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Academic year: 2021

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Introduzione a David Hume

Be a philosopher, but amidst all your philosophy be still a man.

D. Hume, An Enquiry concerning Human Understanding

Introduzione

In queste lezioni intendo fornire un’introduzione ad alcuni aspetti centrali del pensiero di David Hume.

Si tratta di tematiche importanti per due motivi:

– per avere un quadro generale del pensiero di Hume;

– perché Hume è un filosofo di grande rilievo, che sostiene tesi provocatorie e le argomenta con forza e chiarezza.

In generale Hume è contrario a ogni dogmatismo e si professa piuttosto incline, in filosofia e nella vita, allo scetticismo e alla moderazione.

Hume concepisce insomma la funzione del filosofo come un lavorio critico inesauribile, che comprende l’importanza, ma anche il limite, di ogni ricerca, e in particolar modo di quella che lui stesso viene svolgendo.

Questo spirito “scettico” e “moderato” anima in modo sottile ma proficuo tutta l’opera humiana.

Procederò in questo modo. Dopo alcune informazioni generali su Hume e sull’impostazione del suo sistema filosofico, illustrerò alcune nozioni di base della sua filosofia: le nozioni di percezione, impressione, idea e associazione tra idee.

Quindi vedremo brevemente come Hume mette in discussione le nostre credenze:

– nell’esistenza di nessi di causa ed effetto;

– nell’esistenza di sostanze materiali;

– nell’esistenza dell’identità personale, approdando a un’interessante forma di scetticismo.

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1. Alcune informazioni introduttive: l’importanza delle regulae philosophandi di Newton

Hume è il maggiore filosofo del Settecento inglese, egli è un empirista e uno scettico.

La sua opera principale è il Trattato della natura umana (1739). Si tratta della sua prima pubblicazione, a cui Hume lavorò per lungo tempo.

Egli aveva riposto grandi speranze in quest’opera e vi aveva lavorato a lungo, ma il suo libro venne pressoché ignorato dal pubblico colto e dai filosofi, in parte per le sue concezioni provocatorie e ricche di implicazioni in contrasto con la dottrina cristiana, in parte per la sua lunghezza e complessità.

Prima di tutto vediamo di definire il generale indirizzo di pensiero al quale il Trattato si richiama: si tratta dell’indagine sull’uomo, ossia della filosofia che ha per tema la vita morale dell’uomo , e in particolar modo quella che studia i rapporti fra le passioni e la vita morale.

Ora, per Hume la scienza dell’uomo deve essere portata allo stesso rigore di metodo e di trattazione di cui si sono mostrate suscettibili molte parti della filosofia della natura.

E’ dunque la costruzione di una scienza della natura umana in prosecuzione della scienza della natura fisica l’indirizzo generale in cui Hume inserisce la sua opera.

Dunque, questa nuova scienza della natura umana si prospetta innanzitutto come filosofia morale; mentre il metodo da usare per delinearla è a suo avviso quello che Newton utilizza nelle scienze naturali.

In estrema sintesi, Hume intende applicare il metodo sperimentale newtoniano allo studio dell’uomo: il quadro storico nel quale Hume intende collocare il suo pensiero è dunque quello del newtonianesimo.

I Philosophiae naturalis principia mathematica di Newton erano apparsi nel 1687 ed erano stati subito considerati come il manifesto di un nuovo metodo scientifico, in aperta contrapposizione con quello cartesiano.

Non si trattava più di ricostruire il mondo fisico partendo da alcuni princìpi astratti ricavati per deduzione matematica e mediante considerazioni razionali.

Con Newton l’esperienza otteneva il primato su ogni deduzione astratta, né la scienza della natura doveva rifarsi a una prospettiva metafisica; si trattava piuttosto di considerare direttamente i fatti per se stessi e di trovarne le leggi mediante l’osservazione.

Nel decennio che va dal 1730 al 1740, quello che vede la composizione e la pubblicazione del Trattato humiano, l’affermazione del nuovo indirizzo scientifico legato all’opera di Newton era un dato acquisito.

Hume non ha pertanto che da richiamarsi, senza altre spiegazioni, al metodo sperimentale, e lo fa indicandone gli elementi fondamentali, senza nemmeno ricordare il nome di Newton e le sue regulae philosophandi.

L’applicazione del metodo newtoniano, ossia del metodo sperimentale sopra detto, comporta soprattutto alcuni criteri: il più importante è quello della verificazione

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sperimentale, per cui non vanno ammessi princìpi che non siano direttamente attestati dall’osservazione.

Così, seguendo Newton, Hume ritiene essenziale eliminare dalla filosofia morale qualsiasi procedimento metodico che faccia ricorso a pure ipotesi prive di riscontro nell’osservazione sensibile.

I princìpi su cui si deve fondare la nuova scienza della natura umana non possono essere astratti, ma anzi devono essere tali da poter essere osservati chiaramente nella loro realtà e nelle loro conseguenze.

Così Hume scrive di se stesso nell’Estratto del Trattato sulla natura umana: “Egli si propone di anatomizzare la natura umana con metodo regolare e promette di non trarre conclusioni se non ne è autorizzato dall’esperienza”.

Dopo il Trattato scrisse un rapidissimo Estratto del Trattato sulla natura umana e brevi saggi per lo più a tema etico e politico, pubblicati con il titolo di Saggi morali e politici in due volumi nel 1741 e nel 1742.

Si tratta del passaggio dalla forma del trattato alla composizione di saggi, ossia di testi brevi (di contro alla lunghezza del Trattato), poco astratti e poco complessi, destinati al pubblico colto in generale, oltre che alle persone con un interesse specifico per la filosofia, scritti in maniera elegante e accurata.

I saggi del 1741 e quelli pubblicati in seguito hanno avuto grande fortuna.

Tra gli scritti filosofici di Hume, notevole successo ottennero anche la Ricerca sull’intelletto umano (1748) e la Ricerca sui principi della morale (1752), esposizioni più chiare e sintetiche di parti del Trattato (con alcuni secondari cambiamenti dottrinali e particolare cura della forma letteraria).

Hume ribadirà più volte la sua preferenza per la nuova veste che alle idee del Trattato aveva dato con le due Ricerche.

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2. La vita della mente: percezioni, impressioni, idee

Dobbiamo ora esaminare alcuni concetti-chiave della filosofia di Hume.

Innanzitutto, anche l’indagine di Hume è rivolta ai procedimenti della conoscenza, anche Hume si propone di comprendere le operazioni della mente umana nel processo del conoscere.

I princìpi fondamentali della filosofia della mente di Hume stanno alla base di tutta la sua filosofia e del suo empirismo e scetticismo.

Vediamo allora quali sono gli elementi che caratterizzano la vita della mente e il pensiero secondo Hume.

Cominciamo dalle percezioni.

Hume usa la parola “percezione” con un significato molto generale, per qualsiasi contenuto mentale.

Come scrive nell’Estratto del Trattato (capov. 6), una percezione è “tutto ciò che può essere presente alla mente, sia che esercitiamo i nostri sensi, sia che essi siano mossi dalla passione o che esercitiamo il pensiero e la riflessione”: idee, ricordi, sentimenti, sensazioni, emozioni, passioni, desideri, sono tutte percezioni.

Le percezioni, poi, vanno distinte in impressioni e idee.

Le impressioni sono sensazioni, passioni ed emozioni nell’atto in cui vediamo o sentiamo, amiamo oppure odiamo, desideriamo o vogliamo (ad es., l’amarezza di un limone, l’odio per un nemico, il piacere per la bellezza di un quadro nel momento attuale in cui li proviamo).

Le idee sono impressioni immagazzinate nella memoria, o, come Hume è solito scrivere, immagini delle impressioni nella memoria.

Ad esempio, l’idea di amarezza è l’immagine dell’impressione di amarezza nella memoria.

L’idea di piacere è l’immagine nella memoria di un’impressione di piacere.

In altre parole, quando abbiamo una sensazione di piacere, Hume dice che abbiamo una impressione di piacere.

Quando ci ricordiamo quella sensazione, Hume dice che abbiamo un’idea di piacere.

Leggiamo insieme due passi dove Hume distingue le percezioni in impressioni e idee. Il primo passo è tratto dal Trattato, il secondo è tratto dalle Ricerche:

“Tutte le percezioni della mente umana si distinguono in due classi, che chiamerò impressioni e idee. La differenza tra di esse consiste nel grado di forza e di vivacità con cui colpiscono la mente, e con cui penetrano nel pensiero o nella coscienza. Quelle percezioni che posseggono maggior forza e violenza, noi le chiamiamo impressioni; e con questo termine comprendiamo tutte le nostre sensazioni, passioni ed emozioni, così come esse appaiono per la prima volta nella nostra anima. Col termine idee intendo le deboli immagini delle impressioni sia nel pensare che nel ragionare […]” (Trattato, 1.1.1; vedi anche l’Estratto del Trattato, capov. 5).

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“Chiunque ammetterà prontamente che sussiste una considerevole differenza tra le percezioni della mente quando sente la sofferenza di un’afa opprimente o il piacere di un caldo moderato, e quando poi richiama alla memoria tale sensazione o la anticipa con l’immaginazione. Queste facoltà possono imitare o copiare le percezioni dei sensi, ma non possono mai raggiungere tutta la forza e tutta la vivacità del sentimento originario. […] Le percezioni meno forti e vivaci vengono comunemente chiamate pensieri o idee. L’altra specie non ha un nome nella nostra lingua, e in gran parte delle altre […] Concediamoci, perciò, una piccola libertà e chiamiamole impressioni […] Con il termine impressione, dunque, mi riferisco a tutte le nostre percezioni più vivaci, a quelle che abbiamo quando ascoltiamo o vediamo o sentiamo o amiamo od odiamo o desideriamo o vogliamo.”

(Ricerca sull’intelletto umano, sez. 2).

Nei passi citati Hume contrasta impressioni e idee in questo modo:

- impressioni: legate al presente;

- idee: legate al passato, sorgono dal ricordo delle impressioni;

- impressioni: forti e vivaci;

- idee: deboli e illanguidite;

Per Hume, tutte le idee derivano in ultima analisi dalle impressioni o da combinazioni di impressioni, e tutta la conoscenza deriva in ultima analisi dall’esperienza.

Questa è una tesi tipica dell’empirismo (mentre i razionalisti ammettevano idee innate).

Vedremo presto come il principio che tutta la conoscenza deriva dalle impressioni porti Hume allo scetticismo.

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3. Il pensiero e l’associazione tra le idee

Ora, percezioni, impressioni e idee costituiscono gli elementi necessari per spiegare l’azione propria della mente, ossia il pensiero.

Quando pensiamo o discorriamo, non formuliamo singole idee separate, ma le colleghiamo l’una con l’altra, o meglio le svolgiamo nella nostra mente secondo la connessione che lega le idee insieme fra loro.

Ad esempio, quando pensiamo che la mela è rossa, colleghiamo l’idea di mela e l’idea di rosso.

In altri termini, il pensiero ha luogo attraverso l’associazione di idee.

A sua volta, per Hume, questa associazione non avviene mai a caso, ma secondo certi schemi ricorrenti che il filosofo intende analizzare, e che chiama princìpi di associazione.

I princìpi di connessione di tutte le idee sono da Hume ridotti al numero di tre; essi sono le relazioni di:

• somiglianza;

• contiguità (da intendersi come vicinanza);

• causazione.

Ad esempio: quando pensiamo a degli avvenimenti, siamo soliti collegarli alle loro cause e conseguenze.

Penso che la mela è matura a causa dell’azione del sole, che la macchina è pulita perché l’ho appena lavata, che il computer si è rotto perché l’ho fatto cadere dalle scale.

In questi casi associo l’idea di un effetto all’idea della sua causa. Questo principio dell’associazione è quello della causa ed effetto.

In altri casi, siamo soliti passare dal pensiero di un certo oggetto al pensiero di qualche oggetto simile: un ritratto mi fa naturalmente pensare alla persona che si è voluta raffigurare.

Questo principio dell’associazione è quello della somiglianza.

In altri casi, passiamo dal pensiero di un certo oggetto al pensiero di qualche altro oggetto che è vicino a esso, nello spazio o nel tempo: penso al mio appartamento a Gorizia, e mi viene in mente che è in Corso Italia.

Penso al lago di Garda, e mi viene in mente che là vicino sta un mio amico. Penso che all’ora di pranzo ero in un ristorante con un amico, e mi viene in mente che poi sono andato in biblioteca, che sta nei pressi; si parla della torre Eiffel e mi viene naturalmente in mente l’idea di Parigi.

Questo principio dell’associazione è quello della contiguità (spazio-temporale).

Secondo Hume, allora, pensare significa associare le idee, e tutte le nostre associazioni di idee cadono all’interno di uno di questi tre casi.

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Esse procedono cioè secondo il principio della causalità, secondo quello della somiglianza, o secondo il principio della contiguità nel tempo e nello spazio.

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4. Sintesi dei punti precedenti

Riprendendo quanto appena detto, Hume indica nelle percezioni il materiale sul quale opera la nostra mente.

Le percezioni a loro volta si dividono in impressioni e idee, fra le quali non vi è però differenza di natura, bensì soltanto di grado: le impressioni, cioè, sono quelle che sento in maniera immediata (vedo una cosa, sento un dolore, provo un sentimento); le idee sono una copia illanguidita delle impressioni, e costituiscono oggetto della memoria e dell’immaginazione.

La natura umana quindi funziona, secondo Hume, soltanto se ci sono impressioni o idee, che costituiscono l’unico materiale della conoscenza.

Questo è il punto chiave e un primo principio che si deve tenere sempre presente:

 non c’è altro nella nostra mente che l’insieme di impressioni e delle loro copie, le idee. La mente non può creare dal nulla le proprie idee, le quali sono sempre riconducibili alle impressioni di cui sono copie.

Ora, per un motivo fondamentale della natura umana che Hume chiama principio della connessione o associazione delle idee, le idee spingono la mente (ma meglio sarebbe dire l’immaginazione) a connettere o associare le idee stesse: “E’ evidente – scrive Hume – che c’è un principio di connessione fra i differenti pensieri o idee della mente e che, nel loro apparire alla memoria o alla immaginazione, essi si presentano con un certo metodo e con una certa regolarità”.

Vi è dunque una regolarità nella associazione delle idee da parte della mente, che quindi non avviene a caso: “Ed anche nelle fantasticherie più sfrenate e vagabonde, anzi negli stessi sogni troveremo, se riflettiamo, che l’immaginazione non corre del tutto a caso, ma che viene sempre mantenuta una connessione fra le diverse idee che si succedono l’una all’altra” (Ricerca sull’intelletto umano, sez. terza).

Questo criterio è garantito dal fatto che la connessione delle idee è guidata da tre relazioni fondamentali: causalità, somiglianza, contiguità.

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9 5. Il ruolo dell’immaginazione

Ora, il principio di associazione delle idee, con la sua “dolce forza” che mette in moto l’immaginazione e fa associare le idee secondo le relazioni di somiglianza, contiguità e causalità, viene paragonato

 all’attrazione gravitazionale che Newton aveva indicato quale forza che fa muovere l’intero universo.

In altre parole l’associazione delle idee costituisce in gnoseologia il parallelo della teoria newtoniana della gravitazione universale in cosmologia: come i corpi fisici, anche le idee si attraggono reciprocamente; e sebbene ogni idea, come ogni corpo fisico, faccia parte per se stesso, dalla loro attrazione nasce un sistema, l’universo del pensiero.

Insomma, Hume ritiene che la sua teoria dell’associazione delle idee sia l’equivalente, nell’ambito della mente, della teoria newtoniana della gravitazione universale, e in tal modo egli ambisce quasi a essere riconosciuto come il Newton della scienza della natura umana.

I princìpi dell’associazione delle idee hanno conseguenze vastissime nell’ambito della scienza della natura umana, basti considerare che: questi “sono i soli legami che stringono insieme i nostri pensieri e producono quel corso regolare di riflessione o di discorso che, in grado maggiore o minore, si riscontra in tutti gli uomini”; per questo motivo essi “sono realmente per noi il cemento dell’universo”.

Motore principale della conoscenza, inoltre, per Hume, non è la ragione ma l’immaginazione.

L’immaginazione, infatti, “ha un grande potere sulle idee; non ci sono idee che siano differenti l’una dall’altra che essa non possa separare e congiungere e combinare in mille forme di invenzione. Ma, nonostante questo dominio dell’immaginazione, esiste un segreto legame o una segreta unione fra determinate idee e ciò fa sì che la mente le congiunga più frequentemente insieme, in modo che una di esse, appena si presenta, introduce l’altra”.

Dunque, affermando che:

I) la conoscenza è un insieme di percezioni che si distinguono tra loro in impressioni e idee sulla base della loro successione nella mente e della loro differente forza e vivacità;

II) che le idee non sono mai create in modo autonomo dalla mente, in quanto sono sempre copie di impressioni;

III) che le idee stesse sono associate tra loro dall’immaginazione, la quale ha dunque un ruolo centrale nella vita intellettuale;

IV) che le leggi di tale associazione sono la somiglianza, la causalità e la contiguità;

Hume delinea i fondamenti del funzionamento della conoscenza umana.

La teoria della mente umana presentata da Hume è, né più né meno, quella di un universo di percezioni associate in forme più o meno strette dall’immaginazione.

Come si vede fin da ora si delinea un’idea della ragione diversa dalle pretese eccessive del razionalismo.

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6. Le ragioni dello scetticismo

Muovendo dalle basi rintracciate nei tre princìpi sopra illustrati, Hume procede nell’analisi di alcuni problemi essenziali della teoria della conoscenza e perviene, attraverso una critica corrosiva, a eliminare come non esistenti una serie importante di presunte idee considerate indispensabili e indiscutibili da una lunga tradizione di pensiero.

Hume mette in discussione infatti le idee comuni e tradizionalmente accettate di

• astrazione;

• causalità;

• spazio e tempo;

• io o anima;

• oggetti esterni.

Vediamo rapidamente la critica e demolizione di tutte queste idee.

Si afferma comunemente, osserva Hume, che possediamo idee astratte o generali.

Non è affatto vero, e basta osservare la propria mente per riscontrare l’inesistenza di idee generali o astratte.

Le nostre idee, afferma ripetutamente Hume, sono sempre individuali, anche se possiamo usarle come se fossero generali: non abbiamo l’idea generale e astratta di albero, ma sempre l’idea di un albero individuale, anche se possiamo usarla per scopi generali, cioè come un esempio, anch’esso sempre individuale.

L’abitudine e l’immaginazione ci permettono di passare dall’idea individuale al suo uso generale e astratto.

“Così, quando io penso ad un cavallo in generale, io devo sempre concepire quel determinato cavallo, bianco o nero, grasso o magro, e non posso formarmi la nozione di un cavallo che non sia di un determinato colore e di una determinata grandezza.

Proseguendo lo stesso argomento […] noi non abbiamo un’idea generale di esistenza, distinta da ciascuna esistenza particolare”.

A rigore, dunque, non possiamo avere alcuna idea di sostanza o di essenza distinta da quella di una collezione di qualità particolari.

Tutte le idee infatti derivano dalle impressioni, e non si hanno mai impressioni o sensazioni di una sostanza in generale, bensì di qualità particolari: freddo, caldo, odio, amore, ecc.

Si afferma comunemente che possediamo le idee di spazio e tempo come indipendenti dagli oggetti.

Non è affatto vero, sostiene Hume, perché in realtà le idee di spazio e tempo non sono enti reali autonomi, realtà indipendenti, esse non sono altro che la disposizione in cui ci appaiono le cose simultaneamente o in una successione, un “prima” e un “dopo”

delle cose, un “uno dopo l’altro” in cui ci appaiono i fenomeni.

Spazio e tempo sono ridotti da Hume alle maniere in cui si presentano a noi le impressioni delle cose, e da queste ultime dipendono; non sono affatto idee indipendenti.

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Si afferma comunemente che possediamo le idee di esistenza in generale e di esistenza esteriore in particolare.

Anche di queste nozioni Hume dimostra che non ci sono idee indipendenti, dal momento che non è dato avere impressioni originarie di esistenza da cui scaturiscano le idee.

In realtà, sostiene Hume, non c’è l’idea indipendente di esistenza ma soltanto l’idea di una cosa, di un’impressione, di un sentimento, o altro, che sentiamo come esistenti.

Dunque noi non abbiamo alcuna idea generale di esistenza che sia distinta da ciascuna esistenza particolare (come la mettiamo con Dio, inteso dalla tradizione teologico- metafisica come l’ente, o l’essere sommo, e dunque assolutamente esistente, eppure privo di alcuna determinazione particolare ed empirica?).

Questa tesi ha coseguenze gravi in filosofia della conoscenza, tali da demolire l’opinione comune che afferma l’esistenza continuata dei corpi esterni, al di là delle impressioni per le quali parliamo di essi.

Hume è molto radicale nella sua analisi: né i sensi né la ragione, secondo lui, possono consentirci di andare al di là della sfera del sentire impressioni o del pensare idee.

In nessuna di queste due sfere è possibile avere qualche certezza sull’esistenza continuata di quelli che comunemente chiamiamo oggetti esterni.

Al di là delle nostre percezioni non possiamo andare.

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