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1. L’EVOLUZIONE DEL FEDERALISMO AMERICANO

1.2. a – Le garanzie politiche del federalismo

Le garanzie politiche del federalismo sono quell’insieme di meccanismi presenti nel processo politico americano, riscontrabili a livello sia delle strutture stabilite dalla Costituzione sia di quelle extra-costituzionali, che sarebbero in grado di fornire una sufficiente tutela agli Stati membri relativamente alla loro sovranità e all’autonomia dei loro organi governativi.

Secondo questo punto di vista non sarebbe quindi necessario demandare alla

judicial review il compito di determinare i limiti del federalismo, sostenendo la

tesi che le corti non si trovino in una posizione ideale per valutare adeguatamente gli eventuali risvolti politici.

Il termine “politcal safeguards of federalism” fu coniato dal professor Herbert Wechsler in un suo articolo del 1954 in cui analizza il ruolo giocato degli Stati nella composizione e nella selezione del governo federale, ruolo che secondo Wechsler esercita una notevole influenza sul funzionamento dell’equilibrio del federalismo americano60.

La Costituzione americana assegna la scelta dei membri del Congresso agli Stati: se da un lato è vero che il Senato era stato concepito come il luogo di dibattito degli Stati, rendendo i Senatori i loro più diretti rappresentanti, dall’altro lato anche la Camera dei Rappresentanti rappresentava pur sempre la popolazione degli Stati61; nel caso della selezione del Presidente ancora una volta un ruolo decisivo viene giocato dagli Stati, sia che esso venga esercitato tramite gli elettori sia, nel caso della mancata maggioranza, attraverso la Camera dei Rappresentanti con una votazione fatta per rappresentanza statale.

La conseguenza è che gli Stati si rivelano un importante parametro strategico per comprendere e determinare sia la politica nazionale che quella locale, valutando e

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DAVID S.SCHWARTZ, The Political Safeguards of Federalism, Revisited: the Case of Marijuana Legalization, p. 6.

61 Come sostenuto da Madison nel Federalist n. 45: “Even the House of Representatives, though drawn immediately from the people, will be chosen very much under the influence of that class of men, whose influence over the people obtains for themselves an election into the State legislatures.

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misurando le varie opinioni ed interessi; questi interessi, frutto della sensibilità degli Stati, dovranno poi riflettersi nell’azione del Congresso62.

Gli sforzi fatti per approvare una certa legislazione si basano quindi sul bilanciamento degli interessi in gioco, attraverso compromessi e la formazione di coalizioni che la sostengano. Il Senato, a causa della propria composizione interna, funge da barriera per prevenire eventuali intrusioni da parte dello Stato centrale su questioni d’interesse statale che desidera rimangano tali, grazie ad un potere latente di negazione (o opposizione) di cui è dotato63.

Seppur in misura minore, anche la Camera dei Rappresentanti tende ad agire in una simile direzione e ciò da una parte è dovuto al controllo esercitato dagli Stati relativamente ai requisiti di cui devono essere in possesso i loro elettori64, dall’altra è dovuto al cosiddetto districting65.

Per quanto riguarda quest’ultimo, esso deriva dalla previsione costituzionale contenuta all’Art. I sez. 4 la quale assegna alle legislature statali il potere di decidere le modalità per l’organizzazione delle elezioni congressuali, riservando però proprio al Congresso la possibilità di legiferare al riguardo o di alterare le leggi statali in questione. Nella maggior parte degli Stati che sono divisi in più distretti, si osservano notevoli disuguaglianze in merito alla dimensione dei distretti congressuali, registrando una considerevole devianza rispetto alla media. Wechsler evidenzia come il probabile significato di questa tendenza sia la volontà di ridurre il potere delle città più popolate in favore invece delle aree rurali66. Se il Congresso quindi rispecchia il localismo degli Stati, è la figura del Presidente a rappresentare la volontà della Nazione nel suo insieme: il Presidente deve trovare un equilibrio fra localismo e nazionalismo, cercando di ricomporre

62 H

ERBERT WECHSLER, The Political Safeguards of Federalism: The Rôle of the States in the Composition and Selection of the National Government, in “Columbia Law Review”, Vol. 54, n. 4 (Apr. 1954), Columbia Review Association, Inc., pp. 546-547.

63 Ibidem, p. 548.

64 Al tempo della scrittura di questo articolo (1954), la legislazione di alcuni Stati imponeva ai cittadini una poll tax, cioè il pagamento di una tassa per poter votare alle elezioni nazionali; questo aveva l’effetto di restringere il diritto di voto, permettendo agli Stati d’influenzare indirettamente la scelta dei Rappresentanti mandati al Congresso. Nel 1964 verrà però ratificato il XXIV Emendamento, il quale proibirà agli Stati d’imporre una poll tax per qualsiasi elezione a livello federale (Presidente e Vicepresidente, Grandi Elettori, Senatori e Rappresentanti).

65 In questo ambito con districting si fa riferimento alla tecnica di divisione in zone del territorio dello Stato; ognuna di queste zone, dette distretti, elegge un proprio rappresentante alla Camera. 66 Ibidem, pp. 550-551.

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queste differenze attraverso l’elaborazione di un programma che rispecchi i bisogni degli Stati Uniti e che riesca a poi ad attuare, facendo uso del prestigio connesso alla propria carica allo scopo di creare delle coalizioni che supportino tali progetti. Come spiegato precedentemente, la Costituzione prevede che l’elezione del Presidente dipenda in primo luogo dagli elettori, la cui modalità di nomina è stabilita dalle rispettive legislature statali, e in secondo luogo dalla Camera dei Rappresentanti poiché, nel caso non venga raggiunta una chiara maggioranza, ha la facoltà di scegliere fra i tre candidati più votati dagli elettori. Una possibile conseguenza era che, a causa della difficoltà di raggiungere una maggioranza elettorale, gli elettori avrebbero potuto perdere d’importanza lasciando la scelta finale alla Camera, la cui votazione avveniva secondo la regola d’eguaglianza fra Stati, da un lato rendendo il Presidente un mero agente di questi ultimi e dall’altro acutizzando ulteriormente il localismo del Congresso.

Questi rischi vennero scongiurati grazie all’emergere e poi al perdurare di un sistema politico diviso chiaramente in due partiti, aiutato inoltre dall’adozione del metodo del general ticket67 dalla maggior parte degli Stati poiché agiva contro la frammentazione del voto elettorale68.

Persistono però delle problematiche a livello di sistema: innanzitutto l’influenza elettorale dei cittadini dipende principalmente dalla dimensione dello Stato in cui essi votano, essendo questa una caratteristica inevitabilmente congenita alla natura stessa del federalismo americano; il rischio per la stabilità del sistema aumenta nel caso dell’emergere di un third party che abbia abbastanza potere per vincere le elezioni a maggioranza semplice in più Stati, così da comparire anche nel voto dei Grandi Elettori ed aumentare il rischio di delegare la scelta del Presidente alla Camera dei Rappresentanti; l’attenzione presidenziale si tende a concentrare sui

67 Questo metodo privilegiava il controllo della maggioranza sulle minoranze poiché permetteva di scegliere a livello statale i Rappresentanti della delegazione da mandare al Congresso, penalizzando le eventuali maggioranze che si andavano a formare solo in zone specifiche del territorio dello Stato e favorendo invece la maggioranza generale. In luce del Voting Rights Act (1965), nel 1967 il Congresso approvò però una legge che stabilì il single-member district mandate: gli elettori di ogni distretto avrebbero eletto un unico rappresentante di riferimento. 68 Ibidem, pp. 552-553.

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cosiddetti swing states69, nei quali i gruppi che sono dotati di blocchi di voti godono di riflesso di una sproporzionata importanza politica.

Infine Wechsler sottolinea che, in certi casi, un candidato vincente nel voto popolare può comunque finire per perdere le elezioni presidenziali, se sconfitto nel voto dei Grandi Elettori70.

Un possibile rimedio sarebbe il passaggio ad un sistema elettorale proporzionale, così da distribuire i voti di ogni Stato in base a quanto espresso effettivamente da tutti gli elettori. Una simile soluzione, oltre a garantire una migliore rappresentazione dell’opinione popolare, negherebbe l’eccessiva importanza strategica riservata ai voting blocs all’interno degli Stati; se è vero che da una parte diminuirebbe l’influenza esercitata dagli Stati con grandi elettorati, dall’altra favorirebbe gli Stati con una popolazione votante portavoce di solo una piccola parte della popolazione totale, ma contraddistinta da alta fidelizzazione del voto. Riguardo questa ultima considerazione, un sistema elettorale proporzionale potrebbe essere in grado di creare autonomamente un proprio correttivo, andando a stimolare una maggiore competizione fra partiti proprio in quegli Stati dove è più carente e rafforzando di conseguenza il bipartitismo; in alternativa potrebbe pur sempre consolidare ulteriormente la fedeltà ad uno specifico partito71.

Nell’attuale sistema elettorale maggioritario una candidatura alla Presidenza deve essere necessariamente rivolta verso gli swing states più popolosi, ma al tempo stesso dovrà cercare di raggiungere un supporto nazionale abbastanza ampio per potere vincere le elezioni; in tal senso si muovono i partiti, cercando di assorbire il sostegno delle minoranze organizzate in Stati significativi senza tuttavia sbilanciarsi troppo a loro favore, così da mantenere un fondamentale equilibrio72. A conclusione della sua analisi, Wechsler sottolinea come il sistema politico americano abbia quindi una tendenza ad ostacolare o rallentare i tentativi d’intrusione da parte del centro nelle sfere di competenza degli Stati e ciò avviene attraverso la composizione del Congresso e il processo politico in sé.

69 Nel sistema politico americano uno swing state è uno Stato dove la vittoria del collegio elettorale è sempre in bilico poiché non esiste una maggioranza consolidata a sostegno di un certo partito o candidato; un esempio in tal senso è lo Stato dell’Ohio la cui conquista si è rivelata essenziale durante le elezioni presidenziali che si sono svolte dopo la seconda metà del Novecento. 70 Ibidem, p. 554.

71 Ibidem, pp. 555-556. 72 Ibidem, p. 557.

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Nei casi riguardanti un’azione federale contraria agli Stati, il potere di decisione spetta al Congresso poiché è l’organo al cui interno siedono i rappresentanti statali, i quali a loro volta controllano il processo legislativo; il Congresso possiede quindi l’autorità finale quando si tratta di gestire il federalismo americano73.

Infine, sempre nell’ambito delle garanzie politiche, vale la pena fare alcune osservazioni relativamente al ruolo delle Camere Alte nei sistemi federali.

Secondo la dottrina classica, le Camere Alte sono la diretta applicazione del principio di partecipazione dei componenti delle federazioni al funzionamento degli organi centrali dello Stato: affinché tale principio risulti efficace, una condizione necessaria è che queste parti ottengano una rappresentazione a livello federale indipendentemente dalla dimensione della loro popolazione.

Questo è il caso del Senato americano, dove vige la parità di rappresentanza degli Stati attraverso la quale essi possono partecipare ai processi decisionali nazionali, garantendo così che i propri interessi siano rappresentati a livello federale; di conseguenza, nell’assolvere questo compito di rappresentanza, i senatori dovranno farsi interpreti degli Stati e infatti la Costituzione americana ne prevedeva l’elezione per mano delle legislature statali74.

Secondo il concetto di rappresentanza sostenuto da Madison, i rappresentanti non devono essere soggetti al vincolo di mandato poiché possono sussistere delle situazioni in cui essi, per perseguire il bene comune, agiranno in maniera non concorde alle istanze portate avanti da coloro che li hanno eletti; questo è però in contrasto con la concezione del Senato come difensore degli Stati, creando un paradosso75.

In uno studio pubblicato all’inizio degli anni ‘80 del Novecento dalla rivista americana Publius relativamente all’indice sul federalismo76, è interessante notare come buona parte dei Senatori occupino una posizione intermedia, oltretutto ottenendo dei risultati estremamente simili a quelli dei Rappresentanti della

73 Ibidem, pp. 558-560.

74R

ENAUD DEHOUSSE, Il paradosso di Madison: riflessioni sul ruolo delle camere alte nei sistemi federali, in “Le Regioni”, a. XVII, n. 5, ottobre 1989, Il Mulino, pp. 1366-1367.

75 Ibidem, pp. 1368-1369.

76 Questo indice assegna ad ogni membro del Congresso un punteggio che varia da 1 a 100, ottenuto dalle votazioni espresse da ognuno di essi riguardo le questioni che potevano incidere, in maniera diretta o indiretta, sulla ripartizione delle competenze tra Federazione e Stati membri.

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Camera; sembra dunque che il Senato stesso non abbia una concezione particolarmente federalista del proprio ruolo all’interno del sistema americano. Il prestigio del Senato come istituzione è stato mantenuto a discapito dei legami con gli Stati, poiché è solo pensando in termini nazionali che i Senatori possono ambire ad esercitare una certa influenza sul processo politico77.

77 Ibidem, pp. 1387, 1389.

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