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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.43 (1916) n.2202, 16 luglio

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Inno XLIII - Voi. XLYII Firenze-Roma, 16 luglio 1916 { J ^ W S g ^ . N.

Anche nell'anno 1916 /' Economista uscirà con otto

pagine in più. Avevamo progettato, per rispondere specialmente alle richieste degli abbonati esteri di portare a 12 l'aumento delle pagine, ma l'essere il Direttore del periadico mobilitato non ha consentito per ora di affrontare un maggior lavoro, cui occorre accudire con speciale diligenza. Rimandiamo perciò a guerra finita questo nuovo vantaggio che intendia-mo offrire ai nostri lettori.

Il prezzo di abbonamento è di !.. i o annue anticipate, per l'Italia e Colonie. P e r l'Estero (unione postale) !.. «5. Per gli altri paesi si aggiungono le spese postali. Un fasci-colo separato i,. i.

SOMMARIO: PARTE ECONOMICA.

Questioni di attualità : buoni del tesoro, eambì, carboni. I progressi di una nazione neutra : la Spagna. L'insegnamento tecnico professionale. La nostra emigrazione e il dopo~guerra.

NOTE ECONOMICHE E F I N A N Z I A R I E .

L'Italia e l'Argentina dopo la guerra — Banco di Sicilia ; Ren-diconto dell'esercizio 1915.

V

E F F E T T I ECONOMICI B E L L A GUERRA.

Le difficoltà economiche della Svizzera per la guerra europea — I paesi invasi e il dopo-guerra economico.

FINANZE DI STATO.

La situazione economica e finanziaria della Bolivia — Il de-bito della Bulgaria — Sospensione del pagamento in oro delle cedole di rendita austriaca — La nuova tariffa doganale turca — Debiti per la guerra in Prussia — 11 rialzo di sconto alla Banca d'Inghilterra.

IL PENSIERO DEGLI A L T R I .

II eosto economico della guerra, ITALO MIN['NNI — Come si può

evitare la crisi economica, A. ZORLI — Per un migliore avvenire

economico — I cambi stranieri alla fine del primo semestre Ì9Ì6,

LUIGI EINAUDI — Le pensioni di guerra in Italia ed all'estero, A. CANTONI» — Stringere le relazioni coi latini dell'America, LUIGI LUZZATTI — La nostra marina mercantile, ITALO MINUNNI. LEGISLAZIONE 1)1 G U E R R A .

Sgravi di imposte ai proprietari danneggiati dalla guerra — Aumento del limite massimo al valore totale dei buoni del Te-soro — Emissione di mandati ed ordini di pagamento degli sti-pendi ed assegni fissi per la somma netta dovuta ai creditori — I nuovi prezzi massimi per il/fieno e la paglia — I provvedi-menti pei lavori agricoli ; norme per l'applicazione.

NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.

L'esportazione della canapa — Il commercio marittimo e ter-restre — La produzione delle fabbriche lionesi di seterie — Le riserve del carbone dell'impero britannico — Gii agrumi della Spagna — Il reddito e la proprietà inglese — Il raccolto del caffè al Brasile L'industria della carta e della pasta di legno nei Canada — Proventi delle privative - L'esportazione del petrolio rumeno in Germania — Il traffico ferroviario della decade — Le Casse di risparmio ordinarie.

Situazione d?gli Istituti (li Credito mobiliare, Situazione degli Istituti di emissione italiani, Situazione degli Istituti Nazio-nali Esteri. Circolazione di Stato nel Regno Uuito, Situazione

ed i m p o r t a z i o n i r i u n i t e , I m p o r t a z i o n e ( p e r c a t e g o r i e e p e r m e s i ) , E s p o r t a z i o n e ( p e r c a t e g o r i e e p e r m e s i ) . P r o d o t t i delle F e r r o v i e dello S t a t o , q u o t a z i o n i di v a l o r i di S t a t o

I t a l i a n i , Stanze di c o m p e n s a z i o n e . B o r s a di P a r i g i , B o r s a di L o n d r a , T a s s o p e r i p a g a m e n t i (lei dazi d o g a n a l i . P r e z z i del-l ' a r g e n t o .

Cambi in I t a l i n , Cambi a l l ' E s t e r o , Media u f f i c i a l e dei c a m b i a g l i e f f e t t i d e l l ' a r t . 39 del C o d . c o m m . , Corso medio dei c a m b i a c c e r t a t o in R o m a . R i v i s t a dei c a m b i di L o n d r a , R i v i s t a dei cambi di P a r i g i . I n d i c i e c o n o m i c i i t a l i a n i . V a l o r i i n d u s t r i a l i . Credito dei p r i n c i p a l i S t a t i . Numeri i n d i c i a n n u a l i di v a r i e n a z i o n i . P u b b l i c a z i o n i r i c e v u t e .

1 manoscritti, le pubblicazioni per recensioni, le comunicazioni di redazione devono esser dirette

tdl'avv. M. ]. de Johannis, 56. Via Gregoriana,

Roma.

PARTE ECONOMICA

Questioni di attualità: buoni de! tesoro, cambi, carboni

E opportuno ritornare brevemente sulla emis-sione dei buoni del tesoro, specialmente dopo che al decreto per la emissione di quelli triennali e quinquennali ha fatto seguito un altro che crea i buoni ordinari al portatore a sei e dodici mesi. Mentre la sottoscrizione è aperta non sarà inutile ripetere che essendosi a mezzo di tali buoni ini-ziata una nuova fonte di entrate pel tesoro italia-no, destinata, se non a sostituire, a ritardare cer-tamente, ove la guerra si prolungasse, l'emissio-ne di un altro prestito nazionale, è l'emissio-necessario che non solo il pubblico ristretto del mercato bancario e cambiario ne approfitti, ma che tutto il grande pubblico concorra alla buona riuscita di tale im-portante operazione finanziaria.

I risparmiatori d'ora innanzi potranno dunque acquistare, c o m ' è stato più volte ripetuto : i buoni

ordinari con scadenza inferiore a sei mesi, che

so-no soltanto so-nominativi e con interesse del tre per cento; i buoni ordinari con scadenza da sei a do-dici mesi che prima erano soltanto al nome e che ora sono anche al portatore con interesse del 4.25 per cento, per quelli da sei a otto mesi e del 4.50 per cento, per quelli da nove a dodici mesi; ed in-fine i buoni triennali e quinquennali con interesse del 5 per cento, anch'essi nominativi e al portatore. Tutte le categorie di risparmio sono sicure di trovare un utile e proficuo investimento: quella che può impegnarsi per un periodo di tempo as-sai limitato o che è ancora incerta sulla destina-zione da dare ai propri fondi; quella che è deside-rosa di concorrere ad impieghi più duraturi, come ad un prestito futuro, ma che per ora preferisce un impiego che renda un interesse superiore al frutto concesso sui depositi a risparmio e a conto corrente, ed infine quella che vuol sistemarsi per vari anni anche senza intenzione di prendere parte a future operazioni finanziarie. Sia ai buoni da sei a dodici mesi sia a quelli triennali e quinquennali è data facoltà di essere accettati alla pari, come denaro contante, in pagamento, dei prestiti che sa-ranno emessi fino al 31 dicembre 1917. ed alla lor | volta i buoni da sei a dodici mesi possono essere

impiegati come denaro contante nell'acquisto di buoni poliennali. Tutte le facilitazioni quindi e tutte le sicurezze di godere di un buon frutto, di non perdere un centesimo del capitale e di con-correre ad altri eventuali benefizi finanziari,

Ma, affinchè questa nuova fonte di risorse rag-giunga completo il suo effetto, occorre :

a) che la propaganda sia attiva e che tutti i cittadini si familiarizzino con tale nuovo strumen-to d'impiego dei risparmi, che è in generale poco noto al nostro pubblico;

(2)

674 L'ECONOMISTA 16 luglio 1916 - N. 2202 di quelli poliennali) sia fatta a mezzo delle casse

di risparmio, delle esattorie, degli uffici postali, e cioè di quegli organi che sono in diretto contatto specialmente coi piccoli risparmiatori. L'esperien-za dell'ultimo prestito ci insegna quali siano i van-taggi di una propaganda attiva e di una buona or-ganizzazione.

*

I nostri cambi sono in discreta diminuzione : la tendenza all'aumento che si era fatta specialmente sentire dal novembre dello scorso anno al gen-naio, verificandosi degli aumenti di 10-12 punti per cento, è cessata dal febbraio; nei primi tempi per effetto dei buoni risultati del prestito nazionale, che consentì di limitare l'aumento della circolazione j cartacea, in seguito anche per l'aumentata attività industriale e commerciale. 11 cambio sulla Svizze-ra da 129.96 al 1" febbSvizze-raio eSvizze-ra sceso al 30 apri-le a 122.44, quello sugli Stati Uniti da 6.76 a 6.33 ed il cambio interno da 124.62 a 119.39. Ma quel che noi vogliamo mettere in speciale evidenza è che la diminuzione non si è interrotta nei mesi suc-cessivi, e cioè durante tutto il periodo dell'offen-siva austriaca, quando sembrava che la nostra si-tuazione militare dovesse influire su quella finan-ziaria. 11 cambio sulla Svizzera ha continuato a scendere durante il mese di maggio e di giugno fino a 119.91 il 26 giugno; quello sugli Stati Uniti che era a 6.41 alla vigilia dell'offensiva se non è di molto diminuito, non ha mai superata quella ci-fra; il cambio interno da 1 18.04 il 10 maggio è ca-lato a 117.92 il 26 giugno.

S e il corso dei cambi rispecchia non soltanto ie condizioni finanziarie di un paese, ma è un indice della fiducia che quel paese gode presso le altre nazioni, noi dobbiamo es.sere lieti che questa fidu-cia degli Stati alleati e neutri non è venuta mai a mancarci anche durante il periodo, più critico del-la nostra campagna.

II problema del carbone continua ad interessa-re ed a pinteressa-reoccupainteressa-re : la guerra ha portato un col-po abbastanza grave a questa produzione, come lo dimostrano le statistiche dei singoli Stati ed in-tanto i bisogni sono aumentati. L'Inghilterra che ne produceva 32! milioni di tonnellate nel 1913, ne ha prodotto 297 nel 1914 e 283 nel 1915; la Fran-cia, che ha avuti invasi i principali centri carboni-feri, da una produzione di 45 milioni di tonnellate è scesa a 20 milioni. Anche l'esportazione dall'In-ghilterra è diminuita : da 76 milioni di tonnellate nel 1913 è scesa a 61 milioni nel 1914 e 46 milioni nel 1915. L'Italia ne ha importato poco più della metà della quantità indicata pel 1913: 5.7 milioni di tonnellate contro 9.6 milioni.

L a ristretta produzione delle miniere, la scar-sezza del tonnellaggio disponibile per il trasporto sono dunque gli ostacoli maggiori ad una impor-tazione sufficiente ai bisogni. La questione è tut-tora dibattuta, ed un accordo intanto è intervenu-to fra l'Inghilterra e la Francia : auguriamoci che anche per l'Italia si prendano provvedimenti sol-leciti. E la fiducia è fondata sulla seguente dichia-razione ufficiale del Foreign Office : « Il Governo inglese si rende perfettamente conto dell'impor-tanza di rifornire l'Italia di carbone nella quantità necessaria ai suoi bisogni militari e industriali più urgenti; perciò sono state prese misure che consen-tono di credere che il problema sia entrato in una

fase soddisfacente. Il Governo inglese spera di fa-re pfa-resto una più completa dichiarazione quando la questione sarà definitivamente risolta, ma in-tanto si impegna a provvedere ai bisogni di carbo-ne in Italia ».

I progressi di una nazione neutra; la Spagna

Ben pochi conoscono quale sia io stadio attuale dei progresso della penisola iberica: e specialmente intorno alia condizione economica di quella regione prevalgono opinioni ancora errate. Senza dubbio la Spagna è rimasta di parecchi decenni indietro alle altre nazioni europee, alcune delle quali, molto più piccole di territorio, hanno raggiunto un posto im-portantissimo- fra gli Stati per ricchezza di industrie, per movimento di commerci, per sviluppo meravi-glioso di legislazione e di istituti sociali: valga di esempio il Belgio prima della guerra attuale; ma non può d'altra parte negarsi che in questi ultimi anni anche in quel paese si sia manifestato un certo risveglio in tutti i campi di attività.

Basti considerare alcuni degli indici più evidenti di progresso; le entrate delle ferrovie sono passa-te da 275.1 milioni di pesetas nel 1902, a 3b0 nel lidi il risparmio si è accresciuto d a 180 milioni nel 1900, a 315 nel 1906 e 419 nel 1910; la ricchezza ur-bana è in un decennio aumentata del 21.3 per- cento

secondo recenti statistiche, infatti, è passata da 12 196- milioni di pesetas nel 1902 a 14.800 nel 1912; la media della produzione agricola può valutarsi •per l'ultimo decennio- di 3.824 milioni di pesetas rap-presentando un aumento rispetto al decennio pre-cedente di i.383 milioni, e cioè del 56 %. Pochi san-no che la Spagna è ricca di minerali, che essa ha le miniere d,i ferro meglio situate di Europa ed as-sai produttive, che ha rame in abbondanza e zinco e piombo in quantità, che ha -eccellente cartoon fossile co,l quale potrebbe coprire tutto li proprio fabbisogno. E' vero che dei 9 milioni.dii tonnellate di ferro che estrae annualmente-non ne trasforma ancora in casa che -poco più dì mezzo milione, e che è costretta a domandare all'estero ogni anno 2 mi-lioni di tonnellate di carbone per le quali -pagas 64 milioni di franchi, e 300 mila tonnellate di coke per un valore di 11 milioni, ma è certo che se per scar-sità ,-dri. capitali e -di mano d'opera -la Spagna non ha finora potuto completamente sfruttare la sua ric-chezza mineraria, essa anche da questo lato si av-via ad una nuova attività come lo dimostra il fatto che mentre le -concessioni minerarie occupavano nei 190-1 una superficie totale di 760.030 ettari, occupa-vano nel 1910 una superficie- di 947.204 ettari. Un'al-tra ricchezza ignorata in parte della Spagna e non ancora utilizzata è la forza idroelettrica. In Cata-logna sulle rive dell'Ebri) si progettano o sono in costruzione- grandissime centrali, di cui quella di Fuyon, alimentata dal piti grande serbatoio di Eu-ropa di 850 milioni di metri cubi, produrrebbe 300 mila cavalli, e le altre di Potila, Talarn, Barcedana -e Sanasi, 152.000 cavalli. Di questa nuova fonte di energia potranno approfittare le industrie per un maggiore svi-lu-ppo.

Intanto la guerra,, che è stata per l-a Spagna una fonte -copiosissima di profitti, ha affrettato questo

iisveglio 'della -s.ua vita economica, Vediamo qual-che cifra:

Nel 1915 in oggetti manufatturati la Spagna e-sportò milioni 609 —- mentre nel 1913, l'anno miglio-re delle esportazioni s-p-agnuole, ne aveva

esporta-to 251.

L'industria spaglinola ha accresciuto di quasi due volte e mezzo" la sua produzione e -la sua vendita all'estero. Mentre dal 1913 al 1915 la Spagna dimi-nuiva -di oltre la metà- la sua esportazione, di mine-rale di fèrro riducendola da 98 milioni a un po' me-no di 49 milioni di pesetas essa aumentava l'esporta-zione dei prodotti siderurgici nelle seguenti misure:

1915

1913 in migl. di pesetas Aumento

Ferro fuso . . . 701 7564 6.862

» laminato . . 154 7233 7.029

» in barre . . 1 3161 3.159

» lavorato . . 680 1.3511 12.830 Segno infallibile dello sviluppo preso dall'indu-stria siderurgica s-pagnuola che ha contemporanea-mente quasi soppresso l'importazione estera.

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Ltessuti dà cotone crebbero da 46.875.000 a 138 mi-lioni 596.000. Anche qui siamo lontani dai quasi 200 milioni (compresi i velluti di cotone) raggiunti nel 1915 dall'Italia, ma la d'istanza sà è notevolmente at-tenuata.

Dove l'aumento è strabiliante è nei tessuti di lana. La Spagna che nel 1913 aveva esportato per pesetas 4.387.000, nel 1915 ne esportò per 163.110.000; un au-mento di quaranta volle, e cioè di pesetas 158 mi-lioni 722.000.

Mentre cresceva le importazioni di pelli fresche e secche da meno di 22 milioni nei 1913 a più di 34 milioni nel 1915, esportava le conciate da 911.000 pesetas nel 1913 a 24.833.000 nel 1915. Quasi venti-quattro milioni d'aumento. L'industria, conciaria spagnuola ha fatto progressi enormi.

Le calzature furono 'esportate dalla Spagna nel

1913 per pesetas 8.287.000 ' nel 1915 per pesetas . . . - 33.559.000

l'aumento dunque fu di pesetas . . . . 25.302.00 Mentre l'Italia è tributaria all'estero per le cal-zature da cui ne importò nel 1913 per quasi 18 mi-lioni d'i lire e ne esportò per meno di 1,5 e nel 1915 passò a circa 31 all'importazione e si ridusse a poco più dii 1 all'esportazione.

L'olio prima esportato per essere raffinato in Ita-lia, ha trovato- ora sbocco diretto- con pretta marca spagnuola conquistando del tutto il mercato -di Cuba ed in buona parte gli altri mercati Americani del Sud e del Nord.

Nel 1913 esportò olio per pesetas . . . 30.199.000 nei 1915 per pesetas 67.183.000

Le conserve ili ortaggi formarono oggetto di e-sportazione :

n e l 1913 per -pesetas 10.472.000

n e l 1915 per pesetas 11.482.000

e di frutta:

n e l 1913 per pesetas 2.494.000

e nel 1915 per pesetas 3.046.000

Anche l'arricchimento finanziario -della Spagna e notevole.

Mentre nel 1913 la valuta spagnuola faceva un b a 7 per cento d'aggio, oggi la pesetas fa un premio oltre il 4 per -cento sulla sterlina.

L'incasso aureo della Banca di Spagna che al 31 dicembre 1913 era di -pesetas 479.933.889 al.29 aprile 1916 era citi pesetas 971.882.938.

Anche tenendo calcolo di una minorazione di 88 milioni nei corrispondenti all'estero-, si - h a sempre un aumento aureo netto di oltre 400 milioni di pe-setas.

Tanto è ritenuto l'oro posseduto dalla B a n c a che essa ha ridotto il premio che paga sull'oro da 1,25 a 9,7.) pe-r cento mentre le sp-ese d!i trasporto, assi-curazioni, ecc., si elevano al 4 %.

Malgrado ciò l'oro affluisce in Spagnia ed è im-portante anche il rimpatrio- di titoli spagnuoli. La

Spagna si è rinsaldata e ce la troveremo robu-sta e -piena di «vitalità fra gli altri vecchi concor-renti.

Noi italiani, della Spagna dovremmo oggi occu-parci anche come un largo mercato per la esporta-zione dii alcuni nostri prodotti.

Troppo spesso per mancanza di iniziative, di ca-pitali, di persone esperte abbiamo lasciato operare gh altri ed abbiamo così perduti molti mercati, op-pure abbiamo assistito al doloroso fenomeno di ve-dere prosperare su mercati, che potevano essere

no-stri. merci nostre colà importate da altri e che ad* altri hanno dato la ricchezza.

Lo stato attuale di guerra ha fatto quasi comple-tamente cessare i rapporti commerciali tra le po-tenze centrali e la Spagna. Questi rapporti erano intensissimi. La Germania principalmente-, si era creata nella Penisola Iberica un -ottimo mercato ed •?a A lavoro per consolidarlo ed -allargarlo e-ra stato

m queisti ultimi anni efficacissimo-.

Questa opera di penetrazione diede- i migliori trutta s-pecialmente in Andalusi,a, paese eminente-mente agricolo, scarso d'industrie, e, anche per la natura dei suol abitanti alieno da iniziative indu-striali e commerciali. L'attività tedesca in questa Legione si è -svolta a fasi: per lunghi anni i tedeschi si sono limitati alla esportazione umana, certo per preparare quella di prodotti e di -capitali.

In questa maniera cercavano di sgretolare

len-tamente la secolare influenza che, in Andalusia spe-cialmente, hanno l'Inghilterra e la Francia, -prepa-randosi a soppiantare poi quelle due Nazioni nel campo di attività più strettamente economica.

La guerra ha aperto gli occhi agli inglesi e fran-cesi, clie lentamente ed insensibilmente andavano perdendo terreno; i rispettivi Governi si sono preoc-cupati dell'opportunità dii profittare dei tempi at-tuali per togliere alla Germania questo importante mercato ed annullare tutto il lavoro, che essa pre-cedentemente aveva fatto. Così si spiega la grande « reclame » ch-e i francesi hanno fatto in Spagna della, fiera di Lione, e la propaganda intensissima •che gli Inglesi fanno ora ai loro prodotti e princi-palmente ai prodotti farmaceutici, ai disinfettanti, p. e-s., di cui, ad imitazione dei tedeschi,, cercano di

inondare questo mercato.

Ili questo lavoro ci sarebbe anche il po-sto per noi, poachè parecchie delle esportazioni

austro-tedesche-potrebbero essere sostituite dai nostri prodotti. Occorrerebbe naturalmente un'opera sagace dei nostri commercianti, i quali, anche a -costo di sacri-fici, dovrebbero mandare- rappresentanti intelligenti e-d abili per studiare le necessità del Paese. Dovreb-bero-, inoltre, adattarsi -ad accordare, come- hanno fatto i tedeschi, le- maggiori facilitazioni per il pa-gamento, necessarissime e quasi indispensabili per l'Andaluso-, che è in genere- -abituato a pagare len-tamente-.

Anche dal punto di vista della bilancia commer-ciale, l'intensificarsi delle esportazioni italiane in Spagna gioverebbero a-d equilibrare l'ingente im-portazione di olii spagnuoli che si fa nel Regno, importazione -che, a quanto assicurano competenti connazionali, ha tendenza fortemente a -crescere e potrà tra qualche anno assumere proporzioni con-siderevolissime.

l. m.

L'insegnamento tecnico professionale

11 Presidente del Consiglio, nella presentazione del nuovo Ministero alla Camera, ha voluto espressa-mente accennare all'insegnamento professionale, co-me ad uno diei maggiori problemi della rinascita industriale, alla soluzione, dei quali darà opera il nuovo Gabinetto.

Lieti -dell'autorevole affidamento, e-d a riassunto dei notevoli studi pubblicati sull'argomento dia-mo la relazione fattane dall'Unione delle Camere di Commercio, che prospetta il problema in tutta la sua importanza e intere,sse. •

E' facil-e prevedere fin da ora che tra i molti veri -che l'Italia avrà da affrontare il prossimo do-mani, uno dei maggiori, forse il maggiore di tutti — poiché su tutti sovrasta e tutti domina — sarà quello di dare un vigoroso impulso alla, produzione della -ricchezza. L'economia nazionale dovrà porre il paese in grado di sopportare il maggior pes-o- tri-butario derivante dall'enorme aumento del debito pubblico, dalle pensioni agl'invalidi, alle vedove e agli orfani dei caduti in guerra, dalla ricostruzione dei paesi distrutti; dovrà d'altra parte assicurare ai paese una maggio-ré in,dipendenza e un posto nel mondo- adeguato all'immenso sacrificio compiuto Quindi occorrerà intensificare le produzioni attuali organizzarne di nuove mettendo in valore tutte le risorse che la natura ci ha date, ai fini del valore nazionale.

Nostra prima e fondata risorsa è il fattore « uomo » e per le sue innate virtù e perchè come massa rap-presenta ancora una forza quasi vergine, una forza non convenientemente utilizzata. E poiché nell'or-ganizzazione economica odierna, che ha per fonda-mento la graffile intrapresa e la macchina, centro e fulcro dell attività produttiva è ancora e sempre 1 -uomo 1 uomo che strappa alla natura i suoi se-greti e domina Ta materia e la piega ai propri vo-leri — cosi la valorizzazione della massa della po-polazione economica ai fini della produzione della ricchezza costituisce un problema essenziale per il d e l l o ° S t a t on i r 6 ® ^ ^ U n° ^ p Ì Ù a l t i c o mPm

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676 L'ECONOMISTA 16 luglio 1916 - N. 2202 sercizio più efficace e cosciente dell'attività

produt-tiva (agricola, industriale, commerciale), differen-ziando le capacità e potendifferen-ziandole — è ancora d a organizzare presso che dalle fondamenta nel nostro paese, essendo che agli organi dello Stato, come del resto alle classi dirigenti, è fin qui m a n c a t a una precisa nozione dell'importanza dell' i s t r u z i o n e tec-nica quale sfruttamento del progresso economico.

Anzitutto noi abbiamo ì m numero d; scuole

pro-fessionali affatto insufficienti al bisogno. Ecc > i dati più recenti:

SCUOLE MEDIE E INFERIORI

Scuole industriali

Scuole artistico industriali Scuole professionali femminili. Scuole commerciali medie . . Scuole commerciali inferiori . Scuole commerciali libere . . Scuole speciali e pratiche

d'a-gricoltura Scuole minerarie

SCUOLE SUPERIORI

(Anno scolastico 1913-1914)

Politecnici e scuole d'applicazio-ne per ingegd'applicazio-neri

Scuola superiore navale . . . Istituti superiori di commercio

(compresa l'Univ. Bocconi) . Istituti superiori d'agricoltura. Istituto forestale

Numero

Numero degli alunni

delle scuole inscritti

107 21.375 286 27.991 44 9.023 12 945 5 601 24 ? 35 1.705 3 63 5 3.281 ' 1 167 6 1.309 2 260 1 24 rispondono almeno Ma le poche scuole esistenti

alla loro funzione?

A questo proposito è necessario distinguere. Gl'i-stituti distruzione superiore industriale e commer-ciale sono veramente ottimi. Essi intendono a pre-parare i giovani a coprire i primi posti nella ge-rarchia delle imprese — i posti di direzione tecnica e amministrativa --— e a questa loro funzione

prov-vedono nel modo più degno. Un solo desiderio si può esprimere rispetto ad essi e specialmente ri-spetto § quelli industriali : e cioè che invece di mol-tiplicarsi per numero, abbiano a specializzarsi sem-pre. più per gruppi d'insegnamenti, in g u i s a da pre-parare per ogni grande ramo d'industrie nazionali il necessario personale d'i stato maggiore.

Delle scuole professionali di grado medio, prescin-dendo da quelle a g r a r i e che meno direttamente ci interessano, si può -dire in tesi generale che le com-merciali, sorte con ottimi intenti, di fatto sono ve-nate quasi ovunque ad aggiungersi alle attuali se-zioni di ragioneria degli istituti, tecnici nella fun-zione di preparare il personale d'amministrafun-zione delle imprese industriali e commerciali. Ma poiché dette imprese, oltreché, del personale d'amministra-zióne, hanno bisogno di agenti ammaestrati nella tecnica del commercio (degli acquisti e delle vendi-te, delle spedizioni e dei pagamenti), e di altri ca-paci di curare il collocamento dei prodotti assicu-rando' loro nuovi mercati interni ed esteri (rappre-sentanti, commessi viaggiatori, ecc.), così è somma-mente desiderabile che le attuali scuole medie di commercio e ragioneria degl'istituti tecnici vengano coordinate tra, loro e completate e specializzate in guisa da compiere anche questa importantissima funzione.

Quanto alle scuole industriali, malgrado la legge del 14 luglio 1912 che ne prescriveva il riordinamen-to nel termine di due anni, esse costituiscono tutta-via un complesso così eterogeneo per ordinamento, per indirizzo, per grado d'insegnanrento, per finali-tà, da rendere estremamente difficile coglierne le ca-ratteristiche comuni e dominanti. T r a esse ve ne sono alcune veramente ottime,' specializzate per ra-mi d'industria di cui egregiamente provvedono a preparare i capi tecnici, integrando le lacune del-l'istruzione industriale superiore. Ma nella massa, •sia che intendano a preparare i giovani all'esercizio di piccole indùstrie locali (in genere: arti fabbrili, m u r a r i e , ceramiche, d'ebanisteria, ecc), sia che

in-tendano a preparare i capi tecnici, i capi-operai, i capi-fabbrica, ii personale insomma' di sottodire-zione, di sorveglianza e controllo per la grande in-dustria, essi sono istituti di cultura generica, tanto lontani dalla vita, tanto poveri di mezzi, da non po-ter rispondere alta loro funzione, scarsamente uti-lizzati. Basti dire che nell'anno scolastico 1908-909 (l'ultimo per ii quale siano stati pubblicati questi dati di dettaglio) le entrate complessive (tra rendite patrimoniali, contributi di ministeri e di enti locali •e altri proventi) delle 85 scuole industriali che al-lora avevamo ascendevano a lire 2.468.798, con u n a media di nemmeno 30.000 lire per ciascuna, somma assolutamente inadeguata ai bisogni di istituti che debbono provvedere all'attrezzamento di laboratori e officine; e che inoltre su un totale di 18,218 alunni inscritti soli 1,354 ottennero la licenza: ciò che pro-v a come nella successione dei corsi la popolazione scolastica si vada quasi totalmente disperdendo, E poiché degl'inscritti a queste scuole solo una mini-m a frazione proviene dalle classi operaie, le quali non possono rinunziare per tutta la durata dei corsi al reddito del lavoro dei figli, così par logico conclu-dere che le c a u s e della dispersione degli alunni si debbono r i c e r c a r e nelle scuole stesse, le quali forse non riescono a dare l a convinzione dell'utilità prati-ca, dell'insegnamento che in esse s'impartisce.

Resta a dire delle scuole professionali dirette agli operai. Esse sono in Italia quelle che nelle statisti-che ufficiali si comprendono sotto il nome di « scuole

artistiche industriali », i cui corsi, salvo pochissi-me eccezioni, si svolgono in ore serali o in giorni festivi. Vere cenerentole dell'insegnamento profes-sionale, esse si rivelano assolutamente inadeguate al loro fine per numero, per mezzi, per attività, m a

sopra tutto per indirizzo. . Nell'anno scolastico 1913-914 ve n'erano 286 in

tut-to il Regno, mentre, trattandosi di scuole a orario serale, che possono per ciò esser frequentate soltan-to da elementi locali/dovrebbero contarsi a migliaia e trovarsi in ogni più modesto centro.

Deii loro mezzi ci danno un'idea precisa le stati-stiche pubblicate dal Ministero del commercio rela-tive all'anno scolastico 1908-909. Non importa che non siano recentissime, perchè la condizione non e

sensibilmente migliorata di poi. Le entrate di -06 scuole (tame e r a n o allora) ammontavano — tra rem dite patrimoniali, contributi di Ministeri e di enti locali e altri proventi - a L. 1.2.28.187: vaie a dire nemmeno 6000 lire in media per scuola. E la media è a n c o r a tale da trarre in inganno, perche dati esa-me dei singoli bilanci risulta che talune hanno una entrata di poche centinaia di lire, e numerose altre raggiungono stentatamente le ,due o tremila lire.

L'attività di queste scuole è poi alquanto proble-matica. Nell'anno scolastico 1913-914 le 286 scuole che avevamo contavano, a dir vero, un numero co-spicuo di alunni inscritti (complessivamente 27.991); m a è dubbio che .gl'inscritti frequentassero regolar-mente le lezioni. Il dubbio trae fondamento da ciò, che le statistiche più particolareggiate riieremisi all'anno scolastico 1908-909 davano per le 206 scuole di allora le seguenti notizie: alunni inscritti 22,196, licenziati 1,395. Vale a dire che una parte molto esi-gua degli alunni aveva compiuto il corso degli stu-di iniziato (tre anni in genere); mentre una grande maggioranza s'era dispersa lungo la via!

Infine il loro indirizzo è quanto di meno razionale si possa i m m a g i n a r e .

« Le scuole ed i corsi esistenti —• così l'Osimo trac-cia, efficacemente il quadro della situazione presente — sono in g r a n parte o diretti o formare l'artefice, non l'operaio della grande industria, o in tal guisa da attirare, più che i figli di operai, gli spostati del-la piccodel-la borghesia, e più che a formare e perfezio-nare l'operaio, a dare all'allievo l'illusione della sua immediata a s c e s a a i gradi più elevati della gerar-chia industriale, a quella di capo operaio, .di capo tecnico, ecc.

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del-l'allievo, gli danno l'illusione di essere salito- dal mo-desto ufficio di esecutore a quello di progettista. '

« A b b i a m o visto in scuole murarie il piccolo- mura-tore accarezzare per un lungo periodo di lezioni la calligrafica riproduzione di artistiche facciate e tutto compiacersi della bellezza del chiaroscuro di mascheroni decorativi; abbiamo visto e vediamo nel-le numerose scuonel-le di disegno industrianel-le di arte applicata all'industria, modestissimi fabbri, ebolli-sti, orefici consacrare le lunghe e faticose serate sus-seguenti alla giornata di lavoro nella copia, finita nei minimi particolari, da fotografie, da stampe,-da gessi, fli completi arredamenti, di lavori d'arte an-tica, di cancellate ineseguibili, o nella, combinazio-ne di motivi diversi, sempre tratti alle stesse fonti, volte alla concezione di cose che l'allievo mai co-struirà, che forse, per fortuna, mai nessuno ese-guirà...

« E' vero: mentre sono a scuola, quegli operai non vanno all'osteria: la virtù educativa della scuola in qualche modo si afferma. E' vero: quegli operai si divertono; m a essi sono traditi nella loro legittima aspirazione di migliorarsi nella loro arte e nella lo-ro condizione economica. Essi saranno 'forse anche orgogliosi del loro lavoro, m a sono realmente diti nelle loro aspirazioni e nei loro- interessi. E tra-dite saranno le industrie e accresciute le offese al buon gusto ».

P e r riassumere, lo stato attuale delle scuole indu-striali nel nostro paese si può delineare così:

a) istituti superiori ottimi: è solo desiderabile che si specializzino ulteriormente per grandi gruppi d'industria, senza tuttavia perdere il loro- carattere d'istituti di cultura tecnica superiore;

b) scuole industriali medie, alcune sono già be-ne organizzate per servire a singole industrie e ri-spondono egregiamente alla loro funzione; altre, la più gran parte, sono in via di -trasformazione su la base della legge Nitti; e per queste è da esprimere il voto che la loro riorganizzazione avvenga rapida-mente e con larghezza di mezzi, in base al criterio della tecnicità specifica e dell'adattamento ai biso gni svariatissimi dèlie diverse industrie e delle di-verse regioni;

c) scuole d'istruzione professionale per gli ope-rai: queste salvo rarissime eccezioni, m a n c a n o com-pletamente.

In materia di educazione professionale dell'ope-raio è a n c o r a tutto da fare- in Italia.

L'educazione professionale dell'operaio. — Que-st'ultimo non lieto rilievo contiene un problema, a nostro avviso-, grave e urgente. Perciò vogliamo su di esso in modo particolare soffermarci.

Il problema è tutto nelle seguenti cifre:

Al 10 giugno 1911 la popolazione presente nel Re gno d'età t r a i 10 -e- i 18 a n n i comprendeva 2.846.048 individui maschi. Nell'anno scolastico 1911-912 in tutte- le scuole medie di qualsiasi n a t u r a (regie, pa reggiate e non pareggiate) il numero degli alunni inscritti, la cui età si può supporre oscillasse tra i 10-e i 18 anni, ascendeva complessivamente a 189.510

Se a questi si aggiungano- gl'inscritti nelle scuole artistico-industriali (in numero di 27.383), i quali, come abbiamo veduto, provengono dalla classe ope-raia, si hanno 216.893 individui maschi tra i 10 e i 18 anni, i quali frequentavano scuole di grado su-periore all'elementare sopra 2.846.048! Còme dire il

7-6 per cento del totale. E poiché la quasi totalità

degl'individui che possono proseguire negli studi oltre la. scuola elementare proviene dalla piccola e media borghesia, e poiché d'altronde è notorio che la scuola elementare è in gran parte dei comuni di Italia limitata al corso inferore, e l'obbligo della frequenza è pur troppo in molti centri, specie ru-rali, scritto soltanto nella legge, come rivela la per-sistenza d'un'enorme percentuale d'analfabeti, così s'arriva alla sconsolante conclusione che la grandis-sima maggioranza dei lavoratori italiani della terra, e delle fabbriche non ha ricevuto la più rudimentale istruzione professionale e spesso nemmeno i primi elementi dell'alfabeto.

Ciò non può meravigliare se s'abbia presente l'e-levata quantità di m a n o d'opera che vien reclutata dal lavoro infantile e giovanile. Al 10 giugno 1911 i fanciulli maschi dai 10 ai 15 anni occupati nell'a-gricoltura erano 080.886, -e quelli occupati

nell'indu-stria e nel commercio 295.507. Ma quest'ultima cifra dev'essere inferiore alla vera. Infatti alla stessa da-ta v'erano 2,111,267 fanciulli maschi non ancora ap-partenenti ad alcuna professione (in « condizioni non professionali»), dei quali certamente una parte non piccola già lavorava nell'officina familiare for-se in attesa d'indirizzare diversamente la propria attività.

Comunque, pur prendendo per vere le cifre del censimento, occorre (anche per rimanere nel periodo di età pre-so a, base delle nostre- indagini: 10-18 anni) integrarle con quella dei maschi dai 15 ai 18 anni parimente impiegati nell'agricoltura, nell'industria e nel commercio, poiché appuntò nel periodo t r a i 15 -e i 18 anni, periodo dell'adolescenza, si forma o si dovrebbe formare tecnicamente l'operaio. Essi si possono calcolare approssimativamente così impie-gati nell'agricoltura 445.000, impieimpie-gati nell'industria

e nel commercio 350.000. Cosicché il lavoro infantile e il lavoro giovanile -ci danno complessivamente le cifre di 1,125,886 contadini e di 645,507 operai Ci-fre certamente assai elevate e tali da preoccupare, quando si rifletta che esse sono dati soltanto par-ziali poiché non comprendono il lavoro femminile, il quale è rappresentato da cifre p u r e considerevoli.

Ora è dimostrato che il ragazzo, il quale subito dopo la scuola elementare entra in un mestiere sen-za una conveniente educazione professionale, è de-stinato a diventare un operaio non qualificato per-chè non solo dimentica facilmente in brev-e tempo quanto ha. appreso alla scuola, ma, ciò che è peg-gio, perde l'abito d'imparare e la disciplina prove-niente da un'educazione generale.

E' altresì dimostrato che in specie il ragazzo oc-cupato nelle industrie è inevitabilmente soggetto a un deterioramento fisico che si ripercuote sinistra-mente su la sua capacità psichica e su la sua effi-cienza di lavoratore. In taluni casi può derivarne turbamento alla, normale evoluzione degli organi sessuali, massime nella donna, fino a compromet-terne la potenza di maternità.

Ciò posto, la soluzione del problema della valoriz-zazione economica della m a s s a della popolazione la-voratrice, cioè della, sua preparazione tecnica allo esercizio -efficiente d-ell'attività produttiva presuppo-ne, come- punto di partenza, un provvedimento ra-dicale: l'eliminazione del lavoro infantile e giova-nile.

E' ciò possibile ? Il problema è stato coraggiosa-mente affrontato- da tempo- in Germania, e i risultati ottenuti sono tali che- altri grandi paesi, come gli Stati Uniti, l'Inghilterra e la F r a n c i a , si sono in-dotti a seguirne l'esempio. La soluzione da tutti a-dottata è di m i r a r e -alla ricostituzione del « garzo-naio » attraverso due istituti fondamentali tra di loro coordinati: la scuola complementare di carat-tere professionale e il tirocinio nella fabbrica.

L'azione di Stato. — U n a sola differenza, non di indirizzo, m a di metodo, si nota tra loro: ed è che in Germania il problema è stato risolto per opera dello Stato, che ha imposto da un lato In disciplina, del contratto di tirocinio- nelle fabbriche, dall'altro l'obbligo della frequenza, della scuola professionale, negli Stati Uniti invece il problema si va risolvendo per iniziativa delle grandi organizzazioni industriali, le quali, avendo intuito che senza maestranze tec-nicamente- preparate non è possibile all'industria vincere nelle- competizioni sui mercati internazio-nali, si sono poste ad organizzare direttamente coi grandi mezzi di cui dispongono scuole professionali' per i propri dipendenti, ai quali concedono di fre-quentarle durante le ore di lavoro.

Noi pensiamo che in I t a l i a non si possa f a r asse-gnamento su la privata iniziativa, m a occorra in modo assoluto f a r appello all'intervento dello Stato. Il compimento di una così grande opera, presuppo-ne un'alta visiopresuppo-ne delle finalità nazionali che solo 10 Stato può avere; richiede u n a così grande lar-ghezza di mezzi finanziari che solo lo Stato può dare.

Pertanto la soluzione verso la quale conviene che 11 nostro paese s'avvii può esser tracciata così:

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678 L'ECONOMISTA di scuola cioè di cultura generale d'avviamento alla preparazione tecnica dell'operaio;

3° disciplinare giuridicamente il contratto di la-voro, il quale da un lato obblighi l'imprenditore a curare l'educazione professionale del fanciullo as-sunto in qualità d'apprendista, e a consentirgli di frequentare, in ore di lavoro, la scuola professio-nale di perfezionamento; dall'altro obblighi il fan-ciullo appredista a frequentare detta scuola.

Tale soluzione incontra, per essere attuata, osta-coli formidabili; nelle attuali condizioni finanziarie dello Stato, sul quale ricadrebbe la maggior parte della spesa necessaria per l'istituzione di molte scuo-le professionali; nelscuo-le condizioni delscuo-le classi operaie, le quali non possono rinunziare a l piccolo salario del giovanetto tosto che abbia soddisfatto agli at-tuali obblighi scolastici, raggiunto il dodicesimo an-no di età; nelle condizioni dell'industria, per la quale il provvedimento si risolverebbe in un incremento del costo di produzione.

Contro di ciò si osserva che il risultato che si mi-ra a conseguire è tale da compensare largamente la spesa, la quale quindi non dovrebbe arrestare l'azione dello Stato, poiché attraverso l'eliminazio-ne del lavoro infantile e l'educaziol'eliminazio-ne professionale del fanciullo si giunge certamente ad a s s i c u r a r e alla nazione una m a s s a operaia fisicamente forte, tecnicamente efficiente, che è come dire: il princi-pale fattore della sua potenzialità produttiva.

Si soggiunge che, eliminando dai mercato il la-voro infantile, l'offerta della m a n o d'opera sarebbe non soltanto minore, ma anche più facilmente con-trollabile, onde il livello generale dei salari s'eleve-rebbe al punto da compensare nel bilancio fami-liare la m a n c a n z a del reddito del lavoro dei figli. Infine, quanto ai nuovi pesi che verrebbero a gra-vare su l'industria., si dice che di essi si dovrebbe tener conto nella determinazione dei margini di pro-tezione doganale.

Senza negare il valore di queste considerazioni, p a r e ,a noi che esse non bastino a superare le diffi-coltà che s'oppongono ^all'attuazione dell'invocata riforma, poiché tali difficoltà h a n n o valore attuale immediato, mentre l'efficacia dei correttivi su i quali si fa assegnamento non può essere che mediata, in-diretta, lontana, chiedendo per esplicarsi un perio-do transitorio d'assestamento.

Né basta. In molti, in troppi comuni d'Italia l'ob-bligo dell'istruzione elementare, p u r limitato a 1.2 anni, non è osservato; quasi in nessuno v'è di fatto il corso popolare creato con la legge del 1904, e che doveva essere come una scuola di sondaggio delle attitudini dei fanciulli non destinati a proseguire gli studi. In tali condizioni è possibile — a parte la questione della spesa che è secondaria, dappoiché ogni somma dedicata alla preparazione delle future generazioni costituisce un investimento à larghis-simo reddito —, è possibile pensare ad elevare d'un tratto, in ogni comune del Regno, l'obbligo dell'i-struzione elementare a 14 anni, e a creare ovunque scuole professionali di pre-tirocinio e di perfeziona-mento? E per quanto riguarda gli operài, pur am-mettendo, anche in contrasto con la realtà delle co-se, che il livello dei salari possa rapidamente ade-guarsi alle mutate condizioni dell'offerta della ma-no d'opera, è da osservare che difficilmente l'aumen-to potrebbe esser-tanl'aumen-to forte che il maggior guada-gno dell'operaio capo-famiglia basti a compensare — specie nelle famiglie che hanno prole numerosa, le quali sono poi il maggior numero — il danno de-rivante dalla perdita del reddito procurato col la-voro dei fanciulli.

D'altro canto non è a credere che le industrie po-trebbero adattarsi ad una repentina trasformazione del corpo delle loro maestranze senza andar incon-tro a danni che l'elevamento delle difese doganali — del resto non sempre di facile e rapida attuazione e a ogni modo subordinato a un complesso di circo-stanze d'ordine interno e internazionale le quali sfuggono al loro controllo — non sempre basterebbe a rimediare.

s Onde p a r e a noi che, pur dovendosi considerare la soluzione dianzi indicata come la meta verso la quale occorre convergano tutti nostri sforzi sì che possa essere nel più breve tempo raggiunta, sia tut-t a v i a opportut-tuno dar modo all'ambientut-te di prepararsi ad accoglierla, adottando in un primo momento una

soluzione meno radicale, che non turbi troppo pro-fondamente l'attuale stato' di cose. E però sembra-no da accettarsi come « p r o g r a m m a di realizzazione immediata», le proposte formulate dal I I I Conve-gno delle Opere di educazione popolare tenuto in R o m a nei giorni 27-29 febbraio ultimo scorso, rela-tori il senatore Della Torre e il prof. A. Osimo.

Secondo queste proposte, la scuola preparatoria alla vita operaia, la scuola di pre-tirocinio, dev'es-sere il Corso popolare, il quale è già contemplato d'alia legislazione scolastica vigente, e mentre è di obbligatoria frequenza per tutti i figli del popolo, noni impartisce istruzione professionale prematura, ina « accresce la cultura generale del giovanetto ri-masto sotto l a guida del maestro elementare, il più idoneo all'educazione dei fanciulli di 10-12 anni; e col disegno, con le scienze fisiche, col lavoro m a n u a -le, educa, avvia, alla vita operaia, rivela, le attitudi-ni degli allievi, Li orienta verso una razionale scelta del mestiere »'. Perciò il primo dovere da compiere

è l'istituzione effettiva del Corso popolare diretto ad accrescere la cultura generale del futuro operaio e ad avviarlo razionalmente al lavoro. Nei centri maggiori per sviluppo industriale al corso popolare deve seguire l a scuola professionale di tirocinio, della durata di due anni d'obbligatoria frequenza, in ore settimanali durante l'orario del lavoro, per i giova-netti ammessi a lavorare nelle fabbriche. Nei centri minori il corso popolare può fondersi con l a scuola professionale.

M a siccome la scuola di tirocinio non può pro-porsi colla formazione completa dell'operaio, così è necessario offrire al giovanetto, u n a volta entrato nel-la fabbrica dove metterà ,al cimento delle rudi esi-genze del lavoro industriale le modeste cognizioni e l'abilità conquistate la possibilità di perfezionarsi ulteriormente. A tal fine occorre promuovere l'isti-tuzione di corsi di scuole professionali serali, fe-stive, di m o r t a stagione, di breve durata, specializ-zate per le diverse arti e industrie e per le diverse località, e dirette appunto al perfezionamento del-l'operaio già professante un'arte o un mestiere.

Occorre che a queste scuole — le quali « p e r molti anni ancora costituiranno ristrumento piti impor-tante del perfezionamento della m a n o d'opera » — io Stato, gli enti pubblici e le organizzazioni padro-nali e operaie dedichino le cure più amorose perchè esse abbiano a « risorgere dallo stato miserrimo nel quale si trovano e diventare veramente, per ricchez-za di materiali, d'istrumenti, di macchine, degne dello sforzo che compiono gli allievi, capaci di sod-disfare i bisogni di perfezionamento dei giovani ope-rai che le frequentano, rispondenti alle esigenze ef-fettive delle industrie.

Questi i lineamenti d'un p r o g r a m m a fattivo. Dev'essere compito d'onore delle Camere di com-mercio, quali rappresentanti della collettività degli interessi economici delia nazione, di affrettarne la attuazione, sia agendo collettivamente su i poteri dello Stato affinchè provvedano i più larghi mezzi necessari allo scopo, sia promovendo ciascuna nel propino distretto, còl concorso degli altri enti pub-blici locali (comuni, provinole) e degli organismi economici più rappresentativi (Casse di risparmio, banche, associazioni industriali, ecc.), la costituzio-ne di consorsi per la fondaziocostituzio-ne di scuole professio-nali. Nell'ambito locale toccherà alle Camere farsi incitatrici con l'esempio, dedicando a quest'opera di ricostituzione delle energie economiche nazionali tutto quanto il loro bilancio può dare. Dimostreran-. no così a n c o r a u n a volta d'essere degne dell'ufficio

che la legge h a loro affidato, e ancora una volta si renderanno benemerite delle fortune della patria.

La nostra emigrazione e il dopo-guerra

L e notizie che giungono dagli Stati Uniti inducono a ritenere come probabile e prossimo un nuovo e, quesita volta, definitivo successo della c a m p a g n a po-litica che in quel paese si conduce ormai da parec-chio tempo nell'intento di ottenere misure restrittive a l l a immigrazione: il « Burnett Bill » si avvia a di-ventare legge.

Se il « B u r n e t t Bill » diventerà legge, verranno esclusi dall'ammissione agli Stati Uniti tutti gli s t r a:

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idonei a leggere, i quali non possano leggere la lin-gua inglese o la linlin-gua o il dialetto d'un altro paese: restando però stabilito che ogni straniero, il quale si trovi in condizione di poter ottenere l'ammissione o il quale sia stato già -altriè volta negli Stati Uniti, potrà condurre o chiamare presso di sè il padre o,i! nonno, se abbiano superato i 55 anni, la moglie, la madre, la nonna, la figlia, sia nubile, sia vedova, anche quando tali persone non sappiano leggere; allo scopo di accertare se gli stranieri sappiano leg gere o no, gli ispettori dell'immigrazione saranno for-niti di identici esemplari di strisele di carta, cia-scuna contenente non meno di trenta e non più di quaranta parole di uso comune, stampate a ciliari caratteri nelle diverse lingue e dialetti degli emi-granti, e su quelle faranno l'esame.

Se il « Burnett Bill » diventerà legge, resterà im-pedita l'ammissione agli Stati Uniti di buona parte di quella che era la nostra emigrazione per quel territorio.

E' noto che il fenomeno emigratorio aveva assunto nel nostro paese proporzioni Imponenti e caratteri stabili. Il numero degli emigranti era stato in media, durante il quinquennio 1909-1913 di 697 mila all'anno ed aveva toccato nel 1913, ultima annata anteriore allo scoppio della guerra europea, gli 873 mila. Gli aspetti dell'emigrazione si erano stabiliti, in sostan-za, nella coesistenza di due correnti, l'una diretta, alle terre continentali e l'altra rivolta alle terre tran-soceaniche, la prima con prevalente origine dall'I-talia superiore e con prevalente nota di temporaneità e la seconda con prevalente origine dall'Italia infe-riore e con prevalente nota di permanenza. Gli emi-granti continentali erano stati 273 mila, ossia il 40 per cento del totale, e gli emigranti transoceanici erano stati 406 mila, ossia il 60 per cento del totale, nella media annua del quinquennio 1909-1913, >e, nel 1913, quelli erano stati 313 mila e questi erano stati 560 mila, come dire rispettivamente il 36 ed il 64 per cento.

Ora, nel complesso fenomeno migratorio del nostro paese gli Stati Uniti avevano preso una posizione preminente: essi avevano assorbito 278 mila nostri emigranti nella media annua del quinquennio 1909-1913 e cioè il 41 per cento di tutta l'emigrazione ed il 68 per cento dell'emigrazione transoceanica, e nel 1913 avevano assorbito 377 mila nostri emigranti e cioè il 43 per cento di tutta l'emigrazione ed il 67 per cento dell'emigrazione transoceanica.

Ebbene — secondo i dati dell'ultimo censimento, sugli individui d'età superiore ai sei anni — l'Italia ha in media' il 37 per cento di analfabeti ed ha poi circa il 60 per cento di analfabeti proprio in quelle regioni che danno il maggior contingente all'emi-grazione transoceanica diretta agli Stati Uniti: così la Sicilia ha il 58 per cento di analfabeti, la. Cala-bria il 70, la Campania il 54, la Puglia il 59, l'A-bruzzo il 58, La Basilicata il 65.

Pertanto, risulta evidente, pur senza costruire ci-fre di problematica -esattezza, che se il «Burnett Bill » diventerà legge, ne sarà colpita, in larga mi-sura quella che -era. la nostra emigrazione per gli Stati Uniti.

Ma il fenomeno migratorio nazionale sì presenterà dopo la guerra tal quale si presentava prima della guerra? o quanta differenza verrà a manifestarsi tra. i due 'fatti sociali?

Questo è il nuovo punto di vista dai quale va oggi considerata la ormai vecchia questione del ((Burnett Bill ».

Si tr-atta di vagliare se la nostra politica postbel-lica. dell'emigrazione dovrà all'emigrazione lasciare la larghezza prebellica o recare una più o meno forte restrizione. Si tratta di valutare, a prescindere do ciò, se le circostanze universali postbelliche po-tranno presso di noi condurre ad un aumento o ad una discesa più o meno notevole della emigrazione prebellica.

Poiché — in astratta ipotesi — ove dopo la guerra non avessimo più emigranti per gli Stati Uniti nes-sun significato conserverebbe a. nòstro riguardo il « Burnett Bill ».

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NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE

L'Italia e l'Argentina dopo la guerra

In'questo momento nel quale è necessario scuo-tere la coscienza nazionale nei rapporti dei nuovi problemi postbellici che si presenteranno dopo la lunga e dura lotta attuale, è opportuno rianimare e preparare fra, noi l'ambiente adatto allo sviluppo di crescenti rapporti con la Repubblica Argentina e predisporre anche l'ambiente argentino ad acco-gliere le nostre iniziative- commerciali in tutto il loro valore.

Questo compito è reso in special modo difficile dal-la guerra stessa, che mentre frappone continui osta-coli ai nostri produttori esportatori, ha favorito al-tri concambi di paesi neutrali. Così è rimasto im-mensamente avvantaggiato il Nòrd-America che in Argentina si è slanciato ora con l,a decisa volontà di prevalere sopra ogni altro concorrente. Con la ben nota risolutezza yankee non ha risparmiato mezzi ed opere adatti all'uopo-: impiantando succur-sali in Buenos Aires della New York City Bank, sta-bilendo nuove linee di navigazione, inviando com-missioni per studio e propaganda, anticipando de-nari al governo argentino... con generosa mano, svi-luppando i rapporti diplomatici con l'elevazione ad ambasciata della legazione in Buenos Aires -e con l'intenso Lavoro- delle energie consolari ispirate a pratici moderni criteri -e tutte rivolte all'infiltra-zione commerciale e alla conquista del grande mer-cato pl-atense.

Ma non solamente ora il Nord-America ha poste le sue mire- di supremazia morale e commerciale in tutto il Sud-Americ-a e- specialment-e in Argentina, raggiungendo risultati che si esprimono nelle se-guenti cifre-; il suo commercio di esportazione alla Repubblica pl-atense è salito nel periodo 1900 -al 1913 da 13 milioni di scudi oro a 62 milioni, mentre l'Ita-lia nello stesso tempo da 14 milioni a soli 34 milioni. Indubbiamente la posizione si aggraverà dopo la guerra se non ricorreremo ai ripari adeguati, in-tensificando i nostri sforzi, prima per riconquistare il terreno perduto e quindi per sviluppare le nuove e potenti iniziative.

Bisogna riconoscere l'abilità degli Stati Uniti che hanno saputo creare e diffondere una teoria e un programma di esclusivo panamericanismo, a cui ha purtroppo -aderito una parte dell'opinione pubblica argentina. Ma noi sappiamo- che fra il Nord e il Sud-Americ-a è inevitabile, a prossima o a lontana sca-denza, l'urto delle due differenti razze, che si posso-no sovrapporre colla violenza, e con un malinteso calcolo di tornaconto economico senza mai fondersi, compenetrarsi moralmente e spiritualmente.

Per fortuna l'invadenza manifesta di questi ulti-mi tempi degli Stati Uniti ha aperto gli occhi ai più saggi e onesti argentini, producendo per reazione una correntie- avversa, che noi dobbiamo secondare e utilizzare.

Ma per conseguire la vittoria nelle lotte commer-ciali che si annunciano molto aspre sul mercato ar-gentino, noi dovremo ricorrere a, validi mézzi" che si possono sintetizzare nei seguenti punti:

1° Conoscere a fondo in tutto il suo valore e nel-la. stima che merita l'Argentina, cioè le sue immen-se. risorse economiche e le favorevoli condizioni del suo mercato, le quali saranno messe molto meglio in efficienza quando le nazioni europee pressate dal bisogno di rimediare ai danni della guerra dovran-no accentuare le loro esportazioni.

2° Rendersi conto delle condizioni speci-ali ri-chieste dal mercato ed alle quali debbono adattarsi i nostri produttori; cioè stabilendo i loro commerci con grandiosità di mezzi, con costanza nei tipi, con favorevoli condizioni di pagamento e sovratutto con onestà nella merce e nell'esecuzione dei contratii.

3° Provvedersi dei mezzi sussidiari ai commerci e specialmente dei noli che ora si dimostrano asso-lutamente- insufficienti, ridotti come siamo a ricor-rere all'estero anche per i rapporti col Sud-Ameri-ca; esempio tipico il trasporto delle- carni congelate sottoposte al placito dell'Inghilterra che può conce-derci o negarci i vapori frigoriferi.

(8)

propa-680 L'ECONOMISTA 16 luglio 1916 - N. 2202 ganda, e una c o r d i a l e ' s i m p a t i c a politica, anche un

po' fastosa, poiché gli argentini sono sensibilissimi per tutto ciò che suona attenzione, deferenza e af-fetto verso il loro paese.

5° Favorire, per quanto è nei nostri mezzi, la grande trasformazione che evidentemente si forma nei partiti politici e quindi uomini maggiori che reg-gono il Governo, verso una Argentina più sobria, più convinta di u n a radicale r i f o r m a negli ordina-menti tributari e amministrativi, più rigida nei co-stumi economici, cosi da evitare tutto ciò che sa di morbosa speculazione, applicandosi invece ad un la-voro serio e ordinato per rendere sempre più pro-duttive Le immense ricchezze potenziali del paese.

In queste .azioni energiche e costanti che s'impon-gono a favorire dopo la guerra, i nostri commerci con l'Argentina è neeessario che ci applichiamo tutti con le nostre: volontà. E' indispensabile anche a tali fini intervenga il nostro Governo, abbandonando fi nalmente quella politica di indifferenza, per non dire di incosciènza, che finora ha seguito verso le nostre espansioni commerciali all'estero. Continuan-do coi sistemi finora seguiti noi andremo contro im-m a n c a b i l im-m e n t e ' a l coim-mpleto insuccesso dei nostri commerci, anche in quell'Argentina che dovrebbe es-sere il nostro miglior mercato per riceverne le mate-rie prime di cui abbisogniamo e per importarvi i pro-dotti delia nostra industria. Non si deve mai dimen-ticare che in Argentina è la più forte e numerosa colonia di emigranti, che quindi il terreno ci è pro-pizio quanto nessun altro e che infine è nostro ob-bligo di (Cittadini verso quei nostri connazionali lon-tani dare tutti i nostri sforzi affinchè il n o m e ita-liano acquisti sempre maggior prestigio e influenza morale e materiale presso i generosi figli della Re-publica. platense.

B a n c o d i S i c i l i a

Rendiconto dell'esercizio 1915 (*)

Conti correnti a interessi. — Notevoli somme con-tinuarono ad affluire, nel decorso esercizio, alle cas-se del Banco, cas-seguendo la generale tendenza, deli-neatasi ' nell'anno precedente in favore degl'istituti di emissione rimasti esclusi, per la loro natura, dai noti decreti di moratoria.

L a rimanenza m i n i m a si ebbe nella p r i m a decade di gennaio con. L. 29.961.883,32; la massima fu rag-giunta nell'ultima di dicembre con L. 49.861.127,93. Le corrispondenti cifre del 1914, avutesi rispettiva-mente nella prima decade di gennaio, e nella penul-tima di dicembre furono: L. 12.726.573,44 e L. 28 mi-boni 428.944,08.

Si raggiunsero con progressivo incremento alla fine del primo trimestre. L. 33.441.997,79 del secondo » 46.528.656,21 del terzo » 42.637.489,83 del quarto, come già detto . . . . » 49.861.127,93

Un leggiero rallentamento si ebbe t r a luglio e no-vembre; m a la tendenza ,al rialzo si manifestò nuo-vamente in dicembre (1).

L a rimanenza media annuale del conto nel 1915 fu di L. 39.867.662,43, contro L. 18.125.936,80 nel 1914 e L. 15.641.120,58 nel 1913.

Nel decorso esercizio la rimanenza media annuale si accrebbe del 119.94 per cento rispetto al 1914.

(*) Continuazione e fine, v. numero 2201.

(1) Ecco le rimanenze mensili del 1915 in confronto con quelle del 1914: 1914 1915 Gennaio . 12.614.232,98 29.961.883,37 Febbraio. 12.767.519,75 30.507.974,23 Marzo 14.585.282,65 33.441.997,79 Aprile 15.250.250,17 38.731.182,41 Maggio . 17.721,066,26 42.884.749,70 Giugno . 17.404.172,42 46.528.656,21 Luglio . 18.326.739,52 44.251.066,03 Agosto . 15.140.481.97 40.080.849,59 Settembre 20.688.895,97 42.637.489,83 Ottobre . 22.361.673,15 43.667.163,84 Novembre 27.695.875,72 43.475.989,97 Dicembre 28.075.120,09 49.861.127,93

A sì cospicuo sviluppo dei conti correnti a inte-resse concorsero in varia, e non lieve misura tutte le sedi e. succursali dell'Istituto.

P r i m a fra tutte fu la sede di Palermo. La. seguo-no gli stabilimenti di Milaseguo-no, Catania, Geseguo-nova, Ro-m a e Messina che segnarono auRo-menti superiori al milione.

Incrementi inferiori a questa cifra sì ebbero in tutte le altre dipendenze.

L a situazione dei conti esistenti nei vari uffici ri-sulta dal consueto prospetto a pag. 37.

L e notevoli disponibilità che gli Istituti di emis-sione hanno potuto trai;re da questa fonte che si ve-niva per loro inaridendo a Causa della forte concor-renza dei liberi istituti di credito non è a dire quan-to giovamenquan-to, abbiano g i à recaquan-to .alla circolazione e quanto, ne possano a n c o r a in avvenire, ove si rie-sca .a non lasciarle distrarre dal loro presente favo-revore avviamento.

Vige ancora la sospensione dei limiti entro cui gli Istituti di .emissione, e r a n o autorizzati a riceversi somme in. conto corrente fruttifero dall'art. 36 della legge b a n c a r i a ; e non è venuta meno la possibilità di offrire ai depositanti saggi più vontaggiosi che per l'addietro (1).

Riscontrata. — Durante tutto il decorso esercizio rimase in vigore, il regime di sospensione della ri-scontrata tra le tre B a n c h e di emissione, introdotta nel secondo semestre del 1914.

In conseguenza di esso il movimento dei biglietti dei due maggiori Istituti di emissione s svolse nelle Casse del B a n c o in modo alquanto anormale e note-voli quantità poterono ristagnarvi, in parte pre-mendo sulla circolazione del Banco. A temperare l'inconveniente furono presi accordi tra le tre Ban-che per la. riscontrata dei titoli Ban-che fu ripresa dal-l'ultima decade.

Certificali per dazi d'importazione. — I certificati nominativi emessi nel 1915 per pagamento di dazi d'importazione furono in numero di 11.026 per un importo di L. 15.768.953,94, di cui L. 1.691.373,02 per aggio.

Le corrispondenti cifre del 1914 furono notevol-mente maggiori, essendo stati emessi n. 13074 certi-ficati per L. 28.544.228,48 con l'incasso di L. 341.083,13 d'aggio.

Differenza sensibile si ebbe anche tra i due seme-stri del 1915, l'importo dei certificati emessi nel pri-mo fu di L. 7.417.663,75 contro, nel secondo, lire 8.351.290,19 col rispettivo aggio- di L. 594.373,25 e lire 1.096.999,77.

Gl'interessi liquidati a favore dello Stato ascesero a L. 1.846,66 contro, nel 1914, L. 5.138,59.

Cassa di soccorso. — I prestiti concessi dalla Cas-sa di soccorso durante l'anno 1915 'furono in numero di 30 per la complessiva somma di L. 1.262.225.

Nell'anno precedente se ne erano consentiti 12 per L. 510.640. Si ha pertanto nel 1915 un aumento di 18 nel numero dei mutui e di L. 751.585 nel loro am-montare.

Dei mutui deliberati nel 1915:

N. 6 per L. 348.850 furono concessi ai seguenti co-muni della provincia di P a l e r m o :

Al comune di Valedolmo L. 22.300 » di Mezzoiuso f » 3.890 » di Palazzo Adriano . . . » 123.000 » di Isnelìo »' 48.065 » di Villabate » 145.200 » di Collesa.no » 6.395 N. 2 per L. 38.800 ai seguenti comuni della provin-cia di Messina:

(9)

N. 3 per L. 143.550 ai seguenti comuni della pro-vincia di Gi rgenti:

Al comune di Sciacca L. 112.550 » di Atragòna » 10.000 » di S. Giovanni Gemini . . » 21.000 N. 1 per L. 10.000 al comune di Modica della pro-vincia di Siracusa.

N. 5 per L. 375.165 a i seguenti comuni della pro-vincia di Caltanissetta: Al comune di Caltanissetta L. 346.135 » di Campofranco . . . » 15.200 » di Mussomeli » 8.545 » di » » 2.950 » di » >,' 2.335 N. 5 per L. 48.855 a i seguenti comuni della pro-vincia di Trapani: Al comune di P a r t a n n a L. 9.990 » di Salerai » 8.100 » di Gibellina » 2.500 » di Vita . . » 25.265 » di S. Ninfa » 3.000 Dei suddetti prestiti: 9 furono concessi per la si-stemazione di strade; 7 per la costruzione di acque-' dotti; »2 per la costruzione di fognature; 1 per la si-stemazione del cimitero; 2 per opere varie e 8 per provvista di grani ai sensi del R. decreto- 29 marzo 1915, n. 338, e del decreto luogotenenziale 22 agosto 1915, n. 1262.

Gli utili dell'esercizio 1915 ascesero -a L. 429.015,82 contro nel 1914 « 419.137,82 Accresciuto degli utili del 1915, il patrimonio della Cassa di Soccorso -al 31 dicembre u. s. raggiunse la cospicua cifra di L. 15.428.696,60.

Agenzie. — Anche nel decorso esercizio le Agenzie seppero compiere, nonostante le me-n propizie con-dizioni generali, un proficuo lavoro a vantaggio dei minori centri dell'Isola in a r m o n i a con le finalità della loro Istituzione.

il complessivo montare degli utili netti fu presso-ché uguale a quello del precedente esercizio e vi con-corsero in più larga misura ie agenzie eli Termini, Milazzo, Marsala, Patti, Licata, Vittoria e Acireale. | Nuove riduzioni segnarono le eccedenze di spese già

rilevate a riguardo delle agenzie di più recente a-pertura.

In incremento fu il movimento di cassa principal-mente nelle Agenzie di P a l e r m o N. 2, Cefalù, Cata-nia, Alcamo, Riposto e Porto Empedocle, mentre in altre fu solo in lieve regresso.

In generale aumento furono poi i depositi in conto corrente fruttifero, le operazioni di -anticipazione e la circolazione dei titoli nominativi risultante a fin d'anno.

In apposito prospetto a pag. 40 sono, come di consueto, posti a confronto col precedente esercizio il movimento delle principali operazioni, avvenuto nel 1915 in tutte le agenzie, e i relativi risultati eco-nomici.

Depositi regolari. L'importo complessivo dei,de-positi esistenti a chiusura dello scorso esercizio, era di L. 233.493.617,81 con aumento nel 1915 di » 69.541.303,01 contro-, nel 1914, . . . 163.952.314,80 in esso comprese L. 272.127,50 t r a c a m b i a l i scontate ai Consorzi granari L. 192.180,94 e frumento deposi-tato- per conto di questi magazzini generali in lire 70.946,56.

Segnarono sensibili aumenti i depositi a garenzia delle anticipazioni ordinarie, saliti da circa lire 24.777.000 a L. 30.537.000, quelli per conto dell'Isti-tuto, che si accrebbero di L. 58.45i.000 p e r immissio-ni dipendenti dalle anticipazioimmissio-ni straordinarie al Tesoro dello Stato e per compere di nuovi fondi, ese-guite durante l'anno, e quelli infine per conto della Cassa di Risparmio che aumentarono di circa lire 13.524.000 in rapporto ai suoi maggiori investimenti. Diminuirono, per converso, e in misura maggiore delle altre categorie, i depositi a garenzia delle -an-ticipazioni straordinarie per conto dello Stato, a nor-m a del R. decreto 18 agosto 1914, n. 827, di L. 8.737.000 circa in conseguenza dei diminuiti bisogni delle Cas-se di Risparmio al cessare del grave turbamento cagionato dallo scoppio della guerra; e di L. 2.552.000

circa i depositi per 'conto del Credito Agrario quale effetto di maggiori rientranze.

Sofferenze. — Il montare complessivo deg-li effetti caduti in sofferenza nel 1915 fu di L. 1.341.469,49 che uniti -alle spese sommarono . . . . h. 1.375.169,88

Deducendone i ricuperi

in L. 170.217,19 e le cambiali garentite da

ipoteche inscritte in

ap-posito conto per . . . . » 20.356,96

e, in tutto quindi » 190.574,15 se ne ha la rimanenza alla fine del

1915 in L. 1.184.595,73 che, insieme con le » 43.424,54 di cambiali d'altri esercizi con

garan-zia d'ipoteca, da -ammortizzarsi, al ter-mine del 1915, furono passate a

per-dita nella somma totale di . . . . L. 1.228.020,27 contro, nel 1914, » 869.983,17

Nello- scorso esercizio si

ebbe, così, un aumento di L. 358.037,10 che va in gran parte -attribuito alle sedi di Palermo, Catania e Roma, e a quest'ultima a causa del falli-mento d'un istituto bancario di Napoli.

Sensibili diminuzioni si ebbero- a Milano e in non pochi stabilimenti dell'Isola.

Utili lordi. — L a somma degli utili degli Stabili-menti e dell'Amministrazione Centrale -ascese, nel 1915, a L. 8.131:838,37 a lordo delle spese, contro, nel 1914, . » 6.282.983,13 con un auménto di L. 1.848.855,24 Al quale risultato concorsero le operazioni di scon-to con L. 588.000 in più del 1914, in conseguenza della loro maggiore estensione; le anticipazioni ordinarie, escluse le statutarie, con la più alta resa di 431.000 lire dovuta -anch'essa all'increménto avutosi in que-sto ramo di operazioni.

Crebbero inoltre:

di L. 434.000 gli utili ricavati dalla fruttificazio-ne dei titoli e delle anticipazioni statutarie nonché dai biglietti -emessi in dipendenza di operazioni per conto dello Stato:

di L. 232.000 i ricuperi sulle- sofferenze dei pas-sati esercizi, che ascesero alla cifra di L, 433.388,73 contro L. 201.380,66 nel 1914; é

di L. 176.000 i « Benefizi diversi ». importanza.

E -ciò a tacere di -qualche piccola cifra di minore A questi aumenti si contrappone la sola diminu-zione- di L. 36.000, avutasi negli interessi e provvi-gioni a debito dei Corrispondenti a causa del minor movimento dei loro conti.

Spese. — Le spese, le imposte e le tasse, le soffe-renze, gli svalorimenti e le perdite da ammortizzare alla fine- dell'esercizio- ascesero

nell'an-no decorso . L. 6.720.236,42 contro, nel 1914, » 4.864.362,11 con u n a differenza in più di . . L. 1.855.874,31

Aumentarono, rispetto al 1914:

a) di L. 421.000 le spese d'amministrazione ad aggravare le quali concorsero:

per L. 75.000 le re-tribuzioni del personale av-ventizio, assunto in- luogo degli elementi d'organico chiamati alle armi;

per L. 75.000 le erogazioni a favore- di Comi-tati per la difesa civile-, della Croce Rossa e delle fa-miglie dei richiamati;

per L. 68.000 gli acquisti di c a r t a filigranata ad uso dei biglietti;

per L. 44.000 la fabbricazione di fedi e vaglia; per L. 38.000 le pensioni liquidate agli impie-gati collocati a riposo;

per L. 20.000 le indennità di trasferta e diaria in conseguenza di più frequenti e più lunghe missio-ni d'impiegati e funzionari determinate dai richiami alle armi;

per L. 20.000 le spese di liti irrepetibili relati-ve a sofferenze ammortate;

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