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Colecistite acuta litiasica Colecistite acuta 19

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Academic year: 2022

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Colecistite acuta 19

MOSHESCHEIN

“Nell’idrope della colecisti… e nella colelitiasi, non dobbiamo aspettare che le forze del paziente si esauriscano o che il sangue finisca avvelenato dalla bile con conseguente emorragia; dobbiamo eseguire il prima possibile una incisione addominale, accertarci della vera natura della malattia e poi procedere con il trattamento chirurgico necessario a seconda dei casi.” (James Marion Sims, 1813-1883)

La colecistite acuta (CA) è litiasica o più raramente alitiasica. Dato che queste due entità hanno un quadro clinico diverso, saranno discusse separatamente.

Colecistite acuta litiasica

La colecistite acuta inizia con un calcolo che ostruisce lo sbocco della cole- cisti. Lo spostamento spontaneo del calcolo determina la cosiddetta colica biliare mentre il suo incuneamento persistente provoca la distensione e l’infiammazione della colecisti, ovvero una CA. La CA è inizialmente chimica ma gradualmente, con l’invasione dell’organo infiammato da parte dei batteri intestinali, sopravvie- ne l’infezione. La combinazione di distensione, ischemia ed infezione può dare origine ad un empiema, a una necrosi, a una perforazione della colecisti, ad un ascesso peri-colecistico o a una peritonite biliare. Avrete già letto o sentito parla- re diverse volte dei classici sintomi e segni della CA. Perciò concentriamoci sui singoli problemi.

Come differenziare la colica biliare dalla CA

Il tempo è il miglior agente discriminante: il sintomo principale della colica biliare – dolore localizzato prevalentemente in ipocondrio destro ed epigastrio – è auto-limitante e scompare entro poche ore. Al contrario, nella CA, i sintomi e i segni persistono. Inoltre la CA è accompagnata da sintomi locali (ad es. segni di peritonite circoscritta o massa palpabile dolorante) e sistemici di flogosi (ad es. feb- bre, leucocitosi), mentre questo non avviene per la colica biliare.

Il quadro clinico, che conoscete molto bene (non abbiamo bisogno di men- zionare nuovamente il segno di Murphy), è molto suggestivo. Il rilevamento da parte dei test di laboratorio di leucocitosi e di aumento della bilirubina e/o degli enzimi epatici può essere di conferma. Ma occorre notare che l’assenza di alcune o di tutte le caratteristiche dell’infiammazione/infezione non esclude la presenza di una CA – come si verifica anche per l’appendicite acuta. Per fortuna, potete (e

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dovete) confermare la diagnosi di CA con ecografia o con una scintigrafia con radionuclide (HIDA – acido iminodiacetico epatico), sono rapidamente disponibili.

Quale esame fare come prima scelta? Dipende dalla disponibilità dell’esame e dal- l’esperienza nel vostro ospedale. Noi preferiamo l’ecografia poiché è in grado di fornire informazioni anche sul fegato, sulle vie biliari, sul pancreas, sui reni e sul liquido peritoneale, con possibilità di fornirci diagnosi alternative. I reperti eco- grafici in caso di CA comprendono una colecisti distesa contenente calcoli o fango biliare, ispessimento della parete, distacco della mucosa, raccolta di liquido peri- colecistico o aria intramurale. Non tutti questi reperti sono necessari per stabilire la diagnosi. Un esame positivo con radionuclide in caso di CA indica il mancato riempimento della colecisti da parte dell’isotopo. La specificità del test aumenta (ad es. meno falsi positivi) con la somministrazione di morfina che determina lo spasmo dello sfintere di Oddi ed il reflusso dell’isotopo nel dotto cistico. Esistono altre cause (croniche) del mancato riempimento della colecisti (ad es. un mucoce- le).Un esame negativo, che indica il riempimento della colecisti da parte dell’iso- topo, esclude una CA.

Ittero associato 왘Nella CA è relativamente frequente un aumento, da lieve a moderato, della bilirubina e degli enzimi epatici a causa della infiammazione reattiva del peduncolo epatico e del parenchima epatico circostante. Perciò non dovete attribuire la presenza di ittero ad una coledocolitiasi a meno che non ci siano i segni clinici ed ecografici di una colangite ascendente e/o di calcoli nel dotto biliare (Cap. 20).

Iperamilasemia associata 왘Anche in questo caso, un lieve aumento dell’ami- lasi sierica non indica che il paziente è affetto da pancreatite biliare. Di solito, l’i- peramilasemia è dovuta alla CA senza che, all’intervento, vi siano segni di pancrea- tite acuta.

Trattamento

Trattamento non chirurgico

La storia naturale della CA è tale che, in più di 2/3 dei pazienti trattati non chirurgicamente, l’aumento della pressione intra-colecistica diminuisce con il dislocamento del calcolo ostruente e la risoluzione del problema. La terapia con- servativa, che dovrebbe essere iniziata in tutti i pazienti con diagnosi di CA, com- prende NPO – digiuno – (sondino naso-gastrico solo se il paziente è affetto da vomito), somministrazione di analgesici (somministrate non oppioidi se credete all’ipotetica importanza di evitare lo spasmo dello sfintere di Oddi) e di antibioti- ci (attivi contro i batteri Gram negativi enterici).

Ai “vecchi tempi”, i pazienti erano dimessi dopo che avevano reagito positiva- mente a qualche giorno di trattamento conservativo e venivano ricoverati nuova- mente, qualche settimana più tardi, per essere sottoposti ad una colecistectomia pro- grammata, tardiva, di “intervallo”. Questo approccio non è più utilizzato data l’im-

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possibilità di prevedere un possibile fallimento della terapia ed una conseguente CA recidiva, prima dell’intervento programmato, mentre lo riserviamo per i pazienti non idonei clinicamente a sostenere un intervento chirurgico in fase acuta, purché rispon- dano al trattamento conservativo. Numerose prove dimostrano che prima viene ese- guito l’intervento, più è semplice eseguirlo. L’edema infiammatorio acuto scolla i pia- ni tissutali facilitando la colecistectomia. Al contrario, più l’operazione viene ritarda- ta, più si formano fibrosi e tessuto cicatriziale e più traumatico diventa l’intervento.

Trattamento chirurgico

L’intervento chirurgico da eseguire è naturalmente la colecistectomia; elimi- na l’infiammazione/infezione e previene la recidiva. In base alle vostre impressio- ni cliniche, potete eseguirla in “urgenza” (eventualità rara) o, più spesso, in “urgen- za differita”.

Colecistectomia d’urgenza

Un intervento immediato, in urgenza… deve essere eseguito in pazienti con segni clinici di peritonite diffusa e tossicità sistemica o che presentano gas all’interno della parete della colecisti, elementi che indicano una perforazione, una necrosi o un empiema della colecisti, ma non dimenticatevi che prima di tutto il paziente dovrà essere stabilizzato da un punto di vista rianimatorio.

Attualmente, in questi casi, la maggior parte dei chirurghi tenta un approccio laparoscopico, convertendo in “open” se insorgono difficoltà tecniche. Vi sconsi- gliamo comunque di prolungare il pneumo-peritoneo in pazienti critici ed evitate quei prolungati tentativi di dissezione laparoscopica su una colecisti necrotica, perforata e difficile da afferrare!

La colecistectomia d’urgenza per una CA complicata in pazienti critici o com- promessi può essere eseguita con la tecnica open che descriveremo in seguito.È ovvio che il paziente tollera meglio una colecistectomia open di breve durata piut- tosto che una colecistectomia open eseguita dopo 2 ore di inutili tentativi laparo- scopici! (Fig. 19.1).

Colecistectomia in “urgenza differita”

La colecistectomia in urgenza differita deve essere eseguita nei pazienti in cui non è clinicamente indicato un intervento d’urgenza. Ma cosa significa “urgenza differita”? Per alcuni significa che non dovete precipitarvi in sala operatoria nel bel mezzo della notte, ma operare durante le ore diurne in condizioni “elettive” favo- revoli. Per altri significa che dovete inserire il paziente nella “prima lista in elezio- ne”. Ora, a seconda della tabella del chirurgo e della disponibilità della sala opera- toria, spesso i pazienti vengono lasciati “raffreddare” per giorni, in attesa di una colecistectomia “semi-elettiva” che è spesso eseguita al termine della lista in elezio-

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ne. A volte un periodo di attesa, anche di sole 48 ore, può determinare un peggio- ramento del paziente ma, come abbiamo già osservato, la maggior parte dei casi di CA si risolve senza un intervento precoce.

La valutazione clinica della severità della CA è notoriamente inaffidabile; i pazienti con empiema o necrosi della colecisti possono essere, all’inizio, clinica- mente silenti per poi peggiorare repentinamente, mentre quelli con segni clinici eclatanti in ipocondrio destro possono essere affetti da una semplice CA. Un inter- vento eseguito obbligatoriamente nelle prime 24 ore previene i problemi che pos- sono insorgere per un ritardo nell’esecuzione dell’intervento stesso. Inoltre voglia- mo nuovamente puntualizzare che la dissezione chirurgica (laparoscopica o open) è più semplice ed esangue se eseguita nella fase iniziale dell’infiammazione, mentre lo scollamento tissutale diventa sempre più difficile con il progredire del processo infiammatorio. Perciò definiamo colecistectomia in “urgenza differita” un inter- vento eseguito entro 24 ore dal ricovero.

Nota: esiste un sottogruppo di pazienti che può trarre beneficio da un approccio differito così da essere preparato meglio all’intervento. Ad esempio, si può trattare una insufficienza cardiaca scompensata o correggere disturbi coagula- tivi. Non brandite il bisturi se il paziente non è stato prima preparato adeguata- mente per l’intervento.

I pazienti ad alto rischio che devono essere operati in urgenza

Con le avanzate tecniche anestesiologiche attuali e l’ausilio delle Unità di Terapia Intensiva è raro trovare un paziente che non possa essere sottoposto ad un intervento d’urgenza in anestesia generale. Ma cosa dobbiamo fare con l’oc-

Fig. 19.1. “Io non converto mai…”

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casionale paziente critico che non è “neanche adatto ad un taglio di capelli in locale”, come si diceva un tempo? L’opzione migliore è una colecistostomia in anestesia locale. Potete farlo voi stessi in sala operatoria o, meglio ancora e in maniera meno traumatica, i radiologi, inserendo un tubo nella colecisti per via percutanea e transepatica sotto guida TC. Se il paziente non migliora entro 24-48 ore, soprattutto dopo una trattamento per via percutanea, vuol dire che c’è del pus non drenato o che la parete della colecisti è necrotica e che perciò è necessa- rio operare.

Colecistite acuta nei pazienti cirrotici

Non è raro che una colecistectomia d’urgenza in un paziente cirrotico con ipertensione portale culmini in un disastro emorragico per una emorragia intra- o post-operatoria dal letto congestionato della colecisti o da grossi vasi venosi colla- terali del legamento epato-duodenale.

Anche se nei pazienti con ipertensione portale “Child A” la CL convenzio- nale è reputata sicura (vedi Cap. 16), riteniamo che il segreto sia quello di sta- re lontani dai guai, evitando una dissezione in prossimità del parenchima epati- co indurito e congestionato e del triangolo di Calot molto vascolarizzato. In que- sto caso, la procedura di scelta è una colecistectomia sub-totale o parziale (vedi sotto).

Note di tecnica

Colecistectomia

Come abbiamo già detto, le procedure in “urgenza” possono essere “open”

oppure, se vi piace giocare con il laparoscopio in pazienti molto critici, “laparosco- piche”. In una colecistectomia in urgenza differita, potete iniziare in laparoscopia, accettando però l’eventualità di dover convertire in “open” fino ad 1/3 dei pazienti.

È importante non lasciarsi trascinare persistendo con la dissezione laparoscopica di fronte ad una anatomia ostica. Una regola pratica è quella di convertire in laparo- tomia se dopo 45-60 minuti di intervento laparoscopico avete la sensazione di non stare “arrivando a niente”. In molti pazienti si può giungere molto prima alla deci- sione di convertire: non dovete temere di abbandonare l’approccio laparoscopico in qualsiasi momento, se le circostanze sono ovviamente sfavorevoli. Perseverare inu- tilmente con l’approccio laparoscopico può finire in tragedia, con la lesione di un dotto biliare. Se cercate una eccellente lista di dritte per prevenire questa calamità, leggete l’articolo di Lawrence W. Way1.

1Way LW, Stewart L, Gantert W, Liu K, Lee CM, Whang K, Hunter JG (2003) Causes and prevention of laparoscopic bile duct injuries: analysis of 252 cases from a human factors and cognitive psychology perspective. Ann Surg 237:460-469.

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Non c’è bisogno di istruirvi oltre sulla CL. Tuttavia potete aver bisogno di qualche consiglio sulla procedura open, che sta diventando rara nella pratica in ele- zione e che è sempre più riservata ai casi “difficili”.

La “maxi”-incisione addominale, grande quanto la colecisti, che veniva ese- guita di routine è roba passata. Nei casi acuti, iniziate con una “midi” – da 5 a 10 cm – incisione trasversa del QSD, estendendola “un po’ alla volta”, se necessario.

Quando convertite una colecistectomia laparoscopica, basta che estendiate lateral- mente l’incisione partendo dal trocar posto in sede epigastrica.Una regola saggia è:

“inizia dal fondo e rimani vicino alla colecisti”.Dopo aver decompresso la colecisti distesa con un ago di grosso calibro collegato all’aspiratore, tenete il fondo solleva- to e lontano dal fegato con uno strumento e dissecate verso il basso in direzione del dotto cistico e dell’arteria, che sono le ultime connessioni a essere legate e seziona- te. Osservando questa regola è praticamente impossibile danneggiare qualcosa di importante come il coledoco.

Colecistectomia subtotale (parziale)

Il dott. Asher Hirshberg ha sintetizzato molto bene la questione: “è meglio rimuovere il 95% della colecisti (ad es. colecistectomia subtotale) che il 101% (ad es. con un pezzetto di coledoco)”.

Sì, sì, sì – qualsiasi chirurgo navigato vi dirà che questa è la procedura da eseguire per evitare danni in casi problematici come un triangolo di Calot fibro- tico, una ipertensione portale, o una coagulopatia. La colecistectomia parziale o subtotale è stata resa popolare negli Stati Uniti da Max Thorek (1880-1960), tan- to da essere definita come procedura di Thorek. Thorek, tuttavia, era anche un acuto aforista e disse: “… come sono vecchie le nostre più recenti conoscenze, con quanto orgoglio e quanta sofferenza lottiamo per effettuare delle scoperte che invece di essere delle nuove verità sono soltanto riscoperte di conoscenze ormai perdute”. La colecisti viene resecata a partire dal fondo; la parete posterio- re (o ciò che resta in caso di necrosi) viene lasciata adesa al letto epatico ed il bor- do viene coagulato con bisturi elettrico o suturato in continua per ottenere l’e- mostasi.

A livello della tasca di Hartmann, si identifica, dall’interno, l’apertura del dot- to cistico. L’esecuzione di una accurata sutura a borsa di tabacco intorno all’aper- tura – descritto da alcuni – non è sufficiente perché la sutura tende a staccarsi dal tessuto infiammato e friabile. Una opzione migliore è quella di lasciare un bordo di 1 cm di tessuto della tasca di Hartmann e di suturarlo al di sopra dell’apertura del dotto cistico. Quando non rimane neanche un pezzetto di parete di colecisti sana per chiudere il dotto cistico, si può tranquillamente lasciare un drenaggio in aspi- razione e via. Se non c’è ostruzione distale del coledoco non vedrete neanche una goccia di bile nel drenaggio poiché, in questi casi, il dotto cistico è ostruito dal pro- cesso infiammatorio.

La mucosa esposta e spesso necrotica della parete posteriore della colecisti viene coagulata con bisturi elettrico (alcuni dicono fino a che non sentite odore di fegato bruciato…) e sopra vi viene adagiato l’omento. In questa procedura le strut-

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ture del triangolo di Calot non vengono sezionate, evitando così un sanguinamen- to dal letto epatico; è una procedura veloce e sicura che presenta i vantaggi sia del- la colecistectomia che della colecistostomia.

Colecistostomia

Da noi, la colecistectomia sub-totale ha quasi sostituito la colecistostomia

“open” in caso di colecisti “difficile”. Quest’ultimo intervento è indicato in quei rari pazienti che devono essere sottoposti ad anestesia locale e solo quando una coleci- stostomia percutanea non è fattibile o non ha successo.

Dopo l’infiltrazione di anestesia locale, eseguite una “mini”-incisione nel punto di massima dolorabilità o dove è palpabile la massa colecistica. Potete con- trassegnare la posizione del fondo della colecisti sulla cute durante l’ecografia preo- peratoria dato che è piuttosto spiacevole, sia per voi che per il paziente, entrare in addome, con il paziente sotto anestesia locale, e scoprire che la colecisti è lontana.

In questa fase la visualizzazione di una necrosi della parete colecistica richiede una colecistectomia subtotale; altrimenti aprite il fondo e rimuovete i calcoli dalla cole- cisti e dalla tasca di Hartmann. Per migliorare l’ispezione del lume colecistico e completare l’estrazione dei calcoli e del fango biliare, può essere utile un rettosco- pio sterile(!). Successivamente, inserite nel fondo un sondino a vostra scelta (noi preferiamo un grosso Foley), fissandolo in sede con una sutura a borsa di tabacco.

Fissate il fondo della colecisti alla parete addominale come in una gastrostomia.

L’esecuzione di una colangiografia attraverso il sondino, una settimana dopo l’in- tervento, vi dirà se il dotto cistico e i dotti biliari sono pervi; in questo caso potete rimuovere il tubo senza problemi. Ci sono alcune controversie sul fatto se sia indi- cato o meno eseguire successivamente una colecistectomia “programmata”. D’altra parte (in base al dogma più diffuso) una ostruzione del dotto cistico richiede una colecistectomia differita.

Coledocolitiasi associata a colecistite acuta

Circa un decimo dei pazienti con CA presenta anche calcoli nei dotti biliari.

Tuttavia, ricordatevi che la CA può causare ittero e alterazioni degli enzimi epati- ci senza che sia presente una patologia del coledoco. La CA raramente si associa alle complicanze di una coledocolitiasi. In altre parole, la CA associata alla pan- creatite acuta, alla colangite ascendente e all’ittero non è frequente. Perciò va data grande importanza al trattamento della CA che è una patologia che può mettere a rischio la vita del paziente; i calcoli coledocici, se presenti, sono di importanza secondaria.

Il trattamento dei pazienti con diagnosi di CA e sospetta coledocolitiasi dovrebbe essere modulato alla severità della CA, all’aspetto ecografico dei dotti biliari e alle condizioni del paziente. Aggiungete al tutto poi la valutazione delle vostre infrastrutture locali. Come ben sapete oramai, “tutte le strade... portano a Roma”:

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Colecistite acuta, con livelli leggermente elevati di bilirubina e di enzimi, dotti biliari non dilatati all’ecografia: iniziamo con una CL associata a colangio- grafia intra-operatoria. Se quest’ultima è positiva possiamo procedere con una esplorazione open del coledoco o – se i calcoli sono piccoli – lasciate che ci pensi la CPRE (colangio-pancreatografia retrograda endoscopica) post-operatoria.

Naturalmente, se siete abili nell’eseguire una esplorazione trans-cistica laparosco- pica del coledoco, dateci sotto!

Se all’ecografia i dotti biliari risultano dilatati, se ci sono disturbi della fun- zionalità epatica e la CA non è clinicamente “grave”, possiamo trattarla conservati- vamente e valutare il coledoco con la colangio-pancreatografia in risonanza magne- tica (MRCP) o con la CPRE. I calcoli coledocici, se presenti, devono essere trattati con una sfinterotomia endoscopica prima di una CL.

Nei pazienti critici con o senza empiema o perforazione della colecisti pos- siamo anche non eseguire la colangiografia, non trattare la coledocolitiasi sintoma- tica, programmando invece una toilette della via biliare principale per via endo- scopica… ma tutto ciò, solo dopo aver eseguito una colecistectomia o una coleci- stostomia salva-vita.

Colecistite alitiasica

È manifestazione di un disturbo del micro-circolo in pazienti critici. Benché l’eziologia sia multi-fattoriale (ad es. digiuni prolungati, nutrizione parenterale tota- le ecc…), la patogenesi più frequente è probabilmente l’ischemia della colecisti con lesione della mucosa ed invasione batterica secondaria. La colecistite alitiasica può essere una patologia fatale che insorge in corso di una grave malattia, ad es. in segui- to ad un intervento chirurgico maggiore o dopo un trauma grave. A volte, in que- sti casi, possono esserci dei calcoli in una colecisti con flogosi acuta, ma probabil- mente non sono significativi dal punto di vista eziologico.

Nei pazienti critici post-operatori o traumatizzati la diagnosi clinica è estrema- mente difficile dato che la sintomatologia addominale non è così evidente.

Generalmente sono presenti febbre, ittero, leucocitosi e disturbi della funzionalità epa- tica ma sono del tutto aspecifici. Da parte vostra, per poter avanzare una diagnosi pre- coce, è necessario riuscire a sospettare in tempo debito tale patologia:sospettate ed escludete una colecistite come causa di uno “stato settico” o di una SIRS inspiegabili.

L’ecografia al letto del paziente è la modalità diagnostica di scelta. L’ispessimento della parete della colecisti (>3,0-3,5 mm), la presenza di gas intramurale, dell’“alone”

e di liquido pericolecistico sono particolarmente indicativi. Un eventuale esame TC conferma la diagnosi anche se, con entrambe le tecniche, sono stati riportati falsi positivi e negativi. Lo scanning epato-biliare con radioisotopo si associa ad una ele- vata incidenza di falsi positivi. Tuttavia il riempimento della colecisti da parte del radioisotopo (con l’ausilio della morfina, se necessario) esclude la presenza di una cole- cistite. Un quadro clinico altamente indicativo associato all’incertezza diagnostica richiede una esplorazione addominale.

Il trattamento dovrebbe essere attuato rapidamente dato che la colecistite ali- tiasica progredisce velocemente in necrosi e perforazione. Selezionate la modalità di

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trattamento migliore in base alle condizioni del paziente e alle competenze del vostro ospedale. La colecistectomia è indicata nei pazienti stabili, che possono tolle- rare l’anestesia generale. Quando sono presenti una coagulopatia, una ipertensione portale o una grave obliterazione flogistica del triangolo di Calot è più sicuro ese- guire una colecistectomia sub-totale. È possibile eseguire una CL nei pazienti ben selezionati e stabili. Nota: durante la laparoscopia, la pressione di insufflazione deve essere mantenuta sotto i 10 mmHg in modo da non turbare il fragile equilibrio car- dio-respiratorio ed emodinamico di questi pazienti.

Può essere indicata una colecistostomia “open” con inserimento di un son- dino in anestesia locale, nei pazienti moribondi, quando non si ha l’esperienza necessaria per eseguire una colecistostomia percutanea transepatica, che è la proce- dura di scelta nei pazienti gravemente compromessi in cui vi è una forte certezza diagnostica.

Ricordate: la colecisti di molti di questi pazienti è completamente necrotica o anche perforata, perciò una colecistostomia può non bastare. La colecistostomia per- cutanea è una tecnica alla cieca; quando non si verifica la risoluzione rapida della

“sepsi”, dovete sospettare la presenza di pus o necrosi residui o una diagnosi intra- addominale o sistemica alternativa.

Antibioticoterapia nella colecistite acuta

Benché gli antibiotici siano somministrati di routine, il loro ruolo è, come abbiamo già detto, soltanto complementare al trattamento chirurgico. In fase pre- coce la CA è una infiammazione sterile mentre successivamente rappresenta, nella maggior parte dei casi, una “infezione resecabile”, ad es. una infezione nella coleci- sti che deve essere rimossa (Cap. 12).

Perciò i pazienti con semplice CA necessitano soltanto di una “copertura”

antibiotica peri-operatoria che viene interrotta nel post-operatorio. In caso di empiema o gangrena della colecisti, raccomandiamo la somministrazione post- colecistectomia di antibiotici per uno o due giorni. In caso di perforazione con ascesso pericolecistico o peritonite biliare vi consigliamo di proseguire la terapia per un massimo di 5 giorni (Cap. 42).

Quando la colecisti è “difficile” – inizia dal fondo e rimani vicino alla parete del- la colecisti.

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