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32. Thomas Garrafa, Pandemia

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Academic year: 2021

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Concorso Euclide – Giovani 2021 “La pandemia come ci ha cambiati” UN SUPEREROE

Racconto breve di Thomas Garrafa IV A INF ITI “A. Monaco” Cosenza

“Non ricordo più molto del mio passato, per questo non ne parlo spesso.... Ma,

fidatevi, che la mia vita era molto più movimentata di come lo è adesso. Ora non faccio altro che passare il tempo a guardare la televisione o a parlare con qualche parente che vive lontano. Sono felice che siate venuti a farmi compagnia!”

Era rivolto a noi: “A cosa devo questa piacevole visita?”

Mio nonno mi aveva raccontato di come fu colpito, quando era ancora un bambino, da un nemico invisibile che aveva messo in ginocchio il mondo intero! Addirittura le potenze mondiali, come Cina e Stati Uniti, furono costrette a combattere una guerra molto duratura contro di esso. Era così piccolo che nessuno lo vedeva, eppure per quanto era infinitamente piccolo, altrettanto era pericoloso!

Il nonno aveva aggiunto che era stato salvato da un supereroe, uno che però non indossava alcun mantello e non aveva una “S” incisa sul petto di un costume attillato color rosso e blu: portava una maschera bianca e un largo vestito azzurro. Era… in ciabatte! Al solo immaginarlo mi veniva da ridere: non avevo mai visto un supereroe, figuriamoci in ciabatte! Mi disse che quel viso, più che altro ridimensionato ai soli occhi, poiché coperto da una serie di schermature, lui lo ricordava ancora bene, nonostante fosse allora molto piccolo.

E quel supereroe era proprio lì, era lui, quel signore a cui io e i miei amici eravamo ora andati a fare visita.

Gli spiegai tutto.

“Sapete –disse- a volte i ricordi mi tornano in testa per poi andarsene da qualche

parte nell’ ippocampo! ... Sapete che cos’è, vero?”

Si mise a ridere. Era un anziano rugoso, la sua età si aggirava attorno ai novant’anni allora, ma il suo sorriso era ingenuo come quello di un neonato. “Gradite un caffè, o forse è meglio un bel bicchiere di tè, vero?” “Tè, grazie. Il caffè non ci piace tanto…”

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Il vecchio sorrise ancora di più e il suo sorriso era contagioso e metteva di buon umore, così come la sua pelata lucida, che ci ricordava l’omino della pubblicità di un detersivo che avevamo visto poco prima in tv.

Io e i miei amici eravamo ancora bambini. Avevamo un mondo davanti a noi. Ma quel giorno, forse preso dalla noia, mi era venuta quell’idea geniale: “Vogliamo

andare a conoscere un supereroe?”

Avevo convinto rapidamente i miei amici ad andare a casa del vecchio, che sapevo non essere molto lontana dal quartiere in cui abitavamo.

Ci diede subito una tazza di tè ciascuno. Era caldo, buono. Nel prepararlo aveva messo del miele per addolcirlo un po’ e ci piacque. “Accomodatevi” disse. Ci sedemmo attorno a un tavolino, poi si sedette anche lui su un sofà che era poco più in là nel soggiorno. Più che sedersi, quasi ci si buttò, forse per la stanchezza che gli aveva procurato anche il solo preparare una tazza di tè. “Tu sei un supereroe?” dissi io, con gli occhi che quasi mi brillavano per lo stupore. Nel mio immaginario di bambino, i supereroi non invecchiavano mai. Eppure quel metro e cinquanta che quel vecchio uomo era, ormai, per via della schiena curva, ti trasmetteva una strana sicurezza; e questo lo faceva sembrare alto più di quanto non fosse, ai nostri occhi.

“No, non sono un supereroe! Ho fatto nella mia vita sempre e solo il mio lavoro.” Ma l’espressione sul volto del vecchio era cambiata drasticamente, quando aveva sentito quelle parole. Lo percepii subito: era come se qualcosa dentro di lui si fosse risvegliato.

“Ma, hai salvato mio nonno, quando era un bambino!”

“Ah… ricordo molto bene tuo nonno! Gli assomigli anche un po’, sai? Quello fu

un periodo particolare e davvero difficile. Quel maledetto virus… Si diffondeva sempre di più e le sale- rianimazione e i posti letto erano arrivati al limite sopportabile. Tuo nonno poi era un caso particolare. Aveva solo quattro anni, arrivò al reparto terapia intensiva: era in coma. Ricordo che la notizia si diffuse ampiamente, perché mai era successo fino a quel momento che un bambino così piccolo andasse in coma per via del COVID.” Si fermò, con lo sguardo perso, come

se rivedesse la scena. Prese un sorso di tè dalla tazza che aveva preparato anche per sé; si schiarì la voce, poi continuò: “Tuo nonno stava veramente male. Eppure

io non avevo perso mai la speranza. Avete mai sentito parlare di musicoterapia? Non penso.” Di nuovo quel sorriso innocente. “Non vi era ancora una medicina

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specifica per guarire da quella tremenda malattia. Gli rimanevano certo pochi giorni… E questa brutta notizia avrei dovuta darla io ai poveri genitori… Quando lo feci, ricordo che la madre e il padre si accasciarono a terra, quasi fossero morti! … Dov’ero rimasto? Ah, la musicoterapia. E’ un trattamento alquanto speciale a quel tempo, che in qualche modo ti permette di comunicare col paziente. Quello era il mio obiettivo: renderlo più felice, accompagnarlo almeno, fino a quando non si sarebbe spento. Non pensavo sarebbe servito a qualcosa, sinceramente, ma ogni giorno, alla stessa ora, gli suonavo con la mia vecchia chitarra “Yellow

submarine”, la canzone storica dei Beatles. La conoscete, vero?”

Io e i miei amici ci scambiammo uno sguardo, con il viso stranito, e nessuno rispose.

“Possibile?! Ahh! Questa generazione non capisce quanto erano belle le canzoni

dell’altro secolo”

Prese un cellulare di vecchia generazione e ci fece ascoltare “Yellow submarine”. Era una canzone diversa da quelle che ero solito ascoltare, ma era davvero bella. Ti trasmetteva una strana sensazione di tranquillità. La riconobbi…Era la stessa che ascoltava sempre il nonno e ora ne capivo il perché…

“Ogni giorno, la stessa canzone. Ogni giorno, fino a quando Dio non l’avrebbe accolto nel suo regno. E il tempo passava, ma lui, testardo com’era, questo mondo non voleva lasciarlo! ... Il sesto giorno successe l’impensabile: quando finii di cantare, lui, lentamente, riaprì gli occhi e rimase a fissarmi. Io, attonito per lo stupore, ebbi la forza di dirgli “Tutto è finito!”. Tutto era finito! Era riuscito a sconfiggere quel maledetto nemico invisibile, da solo. Non avevo potuto fare niente altro che suonare… In fondo, avevo fatto solo il mio lavoro.”

Quel racconto ci aveva come stregato! Da quel giorno capii che i supereroi non esistono per come li avevo immaginati insieme ai miei amici. I supereroi sono persone per bene che lavorano, hanno tanti punti deboli, invecchiano. Non hanno vista laser o gadget ipertecnologici. Si nascondono dietro una maschera, forse, che copre la bocca, non gli occhi e hanno sì la super-forza! Ma non è muscolare, bensì mentale! Eh sì… I veri supereroi indossano le ciabatte.

Oggi è il 30 ottobre 2081. Il vecchio supereroe ci ha lasciato all’età di 102 anni. Io ho compiuto già ventuno anni e mio nonno ha ormai superato la sessantina da un po’... L’ho accompagnato al funerale del vecchio medico. Non vi erano

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molte persone: la chiesa era quasi vuota! Triste constatare che colui che aveva lavorato così tanto per far rimanere in vita le persone, dando tutto se stesso, alla fine è rimasto solo, quasi dimenticato… Forse i veri supereroi muoiono in silenzio, mi sono detto.

Finita la messa, ci siamo recati al cimitero. Mi sono avvicinato alla sua tomba. C’era troppo silenzio. Ho digitato sul mio nuovo cellulare “Yellow submarine” e

la musica ci ha riempito il cuore! Finita la canzone, abbiamo istintivamente

atteso… Quasi si potesse risvegliare anche lui, da quel lungo sonno, così come era già successo a mio nonno. Ho posato una rosa nel vaso a fianco alla sua lapide e siamo andati via. Mio nonno era un passo avanti a me per il vialetto del cimitero… Mi sono girato solamente un momento per guardare quella rosa dentro al vaso. Poi un sorriso ingenuo è sbocciato sul mio viso, come uno dei suoi e… l’ho salutato. “Grazie di tutto, vecchio supereroe!”

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