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La competenza per territorio nel procedimento di mediazione ex d. lgs. n. 28/2010: spunti per una riflessione. - Judicium

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www.judicium.it Paolo Sanna

La competenza per territorio nel procedimento di mediazione ex d. lgs. n. 28/2010: spunti per una riflessione.

1) Il dato normativo.

L'art. 4, co. 1°, del d. lgs. n. 28/2010, rubricato “Accesso alla mediazione” e collocato sub capo II°,

“Del procedimento di mediazione”, dispone testualmente che: “la domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'art. 2 è presentata mediante deposito presso un organismo. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data della ricezione della comunicazione”.

Come gli interpreti non hanno subito mancato di rilevare, né questa né altre norme del d.lgs. n.

28/2010 contengono una disciplina dei criteri di competenza, tanto verticali (materia-valore) quanto orizzontali (territorio), analoga a quella dettata dagli artt. 7 e ss. del codice di rito1.

Allo stesso modo, nulla prevede in materia il d.m. 18 ottobre 2010, n. 180, attuativo della disciplina di fonte primaria.

Pertanto, stando alla lettera della legge, la competenza per territorio dell'O.d.M. che amministra il procedimento viene determinata da chi promuove per primo la mediazione con la proposizione dell'apposita domanda2.

Per la determinazione della competenza per territorio degli Organismi di Mediazione, il legislatore delegato non si è dunque avvalso degli articolati criteri “statici” regolati dal codice di rito, bensì di un unico criterio “dinamico” incentrato sulla regola della prevenzione3.

Il difetto di una regolazione in senso proprio dei criteri di competenza per territorio e la contestuale adozione del criterio della prevenzione impongono all'interprete la fatica di individuare non solo i problemi che la disciplina vigente potrà determinare, ma anche quella, non meno necessaria, di formulare, in attesa di prossime indicazioni della prassi e/o di eventuali mutamenti legislativi, alcune possibili soluzioni operative.

Prima di far ciò, sembra però opportuno esplorare, seppur sinteticamente, alcuni segmenti dell'iter legis che ha condotto all'attuale formulazione normativa: in primo luogo, si tratta infatti di capire se essa sia espressione di una scelta precisa e consapevole, ovvero il frutto di una grave dimenticanza che, conseguentemente, genera una lacuna legis da colmare in via interpretativa con il ricorso ai consueti strumenti analogici.

2) L'iter legis.

1 Sullo specifico tema della competenza per territorio nel procedimento di mediazione si soffermano in particolare, G.

MINELLI, Commento sub art. 4 (accesso alla mediazione), in AA.VV., La mediazione per la composizione delle controversie civili e commerciali, a cura di M. Bove, Padova, 2011, 115 e ss.; C.VACCÀ, Il procedimento, in C.VACCÀ- M.MARTELLO, La mediazione delle controversie, Milano, 2010, 281 e ss., spec. 285 e ss.; L.DITTRICH, Il procedimento di mediazione nel d. lgs. n. 28 del 4 marzo 2010, in www.judicium.it ; I.LOMBARDINI, Il nuovo assetto della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, in Studium Juris, 2010, 1260; I.

ZINGALES, La fase di mediazione obbligatoria nel quadro delle garanzie costituzionali, in www.judicium.it ; cenni in G.DE PALO-L.D’URSO-R.GABELLINI, Il ruolo dell’avvocato nella mediazione, Milano, 2011, 137 e ss.; G.

IMPAGNATIELLO, La domanda di mediazione: forma, contenuto, effetti, in www.judicium.it .

2 Cfr. C.VACCÀ, Il procedimento, cit., 285, dove la precisazione che si tratta di regola valevole tanto nei casi di mediazione obbligatoria quanto negli altri.

3 Cfr. G.DE PALO-L.D’URSO-R.GABELLINI, Il ruolo dell’avvocato nella mediazione, cit., 137; I.LOMBARDINI, Il nuovo assetto della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, cit., 1260.

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www.judicium.it In sede di parere sullo schema di d. lgs., la Commissione Giustizia della Camera aveva proposto di introdurre nell'articolato una norma che definisse la competenza per territorio dell'O.d.M. in ragione della presenza della sua sede nello stesso ambito del distretto della Corte Territoriale comprendente la circoscrizione del Tribunale che sarebbe stato competente per la causa di merito ai sensi del codice di rito4.

Anche la Commissione Giustizia del Senato si era espressa nel senso della necessità di regolare la competenza per territorio degli Organismi di Mediazione con l'adozione di un sistema così articolato: in via principale, determinazione della competenza territoriale dell'O.d.M. in ragione della sua sede nell'ambito del circondario del Tribunale competente per la causa di merito; in via subordinata, mancando un O.d.M. con sede nell'ambito del circondario del Tribunale competente per la causa di merito, in ragione della presenza della sede dell' O.d.M. nello stesso ambito del distretto della Corte Territoriale comprendente la circoscrizione del Tribunale competente per la causa di merito; in ogni caso, facendo salva la possibilità delle parti di derogarvi concordemente

5

.

La relazione illustrativa che accompagna il d. lgs. 28/20106 da però atto delle ragioni che hanno spinto il legislatore a disattendere le indicazioni provenienti dalle Commissioni parlamentari:

“deliberatamente”, vi si legge, “non si stabilisce un criterio di competenza in senso proprio, così da evitare una impropria giurisdizionalizzazione della sequenza procedimentale”, in modo da evitare

“contrasti interpretativi” e così da lasciar libere le parti “di investire concordemente o singolarmente, l'organismo ritenuto più affidabile” 7. Inoltre, nel pensiero del legislatore delegato, la fissazione di rigidi criteri di competenza si sarebbe mostrata inopportuna dal momento che

“coinvolgendo di norma il complessivo rapporto tra le parti, la mediazione può avere un oggetto non necessariamente corrispondente ad una lite giudiziaria, così da includere potenzialmente più cause suscettibili di diverse competenze, tanto più che lo stesso bene della vita è spesso suscettibile di più domande (accertamento, adempimento, costitutive) anch'esse corrispondenti a plurime competenze; tanto più che, in caso contrario, sarebbe stato impossibile “risolvere i conflitti di competenza tra oo.mm., a meno di non voler demandare la valutazione della competenza al giudice dell'eventuale causa di merito, sempre che ritenga la lite davanti a sé corrispondente alla mediazione svolta”8. Infine, “nei casi di condizione di procedibilità, non essendo esperibile neanche il regolamento di competenza, la determinazione di criteri di competenza avrebbe potuto determinare il regresso della causa in ragione di un'eventuale decisione difforme della Cassazione in sede di legittimità, con evidente lesione del principio, costituzionalmente sancito, della

4 Il parere, approvato il 20 gennaio 2010 dalla II^ Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, può leggersi in http://www.scribd.com/doc/26193227/Mediazione-Pareri-Commissioni-Giustizia .

5 Il parere, approvato il 27 gennaio 2010 dalla II^ Commissione Giustizia del Senato, può leggersi in http://www.ania.it/opencms/openmcs/export/sites/default/documenti/b976e6a6-0c23-11df-a6a0- f3c446ddba06___SENATO-Parere2xC-Conciliazione-27.01.10.pdf .

6 Cfr. Relazione illustrativa, che può leggersi in G.DE PALO-L.D’URSO-R.GABELLINI, Il ruolo dell’avvocato nella mediazione, cit., 171.

7 Cfr. Relazione illustrativa, passim.

8 Cfr. Relazione illustrativa, passim.

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www.judicium.it ragionevole durata del processo” 9. In buona sostanza, la preferenza per il criterio della prevenzione è servita ad evitare la scelta di criteri di competenza per territorio (quali quello della sede o della residenza della parte chiamata in mediazione, ovvero quello opposto) che avrebbero potuto: “a) alimentare dannosi contrasti interpretativi (es. sedi o residenze ritenute fittizie);b) creare inconvenienti non trascurabili: es. foro del convenuto, avrebbe costretto i consumatori a recarsi presso la controparte professionista; c) impedire all'istante di optare per oo.mm. ritenuti più affidabili anche se con sede viciniore, ma differente da quella propria o della propria residenza.

Senza considerare che “gli oo.mm. ben difficilmente conosceranno una distribuzione così capillare da riprodurre la competenza degli uffici giudiziari”10.

Sin qui le ragioni del legislatore, su cui, in sede di parere sull'articolato del d. lgs., il CSM si è espresso in modo assai critico, evidenziando, tra l'altro, come: i) il buon esito del procedimento sia legato anche alla localizzazione degli Organismi di Mediazione in relazione alla domanda presentata; ii) proprio per favorirne l'accordo, il luogo di svolgimento della mediazione debba essere facilmente accessibile alle parti, riducendone al minimo disagi e spese; iii) la norma si presti a strumentalizzazioni nel momento della scelta dell'O.d.M., così da favorire indebite individuazioni di Organismi di Mediazione tali da pregiudicarne terzietà ed imparzialità11.

3) Profili problematici e possibili soluzioni operative.

Se le parti non hanno in qualche modo previamente individuato un O.d.M. competente (come meglio si chiarirà infra), la scelta legislativa di lasciarne la determinazione al criterio della prevenzione può sostanzialmente dar luogo a due ordini di problemi, che, in via convenzionale e sulla scia di un'attenta analisi dottrinale, potrebbero definirsi l'uno di tipo logistico e l'altro di tipo soggettivo12.

Quanto alla prima tipologia, si pensi alla fattispecie -destinata per la sua paradigmaticità a materializzarsi nella mente dell'interprete in maniera quasi istintiva- di Tizio, domiciliato ad Aosta, il quale promuova una mediazione nei confronti di Caio, anch'esso domiciliato ad Aosta, per una controversia collegata esclusivamente al Comune di Aosta (es. contratto di comodato riguardante un bene immobile situato nel territorio di quel comune), davanti ad un O.d.M. con sede a Lampedusa!13

Nell'ipotesi considerata, molto probabilmente, la parte chiamata si troverà costretta ad affrontare uno sforzo economico per accedere alla mediazione così oneroso da indurla a non prendere parte al procedimento.

Tuttavia, se scegliesse di non presentarsi, la parte chiamata non soltanto potrebbe subire una proposta contumaciale (sulla base del combinato disposto ex artt. 11, co. 1°, d. lgs. 28/2010, e 7, co.

2°, lett. b, d.m. 180/2010, che però lascia al regolamento dell'O.d.M. la previsione di una simile facoltà), con eventuali ripercussioni sulle spese processuali del successivo giudizio (cfr. art. 13, co.

1°, d. lgs. 28/2010), ma, in più, in quella stessa sede, dalla mancata partecipazione al procedimento di mediazione senza giustificato motivo, il giudice potrà desumere argomenti di prova, ex art. 116, co. 2°, c.p.c.14 (cfr. art. 8, co. 5°, d. lgs. n. 28/2010, e sebbene, per altro verso, non sia agevole

9 Cfr. Relazione illustrativa, passim.

10 Cfr. Relazione illustrativa, passim.

11 Cfr. “Parere allo schema di decreto legislativo: «Attuazione dell'art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali” approvato dal CSM con delibera del 4 febbraio 2011, in http://www.csm.it/documenti%20pdf/Parere4febbraioSesta.pdf .

12 Cfr. C.VACCÀ, Il procedimento,cit., 287.

13 Mutatis mutandis, tra i tanti, evoca in modo paradigmatico una fattispecie analoga G.MINELLI, Commento sub art. 4 (accesso alla mediazione), cit.,117.

14 Così anche G.MINELLI, Commento sub art. 4 (accesso alla mediazione), cit.,117.

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www.judicium.it valutarne il peso concreto, dal momento che chi non partecipa al procedimento di mediazione adotta una condotta che sembra solo ed esclusivamente manifestare la propria mancanza di volontà conciliativa15).

Così sommariamente inquadrati, occorre ora muovere alla delineazione di possibili soluzioni ai problemi di tipo c.d. logistico.

Una prima è ricavabile dallo stesso d. lgs. 28/2010, poiché, pare evidente (e di ciò da espressamente atto la stessa relazione illustrativa dell'articolato) che tra i giustificati motivi tali da escludere la

“sanzione” ex art. art. 8, co. 5°, d. lgs. n. 28/2010, potrà agevolmente rientrare, tra le altre, proprio l'ipotesi della mancata partecipazione ad un procedimento di mediazione proposto davanti ad un Organismo con sede non munita di alcun collegamento con la residenza o sede delle parti, con il loro domicilio ovvero con i fatti oggetto di controversia16.

Non solo: nel successivo ed eventuale giudizio, quando risulti una scelta dell’O.d.M. attuata strumentalmente al solo fine di rendere difficoltosa la partecipazione della parte chiamata in mediazione, il giudice potrà ricavare argomenti di prova a “carico” della parte che ha avviato la procedura di mediazione, potrà ricavare argomenti di prova a “carico” della parte che ha avviato la procedura di mediazione 17.

Tuttavia, dal punto di vista operativo, si è osservato, come, in tal caso, potrebbe essere opportuno che la parte chiamata risponda di essere interessata alla mediazione, ma di non potersi presentare innanzi all'O.d.M. adito poiché troppo lontano e svincolato sia dall'oggetto del contendere che dalle parti.

Inoltre, occorre prestare attenzione ad un fatto: non è sempre detto che sede dell'O.d.M. e luogo di svolgimento della procedura di mediazione siano coincidenti18, così ché, nell'esempio in precedenza formulato, un problema logistico potrà concretamente materializzarsi solo laddove la sede dell'Organismo di mediazione (e.g. Lampedusa) coincida con il luogo di svolgimento della mediazione (quindi sempre Lampedusa); mentre, per restare all'esempio fatto, nessun problema logistico sorgerebbe qualora, pur avendo l'O.d.M. adito sede a Lampedusa, il luogo di svolgimento della mediazione fosse localizzato nel comune di Aosta.

Che la scelta dell'O.d.M., e quindi della sua sede, sia infatti un aspetto distinto da quello del luogo in cui potrà tenersi il procedimento di mediazione lo testimonia chiaramente, in primo luogo, l'art. 8, co. 2°, d.lgs. 28/2010, quando prevede che: “il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell'organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell'organismo”. Allo stesso modo, l'art. 7, co. 1°, d.m. 180 del 2010, prevede che: “il regolamento dell'o.m. contiene l'indicazione del luogo di svolgimento del procedimento, che è derogabile con il consenso di tutte le parti, del mediatore e del responsabile dell'organismo”19 (mentre il successivo co. 4°, impedisce al reg. dell'O.d.M. di prevedere un luogo di svolgimento della mediazione solo

15 Così L.DITTRICH, Il procedimento di mediazione nel d. lgs. n. 28 del 4 marzo 2010, cit., 19-20; l’auspicio è che della previsione i giudici facciano un uso moderato: cfr. L.ZANUTTICH, Mediazione e processo civile, in Contratti, 2011, 211. Sul punto si sofferma I.ZINGALES, La fase di mediazione obbligatoria nel quadro delle garanzie costituzionali, cit., 13 e s.

16 Cfr. Relazione illustrativa sub art. 4. Sul punto, dottrina concorde, dove si vedano per tutti, G.DE PALO-L.D’URSO- R.GABELLINI, Il ruolo dell’avvocato nella mediazione, cit., 138; G.MINELLI, Commento sub art. 4 (accesso alla mediazione), cit., 117; C.VACCÀ, Il procedimento, cit., 289;I.ZINGALES, La fase di mediazione obbligatoria nel quadro delle garanzie costituzionali, cit., 16.

17 Cfr. G.DE PALO-L.D’URSO-R.GABELLINI, Il ruolo dell’avvocato nella mediazione, cit., 138.

18 Sulla diversità intercorrente tra la sede dell’O.d.M. e sede dello svolgimento della procedura di mediazione, si vedano E.ZUCCONI GALLI FONSECA, La nuova mediazione nella prospettiva europea: note a prima lettura, in Riv. trim. dir.

proc. civ., 2010, 664; D. Noviello, Il procedimento di mediazione delle controversie civili e commerciali, in www.comparazionedirittocivile.it , 16.

19 Così ché, osserva C.VACCÀ, Il procedimento,cit., 287, la previsione regolamentare consentirà, “in qualche misura, di attenuare le implicazioni negative di un radicamento territoriale reputato non consono quantomeno da una delle parti”.

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“virtuale”, modalità che consentirebbe di superare in radice qualunque problema “logistico” legato alla localizzazione territoriale).

Una sguardo alla prassi consente di verificare come i regolamenti di alcuni OO.dd.MM. abbiano in concreto regolato la materia. Il Regolamento di mediazione dell'Organismo X, nella norma rubricata “Luogo della mediazione”, prevede che “la mediazione si svolge nelle sedi e nei resolution center di X. In alternativa, X può fissare lo svolgimento della procedura in altro luogo ritenuto più idoneo con il consenso di tutte le parti e del mediatore”.

L'art. 4 (sede del procedimento) della Proposta di Regolamento Unitario per gli Organismi di Mediazione Forense costituiti dai COA, prevede che “1. Il procedimento di mediazione si svolge presso la sede dell'ODM. 2. La sede di svolgimento è derogabile con il consenso di tutte le parti, del mediatore e del responsabile dell’organismo”; così , ad esempio, l'art. 7, (La sede dell'organismo e le deroghe), del Regolamento dell'O.M.F. del C.O.A. di Lucca20, stabilisce che

“la sede del procedimento è fissata presso i locali dell’organismo siti nel Palazzo del Tribunale di Lucca in via Galli Tassi. La sede del procedimento è derogabile con il consenso di tutte le parti, del mediatore e del responsabile dell’organismo. [omissis]. In ogni caso, la sede degli incontri non può essere stabilita al di fuori della città del circondario del Tribunale ove ha sede l’organismo di mediazione”21.

Ciò detto, per ovviare ai problemi logistici, in dottrina non sono mancate voci che hanno proposto l'applicazione analogica alla mediazione dei generali criteri ordinari di competenza per territorio previsti dal c.p.c.22 (la cui ratio è, come noto, proprio quella di tutelare l'interesse delle parti affinché riesca loro agevole adire i giudici23) o, in particolare, quelli ex artt. 410 e 413 c.p.c. per la determinazione della competenza delle Commissioni di conciliazione nell'apposito tentativo (oggi non più obbligatorio) previsto dal rito lavoristico.

In tal caso, si ricaverebbe la seguente regula: competente per la mediazione sarà il primo O.d.M.

adito tra quelli che appartengono al circondario dell'ufficio giudiziario che sarebbe competente in assenza di mediazione, secondo gli ordinari criteri del codice di rito24.

Si tratta però di una soluzione che non appare convincente per più ragioni, così sinteticamente riassumibili: i) poiché, in base ad una precisa scelta del legislatore, nella mediazione la competenza si determina sulla base del criterio della prevenzione, ciò che nella disciplina difetta è una lacuna legis, condizione essenziale per ricorrere all'analogia25; ii) difetta parimenti l'eadem ratio: il procedimento di mediazione, pur potendo avere molteplici contatti con il processo, non è tecnicamente un processo espressione di giurisdizione26, così da non dovere attingere a tutte le garanzie anche costituzionali che della giurisdizione orientano la disciplina (si pensi, inter alia, al principio della precostituzione ex art. 25 Cost.)27; iii) l'introduzione di un sistema di regole di competenza presuppone la correlativa previsione di regole procedimentali in tema di eccezione di incompetenza, modifiche per connessione, e via discorrendo; iv) soprattutto, come in tanti hanno

20 Il testo del regolamento può leggersi in http://www.scuolasuperioreavvocatura.it/novita.php?idart=62 .

21Cfr. http://www.ordineavvocati.lu.it/basement.ASP?lay=articolo&sez=59&sez1=&sez2=&pag=281.

22 Così G.BUFFONE, Mediazione e conciliazione, Milano, 2010, 26; R.PREZIUSO, Prime questioni interpretative del d.lgs. 04.03.2010 n. 28 in materia di conciliazione delle controversie civili e commerciali, in http://www.dirittoeprocesso.com ; V.MELTONESE, Mediazione e conciliazione, in www.overlex.com

23 Per restare alla manualistica, per tutti, si vedano S.SATTA-C.PUNZI, Diritto processuale civile, Milano, 2000, 44.

24 Così V.MELTONESE, Mediazione e conciliazione, cit., 4.

25 In generale, sui presupposti di operatività dell’analogia, cfr. G.CARCATERRA, Analogia. i) Teoria generale, in Enc.

giur. Treccani, Roma, 1988, spec. 3 e ss..

26 Così, in sostanza, L.DITTRICH, Il procedimento di mediazione nel d. lgs. n. 28 del 4 marzo 2010, cit., 8.

27 In senso contrario, cfr. I.ZINGALES, La fase di mediazione obbligatoria nel quadro delle garanzie costituzionali, cit., 15, secondo il quale, attesa la riconducibilità del procedimento di mediazione al diritto di difesa ex art. 24 Cost., la mancanza di regole contenenti criteri di individuazione dell’organismo di mediazione territorialmente competente graverebbe la disciplina di “un forte sospetto di incostituzionalità”.

Formattato: Inglese (Stati Uniti)

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www.judicium.it osservato, occorre tenere presente che se, nella mediazione obbligatoria, una delle parti sceglie un O.d.M. con sede del tutto slegata dalle parti o dall'oggetto della controversia, quindi attua una scelta che risponde al solo scopo di rendere difficoltoso l'esperimento del tentativo, occorrerà prendere atto della mancanza in radice di volontà conciliativa: in tal caso, una declaratoria di incompetenza produrrebbe l'unico effetto di rendere più lunga e più complicata la constatazione del già certo esito negativo del procedimento28 (come a dire: se il buon giorno si vede dal mattino!).

Una diversa soluzione potrebbe però imporsi nel caso in cui sia un professionista (ex art. 3, co. 1°, lett. c del d. lgs. n. 206 del 2005, c.d. Codice consumo) a chiamare in mediazione un consumatore (ex art. 3, co. 1°, lett. a, d. lgs., cit.): nell'ipotesi considerata, per garantire l'effettività della tutela della parte debole, in dottrina29, vi è chi ha proposto l'applicazione anche al procedimento di mediazione dell'art. 33, co. 2°, lett. u (norma che secondo l'interpretazione di Cass., SS.UU., (03/14669), avrebbe introdotto un foro del consumatore da ritenersi esclusivo, nel senso che ogni controversia relativa a qualsivoglia contratto concluso da un consumatore con un professionista sarà di competenza esclusiva del giudice del luogo di residenza o di domicilio elettivo del consumatore30).

Quanto alla seconda tipologia di problemi, quelli c.d. soggettivi, si è fatto l'esempio, relativo soprattutto ai casi di obbligatorietà, in cui la mediazione potrebbe essere attivata ai primi sintomi dell'insorgere del contenzioso, ad esempio, dall'istituto bancario, dall'impresa di assicurazioni, dalla struttura sanitaria (ai quali, nell'ottica del processo, compete normalmente il ruolo di convenuti) nei confronti del cliente/consumatore/utente al fine di radicare la competenza territoriale presso Organismi di Mediazione preferiti ad altri, finanche promossi direttamente o tramite associazioni nelle quali essi si riconoscono31.

Ovviamente, in astratto, nulla esclude che possano darsi epifanie patologiche del tipo appena descritto, ma non è detto che l'eventuale previsione di criteri di competenza per territorio varrebbe di per se a scongiurarle

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Inoltre, per quanto assai scarna dal punto di vista della regolazione procedimentale, la disciplina di fonte primaria e secondaria della mediazione si mostra particolarmente attenta ad assicurare indipendenza ed imparzialità tanto dell'O.d.M. quanto del mediatore.

Senza pretesa di esaustività valgano, in tal senso, i seguenti richiami alla disciplina di fonte primaria e secondaria: all'atto della iscrizione dell'O.d.M. nell'apposito registro, spetta al ministero della Giustizia verificarne le garanzie di indipendenza, imparzialità e riservatezza (cfr. art. 4, co. 2°, lett.

e, d.m. 180/2010); il regolamento deve in ogni caso garantire [..] modalità di nomina del mediatore che ne assicurano l'imparzialità […] (cfr. art. 3, co. 2°, d. lgs. 28/2010); il regolamento dell'O.d.M.

deve prevedere le cause di incompatibilità allo svolgimento dell'incarico da parte del mediatore (cfr.

art. 7, co. 3°, d.m., 180/2010); al mediatore è fatto obbligo di sottoscrivere per ciascun affare per il

28 Cfr. L.DITTRICH,passim.

29 Si veda C.VACCÀ, Il procedimento, cit., 287.

30 Cfr. Cass. civ., sez. un., 1 ottobre 2003, n. 14669, ex plurimis, in Corriere giur., 2003, 1427, con nota di R.CONTI; per una prima ricognizione dottrinale sul tema, cfr. C.MARSEGLIA, Il foro esclusivo derogabile del consumatore, in Contratti, 2009, 631 e ss..

31 Così C.VACCÀ, Il procedimento, cit., 287; eguale sottolineatura in L.DITTRICH, Il procedimento di mediazione nel d.

lgs. n. 28 del 4 marzo 2010, cit., 8.

32 Cfr. G.MINELLI, Commento sub art. 4 (accesso alla mediazione), cit., 118.

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www.judicium.it quale è designato una dichiarazione di imparzialità (art. 14, co. 2°, lett. a, d. lgs. n. 28/2010); al mediatore è fatto obbligo di informare immediatamente l'o.m. e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all'imparzialità nello svolgimento della mediazione (art. 14, co. 2°, lett. b, d. lgs. n.

28/2010); il regolamento dell'O.d.M. deve prevedere la possibilità di comune indicazione del mediatore ad opera delle parti (“ai fini della sua designazione da parte dell'o.m., le parti possono indicare il mediatore di comune accordo”).

Per risolvere i problemi “logistici” e “soggettivi” legati al deficit di criteri legislativi di competenza per territorio in senso statico, qualora possibile, potrebbe infine essere una buona strategia quella di prevedere una clausola di conciliazione contrattuale o statutaria volta alla individuazione dell'O.d.M.

competente con sede in un certo territorio (es. Organismo di Mediazione Forense di un dato luogo):

in tal caso, insieme alla domanda di conciliazione sarà opportuno depositare anche copia dell'atto che contiene la relativa clausola33.

Anche una simile strategia non appare però immune da profili problematici che si manifestano con differenti accenti in ragione della caratterizzazione soggettiva delle parti coinvolte nel rapporto, ovvero parti delle quali nessuna sia consumatore e parti delle quali una sia consumatore e l'altra professionista.

Nel primo caso, parti delle quali nessuna sia tecnicamente qualificabile come consumatore, si tratta prima facie di stabilire se la clausola di conciliazione che determina la competenza dell'O.d.M., e dunque della sua sede, contenuta in condizioni generali di contratto, possa essere o meno considerata vessatoria e, perciò, abbisognare, ai fini dell'efficacia, della specifica approvazione per iscritto ex art. 1341, co. 2°, c.c.. Ovviamente, nei casi di tentativo obbligatorio di conciliazione, il problema della vessatorietà potrebbe riguardare la sola determinazione della competenza, qualora la sede dell'O.d.M. indicato fosse del tutto slegata dalle parti e dalla ragione della controversia, ovvero il se una clausola siffatta possa inquadrarsi in quelle vessatorie che sanciscono a carico dell'altro contraente “deroghe alla competenza dell'a.g.”.

Come noto, l'elencazione dell'art. 1341, co. 2°, c.c., pur tassativa, consente un'interpretazione estensiva qualora l'ipotesi non prevista sia accomunata dalla medesima ratio di un'ipotesi espressamente contemplata34, ma nel nostro caso il difetto di eadem ratio pare evidente dal momento che, come dettosi, la conciliazione non è assimilabile ad un processo, né vi sono criteri di competenza statici legislativamente fissati da derogare35. Ciò non toglie che, tuzioristicamente, potrebbe essere opportuno fare comunque specificamente approvare per iscritto all'aderente la clausola di conciliazione contenuta in c.g.c. che individui come territorialmente competente un certo O.d.M. la cui sede sia del tutto slegata dalle parti e dalla ragione della controversia.

Inoltre, se nelle ipotesi di mediazione facoltativa, pattuita una clausola di conciliazione, il tentativo non risulta esperito, secondo l'art. 5, co.5°, d. lgs. 28/2010, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte nella prima difesa, assegna alle parti il termine di 15 gg. per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine ex art. 6: in tal caso, la domanda è presentata davanti all'organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad altro organismo iscritto, scelto secondo il criterio della prevenzione, ma secondo quanto prevede l'art. 5, co. 5°, ultima alinea, d. lgs. 28/2010, in ogni caso, le parti potranno concordare successivamente al contratto od allo statuto ovvero all'atto costitutivo l'individuazione di un diverso O.d.M. iscritto. L'accordo in tal senso potrà avere forma scritta o semplicemente concludersi per facta concludentia qualora le parti richiedano congiuntamente l'attivazione del procedimento davanti ad un determinato O.d.M..

33 C.VACCÀ, Il procedimento, cit., 282.

34 Così, per tutte, Cass. civ., sez. I, 19 marzo 2003, n. 4036, in Arch. giur. oo. pp., 2003, 201.

35 Così anche P.DUVIA, I consumatori e il nuovo procedimento di mediazione ex d.lgs. n. 28 del 2010, in Contratti, 2011, 282, il quale, tuttavia, conclude per l’opportunità della specifica approvazione per iscritto della clausola.

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www.judicium.it Ma cosa accade se pattuita una clausola di mediazione che individua come competente un determinato O.d.M., una parte deposita l'istanza di attivazione presso la segreteria di un Organismo diverso da quello pattiziamente individuato?

Nell'ipotesi considerata possono in astratto configurarsi più soluzioni: i) se l'altra parte si presenta senza eccepire nulla non sembrano porsi particolari problemi, poiché, agendo in tal modo, è come se le parti avessero inteso sciogliere per facta concludentia la clausola in precedenza pattuita; ii) se l'altra parte decide invece di non prendere parte al procedimento, anche in tal caso la mancata partecipazione potrà ritenersi fondata su di un “giustificato motivo”36. Più problematica appare invece l'ipotesi in cui l'altra parte si presenti ed eccepisca tempestivamente l'incompetenza dell'organismo adito, così come resta da chiarire se, nei casi in cui l'incompetenza sia desumibile dai documenti allegati alla domanda, l'O.d.M. adito possa dichiararla irricevibile ex officio.

In ogni caso, nulla sembra escludere che, qualora via sia un danno, possa essere anche configurabile una responsabilità ex art. 1218 c.c. a carico della parte che abbia attivato la procedura di mediazione davanti ad un Organismo diverso da quello in precedenza pattiziamente individuato (in tal caso, le parti potranno anche quantificare in anticipo l'entità del pregiudizio mediante un'apposita clausola penale37).

Nei rapporti in cui un professionista fronteggi un consumatore, un primo interrogativo riguarda invece la riconducibilità della clausola di conciliazione alle ipotesi ex art. 33, co. 2°, lett. b e t, cod.

cons., ossia a quelle di vessatorietà presunta ex lege. Un risposta negativa sembra imporsi per più ragioni: i) tanto più nelle ipotesi di conciliazione obbligatoria ex lege, opererà il principio ex art. 34, co. 3°, cod. cons., alla cui stregua “non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni od attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti paese membri U.E. o la U.E.”; ii) in ogni caso, ex art. 141, co. 2°, cod. cons., “non sono vessatorie le clausole inserite nei contratti dei consumatori aventi ad oggetto il ricorso ad organi che si conformino alle disposizioni di cui al presente articolo”; iii) la conciliazione è un procedimento meta giudiziale che non esclude né limita le azioni ed i diritti del consumatore e neppure sancisce deroghe all'a.g.; iv) la terzietà istituzionale degli Organismi di Mediazione consente di superare, de facto, il rischio di deficit di tutela delle posizioni del consumatore38.

Casomai, si tratterà di stabilire se possa comunque essere ritenuta presuntivamente vessatoria ai sensi dell'art. 33, co. 2°, lett. u, cod. cons., una clausola di conciliazione istitutiva della competenza di un determinato O.d.M. che sia tale da non permettere l'agevole partecipazione del consumatore al procedimento39. In tal caso, se si dovesse escludere l'applicazione estensiva od analogica dell'art. 33, co. 2°, lett. u, cod. cons., nulla esclude però che una clausola siffatta potrebbe essere qualificata come vessatoria ex art. 33, co. 1°, cod. cons., così ché non solo sarà giustificata la mancata partecipazione al procedimento da parte del consumatore, ma, nel successivo giudizio, egli potrà anche far valere la nullità della clausola ex art. 36, cod. cons.40. Qualora, invece, a procedimento di

36 Cfr. C.VACCÀ, Il procedimento, cit., 291.

37 Così P.DUVIA, I consumatori e il nuovo procedimento di mediazione ex d.lgs. n. 28 del 2010, cit., 280, nota 3.

38CFR.C.VACCÀ, Il procedimento, cit., 289.

39 Cfr. C.VACCÀ, Il procedimento, cit., 289;

40 Cfr. C.VACCÀ, Il procedimento, cit., 291; in tal caso, osserva P.DUVIA, I consumatori e il nuovo procedimento di mediazione ex d.lgs. n. 28 del 2010, cit., 283, il giudice successivamente adito dovrà assegnare alle parti il termine di 15 gg. per la presentazione della domanda (ovviamente, stavolta dinanzi ad un organismo territorialmente idoneo a conoscere delle controversia) .e fissare una nuova udienza successiva alla scadenza del termine ex art. 6, d. lgs. n. 28 del 2010. Per il diverso caso in cui il consumatore giudicasse nulla la clausola prima di dar luogo al procedimento di mediazione, lo stesso A. individua tre distinte situazioni, ovvero: 1) stabilizzazione degli effetti della procedura conciliativa esperita dal consumatore davanti all’organismo negozialmente indicato, pur nella consapevolezza della invalidità della clausola (ed eventuale risarcibilità dei maggiori oneri sopportati nel caso di successiva declaratoria giudiziale di nullità); 2) se il consumatore presenta la domanda di mediazione davanti ad un organismo diverso da

(9)

www.judicium.it mediazione esaurito, quantunque infruttuosamente, sia il giudice in seguito adito a rilevare d’ufficio la nullità della clausola (di cui non si fosse in precedenza avveduto il consumatore), esclusa la necessità di ripetere la procedura di mediazione davanti ad un organismo presente nella circoscrizione di residenza o di domicilio della parte debole, a costei non spetterà altro se non un risarcimento ex art. 1338 c.c. commisurato alle eventuali spese di trasferta ed ai maggiori costi sostenuti41.

quello negozialmente indicato occorre distinguere: nulla questio se il professionista accetta di partecipare; in caso contrario, la mancata partecipazione potrebbe essere considerata ingiustificata dal giudice che nel successivo giudizio accerti la nullità della clausola; 3) infine, il consumatore potrebbe rivolgersi direttamente al giudice per chiedergli di accertare in via preliminare l’invalidità della clausola.

41 Così P.DUVIA, I consumatori e il nuovo procedimento di mediazione ex d.lgs. n. 28 del 2010, cit., 284.

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