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Conservare con il freddo

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Academic year: 2021

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Conservare Con il freddo

Il freddo non uccide i microrganismi, ma ne rallenta l’attività sino praticamente a bloccarla sotto una certa tem- peratura.

Su questo principio si fondano tre tecniche: la refrigerazione, il congelamento e la surgelazione.

Perché il freddo conserva

Il motivo per cui avviene il blocco di ogni attività biochimica dipende dalle trasformazioni chimico-fisiche che l’acqua subisce al decrescere della temperatura. Finché si trovano nella forma liquida, le molecole d’acqua sono in continuo movimento e, col raffreddamento, il loro moto si fa sempre più debole, fino alla solidificazione in ghiaccio. Quanto più le molecole d’acqua rallentano, tanto meno sono disponibili per svolgere le funzioni che permettono e favoriscono le reazioni di alterazione mi- crobica, enzimatica e chimica. Quando tutta l’acqua di un alimento si solidifica, tutta l’attività biologica viene, per così dire “iberna- ta”, cioè bloccata, fino al momento dello scongelamento, allorché l’acqua torna allo stato liquido e può essere utilizzata di nuovo.

La refrigerazione

È una tecnica che si effettua mantenendo gli alimenti a temperature gene- ralmente comprese tra i +2 °C e i +8-9 °C.

La refrigerazione si utilizza comunemente in casa quando conserviamo il cibo in frigorifero, ed è usata nell’industria e nel commercio per conservare per brevi periodi i prodotti freschi. A queste temperature infatti l’attività dei microrganismi è solo rallentata, ma essi continuano a svilupparsi e dopo po- chi giorni (a seconda del tipo di alimento) possono portare all’alterazione.

Il congelamento

Consiste nel raffreddare gli alimenti a una temperatura sufficientemente bassa da far solidificare l’acqua che essi contengono. L’acqua è il maggior costituente di molti prodotti: dalla carne al pesce, alla maggior parte degli or- taggi e della frutta; essa è anche un fattore di crescita fondamentale dei microrganismi, così, quando si congela il cibo, non solo si sfrutta l’azione della bassa temperatura per rallentare lo sviluppo dei microrganismi, ma si riduce anche la quantità di acqua disponibile per la loro crescita.

Il congelamento viene praticato soprattutto per carni, pesci e alcuni ortaggi. Conservati a temperatura sufficien- temente bassa, i prodotti congelati si mantengono per mesi.

La surgelazione

È una tecnica che differisce dal congelamento per il fatto che l’acqua viene fatta gelare molto più rapida- mente. Per legge, un prodotto surgelato deve raggiun- gere la temperatura di -18 °C nel cuore della confe- zione (il punto più interno) nel minor tempo possibile (oggi si riescono a surgelare alcuni alimenti in pochi minuti). Per arrivare a questo risultato si utilizzano im- pianti in grado di operare a temperature bassissime, an- che di -40/-50 °C.

Dal momento in cui gli alimenti vengono surgelati, la loro temperatura non deve mai innalzarsi sopra i -18 °C, sino a quando si preparano per il consumo. Se queste

condizioni vengono rispettate, i surgelati si possono conservare a lungo (per alcuni mesi) e, rispetto ai prodotti con-

gelati, mantengono meglio il valore nutritivo e le loro caratteristiche organolettiche.

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Nella tabella seguente si riportano i principali cambiamenti che possono avvenire negli alimenti sottoposti a congelamento e/o surgelazione.

Modificazioni chiMico-fisiche dovute al freddo

tipo di alimenti Principali modificazioni

Alimenti proteici (carni e pesci) Tendono a diventare fibrosi. L’ossigeno causa imbrunimento superficiale

Alimenti grassi e componenti lipidici presenti nei cibi Reagiscono lentamente con l’aria ossidandosi

Alimenti vegetali Gli enzimi provocano cambiamenti a carico di amidi, pigmenti

(clorofilla e carotenoidi) e vitamine. L’ossigeno presente nell’aria provoca imbrunimento di frutta e verdura

La catena del freddo

Magazzino frigorifero dell’impianto industriale

–30 o –20 °C

Prima fase di trasporto

–25 °C

Depositi centrali di conservazione –30 o –25 °C

Seconda fase di trasporto

–25 °C

Depositi di distribuzione –30 o –35 °C

Terza fase di trasporto

–20 °C Conservazione,

esposizione e vendita al dettaglio –20 °C Quarta fase di

trasporto a cura del consumatore Conservazione

domestica oltre 3 giorni –18 °C

Congelati o surgelati?

Clarence Birdseye, l’inventore dei surgelati, li chia- mò con il termine quick frozen (congelato rapida- mente), proprio per sottolineare l’elemento fondamentale che differenzia i surgelati dai normali prodotti congelati, la rapidità del congelamento. I surgelati devono essere portati in tempi bre- vissimi a una temperatura di –18 °C o più bassa. In queste con- dizioni l’acqua contenuta nel cibo forma un gran numero di cri- stalli di ghiaccio microscopici che, proprio per le loro dimensioni, producono danni minimi alla struttura del prodotto. Viceversa, nei prodotti congelati, a causa dei tempi più lunghi di raffred- damento, si formano cristalli di ghiaccio più grandi che causa- no lesioni alle cellule dei tessuti animali o vegetali, con possibile perdita di sostanze nutritive (soprattutto sali minerali, vitamine e amminoacidi) quando si effettua lo scongelamento. Sul piano della qualità, i surgelati offrono dunque maggiori garanzie, a patto però che la cosiddetta “catena del freddo” non subisca alcuna interruzione, cioè che la temperatura non superi mai i –18 °C per tutto il periodo che separa i surgelati dalla produ- zione al consumo. Sulle confezioni dei surgelati è riportata per legge anche la frase “una volta scongelato non ricongelare”.

Il ricongelamento è giustamente sconsigliato per una serie di motivi: scadimento delle qualità organolettiche (variazioni della consistenza e del gusto), possibile diminuzione del valore nutriti- vo, innalzamento del numero di microbi presenti nel cibo.

A

B

Nel congelamento lento si ha formazione di grossi cristalli di ghiaccio che possono danneggiare le strutture delle cellule (A).

Nella surgelazione (congelamento rapido) si formano microcristalli di ghiaccio che non provocano danni alle cellule (B).

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