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Complicazioni nei pazienti in ossigenoterapia domiciliare a lungo termine

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Academic year: 2021

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Due studi fondamentali di riferimento, il Nocturnal Oxygen Therapy Trial (NOTT) [1] e il British Medical Research Council (MRC) trial [2], hanno chiaramente dimostrato che l’ossigenoterapia a lungo termine (OTLT) migliora la sopravviven- za nei pazienti con una severa broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) associata con ipossiemia a riposo. In entrambi gli studi è stato dimostrato che più era continua la terapia, migliore risultava la sopravvivenza. Il preciso meccanismo attraverso cui la OTLT migliora la sopravvivenza non è ben conosciuto; tuttavia il beneficio della OTLT su molte variabili emodinamiche potrebbe spiegare l’au- mentata sopravvivenza.

Anche se la causa di morte nel cor pulmonale è incerta, i fattori che predicono la sopravvivenza nei pazienti in OTLT sono stati a lungo valutati. In generale, le varia- bili che riflettono una maggiore gravità della BPCO, come ad esempio la riduzione della PaO

2

o l’aumento della PaCO

2

[3], un basso FEV1 [4] e un’elevata pressione arteriosa media [4], correlano inversamente con la sopravvivenza. La più importan- te evidenza che supporta l’uso continuo dell’ossigenoterapia è stata riscontrata negli studi che valutavano il suo effetto sulla sopravvivenza [5]. Nel 1970 Neff e Petty [6]

rilevarono una riduzione della mortalità del 30-40% nei pazienti gravemente ipossi- ci in ossigenoterapia continua confrontati con quelli in letteratura. La OTLT è uno dei pochi interventi in grado di migliorare la sopravvivenza nei pazienti con BPCO quando utilizzata per più di 15 ore al giorno [1]. La OTLT ha anche dimostrato di portare benefici effetti fisiologici, anche se è meno efficace su altri fattori, come la qualità di vita correlata con lo stato di salute o la riduzione delle riacutizzazioni di questa malattia. Peraltro, molti pazienti con BPCO dimostrano gravi alterazioni della ventilazione notturna con conseguente squilibrio dei gas arteriosi e disfunzio- ne dei muscoli ventilatori, alterazioni che possono contribuire al progressivo dete- rioramento osservato in questo gruppo di pazienti.

Ipertensione polmonare nella BPCO durante OTLT

L’ipertensione polmonare (IP) è una frequente complicazione nella BPCO in fase avanzata. Tale patologia si sviluppa come risultato dell’ipossia alveolare cronica che determina un rimodellamento della parete arteriosa polmonare [7, 8], può essere latente e facilmente evidenziata dall’esercizio. In passato è stato riscontrato che l’IP è un importante fattore prognostico per la BPCO [9, 10]. La maggior parte dei pazienti con BPCO ha una IP lieve o moderata a riposo. Purtroppo il tessuto polmonare severamente iperinsufflato rende la valutazione ecografica dell’IP tec-

domiciliare a lungo termine

C. Micheletto, R.W. Dal Negro

La malattia è la più grande imperfezione dell’uomo (G.C. Lichtenberg, Osservazioni e pensieri)

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nicamente molto difficile. Il primo trial con un trattamento prolungato di ossige- no in pazienti con severa BPCO è stato condotto per dimostrare i suoi effetti sulla pressione arteriosa polmonare (PAP) [11, 12]. I risultati furono subito molto inco- raggianti. Una significativa riduzione dell’IP è stata osservata dopo diverse setti- mane di trattamento con ossigeno continuo o almeno per 15-17 ore al giorno [13- 15]. Il supplemento di ossigeno può agire a diversi livelli per ridurre l’IP indotta dall’esercizio: l’ossigeno riduce la dispnea probabilmente diminuendo il lavoro respiratorio durante l’esercizio, consentendo così un migliore svuotamento pol- monare e una riduzione della pressione positiva a fine espirio; inoltre, può ridur- re il tono simpatico-mimetico.

Anche gli studi su un uso più prolungato della OTLT hanno dimostrato risul- tati positivi. Starks et al. [16] hanno osservato nei pazienti con BPCO una riduzio- ne nella PAP media di circa 12 mmHg dopo 8 mesi di OTLT per almeno 15 ore al giorno. Cooper et al. [17] hanno riscontrato una riduzione della PAP di 2,2 mmHg dopo un anno di OTLT per 15 ore al giorno in 40 pazienti con BPCO. Tutti questi studi, tuttavia, non sono controllati e hanno arruolato un numero relativamente ridotto di pazienti.

In due studi controllati, sono stati confrontati il gruppo trattato con ossigeno rispetto a quello non trattato (MRC, [2]) oppure in ossigeno continuo rispetto all’ossigeno notturno (NOTT, [1]). Nel primo studio, i pazienti che respiravano ossigeno per 15 ore al giorno hanno dimostrato una stabilizzazione della PAP per almeno due anni di trattamento.

Nei pazienti del gruppo di controllo, senza ossigeno continuo, la PAP aumentò di circa 2,8 mmHg per anno.

Nel NOTT trial, i pazienti trattati con ossigeno continuo (18 ore/die) dimo- strarono una riduzione della PAP di circa 3 mmHg, mentre nessun cambiamento della PAP è stato osservato nei pazienti che ricevevano ossigeno per 12 ore. Le seconde misure sono state eseguite dopo sei mesi di trattamento con ossigeno.

Un lungo studio prospettico che descriveva gli effetti del supplemento di ossi- geno sull’emodinamica polmonare nei pazienti con severa BPCO, complicata da una IP ipossica, ha chiaramente dimostrato che la OTLT somministrata all’incirca per 14 ore/die induceva una lieve riduzione della IP durante i primi due anni di OTLT [18]. Tuttavia, l’IP ritornava al valore iniziale e rimaneva stabilizzata nei suc- cessivi 6 anni. La stabilizzazione a lungo termine della IP si verificava nonostante la progressione della limitazione dei flussi aerei e della ipossiemia. La ragione degli effetti limitati dell’ossigeno sulla vascolarizzazione polmonare potrebbe essere l’insufficiente numero di ore nelle quali i pazienti respirano l’ossigeno.

Gli studi MRC e NOTT hanno infatti dimostrato dei migliori effetti della som- ministrazione dell’ossigeno per 18 ore rispetto a 15 ore sull’emodinamica polmo- nare [1, 2].

Raramente si è ottenuta una completa normalizzazione della PAP, ma le varia-

zioni della PAP erano correlate con le differenze nelle resistenze vascolari polmo-

nonari. L’importanza dell’IP come fattore predittivo di mortalità suggerisce che la

OTLT possa essere prescritta precocemente nei pazienti con BPCO e cor pulmo-

nale, poiché è stato osservato che l’ossigeno è l’unica terapia efficace per miglio-

rare la probabilità di sopravvivenza dei pazienti.

(3)

Gli studi istopatologici delle arterie polmonari di pazienti deceduti dopo essere stati trattati con ossigeno domiciliare hanno dimostrato persistenti cambiamenti strutturali. Questi erano particolarmente evidenti nell’intima delle piccole arterie polmonari e nelle arteriole [19, 20]. Non c’è ancora una chiara evidenza che la OTLT sia in grado di eliminare la fibroelastosi intimale irreversibile non-cellulare [21].

Un’altra ragione che spiega i limitati effetti dell’ossigeno sulla vascolarizzazione polmonare può essere l’insufficiente numero di ore di respirazione di ossigeno. Gli studi MRC e NOTT hanno infatti dimostrato i migliori effetti di 18 ore di assunzio- ne di ossigeno rispetto alle 15 ore sull’emodinamica polmonare [1, 2].

Molti pazienti continuano a peggiorare nonostante la OTLT. Una precoce iden- tificazione di quei pazienti che probabilmente non avranno alcun beneficio dal- l’ossigeno continuo potrebbe consentire di evitare dei costi e gli inconvenienti di questa terapia a lungo termine. I pazienti che dimostrano una risposta acuta emo- dinamica all’ossigeno potrebbero avere delle differenze strutturali nella loro vasco- larizzazione polmonare confrontati con coloro che non migliorano. Tuttavia, uno studio autoptico che ha esaminato le arterie polmonari di pazienti deceduti duran- te lo studio NOTT non ha riscontrato alcuna differenza nella struttura vascolare di coloro che rispondevano all’ossigeno rispetto a coloro che non rispondevano.

Coagulazione e trombosi nella BPCO durante OTLT

Le arterie polmonari nella BPCO sono caratterizzate da una disfunzione delle cel- lule endoteliali: è stato dimostrato che citochine come interleuchina (IL)-1 e IL-6 sono aumentate nel plasma di pazienti con BPCO. Queste, in aggiunta allo stress ossidativo e alla proteina C reattiva, possono alterare la funzione delle cellule endo- teliali e rendere l’endotelio una superficie più trombogenica. Infatti uno stato di ipercoagulazione è stato descritto nei pazienti con severa BPCO [22]. È stato riscon- trato un aumento della frequenza di trombosi venose profonde e di embolia pol- monare nelle esacerbazioni acute di BPCO [22]; inoltre lesioni istopatologiche di trombosi sono state evidenziate nel tessuto polmonare di pazienti con severo enfi- sema sottoposti ad intervento chirurgico di riduzione polmonare volumetrica [23].

Apparentemente la frequenza di trombosi venosa è aumentata durante le esacerba- zioni di BPCO. Chiaramente la coagulazione e gli aspetti embolici della BPCO, soprattutto durante una riacutizzazione, richiedono ulteriori studi orientati su que- sto aspetto. Gli aspetti infiammatori delle riacutizzazioni di BPCO possono stimo- lare uno stato ipercoagulativo e aumentare il rischio di trombosi. Alcuni studi post mortem indicano che un consistente numero di pazienti deceduti a causa della BPCO ha avuto eventi embolici polmonari. Potrebbero, quindi, essere degli eventi particolarmente frequenti nei pazienti con una BPCO severa una condizione di ipercoagulabilità, o un’embolia polmonare o una trombosi in situ, e per questo la terapia anticoagulante dovrebbe essere tenuta in debita considerazione.

Insufficienza respiratoria cronica

La OTLT prolunga l’aspettativa di vita nei pazienti con BPCO, nonostante l’inesora-

bile progressione della limitazione dei flussi delle vie aeree e dell’ipossiemia. Uno

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dei benefici effetti dell’ossigeno consiste nel miglioramento dell’ipossia alveolare.

Questo previene la progressione dell’IP e lo sviluppo dei segni clinici di cor pul- monale. A partire degli anni 50’ si è notato che un grande numero di pazienti affet- ti da BPCO moriva per insufficienza cardiaca destra [24]. Inizialmente sembrava che l’avvento della OTLT potesse migliorare questa situazione. Una recente indagi- ne multicentrica sulle cause e circostanze di morte nei pazienti con BPCO sottopo- sti a OTLT ha mostrato che solo il 13% era deceduto per insufficienza cardiaca destra [25]. Dei 215 pazienti valutati le principali cause di morte furono: insuffi- cienza respiratoria acuta o cronica (38%), insufficienza cardiaca (13%), infezioni polmonari (11%), embolia polmonare (10%), aritmie cardiache (8%) e cancro pol- monare (7%). Una concentrazione di anidride carbonica più alta, un uso ridotto di ossigenoterapia domiciliare e un aumento dell’incidenza di aritmie sono state riscontrate nei pazienti che morivano improvvisamente. La terapia farmacologia non è correlata con le morti improvvise senza causa apparente. La maggior parte dei pazienti con BPCO in OTLT sono deceduti per insufficienza respiratoria acuta o cronica. La prevenzione e il trattamento dell’insufficienza respiratoria probabil- mente ha l’impatto maggiore nella riduzione della mortalità.

I pazienti con BPCO sono frequentemente ricoverati in ospedale con episodi di esacerbazioni acute della loro patologia polmonare, caratterizzata da ipossiemia e acidosi respiratoria, quest’ultima determinata per la maggior parte da un pattern rapido e superficiale della respirazione, nonostante un pesante sforzo respiratorio compiuto dai pazienti. La ventilazione non invasiva ha la possibilità di reversibi- lizzare una parte di queste anormalità. I risultati ottenuti durante la ventilazione con supporto pressorio con maschera nasale o facciale, sia nei pazienti stabili che in quelli con riacutizzazione di BPCO, hanno dimostrato che questa tecnica era in grado di ridurre l’attività diaframmatica, di migliorare gli scambi gassosi e di nor- malizzare il pattern respiratorio [26]. Una combinazione dell’ossigenoterapia con la ventilazione a pressione positiva intermittente a domicilio ha migliorato i gas ematici durante la ventilazione spontanea, così come la qualità di vita, nei pazien- ti con BPCO [27].

Esacerbazioni acute

La storia naturale della BPCO è caratterizzata da un progressivo declino della fun-

zione ventilatoria, della resistenza allo sforzo e dello stato di salute generale, carat-

terizzato, con frequenze variabili, da esacerbazioni della sintomatologia. Le esa-

cerbazioni hanno effetti molto importanti sullo stato di salute e sono associate a

un aumento consistente della morbilità e della mortalità [28]; spesso determinano

ricoveri ospedalieri, che rappresentano la principale componente del peso socio-

economico della malattia [29]. L’etiologia delle esacerbazioni acute di BPCO è

complessa e include i tappi di muco e le atelettasie settoriali, l’inalazione di irri-

tanti ambientali, la sospensione della terapia farmacologica prescritta, deviazioni

dalla dieta, infezioni virali, di germi atipici e di comuni batteri [30]. Nella nostra

casistica, in più del 40% delle riacutizzazioni di BPCO non è stato possibile rico-

noscere alcun agente infettivo; batteri patogeni sono stati isolati solamente in un

terzo dei soggetti. In questi casi i batteri Gram– si sono confermati come gli agen-

(5)

ti infettanti più comuni; in circa un quarto dei casi, l’infezione era correlata con dei virus. Tra questi il virus respiratorio sinciziale è risultato il più comune, anche negli adulti [31] (Figg. 1 e 2).

Anche se il preciso ruolo delle infezioni batteriche nel corso e nella patogene- si della BPCO è stato fonte di discussioni e controversie per decenni, i batteri hanno un ruolo cruciale nella patogenesi delle riacutizzazioni di BPCO. Essi pos-

0 10 20 30 40

5 15 25 35

Haemophilus influenzae

Pseudomonas aeruginosa

Klebsiella pneumoniae

Escherichia coli

Serratia marcescens

Batteri isolati (%)

Streptococcus pneumoniae Fig. 1.Esacerbazioni di BPCO: batteri isolati

0 10 20 30 40

5 15 25 35

RSV Influenza B Influenza A Parainfluenza Adenovirus

Virus isolati (%)

Fig. 2.Esacerbazioni di BPCO: virus isolati

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sono essere isolati durante un periodo di quiescenza, ma le colture quantitative hanno dimostrato un aumento di alcuni patogeni durante una esacerbazione acuta della patologia [32]. Inoltre, i batteri possono causare un danno epiteliale diretto e le endotossine batteriche hanno dimostrato di aumentare l’espressione epiteliale di alcune citochine pro-infiammatorie in vitro, innescando un potenzia- le meccanismo in grado di amplificare l’infiammazione. Anche le infezioni virali rappresentano un trigger delle esacerbazioni della BPCO, in particolare quando sono presenti nelle vie aeree superiori. Quando è in corso una riacutizzazione, i pazienti con BPCO esprimono differenti modelli di mediatori pro-infiammatori nelle secrezioni bronchiali, che sembrano modulati secondo la causa etiologica della riacutizzazione [33]. In particolare, le concentrazioni di TNF_ per se sono in grado di caratterizzare le riacutizzazioni di BPCO dovute al Pseudomonas aerugi- nosa, mentre i livelli di IL8+ IL1` si sono dimostrati utili nel discriminare le infe- zioni dovute ai comuni agenti batterici rispetto a quelle determinate da agenti virali o a cause non-infettive. L’uso di un regola decisionale basata sulla misura delle citochine potrebbe avere un utile ruolo predittivo, in grado di supportare una rapida decisione clinica al letto del paziente riguardante la strategia terapeutica per le esacerbazioni di BPCO, in particolare quando si deve trattare pazienti con BPCO di grado severo [33].

È stato dimostrato che la colonizzazione batterica delle vie aeree è correlata al grado di ostruzione dei flussi e al consumo di sigarette [34]. La tipizzazione delle specie batteriche era correlata con il grado di infiammazione; la colonizzazione da Pseudomonas aeruginosa dimostrava il più elevato livello di infiammazione neu- trofilica [35].

La polmonite è una causa severa di insufficienza respiratoria acuta nei soggetti con grave BPCO in OTLT e una frequente causa di ospedalizzazione [36]. Nel caso di polmonite dimostrano una migliore sopravvivenza i pazienti in OTLT con un preciso controllo sull’ossigenoterapia tramite telemedicina e trattati in modo razionale con antibiotici [36].

Disturbi del sonno

I meccanismi dell’ipossiemia nella BPCO durante il sonno includono l’iperventi- lazione, una riduzione della capacità funzionale residua e alterazioni del rapporto tra ventilazione e perfusione. La principale causa di ipossiemia durante la fase del sonno con rapidi movimenti oculari (REM) è l’ipoventilazione, che sembra essere correlata al respiro rapido e superficiale e a lunghi episodi di ipo-apnee [37].

Inoltre, sono diminuite le risposte ventilatorie sia ipossiche che ipercapniche [38].

L’ipercapnia può essere peggiorata nel corso della notte con l’aggiunta dell’ossige-

noterapia supplementare, in particolare ad alti flussi. Un aumento acuto della con-

centrazione della CO

2

nel sangue arterioso durante la notte può contribuire ad

aumentare i risvegli e peggiorare così la qualità del sonno. La causa dell’ipoventi-

lazione durante la fase del sonno REM non è stata ancora completamente accerta-

ta, ma sembra correlare con l’alterata funzione cerebrale durante l’attività fasica

neuronale. Durante la fase del sonno REM, il contributo dell’attività midollare alla

ventilazione si reduce di circa il 18-34% [38] come conseguenza dell’ipotonia dei

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muscoli intercostali e della ridotta attività dei muscoli accessori. Questo può esse- re importante nei pazienti con BPCO che dipendono essenzialmente dai muscoli accessori per la respirazione. I pazienti con BPCO hanno una pessima qualità del sonno confrontati con i gruppi di controllo di pari età [39] e i risvegli sono fre- quenti durante i periodi di desaturazione. Anche se rimane discutibile che l’ossi- genoterapia migliori la qualità del sonno nei pazienti ipossiemici, alcuni studi hanno tuttavia dimostrato una riduzione degli episodi ipossiemici come della durata del sonno totale e della fase REM con l’ossigeno continuo notturno.

Gli effetti neuropsicologici dell’ipossiemia

Anche una lieve ipossiemia può danneggiare il discernimento, l’apprendimento e la memoria a breve termine nei soggetti normali. Per investigare gli effetti dell’i- possiemia cronica, la ricerca si è focalizzata sugli effetti neuro-comportamentali dell’ipossiemia nei pazienti con BPCO. Un primo lavoro eseguito da Krop e colle- ghi [40] ha dimostrato una scarsa performance neuropsicologica in un gruppo di pazienti con BPCO con una PaO

2

< 55 mmHg. Due ampi studi multicentrici negli Stati Uniti e nel Canada hanno esaminato le conseguenze neuropsicologiche del- l’ipossiemia [41, 42]. Il trial US Nocturnal Oxygen Therapy ha studiato 203 pazien- ti con un’età media di 64 anni e una PaO

2

di 51 torr e ha riscontrato che il 42% dei pazienti aveva una limitazione della funzione cerebrale da moderata e severa [41].

Il trial canadese IPPB ha esaminato 100 pazienti con una ipossiemia inferiore (valore medio PaO

2

66 torr) che determinava un più severo danneggiamento [42].

I risultati di entrambi questi studi sono stati combinati, dimostrando un aumento della percentuale dei deficit dal 27% nella moderata ipossiemia (PaO

2

> 60) sino al 61% in quella severa (PaO

2

< 50).

La scarsa prestazione neuropsicologica nei pazienti ipossiemici con BPCO è stata giustificata da debolezza, fatica e depressione. Tuttavia c’è un aumento del- l’evidenza che l’ipossiemia cerebrale stessa sia la responsabile del danneggiamen- to della funzione. Alcuni studi suggeriscono che l’ipossia determini una ridotta sintesi dell’acetilcolina dai precursori [43], teoria particolarmente interessante, poiché vi sono crescenti evidenze che supportano il ruolo dell’acetilcolina nella memoria e nell’apprendimento.

Deplezione nutrizionale nei pazienti in OTLT

L’associazione tra deplezione nutrizionale e malattia respiratoria cronica è già

stata riconosciuta da molti anni e documentata soprattutto nella BPCO. La preva-

lenza della deplezione nutrizionale nei pazienti con BPCO severa è molto variabi-

le, a seconda della popolazione e del metodo usato per la determinazione della

deplezione. La malnutrizione è frequente nei pazienti con una malattia avanzata,

specialmente in coloro con una severa ostruzione delle vie aeree, enfisema o ipos-

siemia cronica. In tali circostanze, la perdita del peso corporeo e della massa

muscolare hanno un impatto sulla performance fisica e sulla funzione muscolare

respiratoria e sono responsabili dell’aumento di richieste nell’assistenza domici-

liare indipendentemente dal grado dell’ostruzione delle vie aeree [44].

(8)

L’esaurimento nutrizionale è anche un fattore di rischio indipendente per la mor- talità e l’ospedalizzazione nei pazienti con BPCO che ricevono OTLT [45]. Oltre alle conseguenze di un basso peso corporeo sulla mortalità, è stato dimostrato che la malnutrizione è correlata alla morbidità nei pazienti con esacerbazioni acute di BPCO. I pazienti con BPCO mostrano una superiore necessità di ventilazione mec- canica nelle esacerbazioni acute, un aumentato rischio di precoce ri-ospedalizza- zione, nonché un aumentata durata del supporto ventilatorio [45].

La malnutrizione è altamente prevalente nei pazienti respiratori in assistenza domiciliare in LTOT ed è correlata alla malattia respiratoria di fondo, al valore del volume espiratorio forzato in un secondo, al fumo e alla invalidità. La massa libe- ra da grassi e la massa grassa, espresse come percentuale del peso corporeo idea- le, è risultata più sensibile dell’indice di massa corporea per determinare la mal- nutrizione e ha dimostrato una migliore correlazione con la pompa ventilatoria e l’invalidità [46].

I rischi dell’ossigenoterapia domiciliare

La tossicità dell’ossigeno, la ritenzione di CO

2

e la possibilità di incidenti durante l’immagazzinamento e il trattamento dell’ossigeno sono i rischi principali dell’os- sigeno terapia domiciliare. Non è noto se si verifichi tossicità durante OTLT. Petty et al. [47], in uno studio autoptico non controllato, hanno riportato cambiamenti essudativi e proliferativi nel tessuto polmonare compatibili con tossicità da ossi- geno in pazienti in OTLT. Tuttavia, i benefici ampiamente dimostrati da OTLT sulla sopravvivenza e sulla qualità di vita superano il rischio remoto di tossicità da ossi- geno. La ritenzione da monossido di carbonio non è frequente durante OTLT spe- cialmente quando la somministrazione dell’ossigeno è regolata per portare a una PaO

2

di 60-65 mmHg. Non è conosciuto il meccanismo preciso con il quale l’O

2

induce un aumento dei valori di CO

2

, che non è comune quando l’ossigeno nell’a- ria inspirata è il 35-40%. È più frequente e generalmente più severo nei pazienti con una esacerbazione acuta particolarmente in coloro con una ritenzione di CO

2

già presente prima della somministrazione della terapia con O

2

[48]. Per ultimo, la ritenzione di CO

2

indotta dalla somministrazione di O

2

può verificarsi solo in pazienti che non possono aumentare la loro ventilazione in modo adeguato senza aumentare anche la PaCO

2

.

L’ossigeno non è né esplosivo né combustibile, ma poiché può sostenere la combustione, devono essere conosciuti i suoi rischi potenziali di incendio. Molti incidenti che riguardano incendi ed esplosioni sono stati riportati durante l’ossi- genoterapia domiciliare [49]. La maggior parte di questi incidenti sono stati cau- sati da pazienti che avevano lasciato sigarette accese durante l’ossigenoterapia.

Non è consentito ai pazienti e ai loro familiari di fumare durante OTLT. I conteni-

tori di ossigeno non dovrebbero essere depositati vicino a fonti di calore o che

possono causare incendi. Coloro che usano ossigeno liquido devono maneggiarlo

con cura per evitare serie ustioni da congelamento. Infine è importante notificare

che i contenitori con ossigeno compresso dovrebbero essere fissati correttamente

per evitare cadute accidentali o sconnessioni esplosive dei regolatori. Questo è

necessario per evitare disfunzioni dei dispositivi o interventi non necessari da

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parte dei pazienti o dei loro familiari. L’uso sicuro dell’ossigeno nelle case richie- de che i pazienti e i loro familiari siano istruiti sui possibili rischi.

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