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Capitolo II I TEMI 1. Il confine, la guerra civile e il problema della schiavitù

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Capitolo II

I TEMI

1. Il confine, la guerra civile e il problema della schiavitù

Secondo Sharon M. Harris, sono due i motivi principali che giustificano la visione e la funzione della letteratura per Rebecca Harding Davis: il fatto di essere cresciuta in una cittadina industriale come Wheeling e l’esperienza della guerra.1

Henwood2 afferma che l’autrice è cresciuta in una regione culturalmente conflittuale perché al confine tra territori schiavisti e abolizionisti e la stessa Rebecca così descrive la condizione degli abitanti della sua città: “we occupied the place of Hawthorne’s unfortunate man who sat on both sides”3

e aggiunge: “the man who sees both sides of the shield may be right, but he is most uncomfortable”.4

Troviamo una descrizione della situazione di Wheeling in un saggio di Knadler:

At the time of Davis’s childhood Wheeling was still part of Virginia […]Thus, growing up in Wheeling, Davis would have seen herself as someone living within a borderland

1 Cfr. Harris, Sharon M., Rebecca Harding Davis and American Realism, Philadelphia, University

of Pennsylvania Press, 1991, p.1.

2 Henwood, Dawn, “Slaveries ‘In the Borders’: Rebecca Harding Davis's Life in the Iron Mills in

Its Southern Context.”, Mississippi Quarterly, 52, 1999, pp. 567-92.

3 Davis, Rebecca H., Bits of Gossip, Boston, Houghton, Mifflin & Co., 1904, p. 109. Da qui in poi,

abbreviato in Bits.

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XXXII between East and West, North and South: between the old world of agriculture and the march of industrialism; and between lawlessness and civility as well.5

Proprio nell’anno della pubblicazione di “Life in the Iron-Mills”, era scoppiata la guerra civile, destinata a lasciare un segno indelebile nella storia americana. L’autrice scrive numerose opere sulla guerra e sul problema della schiavitù e questi temi ricorrono anche in opere centrate su altri argomenti. Ad esempio, troviamo la guerra in “Two Women”: James Vogdes vi ha partecipato, mentre, a causa del conflitto, Mrs. McIntyre ha perso il marito, i figli e il patrimonio.

Nello stesso racconto si parla del problema degli schiavi liberati. La schiavitù era stata, infatti, abolita dopo la guerra, ma molti neri, non sapendo dove andare, erano finiti per tornare nelle piantagioni da cui erano scappati. Così, troviamo un nero alla tenuta di Mrs. McIntyre, e un’intera servitù nera a casa di James Vogdes, in cui viene sottolineato il caso di Jacob che era stato uno schiavo per vent’anni e ora fungeva da maggiordomo.

2. “The Angel in the House” e “the New Woman”

Il tema ricorrente nelle opere di Rebecca Harding Davis riguarda le donne. Come ci ricorda Moers, “Women through most of the nineteenth century were barred from the universities, isolated in their own homes, chaperoned in travel, painfully restricted in friendship”.6

È di questa realtà che inizialmente si

5 Knadler, Stephen, “‘Miscegenated Whiteness’: Rebecca Harding Davis, the ‘Civil-Izing’ War,

and Female Racism.”, Nineteenth-Century Literature 57, 1, 2002, pp. 64-99, p. 74.

6

Moers, Ellen, “Literary women”, in Eagleton, Mary (ed.), Feminist Literary Theory, a Reader, Oxford, Basil Blackwell, 1986, p. 9.

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XXXIII

occupa Davis: le donne avevano scoperto che nonostante il loro diverso ruolo dopo la guerra e la loro nuova posizione nell’emergente società industriale, erano ancora analfabete, disoccupate, povere, e spesso dipendenti da uomini crudeli e inetti.7

Nelle opere degli anni Settanta, l’autrice descrive invece i dilemmi professionali e psicologici del lavoro, il suffragio e il divorzio. Proprio nella decade in cui si era sposata e aveva due figli, i suoi racconti spiegano come il desiderio economico, estetico e sentimentale delle donne non venisse appagato dal matrimonio.8

Nelle sue opere troviamo quindi:

Girls before marriage, devoted to their families, especially their usually difficult fathers […], proud, vulnerable young women, subjected to indignities and rejection because their appearance and being do not fit the prevailing standards of female beauty or behavior […], older women, realizing that theirs is to be the social obloquy of the unchosen, the unmarried. […] And always there is the vein of ‘unused powers, thwarted energies, starved hopes’.9

Possiamo ritrovarli nei racconti e negli articoli trattati in questo lavoro: le sorelle Porter di “In the Market”, le più giovani intente a cercare una via d’uscita attraverso il matrimonio, le maggiori ormai diventate un peso per la famiglia perché zitelle; l’“unused power”, come quello di Hugh in “Life in the Iron-Mills”, ma anche come quello di Marcia, costretta a rinunciare alle sue aspirazioni per sposarsi; e poi “the mental hunger”, comune a tante delle protagoniste ma

7

Cfr. Pfaelzer, Jean, Parlor Radical. Rebecca Harding Davis and the Origins of American Social

Realism, Pittsburgh, University of Pittsburgh Press, 1996, p. 12. Nel corso di questo lavoro,

l’opera sarà indicata con l’abbreviazione PR.

8 Cfr. Ibidem, p. 138-9. 9

Cfr. Olsen, Tillie. “A Biographical Interpretation.” in Davis, Rebecca H., Life in the Iron-Mills

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considerata alla stregua di un peccato perché se soddisfatta diventa una minaccia per i ruoli sociali tradizionali.

La sofferenza femminile diventa spesso una metafora per gli abusi della schiavitù e dell’industrializzazione, della casta e della classe.10

Le donne e i neri subiscono forme di controllo simili: abuso fisico, intimidazioni psicologiche, privazioni economiche, obiettivi irrealizzabili, e dolorosi limiti per le loro aspettative.11

Il concetto di dipendenza e simpatia femminile che emerge in molti racconti deriva dall’ideologia delle “gender spheres”, una fantasia culturale che organizza gli obblighi sociali lungo linee di “gender” segregate e idealizzate: mentre la politica, gli affari e il lavoro rientrano nel campo maschile, la vita domestica è competenza delle donne.12

Il modello ideale di donna è incarnato dall’angelo del focolare. Per descriverne le caratteristiche possiamo guardare al ritratto che ne fa Virginia Woolf, anni dopo:

She excelled in the difficult arts of family life. She sacrificed herself daily. […] In short she was so constituted that she never had a mind or a wish of her own, but preferred to sympathize always with the minds and wishes of others. Above all […] she was pure. Her purity was supposed to be her chief beauty – her blushes, her great grace.13

Tuttavia, nell’epoca in cui scrive Davis, sta emergendo un nuovo tipo di donna, “the New Woman”, che si oppone a tale modello passivo.

10 Cfr. Pfaelzer, Jean, PR, cit., p. 107. 11 Cfr. Ibidem, p. 19.

12 Cfr. Ibidem, p. 133. 13

Woolf, Virginia, “‘Professions for women’, Women and Writing”, in Eagleton, Mary (ed.), op. cit., p. 51.

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XXXV

I due tipi di donna sono presenti in molti dei racconti di Davis, già a partire da “Life in the Iron-Mills”, dove Janey rappresenta il tipo ideale e si oppone a Deborah, deforme e ribelle.14 In racconti come “A Day with Doctor Sarah” e “Two Women”, invece, l’autrice descrive la profonda difficoltà delle donne moderne nell’interpretare le loro limitate opportunità personali e professionali.15

“A Day with Doctor Sarah” non è soltanto il ritratto approfondito di una suffragetta, ma è anche uno studio sensibile sulle scelte dolorose che compie una donna nel definire le sue priorità, le relazioni personali, e la consapevolezza di stare sfidando i potenti stereotipi sull’identità femminile.16

L’autrice suggerisce che la vera causa della miseria di Sarah sia da ricercarsi nella sua scelta politica piuttosto che in quella professionale: vent’anni prima, aveva respinto un innamorato, Matthew, per sposare il pioniere della causa femminile. Quando però vede la figlia di Matthew, mette da parte il suo ruolo politico per lasciare spazio a quello medico e femminile, spinta dall’istinto di curare la bambina e da quello materno che le ricorda il figlio perduto. 17

Alla fine, Sarah abbandona il suo ruolo politico, ma non sappiamo se fa lo stesso con la sua professione. La conclusione ci dice solo che si occuperà dei figli di Matthew, seguendo il suo istinto materno, nonostante la credenza del tempo dicesse che la “New Woman” fosse ostile alla maternità, e perciò deviata.18

14

Cfr. Pfaelzer, Jean, “Rebecca Harding Davis: Domesticity, Social Order and the Industrial Novel,” International Journal of Women's Studies, 4, May-June 198, pp. 234-44, p. 238.

15 Cfr. Pfaelzer, Jean, PR, cit., p. 207. 16 Cfr. Ibidem, p. 228.

17

Cfr. Ibidem, p. 230.

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XXXVI

L’antitesi “New vs. Domestic Woman” si ritrova nel racconto “In the Market”, in cui l’intraprendente Margaret si lancia nel mondo del lavoro nonostante le opinioni contrastanti di amici e parenti, mentre la sorella Clara non ha lo stesso coraggio e ripiega sul matrimonio come unica via d’uscita. Le donne che lavorano “unsex” se stesse, si mascolinizzano, si privano della loro femminilità e, sebbene una donna si trovi in difficoltà economiche, non deve lasciare che succeda perché ciò danneggerà il suo futuro ruolo di moglie e madre. Tale è l’opinione della madre in “In the Market” dove è prima Mrs. Porter a mettere in guardia le figlie da un tale pericolo19, e poi la stessa Clara, parlando della figlia20; è dello stesso avviso Mrs. McIntyre in “Two Women” quando rimprovera Charlotte per aver alluso alla possibilità, per Alice, di trovarsi un lavoro21. “Two Women” sottolinea la lotta di Charlotte contro il marchio sociale del lavoro che la società crede mascolinizzi una donna.

L’antitesi viene ripresa in “Men’s Rights”, articolo dal titolo ironico che vuole essere una risposta a uno pubblicato poco tempo prima e intitolato “The Women Question”, a supporto dell’uguaglianza delle donne. 22

I principali diritti degli uomini sono, per lei, pretendere la purezza nelle loro mogli e, sul piano lavorativo, non lasciare che il proprio lavoro venga svalutato solo perché le donne accettano di essere sottopagate. Per quanto riguarda

19

Cfr. Davis, Rebecca H., “In the Market”, in Pfaelzer, Jean (ed.), A Rebecca Harding Davis

Reader: “Life in the Iron-Mills,” Selected Fiction & Essays, Pittsburgh, University of Pittsburgh

Press, 1995, p. 207.

20 Cfr. Ibidem, p. 214. 21

Davis, Rebecca H., “Two Women”, Galaxy, Jun. 1870, p. 804.

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XXXVII

il primo punto, è comprensibile se pensiamo al periodo storico in cui è stata fatta una tale affermazione: siamo nel 1869, l’autrice è cresciuta nel sud, in Virginia, in un ambiente conservatore, e le rivendicazioni femminili erano relativamente recenti ed erano partite dal New England.

In questo articolo, la “New Woman” è rappresentata da Eliza, una riformista descritta in questi termini: “she has pale, striking features, a skin like dough, gray, thoughtful eyes; her chest is flat; her movements and whole bearing are full of unrest, and hint subtly at suppressed power.”23 L’avere il seno piatto la rende mascolina, e potrebbe anche alludere all’impossibilità di allattare e quindi di essere una buona madre. Infatti, ritroviamo la stessa caratteristica in Sarah: “the breast had been full of milk then, but the dead lips had never touched it, and the breast had shriveled slowly and grown hard”24. Anche Sarah è una riformista ma è doppiamente “sbagliata” come donna perché, oltre ad appoggiare la causa del suffragio, esercita la professione di medico. Pfaelzer individua un’allusione omoerotica nella reazione che hanno alcune donne nell’incontrare Sarah, sia per la metafora sessuale utilizzata per descriverla (“[a] pleasurable excitement”25

), sia per l’opinione dei giornali sulla dottoressa, descritta come “a kind of intellectual Heenan or Morrissey”26

. Inoltre, quelle donne alludevano alla nuova sessualità

23 Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, Putnam’s Magazine, febbraio 1869, p. 213, corsivo mio. 24 Cfr. Davis, Rebecca H., “A Day with Doctor Sarah” Harper’s New Monthly Magazine, New

York, Sep. 1878, p. 614.

25

Cfr. Ibidem, p. 612.

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XXXVIII

proposta dal femminismo e affermavano che le suffragette credessero nell’amore libero.27

Le donne moderne vengono definite “unsexed” più volte nei racconti: Sarah è una delle “unsexed women”, secondo Matthew Niles28

, le donne che lavorano “unsex themselves”, secondo Mrs. Porter29

, e Charlotte arriva letteralmente a mascolinizzarsi indossando vestiti da uomo per correre dietro al suo innamorato30 che la descriverà poi come una “nondescript, ridiculous creature, neither man nor woman”.31

Davis critica, quindi, la credenza, supportata dai medici, secondo cui le donne istruite potevano sviluppare tratti fisiologici e caratteriali maschili. Riferendosi in modo beffardo alle paure degli uomini nei confronti dell’iniziativa sessuale delle donne, Davis racconta del timore di Matthew che Sarah si dichiari perché “there was nothing which these unsexed women could not do”.32

Altra caratteristica delle donne moderne è che “they are girls who do not marry early, as a rule”, commento che tuttavia suona ironico dal momento che lei stessa non si sposò prima dei trent’anni. 33

Tutte queste donne, per quanto ammirate per il loro coraggio, finiscono sempre per essere scartate perché non sono mogli ideali: Sarah non ha più un marito, e non è adatta a essere moglie perché l’istinto materno è troppo forte in

27 Cfr Pfaelzer, Jean, PR, cit., p. 228. 28

Cfr. Ibidem, p. 615.

29 Cfr. Davis, Rebecca H., “In the Market”, p. 207. 30 Cfr. Davis, Rebecca H., “Two Women”, p. 812. 31 Cfr. Harris, Sharon M., op. cit., pp. 160-16. 32

Cfr Pfaelzer, Jean, PR, cit., p. 230.

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lei; alla fine, non le sarà data la possibilità di sposare Matthew perché lui muore. Charlotte viene respinta da James che, sebbene ammirasse le donne audaci e coraggiose, è spaventato e inorridito quando gli si presenta in abiti maschili, disposta a seguirlo fino alla morte. L’unico lieto fine sembra essere quello di Margaret, riuscita a diventare ricca con la sua attività e a sposare l’uomo che ama, ottenendo di insegnare alle figlie un mestiere del quale potessero servirsi “if need will be”. Una simile opportunità la auspicava per se stessa l’autrice in “Men’s Rights”: “If I had as many daughters as those with whom the Lord rewarded Job, and twice his wealth, they should each one have some head-or-hand craft by which, if need were, they could earn their own living.”34 Prima ancora del suffragio e dei diritti di proprietà, insiste, bisogna pensare al problema dell’incapacità della donna di guadagnarsi da vivere da sola; bisogna esigere più lavoro e stipendi migliori. La sua preoccupazione, conclude, non è per le donne delle classi agiate, ma per le cucitrici, le disoccupate, le giovani della “middle-class” i cui fratelli ricevono ogni beneficio mentre le loro menti sono lasciate a stagnare.35

In tale conclusione, nessuna vita è più rappresentativa di quella dell’autrice stessa: sebbene lei non abbia permesso alla propria mente di assottigliarsi, è evidente un ventennio di amarezza per la differenza di istruzione concessa a lei e ai suoi fratelli. Credeva davvero di stare presentando una posizione logica e avanzata sulla questione femminile. Per lei, i mestieri comuni che le ragazze della

34

Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, p. 222.

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XL

classe media potevano e dovevano apprendere avevano lo stesso valore dell’istruzione superiore delle donne moderne.36

L’indipendenza finanziaria avrebbe dato alle donne abbastanza sicurezza da poter scegliere di sposarsi o restare single. Vedeva tante donne senza un uomo da cui dipendere convinte che i tradizionali lavori femminili (insegnare, cucire) non avrebbero fruttato loro abbastanza per vivere in modo degno.37 Il bisogno più immediato delle donne era “more work, and more wages”38. È attraverso questa visione che l’autrice comprende il comportamento delle donne, sia delle civette che delle “silly Madonnas”39

. Il ritratto delle donne che, al fine di piacere agli uomini, si degradano indossando vestiti scollati e concedendogli indesiderati contatti sessuali è una visione astuta delle relazioni che collegano l’economia, la mercificazione delle donne e la dolorosa perdita di autostima.40

Dopo il suffragio, secondo lei, la più grande rivoluzione che aspettava le donne americane era il ritorno alla purezza spirituale: con questo lei intende un ritorno alla laboriosità e alla frugalità che le erano state insegnate da bambina. Se la “Donna Casalinga”, l’ideale maschile, è un ostacolo per la “New Woman”, l’autrice suggerisce che il modo per superarlo è capire che al mondo c’è posto per entrambe. Parlando di torti, le donne non ottengono altro che “valueless

36 Ivi.

37 Cfr. Pfaelzer, Jean, “Introduction”, cit., p. xlvi. 38 Davis, “Men’s Rights”, cit., p. 219.

39

Ibidem, p. 218.

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XLI

sympathy”, secondo lei; per occupare i giusti posti sul “man’s preempted ground, we must prove our right […] by the hard logic of work well done”.41

Nonostante i suoi studi sviluppino le cause sociali delle vite travagliate delle donne, le sue soluzioni sono individuali: mentre aspettano l’arrivo del suffragio e delle università femminili, le donne dovrebbero iniziare con umiltà a procurarsi un mestiere. In “Men’s Rights”, come in altri testi, Davis evita le implicazioni politiche e insiste, attraverso il titolo ironico, che la soluzione non sta nel dare la colpa agli uomini, ma negli sforzi di ogni donna di preoccuparsi della propria vita.42

Quelle donne moderne, da cui gli uomini erano intimoriti, e che riversavano ogni colpa del ruolo subordinato femminile sugli uomini stessi, chiedevano il suffragio, i diritti di proprietà, lavoro e stipendi uguali a prescindere dal sesso. Erano donne che criticavano le loro antenate perché si accontentavano di una vita di servitù, dedicata solo all’essere mogli e madri. È la stessa critica che muove Charlotte a Mrs. McIntyre e a sua figlia, in “Two Women”: “You have culture, both of you, fine taste and shrewd wit. Why do you not use them to help yourselves and the world? You sit here content to lack everything that makes a life endurable.”43

La differenza tra le donne del passato e quelle moderne, inoltre, è che mentre le prime svolgevano i loro compiti fedeli al proprio ruolo “without

41 Cfr. Harris, Sharon, M., op. cit., p.150. 42

Cfr. Pfaelzer, Jean, “Introduction”, cit., p. xlvii.

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XLII

reluctance, without slighting and without braggadocio”44

, le donne moderne non vedono l’ora di gridare al mondo i loro successi, come “the child who brags of what he has done and begs to be petted and applauded”45

, senza rendersi conto che molte di quelle che definiscono loro conquiste lo erano già state in passato grazie ad altre donne o addirittura grazie a uomini che, a differenza loro, non se ne erano vantati come successi personali.46

Nell, sorella di Eliza e sua antitesi nel saggio “Men’s Rights”, rappresenta, secondo Davis, “the embryo type”47 delle “silly Madonnas”48, presenti ovunque in arte e letteratura e che vivono unicamente per adorare il marito e i figli. Di questa categoria si ritroverà per ironia della sorte a far parte la stessa autrice. Le riformatrici vorrebbero uccidere questo modello e sostituirlo con la donna moderna ma, le avverte Davis, gli uomini sono “mulish”: apprezzano il nuovo tipo di donna ma alla fine sceglieranno sempre l’altro. Ne è un chiaro esempio la scelta di James Vogdes in “Two Women”: dovendo decidere tra l’emancipata Charlotte e la dolce e tranquilla Alice, preferisce quest’ultima in quanto “she was his ideal woman, being so helpless, loving. He never felt his manhood as when he looked at her.”49

Questa affermazione richiama il “cult of female invalidism” tanto diffuso nella cultura americana e inglese del secolo. Secondo tale concezione, le

44

Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, p. 213.

45 Davis, Rebecca H., “The Newly Discovered Woman”, in Pfaelzer, Jean, op. cit., 1995, p. 408. 46 Cfr. Ibidem, pp. 406-7.

47 Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, p. 218. 48

Ivi.

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XLIII

donne della “upper” e “middle class”, venivano spinte a credersi deboli, fragili, inclini ad ammalarsi, e bisognose di essere continuamente assistite.50

Persino nel finale del racconto, Charlotte viene eclissata dalla “womanly woman” perché “the others have quite forgotten her in watching the sorrows of the gentle Ophelia”. Nonostante Davis, secondo Harris, rimanga confinata nei concetti di “womanly woman” e “mannish woman”, la conclusione della storia suggerisce che l’oppressione delle donne le mascolinizza molto più della soddisfazione delle loro ambizioni.51 Identificando Alice con Ofelia, inoltre, l’autrice collega l’angelo del focolare al dolore femminile, rivelando quanto trovasse debilitante l’ideologia della domesticità.52

Sempre in “Men’s Rights” si parla del dramma delle donne che non hanno trovato marito e che costituiscono un peso per la famiglia, come le sorelle Porter in “In the Market”. Per loro non c’è abbastanza lavoro, come spiega la stessa Mrs. Porter:

“You are not competent to teach anything thoroughly, and then, where is there a place? The school here if filled, and it is the same everywhere; the country is overrun with female teachers. Why, in Massachussets alone there is a surplus of twenty thousand unmarried women. Teaching and sewing are the only means open to them of earning their living. So you see that’s folly, Clara.”

“I could sew.”

“Your health wouldn’t bear the confinement. Besides, you’ve no right to lower the position of your sisters. No one of our class would marry a sempstress.[…]”53

La famiglia di Eliza e Nell descritta nel saggio sembra molto simile alla situazione delle ragazze in “In the Market”:

50 Cfr. Tichi, Cecelia, “Women and Writing: The Public Platform”, in Tichi, Cecelia (ed.), Life in

the Iron-Mills, Bedford Books, 1997, p. 361.

51Cfr. Harris, Sharon M., op. cit., p. 161. 52

Cfr. Pfaelzer, Jean, PR, cit., p. 212.

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XLIV There are two girls besides Eliza and Nelly, and they must be dressed and maintained in a certain styile, to make suitable marriages. He [the father] goes early to work and comes back late, feeble and anxious, while they are stitching at the old dresses and hats, to make them look like new ones (for they help him all they can), and then go out to dance the German, or make their husban-market in any other customary way. But they do no more than this, for fear of losing caste, though there is not one of them who has not a stronger brain and sounder body than either father or brother. Some day the old man will die, on whom they have been content to rest this heavy weight till the last.54

Le sorelle Porter non fanno che rammendare i propri vestiti per poter andare a qualche ballo e conoscere possibili pretendenti e anche il loro padre porta tutto il peso della famiglia sulle spalle, come fa notare Mason: “The old man’s head has been kept to the grind-stone this forty years!”55

Della famiglia di Eliza si dice che sono donne pronte a

eke out an anxious, scanty living, half-starving indoors to keep up the miserable show of gentility, cherishing every lingering, poor remnant of beauty, in the hope of making even yet that approved disposition of themselves, balked at every turn by the want of a few dollars, their natural tastes stifled and ungratified, their natural power left unused to gnaw and torture them within the end56,

proprio come Mrs. McIntyre e sua figlia: “Most probably the truth was that the women managed generally with tea and toast for themselves, though they never lacked a dainty dish for a guest.”57

Eliza e Nell hanno un altro fratello, Charley, che ha rinunciato a una sua vita per mantenere le sorelle. La stessa sorte è toccata a Mason in “In the Market”, ma ancora di più a George Goddard, nello stesso racconto, che deve occuparsi della sorella e della madre e solo alla loro morte sarà pronto a sposare Margaret.

54 Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, p. 220. 55 Davis, Rebecca H., “In the Market”, p. 202. 56

Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, p. 220.

(15)

XLV

3. Il matrimonio come “market

Il tema del matrimonio come processo di vendita non era nuovo in letteratura. Ne troviamo molti esempi nei testi tradotti. Ad esempio, in “Men’s Rights”, Nell è cresciuta col solo pensiero del matrimonio e “addestrata” a trovarsi un buon partito: in “In the Market”, la figlia di Clara, dalle stesse caratteristiche, si chiama anche lei Nell; in “Are Women to Blame?” si parla delle ragazze come cavalli che devono fare una buona corsa58, donne che “carr[y] [their] soul and body in the market for a husband”59. È quello che consapevolmente fa Clara quando dice alla sorella “I’m on exhibition – in the market!”60

e cede alla corte di Mr. Geasly dopo aver perso la sua “chance” con John Bohme. Anni prima, Sarah Moore Grimké aveva affermato lo stesso concetto: “To be married is too often held up to the view of girls as the sine qua non of human happiness and human existence. For this purpose more than for any other, I verily believe the majority of girls are trained”.61

Il racconto “In the Market” è, forse, il più significativo sull’argomento. Mentre in altre opere Davis aveva parlato delle terre di confine durante la guerra civile, qui tratta di un’altra terra di confine, quella “between wealth and

58 Davis, Rebecca H., “Are Women to Blame?”, The North American Review, 1889, pp. 622-626. 59

Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, p. 212.

60Davis, Rebecca H., “In the Market”, p. 203.

61 Grimké, Sarah M., “Letter VIII: The Condition of Women in the United States”, in Letters on

the Equality of Sexes, and the Condition of Woman, 1837, in Lauter, Paul (ed.), The Heath Anthology of American Literature, Fourth Edition, 2 vols., Boston, Houghton Mifflin, 2002, I, p.

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XLVI

poverty”62

. Le due sorelle del racconto sono molto diverse: Clara si vende, letteralmente, al maggior offerente dopo essere stata lasciata dal suo ricco pretendente, John Bohme. Mentre Clara accetta un matrimonio senza amore, Margaret, avvantaggiata dal fatto di vedere le scelte della sorella e ripugnata dal pretendente di Clara, sceglie per sé un’altra strada. Non potendo sopportare l’idea di costituire un ulteriore peso per il fidanzato, George, la ragazza decide di lasciarlo. Contrariamente all’idea che l’amore allevia la povertà, e nonostante George sia disposto a rischiare, Margaret non lo è e decide di lavorare come i fratelli. 63

Con questo racconto, Davis sfida le definizioni tradizionali di femminilità: Margaret accetta di sposare George, ma solo dopo che lui ha accettato la sua nuova personalità e non smette di lavorare, nemmeno una volta sposata. Educa le figlie secondo il suo moderno modo di pensare e fa loro imparare un mestiere per essere indipendenti. L’unico peso della sua vita è costituito da Clara e dai suoi figli, soli dopo la morte del marito. “In the Market” è considerato la rappresentazione più femminista del potenziale delle donne nella seconda metà dell’Ottocento.64

La mercificazione del matrimonio era uno dei motivi principali dei matrimoni malriusciti, ed era un tema di cui si discuteva molto in quel periodo. Per questa ragione, i direttori del The North American Review, avevano chiesto a cinque scrittrici di discutere se la colpa del fallimento dei matrimoni fosse o meno

62 Davis, Rebecca H., “In the Market”, p. 198. 63

Cfr. Harris, Sharon M., op. cit., pp. 144-145.

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XLVII

delle donne. Diedero il loro contributo Davis, Rose Terry Cooke, Marion Harland, Catherine Owen e Amelia E. Barr. Solo Davis e, in parte Harland, danno una valutazione bilanciata della situazione domestica; le altre tre insistono che il declino nella situazione matrimoniale fosse, in fondo, colpa delle donne perché non accettavano il ruolo subordinato al marito che era stato loro assegnato dalla società.65 Secondo Davis, invece, i matrimoni infelici sono causati dalla malsana abitudine dell’addestramento sociale e del mettere le donne in vendita al maggior offerente.

4. Gli artistes manqués

Il grido delle donne che vogliono qualcosa in più del semplice ruolo di moglie e madre si ripete nella maggior parte delle opere ed è sempre lo stesso: “Did God make me for nothing? Surely, somewhere in the world, there is work for me to do!”66, chiede un’anonima ragazza in “Men’s Rights”; “Surely, in this

great world, there is somewhere a place for me!”67è il pianto di Clara; Charlotte invita le sue ospiti a trovare “anything that would give a place in the world. I wish, God knows, that I had no fortune, that I might do something to justify my right to live”68

; “I think I have something to say, if people only would hear it”69, è il grido disperato di Marcia.

65 Harris, Sharon M., op. cit., p. 230.

66 Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, p. 222. 67 Davis, Rebecca H., “In the Market”, p. 207. 68

Davis, Rebecca H., “Two Women”, p. 804.

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XLVIII

Le opere di Davis mostrano come l’ideologia domestica esercitasse la propria forza in qualsiasi periodo della vita di una donna. Si possono individuare tre tipi di artiste manqué: la giovane, frustrata perché la sua identità determinata socialmente le impedisce una libera espressione artistica; la matura, che fallisce nell’intento di riconciliare la sua identità artistica con quella domestica in una società che le definisce antitetiche; e l’anziana, insoddisfatta perché per tanto tempo ha rinunciato all’arte per realizzare la vita da moglie e madre.70

Queste donne sono in lotta continua con la società per cercare di mantenere la loro integrità artistica senza privarsi della vita sociale. Secondo Davis, infatti, il compromesso in arte è una sorta di fallimento. La sua vita dimostra come lei riuscì con successo a mediare tra i desideri antitetici di essere una buona scrittrice e una buona madre.71

Nei primi testi, gli artistes manqués sono uomini la cui libertà artistica è proibita dai ruoli sociali prescritti (ad esempio, in “Life” e “Blind Tom”). Nonostante Davis, come la maggior parte delle donne del suo secolo, accettasse il ruolo femminile come determinato da Dio, credeva che la società avesse erroneamente limitato tale definizione. Lei stessa provò quelle limitazioni sulla sua pelle.72 Attraverso Hugh in “Life”, Davis opera una similitudine con le scrittrici americane del tempo che lottavano per produrre la loro arte. Queste

70 Cfr. Rose, Jane A., “The Artist Manqué in the Fiction of Rebecca Harding Davis”, in Jones, S.

W. (ed.) Writing the Woman Artist, Essays on Poetics, Politics and Portraiture, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 1991, pp. 155-174.

71

Ivi.

(19)

XLIX

battaglie si combattevano il più delle volte contro il mondo letterario maschile.73 Virginia Woolf, anni dopo, spiegherà la differenza tra scrittori e scrittrici:

The indifference of the world which Keats and Flaubert and other men of genius have found so hard to bear was in [women’s] case not indifference but hostility. The world did not say to her as it said to them, Write if you choose: it makes no difference to me. The world said with a guffaw, Write? What’s the good of your writing?74

Nel XIX secolo, il ruolo delle donne come produttrici e consumatrici in letteratura divenne oggetto di preoccupazione e molti uomini autorevoli le condannarono. Nel 1818, Thomas Jefferson scrisse dell’istruzione femminile come di “a great obstacle”. Le donne andavano sì istruite, ma solo “[in] dancing, drawing, and music”. E intorno alla metà del secolo, Hawthorne si lamenta del “damned mob of scribbling women”.75

“Marcia” è un esempio di mediazione nel conflitto arte-vita domestica che si conclude con un fallimento. La protagonista è orgogliosa di non aver accettato il compromesso rinunciando al suo sogno di scrittrice sposando un uomo che, come suo padre “thinks that women are like mares – only useful to bring forth children.” Il narratore è commosso dalla storia e dal coraggio di Marcia, frustrata perché consapevole di avere “something to say if only people would hear it”. La storia si conclude col fallimento di Marcia, che consegna i manoscritti al narratore perché li distrugga, e la sua vittimizzazione, perché è diventata un mero oggetto posseduto da un uomo. Il marito viene, infatti, chiamato “her owner”.76

73 Tichi, Cecelia, op. cit., p.357-358.

74 Woolf, Virginia, “A Room of One’s Own”, in Eagleton, Mary, op. cit., p. 49. 75

Tichi, Cecelia, op. cit., p. 359.

(20)

L

In questo racconto, Davis espone le limitate opportunità esistenti per le donne nelle principali riviste americane ma, in modo particolare, le interessa parlare della prevalenza di giovani autori che rifiutano di imparare il loro mestiere.77 Marcia si è votata alla letteratura e vuole contribuire al progresso dell’umanità. Crede di aver solo bisogno di capire come funziona l’editoria di Philadelphia per essere una vera scrittrice ma la voce narrante ci fa notare che “her spelling was atrociuos, the errors of grammar in every line beyond remedy”78. Ciononostante, l’autrice decide di tenerla in considerazione perché

Marcia non scrive dei soliti argomenti sentimentali, al contrario parla “about what she knows”79

.

La scelta di Marcia di andare a cercare lavoro a Philadelphia può essere vista come quella di una donna che ha scelto “the ‘business’ of authorship over the ‘business’ of mariage”80

. È una fuga dal prototipo sentimentale della letterata domestica ma gli editori rifiutano le storie dove descrive la sua realtà.

Davis fonda il suo studio di Marcia sulle realtà delle scrittrici. Marcia non accetta il modello di Hawthorne della “damned mob of scribbling women”, ma deve fare comunque i conti con la sopravvivenza economica in una città come Philadelphia, come la stessa Davis che per questo motivo lavorava per il

Peterson’s. Piuttosto che tradire il suo talento e accettare di scrivere nel classico

stile femminile, Marcia fa la cucitrice in una fabbrica di calze e raccoglie

77 Harris, Sharon M., op. cit., p. 252. 78 Davis, Rebecca H., “Marcia”, p. 926. 79

Harris, Sharon M., op. cit., p. 253.

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LI

barzellette per dei giornali. Pfaelzer sottolinea la differenza tra le scrittrici che continuavano ad affermare che la scrittura era frutto di un inconscio fluire di creatività, e Davis, che invece insiste che la scrittura non sia altro che un mestiere.81

La punizione di Marcia è il silenzio letterario, e rimane a morire di fame come la donna di korl, perché non è riuscita a realizzarsi artisticamente e intellettualmente.82 Pfaelzer afferma che “In ‘Marcia’, Rebecca Harding Davis tells a story of sentiment and silence, of publishers, husbands, and a literary tradition that conspired to mute women”83

.

5. Posizione sui diritti delle donne

Pfaelzer fa notare l’importanza di quello che manca nelle opere di Davis: il tema del suffragio. Bisogna ricordare però che scrive in un periodo in cui lo stesso movimento femminista era diviso in merito al quindicesimo emendamento. Olsen richiama Davis per non aver partecipato alla Mostra del Centenario a Philadelphia. Tuttavia, Harris sottolinea il fatto che Rebecca avesse detto ad Annie Fields di essere andata una sola sera alla mostra “for many reasons of which lack of interest was not one”.84

In difesa di Rebecca, si può dire che lei non poteva sapere, come nessun altro, cosa sarebbe successo quel giorno alla mostra. Nonostante fosse stato

81 Cfr. Ibidem, p. xxxv. 82 Cfr. Ibidem, p. xxxvi. 83

Pfaelzer, Jean, PR, cit.,p. 221.

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LII

concesso alle donne un padiglione separato, non furono dati loro i fondi necessari. Non tutte le leader erano d’accordo con l’idea del padiglione delle donne: secondo Stanton, non era importante esporre i manufatti, quanto piuttosto i successi legislativi. La commissione, poi, aveva rifiutato la Dichiarazione dei diritti delle donne come parte ufficiale della cerimonia. Per questo le leader la lessero a sorpresa. Quindi il Centenario rappresentò una questione controversa per le stesse femministe.85

Tuttavia, la posizione di Davis sulla questione femminile è più complessa. Quando dice ad Annie che non era andata all’Esposizione ma le sarebbe sicuramente interessata, abbiamo una ricreazione della sua posizione letteraria: “interest, but from a distance”86

. Rebecca spiegava ad Annie che si sentiva intimorita dai movimenti femminili, perché pensava che qualsiasi corporazione, anche con le migliori intenzioni, tendesse a soffocare la libertà di espressione individuale. Davis, al contrario di altre scrittrici, non si opponeva al diritto al voto per le donne, tuttavia si schierava con la parte conservatrice. Ma, afferma Harris “not opposing the vote is not the same as working for its enactment”.87

Da lì in poi, Davis si mosse sempre più verso una posizione conservatrice sul ruolo della donna nella società. Continuò a rappresentare donne sicure di sé e autosufficienti, ma alla fine scelse di sostenere la “Domestic Woman”. Questa battaglia incarna la vita dell’autrice: sebbene fosse molto intelligente, creativa e produttiva, continuò a vivere intellettualmente e fisicamente all’interno del regno domestico.

85 Cfr. Ibidem, p. 193. 86

Ivi.

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LIII

Possiamo immaginare che, più che sostenere le riformiste come Elizabeth Cady Stanton e Susan B. Anthony, Davis si trovasse più in sintonia con le idee di una moderata come Mary Wollstonecraft: appoggiava sì l’opportunità per le donne di studiare tanto quanto gli uomini, ma il diritto al voto non era così importante. Lo afferma in Men’s Rights “suffrage and property laws are of secondary importance”88

. Le donne del tempo dovevano capire, secondo lei, che la società non era ancora culturalmente pronta ai cambiamenti che intendevano attuare.

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