoppiamento che le fasce forniscono ai maschi. Il grado di accoppiamento offerto determina quindi la necessità di adottare modelli diversi rappresentativi di differenti comportamenti globali.

Se siamo in presenza di fasce di piano molto rigide, più resistenti dei maschi murari e che quindi si lesionano, il comportamento dell’edificio tende ad un meccanismo di tipo shear-type in cui i telai sono dotati di traversi rigidi che impediscono le rotazioni all’estremità dei ritti (fig. 2 ):

Figura 2 : Manifestazione delle lesioni nel caso di fasce di piano rigide e resistenti.

Ogni piano lavora in maniera indipendente dall’altro con sollecitazione ripartita in base alla rigidezza. Il collasso è determinato dalla rottura di tutti i maschi o dal raggiungimento del limite di deformazione di quelli maggiormente impegnati.

Nel caso in cui le fasce siano più deboli, con resistenza e rigidezza limitata, esse si fessurano per prime (fig. 3):

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Figura 3:Manifestazione delle lesioni nel caso di fasce di piano deformabili e poco resistenti.

Il comportamento è schematizzabile attraverso mensole (rappresentative dei maschi murari) che si estendono su tutta l’altezza dell’edificio collegate da pendoli nel caso in cui l’impalcato sia ritenuto infinitamente rigido o non collegate se il solaio è deformabile.

Se le fasce sono dotate solamente di rigidezza estensionale, esse, assimilabili a pannelli tozzi raggiungono la crisi per meccanismo di taglio da trazione che evidenzia fratture di tipo diagonale. In questo caso il pannello murario è schematizzabile attraverso mensole collegate da travi pendolari. Il collasso della parete è raggiunto con l’instaurarsi di un meccanismo di presso flessione nei maschi murari.

Nel caso in cui la parete è schematizzabile attraverso una serie di mensole isolate la crisi nei maschi solitamente è raggiunta per presso flessione.

Le due situazioni sopra presentate individuano i due comportamenti estremi che si possono presentare in caso di evento sismico: di solito ci troviamo di fronte ad una situazione intermedia in cui sono deformabili un po’ le fasce e un po’ i maschi la quale determina l’introduzione di un modello di calcolo che è il modello a telaio, nel quale la singola parete è scomposta in maschi murari, fasce di piano e nodi rappresentativi delle zone di intersezione tra i maschi e le fasce (fig. 4):

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4.3 I meccanismi di rottura dei maschi murari.

I meccanismi di danno tipici della parete in muratura soggetta ad azioni orizzontali sono riconducibili a tre tipi di comportamento associati alla rottura “per tensioni normali” ovvero per ribaltamento e/o schiacciamento della muratura compressa o associati alla rottura per taglio.

Nel caso di murature realizzate con malta di buona qualità la rottura per

ribaltamento provoca la formazione di una fessura orizzontale alla base della

parete con ribaltamento dell’intero pannello. In assenza di malta il ribaltamento interessa una parte di muro individuata da una linea di frattura la cui inclinazione è legata alla forma e tessitura dei conci (fig. 5, Giuffrè e al., 1994):

Figura 5: Modalità di rottura per ribaltamento.

Appartengono ai meccanismi di rottura per taglio i meccanismi di rottura per

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giunti orizzontali nel caso di muratura con conci regolari e i meccanismi di rottura con fessurazioni diagonali che si sviluppano lungo l’altezza del pannello.

Quest’ultime possono interessare i giunti o i conci (fig. 6):

Figura 6: Modalità di rottura per taglio di pannelli in muratura.

Il calcolo della resistenza della parete muraria è eseguito in funzione del meccanismo di rottura associato.

I criteri di resistenza sono espressi in termini di forze e momenti risultanti come previsto nell’utilizzo dei modelli a macroelementi.

L’attuale normativa italiana la punto 7.8.2.2 ci fornisce l’espressione per il calcolo della resistenza a presso flessione nel piano. Il momento ultimo resistente è calcolato assumendo la muratura non resistente a trazione ed una opportuna distribuzione non lineare della compressioni. La verifica di una sezione si effettua attraverso il confronto tra il momento sollecitante e il momento ultimo sopramenzionato.

La normativa precisa, allo stesso punto 7.8.2.2, l’espressione da utilizzare per il calcolo del taglio resistente da confrontare con il valore del taglio sollecitante di calcolo.

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4.4 I meccanismi di rottura delle fasce di piano.

E’ da premettere che lo studio del comportamento delle fasce murarie non è effettuato con la stessa attenzione dedicata ai maschi murari e oltretutto si basa su una disponibilità più limitata di studi teorici e sperimentali.

Tuttavia la fascia di piano svolge un ruolo tutt’altro che secondario per la resistenza e la deformabilità del setto murario. Anche se i montanti sono da ritenersi il sistema “principale” ai fini della resistenza alle azioni orizzontali e ai carichi verticali, le fasce svolgono un ruolo fondamentale poiché forniscono l’accoppiamento tra i maschi murari, influenzando quindi la risposta della parete.

Sebbene il comportamento della fascia sia analogo a quello del maschio murario, esistono alcune differenze importanti tra i due. Nel caso di murature regolari l’orientamento dei letti nel caso delle fasce è parallelo all’asse dell’elemento e quindi orizzontale; inoltre assiale parallela all’asse orizzontale dovuta ai carichi gravitazionali è praticamente trascurabile.

In una muratura ben organizzata la resistenza a taglio è principalmente funzione della compressione normale ai letti di malta e in misura minore dipendente dalla compressione in direzione parallele ai letti. Al di sotto delle aperture, essendo praticamente trascurabile la compressione normale ai letti, la resistenza a taglio di una fascia muraria risulta molto bassa.

L’accoppiamento fornito dalle fasce è funzione della compressione in direzione orizzontale ed essa fornisce la resistenza “flessionale” necessaria ad impedire l’innesco del meccanismo di ribaltamento riportato in figura 7b:

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Figura 7: Comportamento delle fasce murarie sotto azioni sismiche.

La presenza di elementi resistenti a trazione disposti a livello delle fasce impedisce l’instaurarsi di tale meccanismo contrastando la dilatazione globale in senso orizzontale del pannello murario (fig. 7b). La presenza di catene o cordoli resistenti a trazione, opponendosi alla dilatazione producono un incremento di compressione nelle fasce che fa aumentare la loro resistenza a flessione instaurando un meccanismo di puntone inclinato necessario a garantire l’accoppiamento dei maschi murari.

I meccanismi di rottura tipici delle fasce di piano sono la rottura per

compressione del puntone inclinato, analoga alla rottura per presso flessione del

maschio murario e la rottura per taglio. I criteri di rottura da adottare per le fasce sono gli stessi di quelli proposti per i maschi murari.

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4.5 Il modello tridimensionale.

La struttura costituita da elementi verticali rappresentativi dei setti murari e da elementi orizzontali quali travi di accoppiamento in muratura o cordoli in c.a. viene schematizzata attraverso un modello a telaio equivalente costituito da elementi monodimensionali di tipo “beam” ad asse verticale (maschio murario) e ad asse orizzontale (fasce di piano).

Questa schematizzazione risulta particolarmente accettabile nel caso in cui la geometria delle pareti e la distribuzione delle aperture siano caratterizzate da una certa regolarità.

Nella schematizzazione si ipotizza che gli elementi del modello a telaio equivalente siano caratterizzati da un comportamento anelastico di tipo elasto-plastico-fragile, con resistenza equivalente definita in funzione della risposta flessionale e a taglio.

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Figura 8: Identificazione degli elementi strutturali di una parete in muratura.

Nel caso di telai spaziali le intersezioni tra le pareti sono modellate attraverso opportuni bracci infinitamente rigidi (fig. 9):

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Nel caso di distribuzione irregolare di aperture la parete è schematizzata come nella figura seguente:

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4.6 Determinazione dell’altezza equivalente.



Elementi che schematizzano i maschi murari.

Nei casi ricorrenti di pareti ci troviamo spesso di fronte al problema dell’individuazione della dimensione degli elementi quali maschi e fasce murarie.

Molte volte la presenza di aperture non allineate o la loro vicinanza al bordo della parete introduce una prima complicazione nell’individuazione dell’altezza equivalente.

Uno dei criteri generalmente utilizzato per la valutazione dell’altezza equivalente nei maschi è quello proposto da Dolce (Dolce, 1989) in cui la lunghezza del tratto deformabile, ricavata in maniera empirica, è definita secondo la seguente espressione:

Figura 11: Definizione dell'altezza efficace dei maschi murari secondo Dolce.

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Il problema dell’individuazione dell’altezza efficace da attribuire ai maschi murari è stato affrontato anche da Cioni (Cioni, 1993). Il metodo è finalizzato all’individuazione della rigidezza di setti murari che presentano aperture in maniera tale da fornire l’esatta ripartizione delle azioni orizzontali sulle pareti costituenti l’edificio, ipotizzando i solai infinitamente rigidi nel piano orizzontale e fasce di piano di rigidezza infinita sul piano verticale.

Lo studio condotto ha preso in esame una parete priva di aperture nella quale sono state introdotte aperture in maniera tale da confrontare la rigidezza di sei diverse pareti forate. La rigidezza di ciascuna di esse è stata rapportata alla rigidezza della parete piena.

La rigidezza di ciascuna parete è ottenuta sommando le rigidezze sia flessionali che taglianti delle zone di muro comprese fra due aperture adiacenti.

Nell’incertezza di valutazione, l’altezza di ciascun maschio murario è stata calcolata prendendo in considerazione quattro criteri di valutazione ed in particolare:

- stessa altezza per tutti gli elementi e pari a 2/3 dell’altezza di piano;

- per ciascun elemento la minima altezza risultante fra le altezze delle aperture disposte ai lati del maschio preso in esame;

- per ciascun elemento la massima altezza risultante fra le altezze delle aperture disposte ai lati del maschio considerato;

- per ciascun elemento la media delle altezze delle aperture disposte ai lati del maschio esaminato.

Dall’esame dei risultati è emerso che il criterio di attribuzione da ritenere valido è il primo presentato, in quanto gli altri conducono ad una inesatta valutazione della rigidezza della parete forata che in alcuni casi risulta, per assurdo, dotata di rigidezza superiore rispetto alla parete piena.

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Rimane comunque un problema da affrontare: l’attribuzione della larghezza del maschio nel caso in cui sia posto nell’intersezione di due pareti. In tal caso si tratta di assegnare correttamente la zona di intersezione ad un maschio piuttosto che all’altro.

Questa scelta può avere ripercussioni non trascurabili sugli esiti dell’analisi, specialmente nel caso in cui i muri sono dotati di notevole spessore. La soluzione più corretta da adottare è quella di attribuire la zona di incrocio al maschio murario orientato nella direzione dell’azione sismica.

Gli errori di schematizzazione possono risultare inoltre da interventi effettuati in passato atti a modificare la disposizione di aperture. Un tipico esempio sono le finestre tamponate con muratura non solidarizzata con quella adiacente da considerare a tutti gli effetti come un’apertura.

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Elementi che schematizzano le fasce di piano.

Nel caso in cui si vada ad esaminare le fasce di piano, è necessario tener conto dell’ eventuale assenza di allineamenti tra le aperture, in maniera tale da considerare la diffusione delle tensioni che effettivamente interessano le zone delle fasce.

In tal caso la lunghezza da attribuire alla fascia è la media fra le dimensioni delle aperture che la delimitano. La lunghezza del tratto deformabile è fissato tracciando i segmenti che uniscono gli estremi delle aperture e tracciando l’asse congiungente i punti medi dei suddetti segmenti (fig. 12):

Figura 12: Disposizione non allineata delle aperture.

Va comunque sottolineato che il modello deve tener conto di condizioni particolari che di volta in volta si possono presentare.

E’ il caso di aperture che successivamente sono state tamponate: ai fini della schematizzazione è buona regola ritenerla a tutti gli effetti un’apertura in quanto tale condizione, anche se approssimata, risulta sicuramente più conservativa nell’indagine del comportamento della struttura e della ridistribuzione delle tensioni.

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dalla riduzione dello spessore o addirittura non considerare affatto il contributo all’accoppiamento dei maschi offerto dalla fascia, schematizzandola quindi come una biella.

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