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Considerazioni

87 ufficiali contro la P.A154. In conclusione, la causa di non punibilità introdotta con la

“spazzacorrotti” (art. 323-ter c.p.) si ritiene che difficilmente avrà esiti significativi, non solo per la miriade di preclusioni e condizioni anche temporali a cui è stata assoggettata, ma perché non opera mai automaticamente e a costo zero. Il denunciante ha sempre qualcosa da perdere, a partire dallo stress dell'iscrizione nel registro degli indagati, ineludibile a fronte di un'autodenuncia e per poter verificare la sussistenza dei presupposti di legge. In più se il denunciante è un pubblico ufficiale rimarrà comunque esposto a forme di responsabilità extrapenale (disciplinare, erariale, ecc.).

88 d'autore, da neutralizzare e intimidire più che rieducare, crescendo vertiginoso delle pene principali e accessorie, proliferazione degli strumenti di aggressione patrimoniale sino al ricorso alla confisca senza condanna e alle misure ante e praeter delictum svincolate da qualsiasi garanzia penalistica tradizionale155, elargizione della non punibilità ai denuncianti e/o cospicui abbattimenti di pena ai collaboranti (il c.d. pentitismo), termini di prescrizione lunghissimi o indefiniti; 2) sul piano investigativo-processuale e penitenziario: intercettazioni telefoniche e captatori informatici senza restrizioni, agenti sotto copertura, scorciatoie o presunzioni probatorie, regime carcerario “duro” e/o

“differenziato” con il divieto di benefici penitenziari e misure alternative in assenza di collaborazione, priorità assoluta nella trattazione di determinati procedimenti.

È stato rilevato, infine, come, in questa decisione di escludere l’applicabilità delle intercettazioni, il legislatore forse sia incorso in una contraddizione rispetto agli obiettivi di law enforcement perseguiti, non dissimile dalle altre recenti riforme del 2012 proprio del traffico di influenze illecite e della corruzione per l’esercizio della funzione, poiché ricomprende nella fattispecie modificata condotte che prima rientravano nel millantato credito, per il quale si potevano disporre le intercettazioni. Tra l’altro, a queste condizioni risulterebbe molto difficile l’attività di raccolta prove del traffico di influenze illecite, che, come quasi tutti i delitti contro la P.A., si sostanzia in un accordo tra due soggetti, che, in assenza di intercettazioni ed a meno di confessioni, non è facile smascherare.

Affiora così un sistema di giustizia criminale votato alla semplificazione probatoria, alla condanna e all'indurimento delle reazioni afflittive.

Sotto questo profilo, la lotta alla corruzione è un punto di osservazione formidabile delle principali trasformazioni del diritto penale dell'ultimo decennio, incluse quelle più regressive156. Oggi primo compito della scienza penale, necessariamente integrata con gli apporti delle scienze sociali, deve essere una costante opera di demistificazione di tutti i sofismi, delle argomentazioni indimostrate che supportano le politiche penali emergenziali. La fenomenologia corruttiva è, in Italia (e altrove), un problema reale, serio, complesso, con cui fare i conti mediante strategie di lungo corso e

155 “Si tratta degli istituti «in cui la nostra legislazione ha mostrato con maggiore ‘costanza' il carattere dell’emergenza», in MOCCIA, La perenne emergenza. Tendenze autoritarie nel sistema penale, ESI, 2000, 34.

156 L'emergenza corruzione è divenuta una sorta di acceleratore di tutta una serie di nuovi strumenti di intervento ed istituti, che il legislatore ora ben può decidere di estendere ad altri comparti, generando una sorta di “contagio diffuso” o effetto domino

89 interventi di ampio respiro, specie sul versante culturale e preventivo. Si hanno, però, miti da sfatare urgentemente, perché condizionano in profondità le politiche pubbliche in questo settore, fomentando strategie irrazionali, sviate da velleitarismi palingenetici. Il primo mito concerne gli indici quantitativi della corruzione. È necessario concentrarsi sul fuoco della corruzione, senza lasciarsi accecare dal fumo della percezione. Purtroppo, gli indici soggettivi di percezione impediscono di cogliere il magma del crimine nella sua oggettività. Serve, dunque, contrastare la suddetta tendenza alla “destatisticalizzazione”

e sostenere gli sforzi di elaborazione di indicatori più obiettivi, per misurare l'estensione e l'incidenza effettiva dei fatti di corruzione157.

Ovviamente ciò non significa aspirare a una precisione chirurgica nel quantificare il fenomeno corruttivo, ed il traffico di influenze illecite, particolarmente fluido e cangiante, e il suo impatto. Sarebbe come pretendere di misurare, con assoluta esattezza, il volume d'acqua di un grande fiume o di un mare.

Piuttosto, vanno affinati criteri di misurazione basati su dati statistici di fonte amministrativa, su fattori ordinamentali, sulle esperienze dirette delle persone offese (la corruzione “vissuta”) e su dati sintomatici significativi come, ad es., lo scostamento tra prezzi di opere o forniture pubbliche e valori di mercato. Le statistiche giudiziarie invece sono di scarso ausilio, giacché marcatamente erose dalla cifra oscura che avviluppa i patti illeciti, difficili da scoprire e pressoché mai denunciati da terzi testimoni (e, ovviamente, ancor meno dai correi). Un ulteriore mito da sfatare è l'omogeneità tra criminalità mafiosa/organizzata e corruzione/ traffico di influenze. È vero: le mafie si avvalgono sempre più spesso di mezzi corruttivi per sostenere i propri programmi criminosi. Imprese lecite e imprese criminali, inoltre, tendono sempre più a ibridarsi a causa del reinvestimento nei circuiti dell'economia legale di profitti illegalmente conseguiti. Le crisi economiche, persino una emergenza epidemiologica come quella da Covid-19, possono accentuare questi pericoli. Nondimeno, se questi dati empirici vengono enfatizzati e poi assolutizzati, scambiando la parte con il tutto, il sillogismo è falsato.

Corruzione e traffico di influenze illecite e crimine organizzato (o addirittura di stampo

157 L'auspicio è stato espresso, nella dottrina penalistica, anche da CASTALDo, Measuring, preventing and counteracting corruption in Italy, in Criminal Justice Network, 26 ottobre 2018. All'esigenza di misurazioni più obiettive si è dedicata negli ultimi anni pure l'ANAC: un primo contributo metodologico allo studio del fenomeno corruttivo in Italia, animato dall'intento di pervenire a stime più precise e affidabili, è contenuto in Corruzione sommersa e corruzione emersa in Italia: modalità di misurazione e prime evidenze empiriche, 2016.

90 mafioso), come tante indagini giudiziarie dimostrano, restano fenomeni criminali autonomi e diversi.

La differenza diviene patente proprio osservando il funzionamento operativo delle compagini di tipo mafioso, che possono avvalersi di frodi, corruzioni et similia, ma anche di violenze o minacce, e tipicamente, giusta il peculiare paradigma normativo dell'associazione di stampo mafioso di cui all'art. 416-bis c.p., della forza intimidatrice del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne discende.

Il metodo mafioso “va preso sul serio” e non può essere banalizzato in sede applicativa.

Tanto più che per il mafioso l'intimidazione e la corruzione, e traffico di influenze, come strumenti di arricchimento illecito, rappresentano uno stile di vita, un modus operandi radicato. Per l'imprenditore che corrompe, invece, la tangente è di norma solo un espediente per avvantaggiare attività economiche di per sé lecite. In definitiva, una larghissima fetta di tali attività non hanno niente a che vedere con la criminalità organizzata e, al contempo, le patologie corruttive ben possono inquinare attività imprenditoriali geneticamente lecite, che non hanno nulla in comune con la c.d. “impresa mafiosa”158. Conseguentemente, il terzo mito da smontare è che la corruzione e il traffico di influenze sia integralmente o in gran parte “sistemica””159.

158Figura oggi stabilmente riconosciuta anche dalla giurisprudenza: Cass., sez. VI, 22/3/2018, n. 13296, in Foro.it; Cass., sez. VI, 8/6/2017, n. 48610, in Foro.it

159 Come attestato anche da una recente indagine dell'ANAC, le pratiche corruttive sono sì un fenomeno radicato e persistente nel nostro Paese, ma la corruzione (in senso lato, ovvero comprensiva del traffico di influenze illecite) prevalente è pur sempre quella “pulviscolare”, minore, episodica, burocratico- amministrativa, in breve quella che in ambito ONU è denominata petty corruption. Certo ciò non significa affatto che la corruzione pulviscolare di oggi non sia pericolosa: spesso la funzione è svenduta per poche centinaia di euro e ciò, unitamente alla facilità con cui ci si mette a disposizione, consente una forte capacità di penetrazione al malaffare. È in ogni caso innegabile che per molti versi essa sia più agevole da aggredire rispetto ai primi anni Novanta, non regolando più la vita pubblica ma essendo espressione di singoli gruppi di potere o di realtà economiche alternative e talvolta persino antagoniste alla vita delle istituzioni.

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