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Capitolo 4 Il processo di maturazione dei formaggi

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CAPITOLO 4

Il processo di maturazione dei

formaggi

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Capitolo 4 Il processo di maturazione dei formaggi

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Prima di trattare delle caratteristiche chimico-fisiche, microbiologiche e sensoriali dei formaggi a pasta semidura sulla base della bibliografia consultata, si effettua un approfondimento riguardo all’evoluzione del processo maturativo dei formaggi, che dettaglia la complessità delle modificazioni che si attuano a carico della componente proteica, lipidica e di derivazione dal lattosio. Tali modificazioni sono infatti alla base della definizione delle caratteristiche peculiari dei singoli formaggi.

La proteolisi

Nel corso della maturazione i formaggi subiscono complesse modificazioni a carico della componente proteica (proteolisi), lipidica (lipolisi) e, in misura minore, del lattosio residuo, del lattato, del citrato.

A seguito di queste modificazioni, si accumulano sostanze fondamentali per la definizione di aroma, gusto, texture. Di seguito se ne dà una descrizione.

La modificazione principale è data dalla proteolisi che è il più complesso e, nella maggior parte delle varietà, il più importante dei principali eventi biochimici che si verificano nella maggior parte dei formaggi durante la maturazione. A causa della sua importanza, la proteolisi e gli enzimi responsabili di questo processo sono stati ampiamente studiati negli ultimi due decenni (Fox, 1989; Fox et al., 1991; Fox et al., 1996; Fox e McSweeney, 1997; Sousa et al., 2001;

Upadhyay et al., 2004).

La proteolisi contribuisce alla diminuzione della consistenza del formaggio durante la maturazione, a causa dell'idrolisi della matrice di caseina della cagliata e anche attraverso una variazione dell'attività dell'acqua (a

w

) nella cagliata, a causa di cambiamenti nei legami dell'acqua con gruppi carbossilici ed amminici che sono i prodotti dell'idrolisi.

La proteolisi ha una diretta influenza sul sapore attraverso la produzione di peptidi a corta catena e amminoacidi, alcuni dei quali sono aromatizzanti (a volte amari), favorendo il rilascio di composti sapidi dalla matrice del formaggio e, forse ancora più importante, fornendo gli aminoacidi liberi che a loro volta sono substrati per una serie di reazioni cataboliche che generano molti importanti composti aromatici.

Le proteinasi e peptidasi che catalizzano la proteolisi nel formaggio durante la maturazione provengono da sei fonti primarie, ossia il coagulante, il latte, i batteri lattici (LAB), i batteri lattici non starter (NSLAB), alcuni starter secondari (ad es. Propionibacterium freudenreichii nei formaggi svizzeri, Penicillium roqueforti nel Gorgonzola, P. camemberti nel Camembert e Brie), oltre, in certi casi, a un complesso di microflore batteriche Gram-positive che si sviluppano sulla superficie di alcuni formaggi, e rappresentano una fonte esogena di proteinasi o peptidasi in grado di accelerare i processi di maturazione (formaggi a crosta lavata).

Una fonte importante di enzimi proteolitici in molte varietà di formaggio è rappresentata dai

residui dell'agente coagulante, infatti spesso chimosina e pepsina rimangono intrappolate nella

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cagliata durante il drenaggio del siero. Fino al 30% dell'attività coagulante del caglio aggiunto al latte può rimanere attivo nella cagliata a seconda di fattori come il tipo di enzima, la temperatura di cottura e valore di pH al drenaggio del siero (Upadhyay et al., 2004).

Il latte è di per sé una fonte importante di enzimi proteolitici. La principale proteinasi indigena nel latte è la plasmina, che è una serina-proteinasi simile alla tripsina di origine emolitica, che ha un optimum di attività a un pH di circa 7,5 e ad una temperatura di 37°C. Il ruolo fisiologico della plasmina nel sangue è la degradazione dei coaguli di fibrina durante il processo di coagulazione. Quindi, l'attività della plasmina nel sangue deve essere sotto stretto controllo e pertanto è prodotta a partire da un precursore inattivo, il plasminogeno, attraverso l'azione di attivatori del plasminogeno (PAs) e la sua produzione è regolata anche da inibitori. Questi composti si ritrovano anche nel latte.

Nel latte, la plasmina, il plasminogeno e i PAs sono principalmente associati con le micelle di caseina mentre gli inibitori della plasmina e gli inibitori dei PAs si ritrovano nel siero e quindi sono persi durante il drenaggio del siero. La specificità della plasmina è limitata ai legami peptidici del tipo Lys-X, ed in misura minore Arg-X, e degrada le caseine secondo l’ordine ß- caseina, as2-caseina, as1-caseina, mentre la k-caseina sembra essere resistente all'azione di questa proteinasi. La specificità della plasmina su ß, as2 e as1-caseine è nota ma il suo più importante substrato nel formaggio è la ß-caseina, che la plasmina idrolizza in tre siti. Anche l’as2-caseina è molto sensibile all'azione della plasmina ed è probabile che la scomparsa di questa proteina, che è spesso osservata nel formaggio durante la maturazione, sia dovuta all'azione della plasmina (Fox e McSweeney, 1996), sebbene questa ipotesi resti da dimostrare.

L'attività della plasmina è della massima importanza nelle varietà di formaggio che vengono cotte ad alte temperature (intorno a 55°C), ad esempio quelli svizzeri o i formaggi grana italiani.

La plasmina è anche molto importante nei formaggi muffettati e a crosta lavata, in cui il pH aumenta durante la maturazione, allontanandosi dai valori di pH ottimali per la chimosina, che quindi qui riveste un ruolo come agente proteolitico, in favore di quelli della plasmina (Upadhyay et al., 2004). Il latte contiene anche altre proteinasi indigene originatesi dalle cellule somatiche, in particolare dai leucociti. Le cellule somatiche contengono molte proteinasi, comprese le catepsine B, D, G, H, L e l’elastasi (Kelly e McSweeney, 2003). Tuttavia, solo la presenza delle catepsine B e D è stata confermata nel latte anche se è altamente probabile che anche le altre catepsine siano presenti. La rilevanza della catepsina B come agente proteolitico nel formaggio durante la maturazione è sconosciuta, sebbene questo enzima abbia un'ampia specificità verso le caseine (Considine et al., 2004).

Riguardo alla catepsina D, questo enzima è una aspartil-proteinasi con temperatura e pH ottimali

rispettivamente di 37°C e 4. La specificità della catepsina D sulle caseine, in particolare sull'as1-

caseina, è molto simile a quella della chimosina, sebbene la catepsina D sia scarsamente

coinvolta nella coagulazione del latte (McSweeney et al., 1995). A causa della somiglianza della

sua specificità rispetto a quella della chimosina, è difficile valutare il ruolo della catepsina D

nella maturazione di un formaggio prodotto con caglio, mentre è stato dimostrato il suo ruolo

nella maturazione di formaggi a coagulazione acida prodotti senza caglio. Il contributo di questo

enzima per la maturazione della maggior parte delle varietà di formaggio, in particolare di quelli

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ottenuti da latte pastorizzato, è probabilmente molto limitato, in quanto, la catepsina D si perde per il 92% con la pastorizzazione, per cui buona parte viene persa con il drenaggio nel siero (Hayes et al., 2001).

I LAB hanno complessi sistemi proteolitici per liberare nell’ambiente extracellulare gli aminoacidi necessari per il loro sviluppo. Le proteinasi e le peptidasi dei LAB sono essenziali per la maturazione del formaggio. Il principale enzima proteolitico di Lactococcus è la cosiddetta proteinasi associata all’envelope cellulare (CEP) o PrTP o lactocepin, che è collegata in modo labile da ioni calcio alla superficie cellulare. La CEP è una delle serina-proteinasi (~140 kDa, pH ottimale 5,5-6,5), il cui gene è codificato in un plasmide. Il ruolo primario della CEP è quello di degradare le caseine per fornire piccoli peptidi per permettere alle cellule dei lattococchi di crescere agevolmente nel latte.

Tuttavia, nel formaggio, essa ha la funzione principale di degradare peptidi di medie dimensioni prodotti dalla caseina per azione della chimosina (ad esempio as1-CN f1-23) o della plasmina. I lattococchi possiedono anche un certo numero di proteinasi intracellulari, il cui ruolo nella maturazione del formaggio non è ben chiaro anche se la loro azione non è probabilmente così significativa come quella della CEP. I LAB contengono anche peptidasi intracellulari che sono invece molto importanti per le fasi finali della proteolisi del formaggio durante la maturazione e la definitiva liberazione di aminoacidi liberi come substrati per successive reazioni cataboliche.

In ogni caso, l’entità e qualità della proteolisi variano considerevolmente tra le varietà di formaggi a causa delle differenze nelle pratiche di produzione (in particolare la temperatura di cottura) e coi protocolli di maturazione che causano differenze nel tempo di maturazione, nel contenuto di umidità residua, nell'attività coagulante, nell'attivazione del plasminogeno a plasmina ed eventualmente nello sviluppo di un ambiente fortemente proteolitico dovuto alla microflora secondaria. Il pattern di proteolisi (cioè le concentrazioni relative di diversi peptidi e amminoacidi) è molto variabile ed è essenzialmente unico per una particolare varietà. La proteolisi primaria è simile durante la maturazione della maggior parte dei formaggi; la chimosina idrolizza prontamente il legame Phe23-Phe24 dell’as1-caseina tranne che nei formaggi che vengono cotti ad una temperatura elevata, dove l'idrolisi effettuata da questa proteina è lenta e in cui la plasmina è il principale agente proteolitico.

Durante il processo di stagionatura, quindi, tutti i formaggi sono interessati in maniera più o meno intensa da alcuni processi proteolitici che conferiscono loro peculiari caratteristiche riguardanti la consistenza finale della pasta e alcuni caratteri sensoriali relativi ad aroma e sapori;

queste modificazioni sono dovute all’azione di enzimi proteolitici di varia origine, endogena per

quanto riguarda la microflora spontanea del latte, o esogena, con provenienza da caglio, colture

starter e non starter, eventuali muffe o altre microflore sussidiarie, che possono o meno esercitare

la loro azione a seconda del tipo di formaggio (Figura 9) e delle varie fasi in cui la caseina viene

ridotta a composti di natura più semplice, mediante la successiva degradazione della catena

peptidica, fino ad arrivare agli amminoacidi liberi ed ai relativi prodotti di degradazione (Figura

10).

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Figura 9 “Importanza relativa delle proteasi di diversa origine nel processo di maturazione di alcuni formaggi” (fonte: Corradini, 1995)

Figura 10 “Processi proteolitici nei formaggi catalizzati da enzimi di diversa origine” (fonte:

Corradini, 1995)

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Figura 9 “Importanza relativa delle proteasi di diversa origine nel processo di maturazione di alcuni formaggi” (fonte: Corradini, 1995)

Figura 10 “Processi proteolitici nei formaggi catalizzati da enzimi di diversa origine” (fonte:

Corradini, 1995)

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Figura 9 “Importanza relativa delle proteasi di diversa origine nel processo di maturazione di alcuni formaggi” (fonte: Corradini, 1995)

Figura 10 “Processi proteolitici nei formaggi catalizzati da enzimi di diversa origine” (fonte:

Corradini, 1995)

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Infatti dal catabolismo di questi amminoacidi si formeranno molti dei composti che concorreranno, insieme a quelli ottenuti attraverso il catabolismo dei citrati e la lipolisi, alla formazione del gusto e dell’aroma tipico di ogni formaggio (Figura 11).

Una misura dei processi di lisi della caseina in elementi a catena sempre più corta e a minor peso molecolare, fino agli amminoacidi liberi, può essere data dalla determinazione di una serie di indici di proteolisi (Figura 12), pertanto si possono suddividere le sostanze azotate presenti in un formaggio seguendo lo schema riportato nella Figura 13. Questi indici sono interessanti perché possono dare delle valide indicazioni non solo sul livello di stagionatura raggiunto da un formaggio o sull’influenza che determinati accorgimenti tecnologici possono avere sulla maturazione del formaggio, ma permettono anche di isolare alcune caratteristiche distintive dei vari formaggi (Corradini, 1995).

Figura 11 “Catabolismo microbico degli amminoacidi durante la maturazione” (fonte: Corradini, 1995)

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Infatti dal catabolismo di questi amminoacidi si formeranno molti dei composti che concorreranno, insieme a quelli ottenuti attraverso il catabolismo dei citrati e la lipolisi, alla formazione del gusto e dell’aroma tipico di ogni formaggio (Figura 11).

Una misura dei processi di lisi della caseina in elementi a catena sempre più corta e a minor peso molecolare, fino agli amminoacidi liberi, può essere data dalla determinazione di una serie di indici di proteolisi (Figura 12), pertanto si possono suddividere le sostanze azotate presenti in un formaggio seguendo lo schema riportato nella Figura 13. Questi indici sono interessanti perché possono dare delle valide indicazioni non solo sul livello di stagionatura raggiunto da un formaggio o sull’influenza che determinati accorgimenti tecnologici possono avere sulla maturazione del formaggio, ma permettono anche di isolare alcune caratteristiche distintive dei vari formaggi (Corradini, 1995).

Figura 11 “Catabolismo microbico degli amminoacidi durante la maturazione” (fonte: Corradini, 1995)

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Infatti dal catabolismo di questi amminoacidi si formeranno molti dei composti che concorreranno, insieme a quelli ottenuti attraverso il catabolismo dei citrati e la lipolisi, alla formazione del gusto e dell’aroma tipico di ogni formaggio (Figura 11).

Una misura dei processi di lisi della caseina in elementi a catena sempre più corta e a minor peso molecolare, fino agli amminoacidi liberi, può essere data dalla determinazione di una serie di indici di proteolisi (Figura 12), pertanto si possono suddividere le sostanze azotate presenti in un formaggio seguendo lo schema riportato nella Figura 13. Questi indici sono interessanti perché possono dare delle valide indicazioni non solo sul livello di stagionatura raggiunto da un formaggio o sull’influenza che determinati accorgimenti tecnologici possono avere sulla maturazione del formaggio, ma permettono anche di isolare alcune caratteristiche distintive dei vari formaggi (Corradini, 1995).

Figura 11 “Catabolismo microbico degli amminoacidi durante la maturazione” (fonte: Corradini,

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Figura 12 “Indici analitici dell’idrolisi delle proteine” (fonte: Corradini, 1995)

Figura 13 “Schema di frazionamento delle parti azotate” (fonte: Corradini, 1995)

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Ad esempio, i dati riportati nella Figura 14 indicano come nei formaggi a pasta dura tipo Grana la frazione dell’azoto solubile a pH 4,6 sia in buona parte costituita da azoto non proteico, mentre in altri formaggi con minor consistenza della pasta (ad esempio Fontina) questa percentuale sia nettamente inferiore.

La presenza di enzimi diversi da quelli normalmente presenti nel corredo enzimatico di ogni formaggio, che magari provengono da moltiplicazioni microbiche non desiderate, o da inquinamento microbico del latte, o dall’uso di coagulanti non idonei, ha come possibile conseguenza deviazioni più o meno grandi dalla normale evoluzione dei processi di lisi proteica a carico delle varie caseine prima, e dei peptidi a lunga catena poi. Le conseguenze sul prodotto sono ad esempio la comparsa di peptidi amari, o difetti della pasta con conseguente deprezzamento del prodotto; queste anomalie possono influire anche sul quadro degli amminoacidi liberi.

Anche la concentrazione salina influenza la caseina durante la maturazione, infatti, elevate concentrazioni saline all’inizio della maturazione influenzano l’attività di alcuni enzimi, concentrazioni crescenti di sale fino al 6% stimolano l’idrolisi della caseina alfa s1 da parte degli enzimi coagulanti contenuti nel caglio, mentre inibiscono la proteolisi della caseina beta probabilmente a causa di alterazioni nei siti di attacco della caseina da parte del sale.

Figura 14 “Distribuzione delle frazioni azotate che si liberano per lisi dalla caseina in alcuni formaggi” (fonte: Corradini, 1995)

Sulla velocità di proteolisi hanno influenza i seguenti fattori:

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 La temperatura e l’umidità ambientale in maturazione: la prima è mantenuta a 4-5°C per i formaggi molli e a 15-20°C per quelli a pasta semidura e dura, mentre l’umidità relativa deve oscillare tra 75 e 85% per i formaggi a pasta dura e crosta asciutta, mentre deve superare il 90% per i formaggi molli senza crosta o con sviluppo di muffe in superficie;

 La velocità di lisi della caseina in peptidi solubili, che è maggiore all’inizio che alla fine della stagionatura;

 L’umidità del formaggio, che influenza la proteolisi, nel senso che questa è tanto più rapida quanto l’umidità è elevata;

 Il pH, che influenza l’azione di molti enzimi: ad esempio le endopeptidasi, peptidasi e decarbossilasi sono attive a pH 5-6;

 La quantità di caglio: tanto maggiore è la dose impiegata tanto più veloce è la solubilizzazione delle caseine, sempre che il caglio non sia stato denaturato o allontanato durante le operazioni di caseificio;

 Un elevato tenore in sale: esso rallenta l’azione di alcune proteasi;

 Il polimorfismo delle caseine presenti nel latte. Alcune varianti possono essere più attaccabili di altre da parte dei diversi enzimi.

La velocità con cui i processi proteolitici avvengono svolge un ruolo importante nella qualità dei formaggi, l’individualità e la tipicità di un formaggio derivano da un armonico equilibrio di processi fermentativi ed enzimatici in parte interdipendenti tra loro che non devono essere forzati o accelerati (Corradini, 1995).

La lipolisi

La seconda modificazione che avviene durante la maturazione è dovuta ai processi lipolisi. I lipidi negli alimenti possono subire l'azione idrolitica o la degradazione ossidativa. Tuttavia, nel formaggio, le modifiche ossidative sono molto limitate a causa del basso livello del potenziale di ossido-riduzione (circa - 250 mV) (Fox e Wallace, 1997; McSweeney e Sousa, 2000; Collins et al., 2003). Tuttavia, i trigliceridi presenti in tutte le varietà di formaggio sono sottoposti a idrolisi mediante l'azione di lipasi endogene e/o esogene, che danno come risultato la liberazione degli acidi grassi nel formaggio durante la maturazione. I trigliceridi contenuti nel grasso del latte dei ruminanti sono ricchi di acidi grassi a catena corta che, quando vengono liberati, contribuiscono in modo significativo al sapore di molte varietà di formaggi. Sebbene un certo grado di lipolisi si verifichi nella maggior parte o in tutti i formaggi, l'azione risulta più ampia come in alcuni formaggi a pasta dura e nei formaggi erborinati. Bassi livelli di lipolisi contribuiscono ad esempio alla maturazione del formaggio Cheddar, Gouda e del formaggio svizzero, ma livelli eccessivi di lipolisi sono indesiderabili perchè hanno come risultato la rancidità (Mc Sweeney e Sousa, 2000; Collins et al., 2003). In aggiunta al loro contributo diretto al sapore del formaggio, gli acidi grassi sono anche importanti precursori per la produzione di sostanze volatili. Alcuni agenti lipolitici nel formaggio sono generalmente originati dal latte, come il coagulante (nel caso di caglio in pasta) e la microflora del formaggio (LAB, NSLAB e microflora aggiuntiva). Il latte contiene una lipasi importante, una lipoproteina lipasi (LPL), con un peso molecolare di 55 kDa.

Il ruolo fisiologico di questo enzima è nel metabolismo dei trigliceridi del plasma e passa dal

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sangue al latte (Olivecrona et al., 2003). In condizioni ottimali i livelli di LPL nel latte sarebbero sufficienti a causare sapore di rancido (Walstra e Jenness, 1984). Ciò non avviene in circostanze normali, perché la materia grassa del latte è protetta dall'azione dell'LPL dai globuli di grasso e circa il 90% di LPL è associato con le micelle caseiniche. Tuttavia, se i globuli di grasso subiscono danni meccanici, per esempio mediante omogeneizzazione, agitazione o schiumatura, lipolisi significative possono verificarsi rapidamente e si ha il conseguente sviluppo di sapori sgraditi (Fox et al., 2000). L’LPL presenta una preferenza nell’azione di idrolisi per i trigliceridi contenenti acidi grassi a catena media (C6-C12) (Collins et al., 2003; Olivecrona et al., 2003).

L'attività di LPL è della massima importanza nei formaggi a latte crudo, perchè l'enzima è in gran parte inattivato tramite la pastorizzazione, sebbene siano necessari 78°C per 10 secondi per inattivare questo enzima completamente (Driessen, 1989). Il caglio industriale utilizzato per la fabbricazione della maggior parte delle varietà di formaggio è in genere privo di attività lipasica.

Tuttavia, il caglio in pasta utilizzato nella fabbricazione di alcuni formaggi italiani a pasta dura, come il Provolone e vari formaggi pecorini e spesso la Feta greca, presentano un’elevata attività lipolitica.

Gli enzimi sono attivi in modo ottimale a pH 7-8,5 (Kamaly et al., 1990; Gobbetti et al., 1996;

Chich et al., 1997). Con poche eccezioni, gli enzimi lipolitici provenienti da LAB hanno temperatura ottimale intorno a 35°C e sono più attivi su substrati contenenti acidi grassi a catena corta (Collins et al., 2003).

I processi lipolitici della maturazione dei formaggi consistono essenzialmente nella degradazione dei trigliceridi con liberazione di acidi grassi, che non fanno solo di per sé parte importante del gusto e dell’aroma, ma costituiscono i precursori di altre sostanze (alcoli, aldeidi, metilchetoni, acidi) che partecipano alla definizione organolettica e, nell’insieme, rappresentano il contributo della componente lipidica alla caratterizzazione sensoriale di un formaggio.

I formaggi in cui si sviluppa un’intensa attività lipolitica sono quelli in cui prevale un gusto piccante, che può essere correlato al contenuto maggiore di acido butirrico. Tuttavia è la relativa proporzione in cui sono presenti i vari acidi grassi liberi che determina il gusto distintivo di ogni formaggio più o meno lipolizzato.

I rapporti relativi tra gli acidi grassi, che si liberano per lisi enzimatica in un formaggio, dipendono direttamente dalle lipasi utilizzate in caseificazione, com’è riportato nella Figura 15;

poiché l’azione delle lipasi naturalmente presenti nel latte non è molto efficace, sia perché i

valori di pH e temperatura sono troppo elevati per la pratica casearia comune, sia per la parziale

inattivazione dovuta ai molteplici trattamenti termici che può subire il latte. Nei formaggi in cui i

processi lipolitici svolgono un ruolo chiave nella maturazione e nella caratterizzazione del

prodotto, si ricorre a lipasi di varia origine, come le tradizionali lipasi animali, presenti ad

esempio nei cagli in pasta, e quelle di origine microbica, prevalentemente fungina (ad esempio

muffe verdi usate nei formaggi erborinati). Si trovano in commercio anche lipasi prodotte da

funghi, da usare indipendentemente dalle muffe produttrici.

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Figura 15 “Distribuzione percentuale degli acidi grassi liberati dal grasso di latte da lipasi di diversa origine” (fonte: Corradini, 1995)

Le fonti principali delle lipasi di origine animale sono i tessuti pregastrici di capretti, vitelli e agnelli, infatti, in questi animali gli enzimi lipolitici sono secreti dalle ghiandole salivari e sono presenti nel condotto glandolare dell’epitelio. Essiccando questi tessuti si possono ottenere le lipasi pregastriche in polvere o, per estratto in forma liquida. Tuttavia la forma tradizionale e più usata in caseificio è quella del caglio in pasta.

I cagli in pasta contengono sia enzimi coagulanti di provenienza abomasale, sia lipolitici provenienti dai tessuti gastrici e dal contenuto degli stomaci; quelli oggi in commercio hanno una buona standardizzazione delle attività enzimatiche e il loro impiego è da preferirsi nelle produzioni tipiche in quanto garantiscono, nei formaggi maturi, un miglior equilibrio del gusto e aroma caratteristici (Corradini, 1995).

Infine, seppur in misura minore, sulle modificazioni che avvengono nel formaggio durante la

maturazione, incide anche il metabolismo del lattosio residuo, del lattato e del citrato.

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51 Il metabolismo del lattosio residuo

Poiché il formaggio è un derivato del latte soggetto a fermentazioni, una caratteristica chiave della sua fabbricazione è il metabolismo del lattosio in lattato da parte di colture selezionate o naturali di batteri produttori di acido lattico. Il pH della cagliata è determinato dal grado di acidificazione durante il processo di fabbricazione, della capacità tamponante della cagliata e, in alcuni casi, della disacidificazione durante la maturazione. Il pH del formaggio influisce sulla consistenza della cagliata così da influenzare la solubilità delle caseine; il pH influisce indirettamente anche sulla consistenza e il sapore influenzando l'attività di alcuni enzimi importanti per la maturazione e, nel caso del coagulante, la ritenzione dell'enzima nella cagliata durante la fabbricazione (Holmes et al., 1977; Stadhouders et al., 1977; Visser e Slangen, 1977;

Creamer et al., 1985; Garnot et al., 1987). La maggior parte del lattosio nel latte è perso nel siero come lattosio o lattato durante la produzione del formaggio. Tuttavia, bassi livelli di lattosio rimangono nella cagliata al termine della fabbricazione (ad esempio lo 0,8-1,0% per il formaggio Cheddar a rottura). La corretta fermentazione del lattosio è importante nei formaggi per evitare lo sviluppo di una microflora secondaria indesiderata. Il lattosio residuo viene metabolizzato rapidamente a L-lattato durante i primi stadi di maturazione ad una velocità determinata in larga misura dalla temperatura e della concentrazione di sale nell'acqua. Il lattosio che rimane non fermentato dall'azione dello starter è probabilmente metabolizzato da NSLAB (Mc Sweeney e Fox, 2004). Se la flora NSLAB è molto alta nel latte, si vengono a formare notevoli quantità di D-lattato frutto della fermentazione del lattosio residuo o della racemizzazione dell'L-lattato in DL-lattato (Turner e Thomas, 1980). Anche il metabolismo del lattosio nel formaggio svizzero è piuttosto complesso (Turner et al., 1983; Fox et al., 1990; McSweeney e Fox, 2004), il lattosio residuo intrappolato nella cagliata dopo la pressatura viene rapidamente metabolizzato durante il raffreddamento della cagliata per azione dello Streptococcus thermophilus, che metabolizza il glucosio con produzione di L-lattato. Il galattosio si accumula inizialmente, ma questo zucchero e qualsiasi residuo di lattosio sono metabolizzati da parte dei lattobacilli presenti nel caglio dando una miscela di D- e L-lattato (Turner et al., 1983; Fox et al., 1990; McSweeney e Fox, 2004). Il lattato viene metabolizzato durante la stagionatura del formaggio svizzero dai propionibatteri a propionato di etile, H

2

O e CO

2

.

La presenza di acido lattico, galattosio e residui di lattosio nei formaggi varia in base alla

tipologia, allo starter impiegato e alla tecnica di produzione e dalla durata della maturazione; nei

formaggi a lunga maturazione, o in quelli a crosta fiorita, l’acido lattico non è per forza un

prodotto terminale nella degradazione degli zuccheri (Figura 16), ma può essere il substrato per

batteri propionici e butirrici, in condizioni di microaerofilia o anaerobiosi, che permette loro di

produrre rispettivamente acido propionico o acido butirrico, con liberazione di anidride

carbonica, con conseguente alterazione della struttura della pasta.

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Figura 16 “Contenuto indicativo di zuccheri residui e acido lattico di alcuni formaggi” (fonte:

Mucchetti e Neviani, 2006)

Il metabolismo del lattato

Il lattato prodotto a partire dal lattosio mediante l'azione dello starter è un importante substrato per una vasta gamma di reazioni che si verificano nel formaggio durante la maturazione. Il D- lattato può essere formato direttamente dal lattosio dello starter o da lattobacilli NSLAB (Fox et al., 2000) o mediante la racemizzazione del L-lattato. Il tasso al quale il L-lattato è racemizzato dipende dalla composizione della flora NSLAB, per esempio i pediococchi racemizzano il lattato più velocemente dei lattobacilli (Thomas e Crow, 1983) e la racemizzazione è probabilmente più veloce nel formaggio a base di latte crudo che in formaggio a latte pastorizzato (Mc Sweeney e Fox, 2004). Il percorso per la racemizzazione del lattato implica probabilmente l'ossidazione dell’L-lattato da parte dell'L-lattato deidrogenasi per formare piruvato, che viene poi ridotto a D- lattato mediante l'azione di D-lattato deidrogenasi. La racemizzazione di lattato è significativa poiché la solubilità del calcio-DL-lattato è inferiore a quella di calcio-L-lattato (Thomas e Crow, 1983; Dybing et al., 1988) e quindi la racemizzazione favorisce la formazione di cristalli di Ca- DL-lattato, che si manifestano nel formaggio come macchie di colore bianco, in particolar modo sulle superfici di taglio.

Questi cristalli sono innocui ma possono risultare sgraditi ai consumatori (Dybing et al., 1988).

Livelli elevati di lattosio favoriscono la crescita di NSLAB e quindi la formazione di cristalli

(Pearce et al., 1973; Sutherland e Jameson, 1981). Il lattato può essere ossidato dalla flora del

formaggio a prodotti comprendenti acetato, etanolo, formiato e CO

2

(Fox et al., 2000). Il

metabolismo anaerobico del lattato da Clostridium tyrobutyricum a butirrato e idrogeno si

traduce in un difetto noto come gonfiore tardivo, che determina la formazione di crepe che

compaiono nel formaggio durante la maturazione e lo sviluppo di sapori anomali (Fox et al.,

1990; McSweeney e Fox, 2004). Questo tipo di difetto è un problema soprattutto nei formaggi

salati mediante salamoia a causa del tempo richiesto al cloruro di sodio per diffondersi nel

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formaggio e raggiungere concentrazioni inibitrici di questi microrganismi alteranti (Kleter et al.,

1984); il problema invece non sussiste nei formaggi salati direttamente, in quanto il sale

raggiunge concentrazioni elevate in tempi molto brevi. Le strategie per evitare tale difetto

comportano di solito la riduzione del numero di spore nel latte di C. tyrobutyricum (ad esempio

una buona igiene, inibizione della germinazione delle spore e la crescita delle cellule vegetative,

ad esempio mediante l'utilizzo di lisozima o nitrato) o la rimozione fisica di spore tramite

bactofugazione o microfiltrazione (McSweeney e Fox, 2004). Il metabolismo del lattato è

essenziale per lo sviluppo delle grandi occhiature che caratterizzano il formaggio Emmenthaler e

formaggi affini. Il metabolismo del lattato ha inoltre importanza nella maturazione della crosta

nei formaggi muffettati bianchi tipo Camembert o Brie. Subito dopo la formazione della crosta,

questa diventa colonizzabile da microrganismi secondari. Inizialmente crescono Geotrichum

candidum e lieviti, ma sono presto seguiti da una folta vegetazione di Penicillium camemberti

(Mc Sweeney e Fox, 2004). G. candidum e P. camemberti metabolizzano rapidamente il lattato,

deacidificando la superficie del formaggio. Modifiche alla crosta del formaggio possono anche

influenzare i tassi di migrazione dei composti aromatici attraverso la cagliata o il rilascio di

sostanze volatili (Engel et al., 2001).

(15)

Capitolo 4 Il processo di maturazione dei formaggi

54 Il metabolismo del citrato

Il latte contiene circa 1.750 mg di citrato per litro, la maggior parte dei quali è in fase solubile (Fox et al., 1993). I livelli del citrato nella cagliata sono circa tre volte superiori a quelli nel siero di latte (Fryer et al., 1970), presumibilmente a causa della concentrazione di citrato colloidale. Il formaggio Cheddar contiene nella cagliata circa lo 0,2-0,5% di citrato (Mc Sweeney e Fox, 2004). Il citrato è un importante precursore per composti aromatici in alcune varietà che utilizzano colture starter contenenti mesofili (Fox et al., 1990; Cogan e Hill, 1993; Parente e Cogan, 2004; McSweeney e Fox, 2004). Il citrato è metabolizzato dai citrato-positivi (cit+) che sono ceppi di lattococchi, (Lactococcus lactis ssp. lactis biovar diacetylactis), che contengono un plasmide per il trasporto del citrato. Anche Leuconostoc mesenteroides ssp. cremoris e Ln. lactis metabolizzano il citrato. Il citrato non viene metabolizzato da altri starter, (cioè i lattobacilli termofili, Streptococcus thermophilus e la maggior parte dei ceppi di lattococchi). I prodotti del metabolismo del citrato comprendono CO

2

, che è responsabile di piccole occhiature che spesso si trovano nei formaggi tipo olandesi, e di importanti composti aromatici, in particolare di diacetile che contribuisce al sapore di questi formaggi. Il citrato può anche essere metabolizzato da parte di alcuni ceppi di NSLAB in acetilmetilcarbinolo, acetato e probabilmente diacetile (Palles et al., 1998).

I citrati naturalmente presenti nel latte, e quindi anche nella cagliata, possono quindi essere

metabolizzati durante la maturazione del formaggio mediante la loro conversione in diacetile e

anidride carbonica da parte dei lattococchi e Leuconostoc. L’acido citrico inoltre, può essere

trasformato in acetato e in acido piruvico oltre che in acido succinico (Mucchetti e Neviani,

2006).

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