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3.1 – Administrative presidency e cooperative federalism

Il 1° giugno 2017, in un discorso dalla Casa Bianca, il presidente Donald Trump ha ufficialmente annunciato la sua intenzione di ritirare gli Stati Uniti dal Paris

Climate Agreement, un ambizioso accordo adottato nel dicembre 2015 da più di

centonovanta paesi: questo accordo ha l’obiettivo di ridurre sensibilmente le emissioni dei gas serra per contrastare il riscaldamento globale e, più in generale, il cambiamento climatico. L’accordo è stato firmato dal presidente Obama nel settembre 2016, impegnando gli Stati Uniti a ridurre le proprie emissioni di gas di circa il 25-28% entro il 2025; anche la Cina ha sottoscritto tale accordo e ciò è stato giudicato da molti osservatori come un passo fondamentale per la tenuta e credibilità del piano, poiché Cina e Stati Uniti sono rispettivamente al primo e al secondo posto nella classifica mondiale dei produttori di emissioni di anidride carbonica, rappresentando insieme il 40% delle emissioni globali167.

Nel suo discorso Trump ha sostenuto che il Paris Climate Agreement fosse ingiusto e che avrebbe danneggiato l’economia americana, aggiungendo inoltre che avrebbe rinegoziato con la comunità internazionale nuove condizioni più favorevoli agli Stati Uniti nell’ambito del cambiamento climatico168.

Quattro anni prima il presidente Obama, in un discorso davanti agli studenti della Georgetown University, aveva annunciato che l’Environmental Protection Agency (EPA) avrebbe ideato un piano regolatore per ridurre le emissioni di anidride carbonica delle centrali elettriche, fissando nuovi standard d’inquinamento169. Tutto ciò si concretizzò poi nel 2015 con il Clean Power Plan (CPP), ma anche questo atto divenne bersaglio della nuova amministrazione nell’ottobre 2017. Il cambio di rotta degli Stati Uniti voluto dall’amministrazione Trump nell’ambito della politica ambientale rientrava nella volontà più ampia di smantellare tutta una

167 Disponibile al seguente link: https://obamawhitehouse.archives.gov/blog/2016/09/03/president- obama-united-states-formally-enters-paris-agreement, consultato in data 15.03.19.

168 La trascrizione del discorso di Trump è disponibile qui: https://www.whitehouse.gov/briefings- statements/statement-president-trump-paris-climate-accord/, consultato in data 15.03.19.

169 https://www.georgetown.edu/news/obama-old-north-2013.html

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serie di politiche simbolo della presidenza Obama; in questa ottica si inseriscono quindi le promesse e gli sforzi di Trump di cambiare le posizioni assunte in precedenza dell’EPA, del Bureau of Land Management e altre agenzie federali. Nell’ambito della politica ambientale, l’amministrazione Trump ha utilizzato principalmente strumenti tipici della cosiddetta “administrative presidency170” per raggiungere i propri obiettivi politici; questo genere di strategia è però sia impegnativa a livello di tempo sia soggetta a ricorsi per vie legali e di conseguenza rende difficoltoso mantenere risultati di lungo termine171.

Il federalismo è tornato alla ribalta all’interno delle discussioni legate alla politica ambientale in seguito alla nomina di Scott Pruitt come Amministratore dell’EPA: nella sua audizione di conferma davanti alla commissione del Senato dedicata all’ambiente, Pruitt affermò il suo impegno per un “federalismo cooperativo”. Il dibattito relativo al federalismo applicato alla politica ambientale solitamente si focalizza su quale dei livelli di governo dovrebbe avere il ruolo principale, con sostenitori rispettivamente a favore del livello federale o di quello statale.

I sostenitori di un forte ruolo esercitato dal livello federale ritengono che ci sia la pressante necessità di uniformare gli standard ambientali su tutto il territorio degli Stati Uniti, sostenendo che la decentralizzazione in questo ambito dia risultati inefficienti. Degli standard fissati a livello nazionale garantirebbero innanzitutto un livello base di protezione e al tempo stesso farebbero diminuire il rischio che gli Stati, se lasciati a loro stessi, evitino d’imporre alle imprese i costi di abbattimento dell’inquinamento per via del timore che esse possano scegliere di trasferire le proprie attività in altri Stati dotati di regolamenti ambientali più generosi172.

170

Questo genere di strategia, iniziata già ai tempi della presidenza Reagan e proseguita poi con quella di George W. Bush, utilizza in maniera aggressiva il potere amministrativo nazionale per cambiare le traiettorie politiche in aree come la sicurezza interna, l’immigrazione, il cambiamento climatico, i diritti civili. SIDNEY M.MILKIS, NICHOLAS JACOBS, ‘I Alone Can Fix It’ Donald Trump, the Administrative Presidency, and Hazards of Executive-Centered Partnership in “The Forum: A Journal of Applied Research in Contemporary Politics”, Volume 15, Issue 3, 2017, p. 586.

171 D

AVID M.KONISKY,NEAL D.WOODS,Environmental Federalism and the Trump Presidency: A Preliminary Assessment, in “Publius: The Journal of Federalism”, Volume 48, n. 3, Oxford University Press, 2018, p. 346.

172 Una possibile conseguenza di questo genere di comportamento è che, se diffuso in molteplici Stati, rischierebbe concretamente d’innescare una corsa al ribasso a livello regolativo, diminuendo gli standard e di conseguenza le tutele ambientali.

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Secondo i sostenitori di un maggiore controllo a livello nazionale, un altro punto a favore è che il governo federale sarebbe sia in grado di sfruttare le economie di scale che di gestire più efficacemente gli spillovers interstatali173.

Al contrario, i sostenitori di un ruolo forte riservato al livello statale ritengono che gli standard nazionali siano troppo rigidi ed inefficienti poiché non tengono conto delle differenti caratteristiche degli Stati e dei rispettivi contesti ambientali: a differenza del governo federale, i governi statali conoscono indubbiamente in maniera più approfondita le condizioni delle proprie realtà locali e quindi sarebbero in grado di trovare soluzioni su misura alle loro situazioni.

Inoltre, accordare una maggiore responsabilità agli Stati in fatto di politica ambientale avrebbe la potenzialità intrinseca di rivelarsi un terreno fertile per la sperimentazione di politiche più innovative e quelle di successo, a loro volta, potrebbero diffondersi anche in altri Stati, alimentando un circolo virtuoso.

Volgendo lo sguardo ai partiti politici americani, storicamente i democratici tendono ad essere favorevoli ad una politica di protezione ambientale controllata principalmente dal livello federale, mentre i repubblicani solitamente preferiscono un controllo a livello statale; questo fa intuire come la stessa decisione su a quale livello affidare la responsabilità della tutela ambientale sia carica politicamente. Nella prassi questa responsabilità è stata ripartita fra i vari livelli di governo: il governo federale, generalmente rappresentato in quest’ambito dall’EPA, fissa degli standard ambientali nazionali che saranno poi resi effettivi dalle agenzie governative statali; in questi casi i governi statali sono direttamente autorizzati dall’EPA, tramite delega, a dare esecuzione ai programmi federali174.

Gli Stati hanno poi la facoltà di fissare dei propri standard, a condizione però che essi siano più elevati rispetto a quelli nazionale: questa condizione garantisce che su tutto il territorio americano esista un livello di base da rispettare in fatto di tutela ambientale; se i programmi ambientali di uno Stato scendono al di sotto di questo livello minimo, l’EPA ha la facoltà di ritirare la propria autorizzazione.

173 Ibidem, p. 347. 174 Ibidem, p. 348.

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Questo quadro regolamentare presuppone un approccio collaborativo fra livello federale e livello statale (il cosiddetto “federalismo cooperativo”) e per essere efficace dovrebbe inoltre essere caratterizzato da un elevato rapporto di fiducia fra i vari livello di governo. La natura di questo rapporto è variata molto nel corso degli anni in base al contesto politico del periodo e, in particolar modo, è stata influenzata dal susseguirsi delle diverse presidenze; per esempio durante l’amministrazione di George W. Bush la responsabilità maggiore in materia ambientale era assegnata soprattutto agli Stati, mentre tale equilibrio è cambiato in seguito all’instaurazione dell’amministrazione Obama che ancora una volta ha ridato autorità al governo federale.

Prendendo in considerazione le reazioni degli Stati a questi spostamenti di equilibrio, esse non sono state uniformi: se da una parte Stati come la California e New York hanno ben accolto le nuove politiche dell’EPA sull’inquinamento e sull’emissione dei gas serra, dall’altra Stati come il Texas e l’Oklahoma ne sono rimasti piuttosto contrariati; esattamente l’inverso era successo durante l’amministrazione di George W. Bush, a riprova del fatto che questi Stati si siano trovati a più riprese su fronti opposti relativamente alla valutazione delle politiche federali sulla tutela dell’ambiente175.

175 Ibidem, p. 349.

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3.2 – L’agenda politica di Scott Pruitt

Scott Pruitt è stato nominato Amministratore dell’EPA dal presidente Trump e confermato poi dal Senato il 17 febbraio 2017, con una votazione di 52-46.

In precedenza, dal 2011 fino alla data della nuova nomina, aveva ricoperto l’incarico di state attorney general per lo Stato dell’Oklahoma, noto per la sua industria petrolifera e del gas; in tale veste era stato molto critico nei confronti della politica dell’amministrazione Obama ed in particolar modo dell’operato della stessa EPA, sostenendo che l’azione del governo federale si spingesse troppo oltre i propri limiti. Nei panni di state attorney general, Pruitt era passato dalle parole ai fatti e aveva creato all’interno del suo ufficio un’unità dedicata al federalismo con lo scopo di “more effectively combat unwarranted regulation and

systematic overreach by federal agencies, boards and offices”176.

Negli anni del suo mandato Pruitt era stato una delle figure di riferimento nella lotta contro le misure poste in essere dall’EPA, in particolare durante il secondo mandato di Obama: appoggiato dalla Republican Attorneys General Association e dall’industria del petrolio e del gas, Pruitt aveva fatto causa ben quattordici volte all’EPA sostenendo che le sue azioni andassero sia oltre la sua autorità statuaria che oltre un corretto bilanciamento dell’equilibrio del federalismo.

Nell’ambito della politica ambientale l’amministrazione Trump ha quindi iniziato a ricalibrare il rapporto fra livello federale e livello federale, seguendo principalmente tre strade: 1- l’EPA e altre agenzie federali hanno iniziato un’azione di rollback rispetto alle regole federali; 2- l’amministrazione Trump ha indicato che avrebbe seguito delle nuove regole federali; 3- l’amministrazione Trump si è ripromessa di lavorare a più stretto contatto con gli Stati e a dare loro più autorità quando possibile, in un’ottica quindi devolutiva177.

Andremo adesso ad analizzare in maniera più approfondita questi tre aspetti.

176

https://www.washingtonpost.com/news/energy-environment/wp/2016/12/07/trump-names-scott- pruitt-oklahoma-attorney-general-suing-epa-on-climate-change-to-head-the-

epa/?utm_term=.1966200e4020, consultato in data 17.03.19. 177 K

ONISKY,WOODS,op. cit., p. 350.

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In primo luogo, seguendo la tendenza promossa dall’amministrazione Trump in altri ambiti di politiche, l’EPA e diverse altre agenzie federali hanno iniziato un’opera di smantellamento dei regolamenti definiti dall’amministrazione Obama. Sfruttando un Congresso a maggioranza repubblicana, l’amministrazione Trump è riuscita ad abrogare numerosi di questi regolamenti178 attraverso l’utilizzo di una legge federale chiamata Congressional Review Act (CRA): prevede la possibilità di revocare un qualunque tipo di norma, emanata da un’agenzia federale, grazie ad un voto a maggioranza semplice in entrambe le Camere del parlamento e alla firma del presidente, a patto che ciò avvenga entro sessanta giorni legislativi dall’avvenuta notifica al Congresso.

A causa della natura di questa legge, è tendenzialmente difficile che venga impiegata con successo perché presuppone un Congresso sotto il controllo dello stesso partito del presidente e inoltre il limite temporale ne consente l’uso solo nel periodo iniziale di una nuova amministrazione; ma queste sono esattamente le circostanze favorevoli in cui l’amministrazione Trump si è trovata a lavorare, utilizzando quindi il CRA in diverse occasioni.

Molte regole dell’ultima fase dell’amministrazione Obama, che sono state poi prontamente abrogate grazie a questo strumento, toccano argomenti come l’ambiente, l’energia e del terreno pubblico: ad esempio il CRA è stato usato per la prima volta per revocare una regola sulla trasparenza che richiedeva a società minerarie ed energetiche di rivelare le proprie tasse ed eventuali pagamenti fatti loro da parte di governi esteri; è stata revocata anche la Stream Protection Rule dell’Office of Surface Mining Reclamation and Enforcement179 che vietava alle compagnie carbonifere d’inquinare i corsi d’acqua locali con le scorie prodotte. Sono state inoltre colpite norme legate alla gestione federale del territorio pubblico, criticate in precedenza con l’accusa di aver ridotto l’autorità dei land

managers statali e di aver penalizzato gli interessi locali180.

178

https://www.washingtontimes.com/news/2017/may/15/gop-rolled-back-14-of-15-obama-rules- using-congres/, consultato in data 20.03.2019.

179 Un’agenzia federale che si colloca nel Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti. 180 K

ONISKY,WOODS,op. cit., p. 351.

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Inoltre non è da sottovalutare l’impatto a lungo termine di questo uso senza precedenti del Congressional Review Act, poiché in quest’ultimo sono presenti delle disposizioni che proibiscono alle agenzie federali di emanare regole che siano “substantively similiar”181 a quelle già abrogate; controversie future potrebbero sorgere dall’interpretazione più o meno estensiva di tale espressione. Oltre al Congressional Review Act, le agenzie federali hanno utilizzato anche altri metodi per andare ad attaccare norme già finalizzate dalla precedente amministrazione come la strategia di ritardarne volutamente l’attuazione, in concreto posticipando le date di certe scadenze; questa strategia non si è rivelata sempre vittoriosa poiché in alcuni casi è stata contrastata dagli Stati interessati, ad esempio impugnando la legittimità di tali ritardi davanti alle corti federali182. In secondo luogo, l’amministrazione Trump ha spostato gli equilibri del rapporto fra livello federale e livello statale manifestando la propria intenzione di rinunciare a giocare un ruolo federale attivo nell’ambito della politica ambientale. Seguendo questa volontà, è stato messo l’accento sulla deregulation relativamente a programmi politici già esistenti. Fra gennaio e febbraio 2017, nel primissimo periodo della sua presidenza, Trump ha firmato due ordini esecutivi che delineavano le priorità della nuova amministrazione riguardo una riforma regolamentare: l’Executive Order 13771, chiamato “Reducing Regulation and

Controlling Regulatory Costs”, che innanzitutto ordinava alle agenzie federali, per

ogni nuova proposta, di indicare almeno due regolamenti esistenti da revocare ed inoltre imponeva, relativamente al budget dell’anno fiscale 2017, che questi nuovi regolamenti fossero virtualmente a costo zero183; l’Executive Order 13777, chiamato “Enforcing the Regulatory Reform Agenda”184, chiedeva ad ogni agenzia federale di creare una task force con il compito di fare una valutazione dei

181 M

AEVE P.CAREY,ALISSA M.DOLAN,CHRISTOPHER M.DAVIS, The Congressional Review Act: Frequently Asked Questions, in “Federation of American Scientists” pp. 16-17, disponibile a questo link: https://fas.org/sgp/crs/misc/R43992.pdf.

182 K

ONISKY,WOODS,op. cit., p. 352. 183

https://www.epa.gov/laws-regulations/executive-order-13771-reducing-regulation-and- controlling-regulatory-costs, consultato in data 21.03.2019.

184 https://www.federalregister.gov/documents/2017/03/01/2017-04107/enforcing-the-regulatory- reform-agenda, consultato in data 21.03.2019.

70

regolamenti esistenti e di consigliare al direttore dell’agenzia quali di esse revocare, sostituire o modificare185.

Questa diminuzione dello sforzo regolamentare da parte federale è emersa in maniera visibile nell’applicazione della tutela ambientale. Ad esempio nel suo primo anno l’amministrazione Trump ha diminuito vistosamente il numero di cause civili che riguardavano la violazione di leggi federali sul controllo dell’inquinamento, soprattutto rispetto alle amministrazioni precedenti.

Sotto l’amministrazione dell’EPA di Pruitt, è calato in maniera sostanziale anche il valore monetario complessivo dell’injuctive relief, uno strumento attraverso il quale l’agenzia può imporre alle aziende di rimodernare i loro impianti per ridurre i livelli d’inquinamento. Alcuni hanno osservato che i rallentamenti nell’azione di

enforcement potrebbero essere in parte dovuti alla centralizzazione del processo

decisionale, concentrando tale autorità principalmente nelle mani della sede centrale dell’EPA e diminuendo invece quella degli uffici locali186.

In terzo luogo, infine, l’amministrazione Trump ha attribuito una maggiore responsabilità agli Stati nell’ambito della politica ambientale.

Nell’aprile 2017 Pruitt ha inaugurato questa nuova direzione politica attraverso l’annuncio della cosiddetta “Back-To-Basics” Agenda: Pruitt ha spiegato che l’intenzione dietro a questo programma era di riportare l’EPA verso la sua vera missione, cioè proteggere l’ambiente coinvolgendo in questo processo sia gli attori del livello statale che quelli del livello locale così da promuovere dei regolamenti che avrebbero incentivato la crescita economica187.

Nel comunicato stampa rilasciato con l’annuncio della Back-To-Basics Agenda viene inoltre dichiarato che, fra i suoi obiettivi, figurano la volontà di ripristinare il ruolo degli Stati nella regolazione delle acque locali attraverso la revisione la

“Waters of the U.S.” rule e di aiutare gli Stati a migliorare la qualità dell’aria, a

sanare i siti con scorie tossiche e a potenziare le infrastrutture idriche188.

185 I criteri da prendere in considerazione per fare questa valutazione riguardano regolamenti che vadano ad eliminare posti di lavoro o a bloccare la creazione di essi, che siano ormai troppo datati, non necessari o non efficaci, che impongano costi superiori ai benefici.

186 K

ONISKY,WOODS,op. cit., p. 353-354. 187

Da notare che l’obiettivo ufficiale dell’EPA è di proteggere la salute delle persone e l’ambiente, non citando mai invece la crescita economica.

188 https://www.epa.gov/newsreleases/epa-launches-back-basics-agenda-pennsylvania-coal-mine, consultato in data 22.03.2019.

71

L’EPA ha poi pubblicato il Draft Fiscal Year 2018-2022 EPA Strategic Plan189, in cui ancora una volta il federalismo cooperativo viene indicato come una delle principali linee guida nell’ambito della politica ambientale.

In questo documento vengono infatti evidenziati alcuni obiettivi del piano strategico dell’EPA, ribadendo concetti che abbiamo già menzionato in precedenza, come l’intenzione di riportare il focus dell’agenzia verso la sua core

mission, restituire potere agli Stati attraverso il federalismo cooperativo e fare in

modo che l’EPA migliori le proprie procedure, sempre rispettando la rule of law. Nonostante questo piano non entri nei dettagli, emerge però chiaramente la volontà da parte dell’EPA di rimettere in discussione gli equilibri del federalismo in materia ambientale attraverso l’elaborazione di programmi che verranno poi eseguiti in forma collaborativa sia dall’EPA che dai governi statali; inoltre nel piano viene anticipato che questo rapporto tra livello federale e livello statale verrà rivalutato in aree, ad esempio, come le autorizzazioni e la programmazione. Se infine si prende in esame la prima bozza del budget del presidente Trump, rivelata nel febbraio 2017, si potranno notare dei forti segnali sull’intenzione della nuova amministrazione di spostare la responsabilità in materia ambientale dal livello federale al livello statale. Infatti in questo budget è previsto un drastico taglio dei fondi assegnati all’EPA, registrando le riduzione di quasi un terzo rispetto all’anno fiscale precedente e andando quindi inevitabilmente a riflettersi anche sulla dimensione della forza lavoro dell’agenzia federale190.

Al tempo stesso, però, si può osservare anche una diminuzione dei fondi riservata ai sussidi per gli Stati, facendo sorgere dubbi sulla sincerità della volontà federale di rafforzare l’autorità statale. Detto ciò, rimane comunque evidente il netto cambiamento di direzione nell’ambito della politica ambientale federale, in particolare rispetto alla precedente amministrazione191.

189

https://publiccommentproject.org/environ-healthsummaries/epa-draft-strategic-plan-2018- 2022, consultato in data 22.03.2019.

190 K

ONISKY,WOODS,op. cit., p. 355. 191 Ibidem, p. 356.

72

3.3 – Il Clean Power Plan e la Waters of the United States rule

Storicamente, nell’ambito della politica ambientale, i presidenti repubblicani hanno tendenzialmente usato la propria autorità per indebolire le leggi e le misure di controllo relativamente all’inquinamento, mentre i presidenti democratici hanno generalmente lavorato per renderle più forti; osservandole con più attenzione, possiamo notare che anche le azioni dell’amministrazione Obama e quelle dall’amministrazione Trump si inseriscono in questa tendenza.

In questo paragrafo finale verranno illustrati gli sforzi dell’amministrazione Trump e gli strumenti da essa usati per cercare di ribaltare due importanti politiche della presidenza Obama, cioè il Clean Power Plan (CPP) e la Waters of

the United States (WOTUS) rule192.

Nel marzo 2017 il presidente Trump ha firmato l’Executive Order 13783 sull’Energy Independence193, che dà istruzioni all’EPA per revisionare il CPP e concretamente per smantellarlo.

Ad inizio 2017 il CPP si trovava nel mezzo di una causa legale portata avanti da numerosi Stati, fra cui lo stesso Pruitt che aveva giocato un ruolo chiave come

Attorney General dello Stato dell’Oklahoma, e da organizzazioni del settore

industriale; nell’aprile 2017 la U.S. Court of Appeals for the District of Columbia aveva poi dato parere favorevole alla richiesta dell’amministrazione Trump di

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