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2 La forza di attrazione gravitazionale

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(1)

Appunti di Gravitazione Universale

Marco Incagli - INFN Pisa February 17, 2017

Abstract

Appunti scritti per il corso di Fisica 1 presso la facolt`a di Fisica a Pisa nell’anno accademico 2015/2016. Grazie al prof. U.Penco per aver rivisto criticamente queste note.

1 Moto in campo di forze centrali

Un campo di forze si dice centrale se esiste un polo F (Fuoco) rispetto al quale la forza pu`o essere scritta come:

F = f (r)ˆ~ er (1)

Il momento di una forza centrale rispetto al polo F `e chiaramente nullo, per cui il momento angolare, sempre rispetto a F (da qu`ı in avanti daremo per sottinteso il riferimento al polo F per i momenti), `e una costante del moto.

Come conseguenza il moto avviene nel piano perpendicolare a ~L. Definendo un sistema polare su questo piano, risulta:

~ r = rˆer

~˙r = ˙rˆer+ r ˙θˆeθ

L = m~~ r × ~v = mr2θˆ˙ez

(2)

Quindi:

θ =˙ L

mr2 (3)

La conservazione del momento angolare permette di scrivere un’altra legge di conservazione che vale per tutti i moti centrali.

Se consideriamo l’area “spazzata” dal raggio vettore r in un tempo dt, essendo il moto piano questa risulta essere:

dA = 1 2r · rdθ

La variazione nel tempo di questa area, detta anche velocit`a areolare, `e:

dA dt = 1

2r2θ =˙ L

2m = cost (4)

Quindi la velocit`a areolare `e una costante del moto. Questa e’ una delle leggi di Keplero per il moto orbitale, ma in realt`a `e vera per tutti i moti centrali.

Alla forza ~F `e associato un potenziale U (r) tale che:

F = f (r)ˆ~ er= − ~∇U = −∂U (r)

∂r ˆer (5)

(2)

Esiste, quindi, una energia meccanica che si conserva:

E = 1

2mv2+ U (r) = 1

2m ˙r2+ Uef f(r) (6) dove possiamo scrivere il potenziale efficace usando l’equazione 3:

Uef f(r) = L2

2mr2 + U (r) (7)

2 La forza di attrazione gravitazionale

Attraverso le osservazioni di Tyco Brahe e di Johannes Kepler del moto dei pianeti, furono identificate una serie di regolarit`a nel moto dei pianeti che vanno sotto il nome di Leggi di Keplero:

1. Rispetto al Sole, ogni pianeta descrive un’orbita ellittica di cui il Sole occupa uno dei fuochi.

2. Il raggio vettore condotto dal Sole ad ogni pianeta descrive aree proporzionali ai tempi per descriverle; cio`e il moto avviene a velocit`a areolare costante.

3. I quadrati dei periodi di rivoluzione dei vari pianeti intorno al Sole sono pro- porzionali al cubo dei semiassi maggiori delle varie orbite.

Le traiettorie dei pianeti non si discostano molto da traiettorie circolari, pertanto si pu`o assumere r = cost. Allora dalla seconda legge di Keplero, scritta anche in eq.4, ne ricaviamo che

θ = cost˙

e quindi che l’unica accelerazione presente `e quella centripeta.

Allora il modulo della forza responsabile per la attrazione gravitazionale pu`o essere scritto come:

F = mω2r = m 2π T

2

r (8)

Tuttavia, dalla terza legge di Keplero, per un moto circolare possiamo scrivere:

T2= kr3 da cui, sostituendo:

F = 4π2M

kr2 (9)

Se questa `e, ad esempio, la forza che il sole esercita sulla terra, si pu`o scrivere in maniera equivalente quella che la terra esercita sul sole:

FT = 4π2MS

kSr2 (10)

Tuttavia, per il principio di azione e reazione, le due forze sono uguali in modulo, e quindi:

M

k = MS kS o

kSM = kMS Allora, ponendo

G = 4π2 kMS si arriva a scrivere:

F = −G~ M MS

r2r (11)

(3)

Siamo arrivati a questa conclusione nell’ipotesi di traiettorie circolari. Newton ha esteso questa conclusione anche alle traiettorie ellittiche arrivando a postulare la famose legge di gravitazione universale secondo la quale la forza di attrazione dipende dall’inverso del quadrato delle distanze. Una delle verifiche sperimentali che pot´e fare Newton fu la determinazione della costante g. Infatti sulla superficie della terra la forza peso `e data da F = mg, da cui:

g = GMT

rT2 (12)

Tuttavia ai tempi di Newton non erano noti n´e G m´e MT, per`o `e possibile riscrivere la relazione 8 per il caso dell’attrazione Terra-Luna:

FL= GMTML

d2 = MLωL2d (13)

da cui

GMT = ωL2d3 e quindi:

g = ω2Ld3

R2T = 4π2d3

TL2R2T (14)

Sostituendo TL = 27.32 giorni, d = 3.84 × 108 m, RT = 6.378 × 106 m, risulta g = 9.86 m/s2, in ottimo accordo con i dati sperimentali.

3 Il potenziale gravitazionale

La forza di attrazione gravitazionale `e un’esempio particolare di forza centrale nella quale il modulo della forza varia in ragione all’inverso del quadrato della distanza:

F = −G~ M m

r2r (15)

Ne segue, applicando eq.5, il potenziale gravitazionale vale:

U (r) = −GM m

r (16)

avendo scelto di porre uguale a 0 il valore del potenziale per r → ∞.

Il potenziale gravitazionale efficace vale:

Uef f(r) = L2

2mr2 −GM m

r (17)

Per stimare l’andamento notiamo che a r piccoli “comanda” il primo termine, e la funzione tende a +∞ (' 1/r2), mentre per r grandi domina il secondo termine, e la funzione tende a zero da valore negativi (' −1/r). Qualitativamente il grafico

`e riportato in figura.

Si pu`o osservare che se l’energia meccanica totale `e positiva si hanno traiettorie limitate dal basso ma altrimenti aperte (iperboli), mentre per valori negativi le traiettorie sono limitate (ellissi).

Attenzione: il fatto che siano limitate fra un rmin ed un rmax non implica automaticamente che siano chiuse. In effetti nella realt`a esistono vari fenomeni che provocano una lenta rotazione dell’asse maggiore dell’ellisse (precessione del perielio). Tuttavia per il problema gravitazionale a due corpi, le traiettorie limitate sono effettivamente anche chiuse.

(4)

Figure 1: Andamento del potenziale efficace in funzione della distanza dal polo di at- trazione per un campo gravitazionale.

Come ultima considerazione notiamo che in totale si hanno 4 integrali del moto (le tre componenti di ~L e l’energia) per un sistema a 3 gradi di libert`a (le tre coordinate della massa m sulla quale agisce la forza). Si ricorda che per un sistema a d gradi di libert`a esistono, al massimo, 2d − 1 integrali (=costanti) del moto, ma ne sono sufficienti d per determinare la legge oraria.

Se il numero di costanti del moto `e maggiore del numero di vincoli il problema si dice superintegrabile.

Nel caso del problema gravitazionale esiste un ulteriore integrale del moto, chiamato vettore di Lenz:

A = ~~ p × ~L − Gm2M ˆer (18) Essendo ~p = m~v la quantit`a di moto.

Si dimostra facilmente che ~A `e costante, infatti:

d ~A

dt = ~F × ~L − Gm2Mdˆer

dt = (−GM m

r2r) × (mr2~ω) − Gm2M ω × ˆer = 0 (19) Questo aggiungerebbe 3 ulteriori costanti del moto, superando il limite ammesso di 2d − 1 = 5. Tuttavia si vede facilmente che ~A si trova sul piano dell’orbita, in quanto ~L · ~A = 0, inoltre, come vedremo pi`u avanti, il modulo del vettore di Lenz

`e funzione di energia e impulso. Questi due vincoli riducono a 1 il numero di gradi di integrali del moto dovuti a questo vettore. In particolare, essendo ~A costante, possiamo calcolarlo in un punto qualsiasi dell’orbita; scegliamo il punto di massimo avvicinamento ~rmin al fuoco. In questo punto la quantit`a di moto `e tangenziale alla traiettoria, per cui se chiamo ˆeθme ˆerm i versori nel perielio:

A = mv~ minL(ˆeθm× ˆez) − Gm2M ˆerm= cost · ˆerm (20) Ne risulta che il vettore di Lenz `e diretto verso il perielio della traiettoria. Questa legge di conservazione ha un’importante conseguenza: le orbite dovuta alla forza gravitazionale sono orbite chiuse. Infatti il punto di massimo avvicinamento al fuoco di una traiettoria `e vincolato a trovarsi sempre allo stesso angolo polare θ definito dal vettore di Lenz.

In definitiva il problema gravitazionale ha 3 gradi di libert`a (nel caso semplice in cui il corpo attraente `e fisso nell’origine) e 5 costanti del moto, per cui si dice massimamente superintegrabile.

(5)

4 Traiettoria del moto

Esistono vari modi per integrare la traiettoria del moto nel campo gravitazionale.

In effetti la prima derivazione di Newton, poi raffinata da Feynman, si basa so- lamente su considerazioni geometriche. A questo link (http://www.di.unipi.

it/~fpoloni/study/files/ellissi.pdf) si trova una dimostrazione basata so- lamente sulla geometria euclidea.

Altre dimostrazioni si basano sulle quantita’ conservate nel moto (lezioni del prof.Fabri e del prof.Penco, parte 3 capitolo 1; http://www.df.unipi.it/~penco/

Astronomia/Testi/Parte_3/P3C1RF.PDF ), sulla soluzione di equazioni differen- ziali al primo ordine partendo dalle leggi di conservazione (http://www.fisica.

uniud.it/~delpapa/corso_fisica/4.Il%20Moto%20nei%20Campi%20di%20Forza.

pdf - pag.26) ed altre tecniche ancora esistono.

Noi seguiremo un procedimento pi`u canonico partendo dalla legge di Newton e risolvendo, con un piccolo trucco, una equazione differenziale del secondo ordine.

Scrivendo l’accelerazione in coordinate polari, solamente la parte radiale `e rile- vante:

m(¨r − r ˙θ2) = −GM m

r2 (21)

Sappiamo gi`a come trattare ˙θ (eq.3):

¨ r − L2

m2r3 = −GM

r2 (22)

Questa equazione non si risolve direttamente. Notiamo per`o che a noi non interessa trovare la legge oraria r(t), ma la traiettoria del moto in coordinate polari r(θ).

Notiamo che il passaggio dalla funzione r(t) alla funzione r(θ) richiede qualche precisazione. Abbiamo visto che la velocit`a angolare ˙θ dipende dal momento an- golare e dal quadrato del raggio, e quindi `e sempre positiva o sempre negativa, rispettivamente per traiettorie percorse in senso antiorario e orario. Di conseguenza la funzione θ(t) pu`o essere invertita per ottenere t(θ) e, con un abuso di notazione:

r(t) = r(t(θ)) = r(θ) (23)

Scriviamo l’equazione differenziale cambiando variabile da t a θ. Iniziamo dalla derivata prima:

dr dt = ˙θdr

dθ = L mr2

dr

dθ = −L m

d dθ

 1 r



(24) L’ultimo passaggio, formalmente corretto come si pu`o facilmente verificare svol- gendo la derivata, serve a introdurre la funzione 1/r che si trova in tutti i membri dell’equazione differenziale (22).

Salendo di una derivata:

d2r

dt2 = −L m

d dt

d dθ

 1 r



= −L mθ˙d2

2

 1 r



= − L2 m2r2

d22

 1 r



(25) Inserendo in eq.22 e semplificando:

d22

 1 r(θ)



+ 1

r(θ) = Gm2M

L2 (26)

Questa equazione si risolve con la sostituzione u(θ) = 1/r(θ):

d2u(θ)

2 + u(θ) = Gm2M

L2 (27)

(6)

la cui soluzione `e:

u(θ) = A cos(θ − θ0) + Gm2M

L2 (28)

Possiamo scegliere l’origine degli angoli in modo che sia θ0 = 0. Sostituendo r(θ):

r(θ) = 1

Gm2M

L2 + A cos θ

=

L2 Gm2M 1 − −AL2

Gm2M cos θ

= d

1 −  cos θ (29) dove abbiamo posto:

d = −1 A

d = L2 Gm2M

 = L2 dGm2M

(30)

La relazione:

r(θ) = d

1 −  cos θ (31)

rappresenta una conica in un sistema di coordinate polari, con d = distanza del fuoco della curva dalla retta direttrice e con  = eccentricit`a.

In particolare si nota che se  < 1 l’angolo θ pu`o assumere qualunque valore e la traiettoria `e di tipo ellittico con perielio in θ = π. Se invece  > 1 deve essere cos θ < 1/. Il che significa che la traiettoria `e di tipo iperbolico ed `e compresa fra θm a t = −∞ a 2π − θm a t = +∞. L’angolo limite `e definito da cos θm = 1/ e corrisponde agli asintoti dell’iperbole. Il perielio corrisponde ancora a θ = π.

La distanza del perielio e, nel caso dell’ellisse, dell’afelio dal fuoco si ottengono ponendo θ = π o θ = 0, rispettivamente, in eq.31:





rm = d 1 +  rM = d

1 − 

(32)

In particolare si pu`o riscrivere la seconda equazione del sistema (30) come segue:

L2= Gm2M rm(1 + ) (33)

Si preferisce questa scrittura alla precedente in quanto la direttrice d non ha un immediato significato dal punto di vista “fisico”, mentre eccentricit`a e raggio minimo di una traiettoria sono chiaramente definite.

Nota: in meccanica celeste ed in ambito astronomico la variabile angolare θ – nella forma polare dell’orbita – `e sostituita dalla cosiddetta ”anomalia vera” (anche indicata come v): angolo compreso tra il pericentro dell’orbita e la posizione del corpo orbitante nel tempo di riferimento, misurato sul piano orbitale. In questo caso l’orbita varia fra −π + θm e π − θm all’infinito passando per 0 al pericentro.

4.1 Coniche

Data un retta Rd, detta retta direttrice, ed un punto F , detto Fuoco, posto ad una distanza d da Rd, una conica `e definita come il luogo dei punti P tali che il rapporto fra la distanza del fuoco e la distanza dalla direttrice `e costante:

P F

P P0 =  = cost (34)

essendo P0 la proiezione di P sulla retta Rd.

(7)

Per  > 1 si ottiene una iperbole; per  = 1 una parabola; per 0 <  < 1 una ellisse.

Si dimostra immediatamente che dalla definizione (34) segue la relazione (31).

Infatti, in un sistema polare con origine in F , se P F = r, la relazione (34) si scrive:

r = P P0= (d + r cos θ) (35)

da cui si ricava la (31).

Si pu`o anche dimostrare che la definizione (34) coincide con quella pi`u familiare, per ellisse (iperbole) come luogo dei punti la cui somma (differenza) da due punti detti fuochi si mantiene costante.

Quello che faremo noi `e di dimostrare che dall’equazione (31) si pu`o risalire alla forma canonica in coordinate cartesiane.

Per questo `e necessario fare un doppio cambio di sistema di riferimento:

1. dalle coordinate polari (r, θ) alle coordinate cartesiane (X, Y ) con origine nel fuoco F , e con asse X coincidente con l’origine degli angoli;

2. traslazione da (X, Y ) a (x, y), coordinate cartesiane parallele alle precedenti ma con l’origine degli assi traslata di una quantit`a c.

Per fissare le idee consideriamo una iperbole ( > 1); in questo caso l’origine deve essere traslata verso sinistra: X = x − c ed il fuoco avr`a coordinate F = (c, 0) nel nuovo sistema di riferimento.

Sostituiamo r =√

X2+ Y2 e r cos θ = X:

pX2+ Y2= d + X → (1 − 2)X2+ Y2= 2d2+ 22dX (36) Applicando la traslazione X = x − c e Y = y:

(1 − 2)x2+ (1 − 2)c2− 2(1 − 2)cx + y2 = 2d2+ 22dx − 22dc (37) Per ottenere la formula canonica devo scegliere il parametro c in modo che si elimini il termine lineare in x nella formula scritta sopra:

c = 2d

2− 1 (38)

Sostituendo e raggruppando si ottiene:

(2− 1)2

2d2 x2−2− 1

2d2 y2= 1 (39)

che si riduce alla forma canonica x2 a2 −y2

b2 = 1 scegliendo:

a = d

2− 1 b = d

2− 1 c = 2d

2− 1

(40)

Se la conica di partenza `e un’ellisse, la traslazione del sistema di riferimento va fatta nell’altro senso (c → −c) ed al denominatore delle espressioni sopra va sostituito (1 − 2).

(8)

In effetti, pi`u correttamente, essendo a, b, c definiti positivi, le relazioni scritte sopra vanno modificate come segue:

a = d

|2− 1|

b = d p|2− 1|

c = 2d

|2− 1|

(41)

espressione corretta sia per ellisse che per iperbole (ma non per la parabola, con  = 1, che ha bisogno di una trattazione leggermente diversa ma facilmente ricavabile).

Si noti che i parametri a, b, c non sono indipendenti: a2+ b2 = c2.

Le relazioni in eq.41 permettono di passare dalla rappresentazione polare a quella cartesiana. Invertendo tali relazioni si passa dalla rappresentazione cartesiana a quella polare:

 = c a

d = b2 a d = b2

c

(42)

Altri appunti interessanti sulle Coniche si trovano a questo link: http://crema.di.unimi.it/ cit- rini/GC/Coniche.pdf.

4.2 Energia e Momento Angolare

Dalle formule scritte si possono anche mettere in relazione l’energia ed il momento angolare con i parametri dell’orbita.

Abbiamo gi`a visto come si ottiene il momento angolare dalla eccentricit`a e dal parametro d:

L2 = Gm2M d = Gm2Mb2

a (43)

Ricaviamo l’energia utilizzando l’espressione (24) per la velocit`a radiale ˙r, l’equazione della conica per r e la relazione (43) che collega il momento angolare L al termine gravitazionale GmM :

E = m

2 ˙r2+ L2

2mr2 −GmM r

= L2 2m

 d dθ

1 −  cos θ

d

2

+ L2 2m

 1 −  cos θ

d

2

− GmM1 −  cos θ

d

= L2

2m2d22sin2θ + L2

2m2d2(1 + 2cos2θ − 2 cos θ) − L2

m2d2(1 −  cos θ)

= L2

2m2d2(2− 1) = GmM

2d (2− 1) = GmM

2rm ( − 1)

(44)

Notare che per  < 1 si ha E < 0, che corrisponde a traiettorie limitate, come affermato al paragrafo 3. E possibile determinare Energia e Momento Angolare` dai parametri dell’orbita  e d o, utilizzando le equazioni (42) dalla lunghezza dei semiassi a e b:





L2 = Gm2M d = Gm2Mb2 a

E = GmM

2rm

( − 1) = ±GmM 2a

(45)

Attenzione: l’ambiguit`a dell’ultimo passaggio `e legata al fatto che a `e definito positivo, come gi`a commentato a proposito dell’eq.42.

(9)

Viceversa, dati i parametri E e L si ricavano i parametri dell’orbita. Ad esempio:





d = L2 Gm2M

2− 1 = 2EL2 G2m3M2

(46)

oppure:





a = GmM 2|E|

b = L

p2m|E|

(47)

Aggiungiamo alcune relazioni utili nel caso del moto iperbolico delle sonde in- torno ai pianeti.

Sia v0 la velocit`a della sonda e b il suo parametro di impatto, definito come la distanza fra il pianeta e la retta definita da ~v0. Il momento angolare e l’energia della sonda sono dati da:

 L = mbv0

E = 12mv20 (48)

La direzione di uscita della sonda, dopo essere stata deviata dalla attrazione gravitazionale del pianeta, `e data da

α = 2θm

essendo θm definito da

cos θm = 1

 → tan2θm= 2− 1 Utilizzando l’espressione in eq.46, l’angolo θm `e dato da:

tan2θm = 2− 1 = 2EL2

G2m3M2 = b2v40

G2M2 (49)

da cui possiamo ricavare la deflessione della sonda:

α = 2atan bv02

GM (50)

4.3 Il vettore di Lenz

Possiamo, a questo punto, ricavare esplicitamente il modulo del vettore di Lenz. Al solito, conviene calcolarlo nel punto di massimo avvicinamento della traiettoria. Le quantit`a aventi indice m nella formula seguente sono relative a questo punto:

A = pmL − Gm2M = mrmθ˙mL − Gm2M = L2 rm

− Gm2M = Gm2M  (51) Quindi il modulo del vettore di Lenz `e proporzionale alla eccentricit`a della trai- ettoria, a sua volta funzione dell’energia e del momento angolare.

(10)

5 Perturbazioni alla gravitazione

Come ben noto, le orbite dei pianeti sono chiuse solamente in prima approssi- mazione. In realta’ la forza di attrazione gravitazionale `e perturbata da vari effetti;

il piu’ importante e’ la presenza degli altri pianeti che modificano il carattere cen- trale di tale forza. La conseguenza `e che, ad esempio, il perielio di Mercurio non `e fisso ma ruota, o meglio, precede di circa 550” di arco ogni secolo.

Queste piccole correzioni vengono trattate in teoria perturbativa scrivendo la forza risentita dal pianeta come:

F = −~ k

r2ˆer+ ~g (52)

dove k = GM m, essendo M la massa del Sole e gr2 << k.

L’effetto principale che provoca questa precessione `e la perturbazione dovuta agli altri pianeti,in primo luogo a Venere, il pianeta pi`u vicino, seguito da Giove, il pi`u massivo, e quindi dal sistema Terra-Luna. In totale questi effetti ammontano a circa 500” di arco per secolo. Per molti anni si `e pensato che il ∼ 10% mancante fosse dovuto ad un pianeta non ancora osservato. In realt`a poi questo effetto `e stato spiegato dalla Relativit`a Generale. Anzi, questo `e stato uno dei primi successi di questa teoria.

La trattazione generale degli effetti perturbativi `e complessa, per cui qu´ı tratter- emo il caso del caso specifico in cui anche la perturbazione ~g `e dovuta ad una forza centrale. Naturalmente le perturbazioni dovute agli altri pianeti non sono centrali, mentre il contributo dovuto alla Relativit`a Generale lo `e. Sia, quindi:

~

g = g(r)ˆer

A causa della perturbazione, il vettore di Lenz non sar`a pi`u costante:

d ~A

dt = ~F × ~L − mk~ω × ˆer= −g(r)Lˆeθ (53) Vogliamo, adesso, calcolare la variazione di ~A in un “periodo”. La definizione di periodo richiede una precisazione: a causa della forza centrale aggiuntiva, il moto non `e pi`u chiuso, tuttavia `e sempre possibile definire un potenziale efficace e, essendo g(r) una piccola perturbazione, il moto sar`a sempre limitato fra un rmin ed un rmax

che non si discosteranno molto dai parametri dell’orbita imperturbata. Analoga- mente il periodo, inteso come tempo necessario per andare da rmina rmaxe tornare ad rmin sar`a molto simile al periodo dell’orbita ellittica imperurbata. Vedremo alla fine dell’esercizio, inserendo dei valori reali, quale `e il significato quantitativo dell’espressione “molto simile”.

La variazione del vettore di Lenz `e dato dall’integrale di eq.53:

∆ ~A = Z T

0

−g(r)Lˆeθdt = Z T

0

−g(r)mr2ˆeθ

dtdt = −m Z

0

g(r)r2ˆeθdθ (54) Nell’ultimo passaggio abbiamo operato un cambiamento di variabile.

La relazione scritta `e una relazione vettoriale che include, come integrando, un versore che cambia nel tempo, o, equivalentemente, lungo la traiettoria. Se prendiamo un sistema di assi cartesiani che all’istante iniziale `e diretto lungo l’asse maggiore della parabola, il versore ˆeθ si scrive come:

ˆ

eθ= − sin θˆex+ cos θˆey Quindi:

∆ ~A = −m Z

0

g(r)r2(− sin θˆex+ cos θˆey) dθ (55)

(11)

Naturalemente, al posto di r va sostituita la funzione r(θ). Applicando nuo- vamente l’ipotesi di piccola perturbazione, possiamo assumere che r(θ) non cambi rispetto a quanto scritto per la traiettoria imperturbata:

r(θ) = d 1 −  cos θ

Ne consegue che il termine g(r)r2 `e funzione di cos θ, cio`e `e una funzione pari rispetto a π. Moltiplicando questa funzione per sin θ, che invece `e una funzione dispari, l’integrale sul periodo si annulla. Quindi riscriviamo ancora l’integrale come:

∆ ~A = −m Z

0

g(r(cos θ))r(cos θ)2cos θ dθ ˆey (56) Per risolvere esplicitamente l’integrale (56) `e necessario dare un’espressione es- plicita alla perturbazione g(r).

Nell’ambito della teoria della relativit`a generale, il potenziale gravitazionale viene perturbato da un termine:

VRG(r) = −GM h2 c2r3

dove M `e la massa del polo attrattivo (Sole) e h `e il cosiddetto momento angolare ridotto:

h = L m

Nel nostro “linguaggio” (non in quello della Relativit`a Generale), possiamo de- scrivere questo potenziale, passando attraverso l’energia potenziale (cio`e un fattore m al numeratore), come una forza perturbativa attrattiva:

~g(r) = −γ

r4 (57)

con

γ = 3GM L2 m

Sostituendo in eq.56 ed usando per r(θ) l’espressione della traiettoria imperturbata:

∆A = mγ

2d2 Z

0

(1 − 2 cos θ + 2cos2θ) cos θdθ (58) L’integrale sul periodo di cos θ e di cos3θ `e nullo, per cui rimane solamente il termine quadratico:

∆A = −mγ

2d2 Z

0

2 cos2θdθ = −mγ

2d2 Z

0

·2π (59)

Di conseguenza dopo un’orbita, il vettore ~A ruota di un angolo φ dato da:

φ ∼ tan φ = ∆A

A = − 2πγ

k2d2 (60)

Sostituendo l’espressione per γ, si ottiene un termine L2 al numeratore. Allora utilizziamo le seguenti due espressioni del prodotto d per riscrivere il denominatore (eq.32 e eq.43):

d = L2

d = rmkm(1 + ) = rM(1 − )

(61)

(12)

φ = − 2π · 3GM L2· mk

k · c2m · L2rM(1 − ) = − 6πGM

c2rM(1 − ) (62) Dividendo per 2π possiamo trovare la frazione di angolo giro della quale ha ruotato il vettore di Lenz, e quindi il perielio:

φ

2π = − 3GM

c2rM(1 − ) = − 3GM

c2a(1 − 2) (63)

dove, nell’ultimo passaggio, si `e introdotto il semiasse maggiore dell’ellisse a. L’ultima relazione pu`o essere ricavata dalle equazioni dei paragrafi precedenti.

Sostituendo i parametri relativi all’orbita di Mercurio:

G = 6.7 · 10−11m3kg−1s−2 c = 3 · 108ms−1

M = 2 · 1030kg a = 5.7 · 1010m

 = 0.2 risulta:

φ

2π ∼ 10−7 (64)

(si verifichi anche le dimensioni del risultato).

La rotazione `e retrograda (segno negativo) e le sue dimensioni, 10−7 volte pi`u piccola di un angolo giro, giustifica totalmente le ipotesi fatte in precedenza sulle

“piccole perturbazioni”.

Normalmente questo effetto di precessione `e espresso in termini di secondi di arco per secolo:

φ = 10−7· [360 · 60 · 60] · 1

0.24 · 100 ”/secolo ' 50”/secolo (65) dove il primo termine fra parentesi quadre serve a passare ai secondi di arco, la frazione `e il rapporto fra l’anno terrestre e quello “mercuriano” (l’angolo giro di cui parliamo `e una rotazione completa del pianeta Mercurio, quindi un anno mercuri- ano), e l’ultimo fattore `e semplicemente per passare al secolo.

Notare che, a causa del raggio al denominatore, la frazione di angolo solido diventa sempre meno rilevante per i pianeti pi`u esterni. Inoltre, la precessione espressa in secoli terrestre diminuisce di un altro fattore a3/2 a causa dell’aumento del periodo di rotazione (tempo necessario a percorrere un angolo giro). Tutto questo `e ovviamente legato al fatto che il contributo gravitazionale diminuisce come r−2 mentre la correzione relativistica come r−4.

Il risultato corretto della teoria della Relativit`a Generale `e φ = −42.89”/secolo

non troppo diverso da quanto trovato con il metodo descritto.

6 La massa ridotta

In tutta la trattazione abbiamo assunto la massa M fissa nell’origine del sistema di coordinate polari. In una situazione reale, la massa m esercita una forza uguale ed opposta sulla massa M provocando, a sua volta, un moto ellittico (nel caso di orbite chiuse) di quest’ultima.

(13)

Se i due corpi sono liberi si ha un sistema di equazioni accoppiate:





m~am= −GM m r2r

M~aM = +GM m r2r

(66)

dove abbiamo orientato l’asse ~r dalla massa grande a quella piccola.

Considerando come centro del sistema di assi il baricentro delle due masse, le posizioni di m e M risultano:

~

rm= M M + m~r

~

rM = − m M + m~r

(67)

Di conseguenza il sistema 66 si trasforma nell’equazione:

µ¨r = −GM m

r2 (68)

dove abbiamo introdotto la massa ridotta µ = M m

M + m (69)

La funzione ~r(θ) `e la stessa trovata in precedenza sostituendo la massa ridotta µ alla massa m, eccetto che nell’espressione della costante di accoppiamento gravi- tazionale GM m = k.

Secondo il sistema 67, le due masse si muoveranno su due coniche (ad esempio due ellissi) le cui dimensioni sono scalate per i fattori m/(M + m) e M/(M + m), trovandosi sempre dalla parte opposta rispetto al centro di massa.

6.1 Alcune considerazioni numeriche

• sistema Terra-Sole: il rapporto fra le masse `e 333000 = 106/3, la distanza `e 150 milioni di chilometri. Di conseguenza il baricentro si trova a

150 · 106 3

106 = 450km

dal centro del sole. Considerare il sole fermo `e una aprossimazione decisamente accettabile.

• sistema Giove-Sole: Giove `e il pianeta pi`u grande del sistema solare. `E un gigante gassoso con una massa pari a circa 2500 volte quella della somma di tutti gli altri pianeti del sistema solare! In questo caso il baricentro si trova a:

d = 0.8 · 109km/103 = 8 · 105km. Il raggio solare `e R ' 6 · 105km, per cui il moto del sole intorno al baricentro comune non `e proprio trascurabile.

• sistema Terra-Luna: il rapporto fra le masse `e circa di 80, e la distanza pari a 380000 km. In questo caso il baricentro si trova a circa 5000 km dal centro della terra, piuttosto vicino alla crosta terrestre, con un effetto quindi, anche in questo caso, non del tutto trascurabile.

7 Le tre leggi di Keplero

Ricaviamo, adesso, le tre leggi di Keplero per i moti legati nell’ipotesi M >> m, quindi con massa ridotta µ = m.

(14)

La prima afferma che il moto legato `e di tipo ellittico, e questo `e stato verificato esplicitamente in eq.31.

La seconda legge asserisce che la velocit`a areolare `e costante. Se il corpo muoven- dosi lungo la traiettoria percorre in un tempo dt un angolo dθ, l’area spazzata dal raggio `e data da:

dA = r2

2 (70)

La velocit`a areolare `e:

dA dt = r2

2 dθ dt = L

2m = cost (71)

La seconda legge risulta cos`ı dimostrata.

La terza legge lega il periodo di rotazione alle dimensioni dell’orbita. Se indichi- amo con A l’area totale dell’ellisse, dalla relazione scritta sopra risulta:

L 2m= A

T = πab

T (72)

dove abbiamo usato la formula A = πab, che corrisponde all’area dell’ellisse. Uti- lizzando l’eq.43 si ha:

L =

rGm2M

a · b (73)

Sostituendo in (72)ed elevando al quadrato:

a3

T2 = GM

2 = cost (74)

Risulta quindi dimostrato che il quadrato del tempo di rotazione `e proporzionale al cubo del semiasse dell’orbita.

Notiamo che, introducendo la massa ridotta µ, `e facile verificare che il risultato precedente cambia nel modo seguente:

T2 = 4π2

G(M + m)a3 (75)

Quindi, in realt`a, il rapporto fra il quadrato del periodo ed il cubo del semiasse non `e costante ma dipende dalla massa del pianeta. Tuttavia il rapporto fra le masse dei pianeti e quella del sole vale, al massimo, l’uno per mille, nel caso di Giove e vale 3 · 10−6 nel caso della Terra. Correzioni non rilevabili ai tempi di Keplero.

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