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Diritto della banca e del

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Dir itto della banca e del mercato finanziar io 2 /2019

aprile-giugno

2 /2019

anno

xxxiii

Diritto della banca e del

mercato finanziario

ISSN 1722-8360

Periodico Trimestrale - POSTE ITALIANE SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 Conv. il L. 27/02/2004 - n. 46 art.1, comma 1, DCB PISA - Aut. Trib. di Pisa n. 9/2009 del 8/5/2009

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Mercati finanziari e tecnologie digitali

Usura

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Procedura di allerta e banche

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A partire dal gennaio 2011, la pubblicazione di scritti sulla Rivista è subordinata alla valutazione di blind referees. Il sistema dei referees è attualmente coordinato dal prof. Daniele Vattermoli.

Nell’anno 2018, hanno fornito le loro valutazioni ai fini della pubbli- cazione i prof. Niccolò Abriani, Concetto Costa, Giacomo D’Attorre, Giuseppe Ferri jr., Danilo Galletti, Marco Maugeri, Massimo Miola, Umberto Morera, Stefania Pacchi, Daniele Umberto Santuosso, Mauri- zio Sciuto, Marco Ventoruzzo.

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Rivista trimestrale del Ce.Di.B.

Centro studi di diritto e legislazione bancaria

Comitato di direzione

Carlo Angelici, Sido Bonfatti, Mario Bussoletti, Gino Cavalli, Salvatore Maccarone, Fabrizio Maimeri, Alessandro Nigro, Mario Porzio, Ángel Rojo, Vittorio Santoro, Luigi Carlo Ubertazzi, Daniele Vattermoli.

Comitato di redazione

Soraya Barati, Alessandro Benocci, Antonella Brozzetti, Mavie Cardi, Marco Conforto, Ciro G. Corvese, Giovanni Falcone, Clarisa Ganigian, Gian Luca Greco, Luca Mandrioli, Francesco Mazzini, Simone Mezzaca- po, Filippo Parrella, Giovanni Romano, Gennaro Rotondo, Maria Elena Salerno.

Segreteria di redazione Vincenzo Caridi

Direttore responsabile Alessandro Nigro

La sede della rivista è presso la Segreteria del Ce.Di.B.

Corso Vittorio Emanuele II, 173 - 00186 Roma L’amministrazione è presso: Pacini Editore Srl Via Gherardesca - 56121 Ospedaletto - Pisa Tel. 050 313011 - Fax 050 3130300

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I dattiloscritti, i libri per recensione, bozze, ecc. dovranno essere inviati al Prof. Alessandro Nigro, viale Regina Margherita 290 - 00198 Roma

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PARTE PRIMA

Saggi

Consulenza finanziaria e robo-advisor: profili cognitivi,

di Umberto morera pag. 205

FinTech tra algoritmi, trasparenza e algo-governance, di

maria-teresa ParacamPo » 213

L’ammortamento alla francese. Matematica e diritto:

quando la scienza vien piegata a negar se stessa, di

roberto marcelli, anton GiUlio Pastore, amedeo Valente » 249 Note sull’attualità della querelle tra banca-impresa e

banca-funzione, di PierlUiGi de biasi » 275

Commenti

Usura e principio di simmetria – Cass., S.U., 20 giugno

2018, n. 16303 » 305

Sezioni Unite, usura, CMS e principio di omogeneità.

Risolta anche la querelle su usura e interessi moratori?, di GiUsePPe scassellati sforzolini, bernanrdo massella

dUcci teri » 313

Aiuti di Stato e interventi di sostegno del FITD – Trib.

U.E., 19 marzo 2019 » 339

La Commissione europea e la concezione strumentale di

“mandato pubblico” (a proposito del “caso FITD/Tercas”

– Sentenza del Tribunale UE 19 marzo 2019), di sandro

amorosino » 364

Miti e realtà » 375

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Legislazione

Procedura di allerta e banche – D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, Codice della crisi e dell’insolvenza in attuazione

della legge 19 ottobre 2017, n. 155 » 41

Obblighi e responsabilità della banca e

dell’intermediario finanziario nelle procedure di allerta

e di composizione assistita della crisi, di GioVanni falcone » 43

Norme redazionali » 61

Codice etico » 66

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funzione

Sommario: 1. La banca è sempre stata impresa. – 2. CRD IV, BRRD e i loro effetti.

– 3. I poteri di intervento attribuiti all’autorità di vigilanza. – 4. I conflitti tra potere e responsabilità. – 5. Poteri statali di intervento: golden power – 6. Ipotesi e prospettive di assestamento del sistema.

1. La banca è sempre stata impresa.

L’ordinamento italiano nasce senza mostrare dubbio alcuno sul fat- to che l’attività di banchiere sia attività d’impresa1, tanto è vero che il codice di commercio del 1882, all’art. 3, n. 11, indica tra gli atti ex lege reputati atti di commercio «le operazioni di banca» e l’art. 177 impone alle «società che hanno per principale oggetto l’esercizio del credito» una serie di adempimenti2. La legge del 1926 (R. d.l. 7 settembre 1926, n.

1511), che non si propone di governare il mercato del credito, ma svolge funzione «di polizia del credito»3, non discute il tema, si applica a «società

1 Anche negli Stati preunitari il carattere di impresa non è materia di dubbio. Il codice di commercio per gli stati di S. M. il re di Sardegna del 1842 indica tra gli atti di commercio elencati all’art. 672 «n. 5.° Ogni operazione di cambio, di banca e di senseria», al n. «6.° Ogni operazione di Banche Pubbliche» e al n. 7.° le operazioni su lettere di cambio e i biglietti all’ordine. Considerando che il primo codice di commercio del Regno d’Italia, promulgato con r.d. 25 giugno 1865, n. 2364, consisteva nella rielaborazione del codice sardo del 1842, la prima vera normativa del Regno d’Italia è il codice di commercio del 1882.

2 Sul punto v. Porzio, Le imprese bancarie, in Tratt. dir. comm. diretto da Buonoco- re, III, 1, Torino, 2007, p. 12; Belli, Corso di legislazione bancaria. Legislazione bancaria italiana (1861-2010), Pisa, 2012, p. 128; Galanti - D’amBroSio - Guccione, Storia della legislazione bancaria, finanziaria e assicurativa: dall’unità d’Italia al 2011, Venezia, 2012, p. 40.

3 coSti, L’ordinamento bancario5, Bologna, 2012, p.  45; sul punto Belli, Le leggi

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ed altri enti esercenti il credito e le ditte bancarie in genere (…) le quali raccolgano depositi» e prevede l’embrione di istituti destinati a divenire caratteristiche che ancor oggi definiscono la banca4.

La legge bancaria del 1936 dispone che la raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e l’esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico (art. 1). Che l’attività della banca abbia carattere d’im- presa è dato per pacifico dal codice civile del 1942, che infatti all’art.

2194, n. 4, la includeva tra le imprese soggette a registrazione5 e viene messo in dubbio, salvo un caso6, solo a partire dagli anni Sessanta7, pur

bancarie del 1926 e del 1936-38, in Banca e industria fra le due guerre. Le riforme isti- tuzionali e il pensiero giuridico, v. II, Bologna, 1081, p. 203.

4 In rapida rassegna: l’istituzione di un albo tenuto dal ministero delle finanze (art.

1, c. 2), la necessità di autorizzazione ministeriale per iniziare le operazioni o aprire sedi o filiali «nel regno, nelle colonie o all’estero» (art. 2, c. 1), l’obbligo di destinare annual- mente un decimo degli utili da destinare a riserva ordinaria, fino a che la riserva rag- giunga il quaranta per cento del capitale (art. 3), la comunicazione di bilanci e situazioni periodiche all’istituto di emissione (art. 4), la delega all’istituto di emissione a vigilare sull’osservanza al decreto (art. 5) e, infine, la facoltà concessa al governo di emanare un regolamento attuativo e di determinare, con lo stesso regolamento, a) l’ammontare del capitale minimo, b) la proporzione tra il patrimonio netto e l’ammontare dei depositi, c) norme concernenti la misura dei rischi, d) le norme transitorie per consentire a chi già operava di adeguarsi alla nuove prescrizioni e d) le penalità per i trasgressori (art. 6).

Laprevisione dell’autorizzazione ministeriale originariamente era prevista per la co- stituzione delle società anonime (c.comm. 1807, art. 37), fu conservata dal codice del 1865, per poi cadere, accogliendo istanze liberiste presenti già nel progetto del deputato Tommaso Corsi del 1863, con il cod. comm. 1882 e l’abolizione è indicata tra le «prin- cipali innovazioni arrecate al sistema legislativo» dalla Relazione redatta da Mancini:

acerBi, La società per azioni: introduzione storica, in La società per azioni, diretto da Ab- badessa – Portale, Milano, 2016, pp. 16 ss. Indica ViVante, Trattato di diritto commerciale, II, Le società commerciali, Milano, 19063, p. 243, n. (60) che l’autorizzazione governativa vige ancora «come cautela per l’esercizio di alcuni rami del commercio nel pubblico in- teresse» e cita per gli istituti di credito fondiario la legge 18 luglio 1890 (art. 26) e per le casse di risparmio la legge 15 luglio 1888 (art. 19).

5 DeSiDerio, L’attività bancaria. Fattispecie ed evoluzione, Milano, 2004, p.  33, n.

(57).

6 Giannini, Osservazioni sulla disciplina della funzione creditizia, in Scritti in onore di Santi Romano, Padova, 1940, II, p. 707, ora Scritti – II 1939-1948, Milano, 2002, p. 1 afferma la natura di servizio pubblico propria della funzione creditizia, ma in Istituti di credito e servizi di interesse pubblico, in Moneta e credito, 1949, p. 14 ora in Scritti - III 1949-1954, Milano, 2003, p. 109 considera l’attività come servizio di interesse pubblico, nel più vasto ambito della teoria degli ordinamenti sezionali e nel più tardo Problema della banca come impresa, in Banca borsa, 1981, I, p. 385 chiarisce come non si debba dubitare che la banca abbia natura di impresa.

7 ruta, Il sistema della legislazione bancaria, Roma, 19752, p. 136; ViGnocchi, Il ser-

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non essendo la teoria dominante8, tanto da indurre autorevole dottrina ad affermare che «la letteratura giuridica italiana non ha mai messo in dubbio che l’esercizio dell’attività bancaria debba qualificarsi come impresa»9.

La corrente di pensiero, largamente giurisprudenziale10, secondo la quale l’attività bancaria avrebbe dovuto essere funzionalizzata a scopi di interesse pubblico, rafforzata dalla circostanza che gran parte delle banche era riconducibile al settore pubblico, sia sul piano della pro- prietà che della forma giuridica dell’ente, nelle parole di un autorevole esponente, era contrastata dalle autorità creditizie11.

La previsione legislativa secondo la quale l’attività bancaria costitui- sce attività che «ha carattere d’impresa, indipendentemente dalla natura pubblica o privata degli enti che la esercitano» (art. 1, d.p.r. 27 giugno 1985, n. 350) giunge con l’attuazione della direttiva del Consiglio delle Comunità europee n. 77/780, e secondo alcuni12 la previsione nasce per

vizio del credito nell’ordinamento pubblicistico italiano, Milano, 1978, p. 52; V. SPaGnuolo

ViGorita, Principi costituzionali sulla disciplina del credito, in Rass. dir. pubbl., 1962, I, p. 365; PreDieri, Pianificazione e costituzione, Milano, 1963, p. 358.

8 Si vedano Gentili, Note critiche sulla natura giuridica degli istituti di credito «di diritto pubblico» e la qualità di pubblici ufficiali dei loro dipendenti, in Banca, borsa, tit.

cred., 1977, I, p. 70; caPriGlione, Qualificazione dell’attività bancaria e imprenditorialità degli enti creditizi, in Foro it., 1981, II, c. 554; molle, La banca impresa pubblica, ivi, 1981, II, c. 385; caSSeSe, Miti e realtà delle banche pubbliche, ivi, 1982, I, p. 100; Ferri, Im- prenditorialità degli enti creditizi: un discorso interrotto, ivi, 1982, I, 157, per la dottrina più risalente: PalomBi, La tutela penale del credito negli orientamenti della Cassazione, in Banca, borsa, tit. cred., 1981, I, p. 86, n. (2).

9 coSti, L’ordinamento bancario, Bologna, 19861, p. 131.

10 La piena affermazione dell’interpretazione secondo la quale l’attività bancaria vie- ne riconosciuta come pubblico servizio in senso oggettivo è data dalla sentenza che – ai fini penali – parifica i dipendenti delle banche pubbliche a quelli delle banche private attribuendo anche a questi ultimi la qualifica di incaricati di pubblico servizio: Cass., S.U. 10 ottobre 1981, carFì, in Cass. Pen., 1982, 32, con nota di calDerone, Il servizio del credito alla luce della Costituzione, p. 44, sentenza molto criticata dalla dottrina citata a n. (8).

11 DeSario, Il Testo Unico delle leggi bancarie e creditizie e il nuovo ruolo della vigi- lanza, in La nuova legge bancaria, a cura di P. Ferro Luzzi e Castaldi, Milano, 1996, 1, p. 58. In effetti, per esempio, il Governatore della Banca d’Italia all’Assemblea dei parte- cipanti il 31 maggio del 1977 parlava delle norme e dei principi «che devono presiedere ad una amministrazione economica dell’impresa bancaria»

12 Secondo Ferri, La legge bancaria di fronte all’evoluzione del sistema, in Riv. dir.

comm., 1988, I, p. 19, il riferimento alla banca come impresa comparve inizialmente nei disegni di legge volti a escludere la qualifica di incaricati di pubblico servizio per gli esponenti bancari e PalomBi, La tutela penale del credito negli orientamenti della Cassa-

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evitare di applicare lo statuto penale della Pubblica Amministrazione al- le banche, ma la lettura non era unanime e parte della dottrina indicava che la concezione comunitaria dell’impresa bancaria era sensibilmente diversa da quella vigente in Italia, dove « la banca è stata associata alla nozione di servizio pubblico»13. L’abbandono della teoria degli ordina- menti sezionali14 portò a una regressione dell’autonomia legislativa a potestà amministrativa generale, consentendo di nascere alla tesi che la disciplina amministrativa di un settore trasformasse il settore orga- nicamente disciplinato in un servizio pubblico oggettivo15. L’effetto più vistoso fu che il giudice penale veniva indotto a considerare esercente un pubblico servizio ex art. 358 c.p. l’amministratore di un’impresa pub- blicamente disciplinata16. Il punto di svolta giunse con la Cass. pen. S.U.

23 maggio 198717, alla quale fece seguito la C. Cost. 10-17 marzo 1988, n.

30918, entrambe concludendo che l’attività creditizia ordinaria è attività concorrenziale di impresa, che esclude l’applicabilità delle norme penali relative alla PA, poiché non costituisce esercizio di una pubblica funzio- ne ammnistrativa; tuttavia per un periodo l’interpretazione, per quando autorevole faticò ad affermarsi19.

zione, in Banca, borsa, tit. cred., 1982, I, p. 91 descrive un progetto di iniziativa gover- nativa approvato il 19 giugno 1980 nel quale viene sancito espressamente il principio secondo cui l’attività bancaria è attività commerciale; la definisce una norma manifesto.

BreScia morra, Società per azioni bancaria: proprietà e gestione, Milano, 2000, p. 2, e già prima così coSti, L’ordinamento, cit., p. 131, il quale peraltro dubita che la previsione legislativa sia sufficiente a escludere «la possibilità di qualificare l’attività bancaria come un pubblico servizio in senso oggettivo», posto che un pubblico servizio può essere svolto con criteri di economicità nella gestione.

13 Guarino, L’armonizzazione della legislazione bancaria: la revisione dell’ordina- mento bancario del 1936, in La nuova disciplina bancaria, a cura di Morera e Nuzzo, Milano, 1996, I, p. 10.

14 In tema di credito la pietra angolare era costituita da Giannini, Istituti di credito, cit..

15 Sul punto PototSchniG, I pubblici servizi, Padova, 1964; Scotti, Il pubblico servizio, Padova, 2008; Villata, Pubblico servizio, Milano, 2006, p. 75.

16 meruSi, Il sogno di Diocleziano. Il diritto nelle crisi economiche, Torino, 2013, p. 106.

17 Per tutti, Flick, Il pubblico servizio e l’impresa banca: miti e realtà del diritto pena- le giurisprudenziale, in Riv. soc., 1987, p. 1340.

18 In Cass. pen., 1988, 966 con nota di G. amato, Sullo statuto penale dei dipendenti bancari.

19 Flick, Il pubblico servizio e l’impresa banca: corsi e ricorsi del diritto penale giuri- sprudenziale, in Banca, borsa, tit. cred.,1988, II, p. 407.

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La previsione sarà poi ribadita dal t.u.b. (art. 10)20 e, con qualche di- battito, giudicata utile per «valorizzare i collegamenti sistematici con la nozione generale di imprenditore»21 che imporrà il modello societario, ti- pico contenitore dell’impresa22. In particolare la forma cooperativa, nella duplice declinazione di banca popolare e banca di credito cooperativo, sarà sempre la più numerosa, mentre il tipo della società per azioni si imporrà nelle banche di maggiori dimensioni. L’uso dello strumento societario conferma la natura di impresa dell’attività bancaria e, in par- ticolare la S.p.A., in forza di alcune sue caratteristiche, si impone come una normativa di organizzazione dell’attività d’impresa. Il modello della S.p.A. bancaria si è poi intrecciato con quello degli altri enti regolati operanti nel mercato finanziario: le società di gestione fondi erano S.p.A.

sin dall’origine (l. 23 marzo 1983, n. 77), ma il loro modello si è precisato modellandosi sull’esperienza bancaria quando sono divenute SGR con il t.u.f così come le SIM nascono S.p.A. già prima del TUB (l. 2 gennaio 1991, n. 1), ma si strutturano dopo le direttive CAD (93/6/EEC) e ISD (93/22/EEC), direttive di evidente ascendenza bancaria quantomeno sul piano concettuale23, mentre agli intermediari finanziari non bancari di cui all’art. 106 t.u.b. è richiesto solo di essere costituiti nella forma di società di capitali, indipendentemente dal tipo.

Per fare un passo indietro, ricordiamo che nei decenni precedenti la redazione del TUB si svolse un dibattito24 nel quale si contrapponeva la

20 L’importanza dell’affermazione nel nuovo quadro di riferimento costituito dal t.u.b., portò la dottrina a sottolinearne l’importanza, per esempio parlando di una «risco- perta della funzione imprenditoriale bancaria ora svincolata dalla eterogeneità dei fini»

(caPriGlione, L’ordinamento finanziario verso la neutralità, Padova, 1994, p.  1). Sulle posizioni della dottrina in relazione alla «riscoperta» v. minto, La governance bancaria tra autonomia privata ed eteronomia, Padova, 2012, pp. 1-2 nn. (2) e (3), ma altri rite- neva che l’autorità di vigilanza avesse sempre considerato la banca come impresa e che il punto fosse «stato affrontato e risolto nel 1985»: DeSario, Il Testo Unico, cit., p. 58.

21 motti, sub art. 10, in Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di Belli, Contento, Patroni Griffi, Porzio, Santoro, Bologna, 2003, I, p. 177

22 Il punto è pacifico e da ultimo: anGelici, Le società per azioni. I, Principi e pro- blemi, in Tratt. dir. civ. comm. già diretto da Cicu - Messineo - Mengoni continuato da Schlesinger, Milano, 2012, p. 1.

23 Nello stesso senso Dale, The Regulation of Investment Firms in the European Union, in Ferrarini, ed., Prudential Regulation of Banks and Securities Firms. European and International Aspects, London, 1995, p. 34 e cranSton, Banking and Investment Ser- vices: Implication of the New Financial Landscape, in Ferrarini, ed., European Securities Markets. The Investment Services Directive and Beyond, London, 1998, p. 49.

24 minerVini, Contro la «funzionalizzazione» dell’impresa privata, in Riv. dir. civ.,

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visione delle banche come impresa-diritto, ossia se la costituzione e ge- stione dell’impresa bancaria dovesse essere considerata l’espressione di un diritto, ovvero se costituisse l’esercizio di una funzione, visione que- sta definita della impresa-funzione. Il dibattito antico e quasi dimenticato è qui rievocato per ricordare che la visione dell’impresa-diritto è caratte- rizzata dall’indifferenza degli interessi perseguiti dall’imprenditore e, per conseguenza, le scelte di gestione sono liberamente determinate, mentre l’impresa-funzione, poiché persegue anche interessi di carattere gene- rale che eccedono quelli tipici dell’imprenditore, gode di ridotti gradi di libertà, perché le scelte divengono sindacabili nel merito, per poterle conformare all’interesse generale. La visione dell’impresa-funzione fu superata negli anni Ottanta, riconoscendo che la dottrina qualificava l’impresa bancaria come un’impresa-funzione rifletteva «correttamente lo statuto dell’impresa bancaria descritta dalla legge bancaria», ma non poteva più essere accolta, posta l’assenza di una norma positiva tale da trasformare l’attività bancaria nell’esercizio di una funzione e posto che l’ordinamento costituzionale, in linea di principio, ravvisa nell’esercizio dell’attività d’impresa l’espressione di un diritto25 e l’evoluzione norma- tiva non poté che confermare la lettura. Parallelamente, per gli stessi motivi, si era esaurito lo slancio della teoria dell’ordinamento sezionale applicata al comparto bancario nel quale l’elemento unificante di un complesso di norme organizzative, e la stessa esistenza di un ordina- mento sezionale, è dato dalla presenza di un interesse pubblico perse- guito dall’ordinamento attraverso l’attività dei soggetti che ha ammesso e operano sotto il controllo-vigilanza di un decisore centrale, un organo pubblico che determina ex ante la conformità all’interesse generale delle scelte operate dall’impresa e verifica ex post sulla concreta attuazione.

2. CRD IV, BRRD e i loro effetti.

La crisi del 2007 aveva reso chiaro che alcune assunzioni di base non si erano dimostrate vere. Senza che l’ordine espositivo sottintenda una gra- duatoria di importanza, si deve citare l’evidenza empirica che i rischi non sono completamente valutabili, quantomeno non nel caso di loro manife- stazioni estreme: i modelli di valutazione del rischio non sono in grado di

1958, I, p. 626; Santini, Le teorie dell’impresa, in Riv. dir. civ., 1970, I, p. 405.

25 coSti, L’ordinamento, cit., p. 140.

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catturare ogni evenienza. La seconda che la realtà del mondo finanziario è molto più complessa della sua rappresentazione sotto forma di modelli, nel senso che le connessioni tra gli attori del mercato si ramificano ben oltre quanto si immaginasse e l’interconnessione è l’anticamera del conta- gio, ossia il più tremendo degli scenari. La terza era che le grandi banche sono troppo complesse per le attuali capacità di gestione ed esercitano attività che pongono l’intermediario in costante conflitto. La quarta era che la quantità di capitale detenuta a fronte dei rischi (ponderati) era troppo esigua. L’ultima di questa serie era che la numerosità delle banche vicine all’insolvenza e la dimensione di alcune (ma si dovrebbe forse parlare di magnitudine, usando dimensioni astronomiche) rendevano impossibile risolvere la crisi senza l’impiego dei denari pubblici, con la derivata prima che, stante la percepita immoralità di aver salvato gente che aveva opera- to cinicamente e con avidità, quel tipo di salvataggi con denaro pubblico non doveva mai più accadere in futuro.

La risposta, secondo alcuni, avrebbe potuto essere articolata lungo linee semplici, seguendo l’idea diffusa di tornare a uno schema del tipo Glass Steagall Act26, ovvero si è cercata una suddivisione, detto in modo gergale, tra utility banking e casino banking 27 e, in alternativa, erano

26 La tesi del ritorno verso l’età dell’oro, quando vigeva il Glass Steagall Act, fu pre- sa in considerazione anche da persone autorevoli. Mervyn King, allora Governor della Bank of England, era disposto a considerare una regola di questo tipo, volta a impedire che i depositi dei risparmiatori comuni siano impiegati in attività di investment banking.

«Esistono buoni argomenti a favore di una separazione tra le funzioni utility della banca ordinaria che riceve i depositi delle famiglie e gestisce il sistema dei pagamenti dal casino trading di un’investment bank, e buoni argomenti contro: la difficoltà di mantenere una credibile divisione tra le istituzioni che possono ricevere supporto governativo e quelle che non possono» (Finance – a return from risk, Speech to the Worshipful Company of In- ternational Bankers, London, 17 March 2009, p. 4, https://www.bis.org/review/r090319a.

pdf), tesi che svilupperà poi nel suo libro, The End of Alchemy: Money, Banking, and the Future of the Global Economy, London, 2016, p. 162.

27 Sono noti i due documenti, uno tradotto in un insieme di regole e uno che giace nei cassetti, pensati per scindere e recintare (ringfencing) le attività della banca. Il progetto iniziale britannico è contenuto nella relazione della cd. Vickers Commission: Independent Commission on Banking, Final Report - Recommendations, London, September 2011 che prevede, sotto l’aspetto strutturale, la distinzione la banca ordinaria e l’attività di investment banking. La piena separazione in soggetti separati, con limitazioni al possesso incrociato potrebbe costituire la miglior protezione al contagio per effetto di shock esterni, ma fareb- be perdere i benefici derivanti dall’operatività della banca universale. Pertanto la Commis- sione considerando forme di separazione che vedono la banca ordinaria per i consumatori come una società separata all’interno del gruppo, «a valle» nella catena proprietaria, di modo che l’eventuale fallimento dell’investment banking (che resterebbe «a monte») non

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state avanzate quali bastioni del nuovo ordine due idee semplici, pro- poste da persone autorevoli e credibili, che sono la versione «originale»

della Volcker Rule28 e l’idea di valutare la rischiosità di una banca sulla base del leverage ratio invece che impiegare complessi (ma anche costo- si e di dubbia affidabilità) metodi di valutazione del rischio29.

Ovviamente l’impianto normativo che contorna la gestione del cre- dito non è mai un tema puramente tecnico e quindi le soluzioni sono state negoziate con l’intervento dei legislatori nazionali e comunitari, dei governi, delle autorità di vigilanza nazionali e sovranazionali e della BIS, senza dimenticare il confronto costante con gli attori in senso proprio, ossia le banche. L’esito non sorprendente dei dibattiti volti, contempo- raneamente, a dare un assetto alla finanza dopo uno sconvolgimento del quale l’antecedente era noto solo dai libri e a strutturare un nuovo ordine30, tendenzialmente mondiale, per evitare il ripetersi della crisi fu

danneggerebbe il bilancio della banca ordinaria, ed è oggi legge nel Regno Unito come Financial Services (Banking Reform) Act 2013 del 18 dicembre 2013, sul quale: ShaBir

korotana, The Financial Services (Banking Reform) Act 2013: Smart Regulatory Regime?, in Statute Law Rev., 2016. Lo sforzo della Commissione Europea è il rapporto Liikanen:

hiGh-leVel exPert GrouP, On Reforming the Structure of the EU Banking Sector, Bruxelles, October 2012, che prevede una serie di misure, la prima delle quali, rilevante ai fini di que- sta discussione, può essere così distillata: il proprietary trading e le altre attività di trading sono trasferite a soggetti separati, ove eccedano i 100 milioni di Euro, o rappresentino il 15-25% degli attivi totali, così segregandole dalla banca che accetta i depositi, escludendole da salvataggi, mantenendo tuttavia il modello della banca universale (come gruppo). Il ringfencing non è destinato alle banche che accettano depositi, come nella proposta della Vickers Commission, ma al contrario sarebbero segregate le attività di trading e market making sui derivati, fermo il divieto di usare i depositi per finanziare l’attività. Il successivo sviluppo della normativa comunitaria ha privilegiato altre priorità del sistema bancario, ma le proposte non sono accantonate: v. Giornetti, La proposta di regolamento sulle misure strutturali volte ad accrescere la resilienza degli enti creditizi della UE (COM 2014/43). Lo stato dei lavori presso il Consiglio UE, in riSPoli Farina – Porzio, a cura di, Il tramonto della banca universale?, Napoli, 2017, p. 57. In particolare sul rapporto Liikanen e sulle modi- fiche legislative apportate ad alcuni ordinamenti nazionali nell’Unione Europea A. niGro, Dalla banca alla banca, in Dir. banc., 2015, I, p. 13.

28 Sulla Volcker Rule, oltre alla notevole produzione in lingua inglese, in italiano si vedano almeno PreSti, Gli investimenti delle banche, in Dir. banc., 2010, I, pp. 522-538 e Bani, Regolazione strutturale contro regolazione prudenziale: gli insegnamenti delle crisi, Torino, 2012, pp. 149-160.

29 halDane - maDouroS, The Dog and the Frisbee, in Proceedings - Economic Policy Symposium, Jackson Hole, 2012, pp.  109-159, http://www.kansascityfed.org/publicat/

sympos/2012/Haldane_final.pdf.

30 Per un confronto a caldo tra le due crisi caPriGlione, Crisi a confronto (1929 e 2009). Il caso italiano, Padova, 2009.

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la redazione di corpi normativi ipertrofici, pervasivi e, paradossalmente, vaghi: l’esito non deve essere considerato sorprendente perché lo sche- ma della sequenza bolla – crisi – legislazione che vuol coprire ogni caso è già stato sperimentato in passato e, per citare solo il caso più celebre, lo scoppio della South Sea Bubble produsse il cd. Bubble Act del 1720, vago e prolisso. Nelle famose parole di Maitland «A panic-stricken Par- liament issued a law, which, even when we now read it seems to scream at us from the statute book» 31.

La risultante delle varie posizioni, per quanto riguarda l’Italia e, più in generale, l’UE è data da una serie di corpi normativi, le cui pietre an- golari sono le cd. CRD IV e BRRD32 e di varie strutture nuove (es. Single Supervisory Mechanism) o già esistenti ai quali sono stati affidati compiti nuovi (v. European Banking Agency e Banca Centrale Europea)33. Gli assi portanti del sistema oggi sono la accresciuta dotazione patrimoniale, espressa come patrimonio della banca in percentuale rispetto agli attivi ponderati presenti a bilancio, la vigilanza su base comunitaria, con dele- ga di funzioni a favore delle autorità nazionali, l’ampio rivolgimento del potere regolamentare attribuito alle autorità di vigilanza, un trattamento interamente nuovo della crisi, che prevede numerosi differenziate pro- cedure e, per la prima volta, la possibilità di un intervento precoce, con il baluardo del divieto di intervento pubblico in soccorso della banca in

31 maitlanD, Collected Papers, Cambridge, Cambridge University Press, 1911, p, 390;

citazione di seconda mano da loSS, Fundamentals of Securities Regulation, Boston and Toronto, 19831, p. 2, ma anche miGnoli, Una legge singolare, in Riv. soc., 1978, p. 1185, ora in La società per azioni. Problemi – letture – testimonianze, Milano, 2001, p. 457

32 Capital Requirement Directive IV in realtà è un sistema normativo composto dalla Direttiva 2013/36/EU, che richiede il recepimento da parte delle legislazioni nazionali, e il Regolamento 575/2013, di diretta applicazione, sui quali v. De Poli, Foundamental of European Banking Law, Milano, 2018, p. 134; la Bank Recovery and Resolution Directive è la Direttiva 2014/59/EU, sulla quale v. DromBet - kenaDijan, Edd., The Bank Recovery and Resolution Directive, Berlin-Boston, 2013.

33 Limitando le indicazioni ad alcune opere generali, una visione del nuovo assetto in aa. VV., Dal Testo unico bancario all’Unione bancaria: tecniche normative e alloca- zione di poteri, Atti del convegno tenutosi a Roma il 16 settembre 2013, in Quaderni di Ricerca Giuridica della Consulenza Legale, n. 75, Roma, 2014; lamanDini - ramoS muñoz, EU Financial Law. An Introduction, Milano, 2016; chiti - Santoro, a cura di, L’unione bancaria europea, Pisa, 2016; caPriGlione, L’Unione Bancaria Europea, Torino, 2013; sia concesso un rinvio riassuntivo a lener - morera - Vella, a cura di, Banche in crisi. Chi salverà i depositanti?, n. 2/2016 di Analisi Giuridica dell’Economia.

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difficoltà, almeno in linea di principio34 e una risistemazione del sistema di garanzia depositanti35.

I poteri dell’autorità di vigilanza sono estesi a livelli nuovi e ignoti alla cultura giuridica italiana e il lettore del t.u.b. non può evitare di notare che il livello di intervento concesso dalla legge all’autorità di vigilanza è molto superiore di quanto la legge del 1936 prevedesse. Il cambiamento rispetto alla logica della vigilanza come emergeva dal t.u.b. nella sua stesura fino al momento degli interventi di CRD IV e BRRD si pone sia con riguardo al ruolo della vigilanza (e alla struttura della società banca- ria) nella vita ordinaria della banca che nel caso di crisi della banca. In questa sede ci limitiamo a considerare solamente alcuni aspetti relativi alla prima faccia di questa moneta, ben consci che le scelte normative sulle modalità di gestione delle crisi rilevano anche per il ragionamento in corso e, anzi, parte delle difficoltà ipotizzate nel seguito spiccano pro- prio sullo sfondo dei presupposti ideologici sui quali è fondato nuovo modo di gestire la crisi. Gli interventi hanno posto in luce profili di dub- bia costituzionalità in relazione alla lesione del diritto di proprietà. È da ricordare che la CEDU sembra accettare il principio secondo il quale, in presenza di ragioni di interesse generale, che siano eccezionali e moti- vate, si può ammettere interventi di natura espropriativa corrispondendo un indennizzo inferiore al fair value del bene, normalmente espresso

34 Tra le affermazioni di principio si può includere il considerando (31) della BRRD:

«I piani di risanamento e di risoluzione non dovrebbero presupporre l’accesso a un soste- gno finanziario pubblico straordinario né esporre i contribuenti al rischio di perdite», co- sì come l’ art. 31, comma 2, lett. c) quando pone tra gli obiettivi quello di «salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straor- dinario», indicando alle autorità di risoluzione che «i diversi obiettivi della risoluzione rivestono pari importanza» e invitandole a «ponderarli opportunamente a seconda della natura e delle circostanze di ciascun caso» (comma 3). Sulle modalità che consentono di reperire i mezzi per finanziare i salvataggi v. ciraolo, Il finanziamento «esterno» delle risoluzioni bancarie. Tra tecniche normative e diritto vivente, Padova, 2018.

35 Direttiva 2014/49/UE ai sistemi di garanzia dei depositi modifica la direttiva 94/19/

CE, in parte già oggetto di modifica attraverso la direttiva 2009/14/CE, sulla quale cheSSa

- De Gioia - caraBelleSe, Il cosiddetto sistema paneuropeo di protezione dei depositanti:

un ulteriore euro autogol? Un’analisi critica della Direttiva 2014/49, in Banca, borsa, tit. cred., 2016, I, p. 332 e De PoliS, La tutela dei depositi bancari nel quadro dell’Unione Bancaria Europea, Roma, 27 aprile 2016, p. 9 reperibile su https://www.bancaditalia.it/

pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2016/depolis-270416.pdf. attuata con d.lgs. 15 feb- braio 2016, n. 30 sul quale Greco, Commento al d.lgs. 15 febbraio 2016: il nuovo sistema di protezione dei depositanti, in Dir. banc., 2018, II, p. 6.

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dal prezzo di mercato normalizzato, arrivando addirittura a non ricono- scere alcun corrispettivo36.

3. I poteri di intervento attribuiti all’autorità di vigilanza.

Il diritto comune (come forse è inevitabile e come, in diversa misura, è sempre stato vero) è piegato a rispettare le esigenze della specificità bancaria. Alcune restrizioni ignote alle società di diritto comune sono ovviamente ineliminabili quando gli attori partecipano a un mercato regolato: stante la necessità che sia assicurata la sana e prudente ge- stione degli intermediari (e, per estensione e come effetto, del mercato) operazioni come le fusioni devono essere autorizzate dall’autorità di vigilanza37 e che le banche siano società speciali, come tali soggette a regole particolari è pacifico in dottrina38. Peraltro si è spesso ritenuto che la disciplina delle società bancarie, caratterizzata per norme più analiti- che rispetto a quelle dettate per le società di diritto comune, giustificate dalla rilevanza degli interessi coinvolti, offra soluzioni spesso recepite dal diritto comune, svolgendo quindi un ruolo “anticipatorio”39.

La vastità dei corpi normativi di rango primario e secondario che riguardano le banche è tale che esaminare ogni aspetto di interferenza

36 Il principio è riaffermato nella sentenza del 10 luglio 2012, caso 34940/10, Grain- ger e altri c. Regno Unito (ossia il caso di Northern Rock, sul quale torneremo nel § 4) che si può leggere in RDS, 2013, II, p. 715, con nota di ariani - Giani, La tutela degli azionisti nelle crisi bancarie, ivi, p. 721; sul tema anche marini, Il caso Northern Rock:

il consolidarsi del nuovo paradigma proprietario nel diritto privato europeo, in Riv. dir.

comm., 2014, II, pp. 493 ss. Sulla costituzionalità di norme che limitino il diritto di pro- prietà, ma in altro contesto, lamanDini, La riforma delle banche popolari al vaglio della Corte costituzionale, in Le società, 2017, p. 161.

37 E lo sono state a partire dalla legge bancaria del 1936 (artt. 47-52).

38 Per tutti: maimeri, Riforma del diritto societario e governance dell’impresa banca- ria, in Il rapporto banca-impresa nel nuovo diritto societario, a cura di Bonfatti - Falco- ne, Atti del Convegno tenutosi a Lanciano, 9-10 maggio 2003, Milano, 2004, p. 5; anGelici, Introduzione al seminario Società bancarie e società di diritto comune. Elasticità e per- meabilità ai modelli, in Dir. banc., 2016, I, p. 770.

39 Sul tema, ex multis, Vella, Il nuovo diritto societario e la «governance» bancaria, in Banca, impr., soc., 2003, p. 309; montalenti, La corporate governance degli intermediari finanziari: profili di diritto speciale e rifessi sul diritto societario generale, in Società, banche e crisi d’impresa, Liber Amicorum P. Abbadessa, III, Torino 2014, p. 2168. Sottoli- nea l’opportunità di differenziare la disciplina delle società per azioni bancarie da quelle non bancarie, niGro, Dalla banca, cit., p. 43.

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eccede la plausibile dimensione di un articolo e poiché questo scritto si propone non già di repertoriare i numerosi casi di (potenziale) conflitto per poi procedere alla loro analisi puntuale, ma solo di discutere la ten- denza, considerare se configuri un problema più generale e, in caso, se possano essere tracciate vie di sbocco, scorreremo alcuni casi centrali, che potremo considerare emblematici.

L’art. 53 t.u.b., «fulcro e fondamento della … attività di vigilanza»40, arricchitosi nel tempo di un bis e di un ter, il cui antecedente storico sono gli artt. 32, 33 e 35 l.b.41, dopo le modifiche e integrazioni appor- tate dalla l. 15 dicembre 2011, n. 217 e, soprattutto, dal d.lgs. 12 maggio 2015, n. 72 prevede, oltre ai tradizionali poteri, quali la potestà di ema- nare disposizioni di carattere generale aventi a oggetto l’adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio e le partecipazioni detenibili (co. 1)42 una serie di poteri ordinatori nuovi, tra i quali spicca, sempre al comma 1, la potestà regolamentare in materia di governo societario e dei sistemi di remunerazione e di incentivazione43. Il tema della sostitu- zione autoritativa alla libera contrattazione delle parti è rafforzato dalla successiva previsione (co. 4-sexies) che commina la nullità a «qualunque patto o clausola non conforme alle disposizioni» in materia emanate dalla Banca d’Italia o contenute in atti dell’UE direttamente applicabili, come se si trattasse di nullità per violazione dell’ordine pubblico economico44, disponendo che la nullità della clausola non comporta la nullità del con- tratto e che le previsioni delle clausole nulle sono sostituite di diritto, ove possibile, con i parametri indicati nelle disposizioni suddette nei valori

40 ceSarini – Parente, Sub Art. 53, in Testo unico bancario. Commentario, a cura di Pozio, Belli, Losappio, Rispoli Farina, Santoro, Milano, 2010, p. 471.

41 clemente, Sub Art. 53, in Comm. al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia2, diretto da Capriglione, Padova, 2001, I, p. 53.

42 Mentre la lettera rimane uguale, cambiano i contenuti. Se all’epoca in cui fu varato il t.u.b. la Banca d’Italia disponeva di notevole latitudine nel determinare sul piano rego- lamentare il contenuto concreto delle disposizioni, oggi le autorità nazionali di vigilanza sono vincolate nel regolare e nell’agire dall’essere parte di un sistema e, quindi, dalla loro funzione di cinghia di trasmissione di quanto disposto in sede “centralmente” in via generale.

43 Sulle varie tematiche e sui problemi di deroga rispetto al diritto comune delle prescrizioni imposte dalla Banca d’Italia, quale per esempio l’intervento assembleare nel determinare le politiche di remunerazione e incentivazione non solo degli esponenti aziendali, ma anche del personale v. chiloiro, La remunerazione degli amministratori delle banche: profili di diritto societario, in Banca, impresa, soc., 2017, p. 81.

44 Nella specie dell’ordine pubblico economico di protezione, ove la parte protetta è la banca.

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più prossimi alla pattuizione originaria, in deroga anche all’art. 1419 c.c.

L’art. 53-bis, co. 1, lett. d) consente poi la fissazione di limiti all’importo totale della parte variabile delle remunerazioni nella banca, quando sia necessario per il mantenimento di una solida base patrimoniale45.

Poco dopo il comma 4 stabilisce una deroga all’art. 2391 c.c., ri- chiedendo che i soci e gli amministratori, fermi restando gli obblighi previsti dall’articolo 2391, co. 1, c.c., si astengano dalle deliberazioni in cui abbiano un interesse in conflitto, per conto proprio o di terzi. Da un lato la norma riporta le lancette indietro al testo precedente la riforma del diritto societario nel richiedere l’astensione degli amministratori46, dall’altro amplia l’obbligo ponendolo anche a carico dei soci, che ovvia- mente non sono (e non erano) menzionati nella previsione del codice, essendo forse possibile un miglior ancoraggio riferendosi al conflitto di cui all’art. 2373 c.c.47.

Da parte sua il co. 4-quinquies deroga nel senso che prevede la pos- sibilità (a) di sottoporre ad autorizzazione della Banca d’Italia determina- te operazioni, non identificate, (b) che determinate decisioni in materia di remunerazione e di incentivazione siano rimesse alla competenza dell’assemblea dei soci, anche nel modello dualistico di amministrazione e controllo, ed è una deroga considerevole al modello, ma soprattutto (c) stabilendo quorum costitutivi e deliberativi anche in deroga a nor- me di legge, con l’effetto che una legge speciale, per quanto rilevante,

45 La stessa disposizione prevede che possano inoltre essere fissati limiti alla remu- nerazione complessiva degli esponenti aziendali per le banche che beneficiano di ecce- zionali interventi di sostegno pubblico. Questa restrizione è intuitivamente spiegabile (e condivisibile) su più piani, e ne menzioniamo due: se lo Stato aiuta la banca in difficoltà, questa deve accettare condizioni; se la banca è in difficoltà (e magari ha dovuto proce- dere a licenziamenti) non è accettabile socialmente che gli esponenti aziendali ricevano trattamenti economici elevatissimi. Esiste un precedente in termini, costituito dalla nazio- nalizzazione delle grandi banche confluite nell’IRI, narrato da acerBi, Un capitolo della corporate governance di Alberto Benduce: la riduzione dei compensi ad amministratori e dirigenti delle banche, in Riv. soc., 2009, p. 773.

46 Sulla ritenuta inopportunità della disposizione portata dalla riforma, per tutti, v.

cottino, Dal «vecchio» al «nuovo» diritto azionario: con qualche avviso ai naviganti, in cottino - Sarale, Società per azioni. Costituzione e finanziamento, Torino, 2013, p. 19. Il punto è vicino al, ma distinto dal, divieto di cui all’art. 136 t.u.b., che ha subito nume- rose modifiche nel corso della sua esistenza, sul quale, niGro, Note minime sulla nuova disciplina delle obbligazioni degli esponenti bancari, in Dir. banc., 2014, I, p. 11.

47 Sul quale nuzzo, L’abuso della minoranza. Potere, responsabilità e danno nell’e- sercizio del voto, Torino, 2003, pp. 93 ss.

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delega al regolamento non solo l’attuazione, ma anche la deroga alle norme di legge.

Ancor più incisivo è l’art. 53-bis, che a una serie di poteri tradizionali quale è quello, ad esempio, di convocare gli amministratori, i sindaci e il personale delle banche, aggiunge al comma 1, lett. d) una lista di pote- ri di intervento notevolissimi, che entrano nella definizione del modello organizzativo (restrizione delle attività o della struttura territoriale) nella gestione (divieto di effettuare determinate operazioni, anche di natura societaria), nella sfera dei poteri tradizionalmente spettanti ai soci (distri- buire utili o altri elementi del patrimonio), negli adempimenti contrattuali (con riferimento a strumenti finanziari computabili nel patrimonio a fini di vigilanza, il divieto di pagare interessi). Non è qui in gioco la discussione dei singoli punti, ma mostrare l’ampiezza dello spettro di possibile inter- vento e la correlativa perdita di autonomia dei soggetti vigilati.

Infine alla lett. e) si assegna alla Banca d’Italia il potere di disporre la rimozione di esponenti aziendali, qualora la loro permanenza in carica sia di pregiudizio per la sana e prudente gestione della banca, in deroga alla normativa del codice sulla revoca degli amministratori48.

Passando a indicare un solo aspetto tratto dalla BRRD, l’art. 38, rubri- cato Strumento per la vendita dell’attività d’impresa, richiede agli Stati membri di provvedere a che le autorità di risoluzione dispongano del potere di cedere a un acquirente diverso da un ente-ponte le azioni o al- tri titoli di proprietà emessi da un ente soggetto a risoluzione, chiarendo che in linea generale la cessione è effettuata senza ottenere il consenso degli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione o di terzi diversi dall’ac- quirente e senza ottemperare a obblighi procedurali del diritto societario o della legislazione sui valori mobiliari (diversi da quelli di cui all’art.

39). L’applicazione è avvenuta, con il caso spagnolo del Banco Popular, dopo una articolata procedura49. Lo strumento distrugge, sul piano te-

48 antonucci, I poteri di removal degli esponenti aziendali nell’ambito del Single Su- pervisory Mechanism, in Banca, impresa, soc., 2016, p. 21; ciraolo, La Banca d’Italia ed il potere di rimozione degli esponenti aziendali tra vigilanza prudenziale e disciplina della crisi, ivi, p. 51; De BiaSi, La rimozione in via amministrativa degli esponenti azien- dali: una anomalia del settore bancario o una crepa nel sistema?, in Riv. reg. mercati, 2016, p. 50. Sul primo caso concreto verificatosi ciraolo, Il removal alla prova dei fatti.

Note minime intorno al caso Credito di Romagna s.p.a., in Riv. dir. banc., 4, 2017.

49 La procedura azzerò il capitale, convertì le voci di Additional Tier 1 in nuove azio- ni (New Shares I), che furono immediatamente azzerate; quindi tutti le principali voci di Tier 2 (identificate attraverso il loro ISIN) furono convertite in capitale (New Shares II)

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orico (a) il diritto di proprietà, (b) il diritto societario e (c) il diritto del mercato finanziario, azzerando una serie di istituti che tradizionalmente erano considerati intangibili. È ben vero che la vendita di tutte le azioni a 1 euro se da un lato è una espropriazione50 dall’altro ottiene un esito economico per gli azionisti non diverso da quello che tradizionalmente era loro riservato dalla sottoposizione a liquidazione coatta amministra- tiva e dalla successiva vendita delle attività e di parte delle passività51.

4. I conflitti tra potere e responsabilità.

Il sistema attuale esce da una crisi tanto grave quanto complessa, caratterizzata da una interconnessione tra intermediari e tra sistemi eco- nomici mai sperimentata. Per la prima volta dopo 150 anni una banca inglese sperimentò la corsa agli sportelli e per la prima volta fu dichia- rata insolvente una banca globale, con le note conseguenze. Nel giro di poco tempo, un paio di anni, due rischi all’epoca forse non ancora completamente valutati e compresi misero in pericolo la stabilità del sistema. Il primo a presentarsi fu l’inaridimento improvviso della liquidi- tà, alla base dell’insolvenza di Northern Rock e poi divenuto fenomeno mondiale con il fallimento Lehman52 e il secondo fu l’intreccio perverso

e vendute per la somma globale di 1 euro a Banco Santander. La procedura è illustrata all’art. 6 della Decision of The Single Resolution Board (SRB) concerning the adoption of a resolution scheme in respect of Banco Popular Español S.A. (SSB/EES/2017/08), del 7 giugno 2017, autorizzata dalla Commission Decision (EU) 2017/1246 of 7 June 2017 en- dorsing the resolution scheme for Banco Popular Español S.A. (notified under document C(2017) 4038).

50 Esiste un caso simile, precedente l’entrata in vigore della BRRD, accaduto nei Paesi Bassi l’1 febbraio 2013, che ha riguardato la banca SNS Real, le cui azioni sono state oggetto di expropriation a favore of the State of the Netherlands con un decreto del Ministro delle Finanze (https://www.government.nl/documents/decrees/2013/02/01/

decree-by-the-minister-of-finance-regarding-the-expropriation-of-securities-and-capital- components-of-sns-reaal-nv-and-sns-bank). È peraltro intuitivamente diverso sul piano del diritto comune il ricorso all’espropriazione (in certi casi e con molte cautele prevista dall’art. 43 della nostra Costituzione) dal sostituire il proprietario nell’atto della vendita al di fuori di una esecuzione forzata.

51 Per la cd. cessione aggregata v. Vattermoli, Le cessioni «aggregate» nella liquidazio- ne coatta ammnistrativa delle banche, Milano, 2001.

52 Naturalmente qualche avveduta e isolata voce aveva indicato l’esistenza del ri- schio. Ricorda l’Economist del 18 ottobre 2007, Lessons of the fall, che cinque anni prima Tommaso Padoa-Schioppa, allora membro del Consiglio della Banca Centrale Europea,

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tra il rischio sovrano e la stabilità delle banche. È fin troppo ovvio che navigando in mari dei quali non esistono carte nautiche si utilizzano schemi concettuali già noti e nessun legislatore o regolatore può essere disposto a sperimentare assetti nuovi. Detto questo, non pare inoppor- tuno riconoscere che l’assetto attuale del sistema bancario nell’Unione Europea, al netto dalle sue declinazioni in ciascun Paese membro, pone almeno tre ordini di problemi, tutti, forse con qualche forzatura, ricon- ducibili a uno scollamento tra potere e responsabilità.

Il primo e più evidente aspetto è che all’azionista viene imposta una grave riduzione di ruolo, come sopra ricordato, ma il rischio resta suo e potrebbe, sia pure in casi particolari, vedere impedita non già dalla decisione dell’assemblea, ma da una decisione dell’autorità di vigilanza la possibilità di remunerare il rischio che ha sottoscritto (art. 53-bis, co.

1 lett. d) t.u.b.). Un posizione ancor più inconsueta hanno i portatori di obbligazioni subordinate, che a fronte del rischio di vedersi trasformati in azionisti nel momento in cui le perdite incidono sul capitale, con limitata possibilità di incidere sulla dirigenza per tentare di cambiare rotta, godono della ricca cedola che (almeno nella formula) equalizza rischio e rendimento, ma sempre in forza dell’art. 53-bis, comma 1 lett.

d) t.u.b. possono scoprire che, essendo portatori di strumenti finanziari computabili nel patrimonio a fini di vigilanza, la Banca d’Italia potrebbe imporre il divieto di pagare interessi. Vero è, peraltro, che esaurito un periodo transitorio nel quale le emissioni hanno preceduto la regola, il sottoscrittore è a conoscenza del tipo di rischio e dovrà essere sua cura inserire questo peculiare tipo di rischio regolamentare nel suo calcolo sulla convenienza dell’affare53.

Parallelamente, sul piano della gestione la normativa concede ampia latitudine all’autorità di vigilanza per entrare nell’attività operativa “ove la situazione lo richieda”, ponendo vincoli alla determinazione della re- tribuzione, avendo il diritto di vietare l’effettuazione di determinate ope- razioni, di adottare provvedimenti specifici riguardanti anche la restri- zione delle attività o della struttura territoriale della banca, di rimuovere

osservato che la maggior profondità dei mercati aveva accresciuto la capacità delle ban- che di accedere a fondi in tempi normali, ammoniva che la liquidità «may be more prone to dry up when it is most needed» e nell’aprile 2007 la Bank of England nel suo Financial Stability Report metteva in luce i pericoli derivanti dal rischio di liquidità.

53 La legge bancaria all’art. 63 consentiva ai commissari, in circostanze eccezionali, di sospendere il pagamento di qualsiasi passività da parte dell’azienda di credito, ma ciò poteva accadere solo in caso di dichiarata crisi.

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amministratori, anche singolarmente, senza previo ricorso all’autorità giudiziaria, con un semplice atto amministrativo, ma a fronte della dimi- nuita autonomia le responsabilità penali e civili restano in capo agli am- ministratori e resta da scoprire se le Corti riterranno che non aver potuto intervenire completamente costituisca un’esimente o un’attenuante in sede penale ovvero una rottura del nesso di causalità in sede civile. Non solo non si applica la business judgement rule54, altra evidente deroga al diritto comune, ma addirittura si ha, pur sempre in casi particolari, ove la situazione lo richieda (ma senza una riserva di legge) una gestione vicaria o suppletiva a quella normalmente condotta dagli organi natural- mente a ciò preposti.

Da ultimo, l’impianto attuale prevede che i sistemi di vigilanza, nazio- nali o sovranazionali, possano dettare la rotta, gestendo ovvero obbligan- do a la banca e i suoi amministratori a compiere atti di gestione che non hanno deciso, ma in un quadro nel quale, e ciò pare un’anomalia, in caso di dissesto i denari pubblici tendenzialmente non possono essere usati.

Per esemplificare, quindi agendo a scapito del rigore logico, è pur vero che il CICR, in virtù dell’art 34 l.b., avrebbe potuto ordinare la chiu- sura di sedi e filiali non solo, come è ovvio, «in seguito a manchevolezze di esercizio», ma anche «ai fini di una migliore distribuzione territoriale delle aziende di credito». Ciò era possibile e aveva una manifesta moti- vazione sotto molteplici aspetti, partendo dal più volte ricordato aspetto che gran parte delle banche era riconducibile al settore pubblico, vuoi sul piano della proprietà (o del controllo, parlando delle tre banche di interesse nazionale, tutte quotate), vuoi della forma giuridica dell’ente, passando dalla circostanza che l’attività bancaria era una funzione di interesse pubblico, per finire con la considerazione che sino a che la concorrenza, la quale certo non era una delle stelle guida di Beneduce55

54 Regola che i nostri giudici tendono a riconoscere, almeno da Cass., 28 aprile 1997, n. 3652 (in Giust. civ., 1997, I, 2780; Foro it., 1998, I, 3247), con il limite rappresentato dalla valutazione sulla ragionevolezza delle scelte gestionali compiute dall’organo ammi- nistrativo, altrimenti insindacabili nel merito; in questo senso, da ultimo, Cass., 22 giugno 2017, n. 15470, in Giust. civ., Mass., 2017. Un esame della giurisprudenza in ceSiano, L’applicazione della «business judgement rule» nella giurisprudenza italiana, in Giur.

comm., 2013, II, p. 941. In argomento, nella copiosa bibliografia, v. alVaro - caPPariello - Gentile - iannaccone - mollo - nocella - Ventoruzzo, Business judgement rule e mercati finanziari. Efficienza economica e tutela degli investitori, in Quad. giuridici Consob, n.

11, novembre 2016, p. 35.

55 Sul quale Alberto Beneduce e i problemi dell’economia italiana del suo tempo: atti della giornata di studio per la celebrazione del 50° anniversario dell’istituzione dell’IRI,

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