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IL DANNO DA MACROLESIONE: SOSTEGNO SOCIALE E APPLICAZIONE DELLA LEGGE 104/92 di Francesco Consigliere

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IL DANNO DA MACROLESIONE: SOSTEGNO SOCIALE E APPLICAZIONE DELLA LEGGE 104/92

di

Francesco Consigliere*

In tema di valutazione medico legale del danno alla persona in responsabilità civile è importante ricordare come la legge 104/92 ha richiamato l'attenzione sulla necessità di considerare la menomazione da macrolesione non solo in rapporto al decremento della efficienza psicofisica dell'individuo, ma anche delle implicazioni e conseguenze sociali dello stesso sulla collettività in termini di costi che la società dovrà sostenere in futuro per la rieducazione, il reinserimento od il semplice sostentamento dell'individuo portatore di handicap.

Tra le finalità perseguite infatti dalla legge 104/92 all'art. 1 lettera C è previsto il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche psichiche e sensoriali nonché la realizzazione di servizi e prestazioni per la cura e la riabilitazione delle minorazioni ed infine la tutela giuridica ed economica della persona handicappata. Rappresenta sicuramente il provvedimento legislativo più in linea con il dettato della riforma sanitaria: conservazione dello stato di salute non solo attraverso l'attuazione di un adeguato programma terapeutico, ma anche soprattutto attraverso la prevenzione e riabilitazione, ciò in accordo anche con il concetto di salute promosso dall’O.M.S. che non significa solo assenza di malattia ma soprattutto raggiungimento e conservazione dello stato di benessere psicofisico.

D'altra parte è insito nel concetto stesso di handicap, enunciato dalla legge quadro al comma 1 dell'art. 3, e cioè persona che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione e di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale e di emarginazione, la presenza di una lesione di entità tale da determinare la situazione di svantaggio sociale così come enunciato dall'articolo. Tale concetto è ulteriormente esplicitato al comma 3, la dove parla di minorazione singola o plurima di entità tale da ridurre l'autonomia personale; tutto ciò indica che deve trattarsi naturalmente di macrolesioni cioè di menomazioni di entità tali da richiedere comunque un intervento assistenziale. In questa ottica è chiaro che là dove si verifichino danni di tale portata, la valutazione propriamente medico legale non si esaurirà nella semplice stima percentuale del danno permanente o nella quantificazione di quello temporaneo, bensì, alla luce della legge quadro sull'handicap, comprenderà anche l'accertamento della esistenza o meno di quella situazione di svantaggio sociale relazionato alla menomazione singola o plurima che configura più propriamente la condizione del portatore di handicap.

In realtà è una valutazione questa che trae le proprie origini giuridiche non solo dalle sopraccitate leggi entrambe del 1992 ma anche da una legge regionale della Regione Veneto, la n. 46 del 8 maggio 1980, ed ancora antecedentemente la legge regionale 30 maggio 1975, n.

57; rispetto a quest'ultima la 46/80 ha il merito di promuovere iniziative ed interventi finalizzati all'inserimento e all'integrazione sociale dei cittadini portatori di handicap.

Più in particolare la sopraccitata legge, all'articolo 3 definisce handicappato...."la persona di qualsiasi età che, per evento patologico, congenito, ereditario, traumatico o comunque intervenuto, è menomato nelle proprie facoltà fisiche e/o psichiche e/o sensoriali, incontra difficoltà di relazione, apprendimento, inserimento lavorativo, ed è, pertanto soggetta o esposta a processi o situazioni di emarginazione." E' contemplato quindi l'handicap da macrolesione traumatica e questo sta a dimostrare che il concetto di portatore di handicap

* Generale Sanità Militare

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affetto da grave limitazione funzionale è antecedente alla legge quadro 1992, e più in generale, la valutazione della macrolesione in chiave sociale e non soltanto percentualistica era già sentita dal legislatore prima ancora del medico legale. Sicuramente la legge quadro si occupa in maniera più articolata e compiuta del problema sociale dell'annullamento o comunque riduzione del disagio del portatore di handicap; indica anche quali sono le strutture socio sanitarie che debbono accollarsi il compito, individuandole nei Comuni e nelle U.S.L. nei limiti delle loro ordinarie risorse di bilancio; è un dato di fatto inconfutabile comunque la presenza di un provvedimento legislativo ad hoc nei confronti dei grandi disabili antecedente alla presenza stessa del medico legale in sede di valutazione del danno da emarginazione sociale conseguente alla disabilità. E' un discorso difficile e sicuramente scomodo da affrontare soprattutto perché l'intervento ( e non solo valutativo) ha dei costi che, se la legge quadro in parte carica sui Comuni e sulle U.S.L., nel caso specifico, e cioè macrolesioni derivanti da danno in responsabilità civile, parrebbe dover necessariamente far ricadere, proprio perché causati da un comportamento colposo di terzi, sul privato. E' in altri termini lo stesso problema del danno in sede INPS-INAIL i cui costi, in base al principio della surrogazione, vengono fatti ricadere poi sul o sui responsabile/i dell'evento causa di menomazione, ossia gli enti assistenziali pubblici che intervengono ai sensi della 104 sul portatore di macrolesioni affrontando quindi determinate spese intraprendono poi successivamente delle azioni di rivalsa sull'Ente Assicurativo Privato.

Il recupero sociale dei portatori di macrolesioni è altresì sancito all'articolo 5 della Legge quadro, là dove sono indicati gli obiettivi che devono essere perseguiti al fine di garantire la rimozione delle cause invalidanti, la promozione dell'autonomia e la realizzazione dell'integrazione sociale; tra questi ci interessa particolarmente quello esplicitato alla lettera

“C” dell'articolo, la dove si parla di garanzie che la società deve necessariamente offrire per assicurare un intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi in modo da consentire quel recupero garantito dalle conoscenze scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili della persona handicappata ed un suo reale reinserimento nell'ambiente familiare e sociale, nonché la sua integrazione e partecipazione alla vita collettiva.

Ancora l'articolo 5 indica quali debbano essere gli strumenti sanitari territoriali interessati a questa funzione di recupero; in particolare sottolinea la necessità del decentramento territoriale dei servizi e degli interventi rivolti alla prevenzione, al sostegno ed al recupero della persona handicappata, assicurando il coordinamento e l'integrazione con gli altri servizi territoriali sulla base degli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 08.06.1990 n. 142; indica inoltre la necessità di promuovere, anche attraverso l'apporto di enti e di associazioni, iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione, per la prevenzione e la cura degli handicap, la riabilitazione e l'inserimento sociale di chi ne è colpito. Ciò rappresenta evidentemente l'esigenza sentita dal legislatore di affermare, tra gli interventi di promozione sociale prioritari, quelli relativi alle condizioni proprie dei portatori di handicap; da qui la necessità di "educare" la società e soprattutto informarla di quelli che sono i diritti dei macrolesi. In altri termini la legge prevede non solo interventi sui portatori di handicap ma anche sulla società, indispensabili questi ultimi per annullare l'emarginazione sociale. Questo concetto è ribadito con forza alla lettera m dello stesso articolo 5 che prevede la promozione di tutte quelle iniziative finalizzate al superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione sociale anche mediante l'attivazione di quei servizi previsti dalla stessa legge.

L'articolo 7 individua gli strumenti necessari per la cura e riabilitazione della persona handicappata, che si concretizzano attraverso l'attuazione di programmi comprendenti l'integrazione di interventi sanitari e sociali, i primi finalizzati alla rieducazione del portatore di handicap nella sua globalità di persona, i secondi con coinvolgimento della famiglia e della collettività. In questa complessa azione rieducativa è coinvolto il Servizio Sanitario Nazionale

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con l'implicazione di strutture proprie e convenzionate, attraverso la valorizzazione delle abilità residue del portatore di handicap. E' questo a nostro avviso l'elemento più importante e soprattutto la nozione che deve essere utilizzata dal medico legale in sede di valutazione; è un operazione non sempre facile, anche perché presuppone l'attuazione di un procedimento medico legale non usualmente utilizzato in sede peritale: si tratta in altri termini non tanto di valutare ciò che il periziando ha perduto a causa del danno ingiusto arrecato da terzi, bensì le abilità residue potenziali od in atto che ancora dispone al fine di una loro utilizzazione per garantirne un rapido reinserimento sociale. Non cambia certo il metodo medico legale, ma certamente cambiano gli obbiettivi: da una semplice valutazione percentualistica si tratta di passare ad una valutazione sulla globalità dell'individuo per evitare che al danno da responsabilità civile si sommi quello derivante dal rifiuto della collettività a continuare a trattarlo come persona. Accanto quindi alla valutazione dovremo operare un accertamento dello stato di portatore o meno di handicap che sarà importante per poter attuare tutte quelle misure preventive e rieducative esplicitate nelle norme della 104/92. Per far ciò è possibile utilizzare una valutazione medica basata sui criteri dell'I.C.D.H.: prima si valuta la capacità funzionale, poi le abilità ed infine gli handicap del soggetto. Molti metodi valutativi poggiano su tale schema: l'EAM tedesco, il F.I.S. olandese e l'E.L.H.A.N. francese; al di là comunque dei vari schemi valutativi l'importante da sottolineare è sempre il metodo che deve essere applicato e che è rigorosamente quello operativo medico-legale; ciò in funzione del fatto che la valutazione della menomazione conseguente ad una lesione causata da un danno è in funzione della individuazione non solo della percentuale di ciò che l'individuo ha perso ma anche della situazione di disagio sociale derivante dalla menomazione stessa. La valutazione delle abilità residue poi non deve avere la sola funzione del reinserimento lavorativo del portatore di handicap: questo è un singolo aspetto del problema che ha la sua importanza nella misura in cui viene utilizzato come strumento di reinserimento sociale; al contrario riteniamo più importante il concetto di valutazione delle abilità residue inteso come strumento operativo per attuare un'efficace azione di recupero dell'individuo che non ha solo il diritto ad essere risarcito per le conseguenze di una danno ingiusto ma anche quello di vedere rimosse le cause invalidanti attraverso la promozione dell'autonomia e la realizzazione dell'integrazione sociale.

Continuando nella disamina della legge questa prevede all'articolo 13 il diritto all'integrazione scolastica della persona handicappata; all'articolo 17 disposizioni per l'inserimento della persona handicappata nei corsi di formazione professionale attuati dalle regioni, o mediante l'inserimento nelle classi comuni o in eventuali corsi specifici. Sono previste anche (comma 5) inziative territoriali di lavoro guidato, corsi pre-lavorativi, sulla base di criteri e procedure che verranno fissati dal Ministero del lavoro (e che inevitabilmente dovranno tener conto, fra l'altro anche dell'impostazione dell'I.C.D.H.). Gli articoli da 18 a 22 riguardano l'inserimento lavorativo della persona handicappata; all'articolo 18 è prevista l'istituzione di un albo regionale degli enti, cooperative, associazioni che svolgano attività finalizzate all'integrazione lavorativa degli handicappati. Al comma 6 dello stesso articolo si prevedono iniziative regionali per agevolare le persone handicappate nel raggiungimento del posto di lavoro e per l'avvio e lo svolgimento di attività lavorative autonome, nonché per incentivare economicamente i datori di lavoro agli adattamenti del posto di lavoro per facilitare l'assunzione delle persone handicappate. L'articolo 19 poi inserisce a pieno titolo nel mondo del lavoro le persone affette da minorazioni psichiche le quali ovviamente abbiano una capacità lavorativa che ne consenta l'impiego in mansioni compatibili. L'articolo 20 stabilisce che nei concorsi pubblici la persona handicappata ha diritto a sostenere le prove con ausili tecnici ed eventuali tempi aggiuntivi necessari in relazione allo specifico handicap. Inoltre la persona handicappata assunta presso enti pubblici ed avente un'invalidità superiore ai 2/3 anni ha diritto di scelta prioritaria fra le sedi disponibili (art. 21); infine (art. 22) non è più necessaria per

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l'assunzione al lavoro pubblico e privato la certificazione di sana e robusta costituzione (ciò in palese contrasto con norme tuttora in vigore che parrebbero ancora richiederlo ed in particolare all'art. 2 del Decreto del Presidente della Repubblica 10 Gennaio 1957 n.3, laddove si prevede tra i requisiti generali per l'accesso alla Pubblica Amministrazione, quello della

"idoneità fisica all'impiego").

Importanti sono poi gli art. 23,24,28 che prevedono interventi sulla società per annullare la condizione di diversità dalla quale scaturisce il disagio sociale e quindi l'handicap (rimozione di ostacoli per l'esercizio di attività sportive, turistiche e ricreative; eliminazione o superamento delle barriere architettoniche; facilitazione per i veicoli delle persone handicappate.) Come si vede quindi si tratta indubbiamente di una legge complessa ed articolata che riunisce interventi sul portatore di handicap da un lato ed interventi sulla società dall'altro, con il comune intento di prevenire in alcuni casi o di ridurre od annullare in altri quella condizione di disagio sociale che rappresenta la principale condizione negativa alla base dell'handicap.

Il problema dei costi è indubbiamente, come già accennato, di rilevante importanza soprattutto perché, nel caso specifico, si tratta di portatori di handicap conseguente a danno da responsabilità oggettiva di terzi. Evidentemente non sono tanto gli interventi sulla società che concretizzano il problema (anche perché non riguardano il portatore di handicap bensì tutta l'intera categoria) quanto quelli sul singolo individuo. E' importante in ogni caso evitare duplicazioni assistenzialistiche (come già si è verificato in certi casi di assistenza sociale) ed in ogni caso i costi assistenziali non dovrebbero ricadere unicamente sugli Enti Privatistici, anche perché un portatore di handicap non recuperato comporta comunque degli oneri sociali e pertanto rappresenta un preciso interesse della collettività cercare di annullare nel modo più efficace possibile questa condizione di svantaggio sociale.

In conclusione, la 104/92 è una legge d'intenti e non può che essere così in quanto legge quadro; nella rapida disamina effettuata ci siamo resi conto della completezza della stessa negli intenti operativi finalizzati allo scopo, per la verità un po' utopistico, dell'annullamento della condizione di handicap. la sua importanza va comunque ben oltre ai contenuti ed agli scopi;

essa infatti si concretizza nella capacità che ha di richiamare l'attenzione di noi medici legali in sede di valutazione peritale, sul concetto di valutazione globale del danneggiato, che deve essere osservato non solo come macchina produttiva ma anche (e soprattutto) come persona che vive e fa parte integrante della società. E' la maniera migliore credo per celebrare il nostro metodo valutativo inteso non tanto o non soltanto percentualisticamente, ma come metodo autenticamente operativo.

Nello stesso tempo così formulata questa legge risulta per noi tutti un monito, un forte fortissimo richiamo a come inevitabilmente i nostri giudizi devono tenere conto di possibili ed a volte deprecabili duplicazioni valutative.

Dal danno biologico alla valutazione dell'handicap: la linea di giudizio è ormai tracciata e sempre più vengono messi in discussione quei concetti di capacità lavorativa generica o specifica che proprio nell'ambito delle macrolesioni perdono frequentemente del tutto o quasi le ragioni d'essere.

Speriamo solo che nella "tensione" a legiferare sempre e meglio, e quindi non solo di più, ci si renda conto delle problematiche che tali leggi quadro possono aprire e che se non valutate in tempo, potrebbero creare motivo di pregiudizi.

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