• Non ci sono risultati.

Il vecchio sistema maoista denominato jiusantie (九三铁, jiǔsāntiě), che significa letteralmente “i tre vecchi ferri”, stava per essere soppiantato da un nuovo sistema più flessibile e al passo con i tempi. I “tre ferri” del jiusantie erano il tiefanwan, già nominato

45 Malcolm Warner, «Chinese enterprise reform, human resources and the 1994 Labour Law», The

International Journal of Human Resource Management 7, n. 4 (1996): 1996. Vedere inoltre:

http://www.leggicinesi.it/view_doc.asp?docID=116.

46 Lora Sabin, «New Bosses in the Workers’ State: The Growth of Non-State Sector Employment in China»,

The China Quarterly 140 (1994): 944–70. Per dirla in termini cinesi, le espressioni più frequentemente

usate per indicare un imprenditore che si cimentava nel settore privato erano xiahai (下海, xiàhǎi) o “indossare il cappello” (戴帽子, dài màozi).

47 Ibid. Le compagnie dei servizi del lavoro, tra tutte le imprese collettive, riscossero il maggior successo:

fiorirono negli anni settanta e, data la loro ingente crescita, vennero regolamentate dal governo negli anni novanta e continuarono a godere di politiche fiscali agevolate.

in precedenza, il sistema che garantiva ai lavoratori l'occupazione a vita, il tiegongzi (铁 工资, tiěgōngzī, letteralmente “salario di ferro”), che garantiva invece della paghe fisse, e il tiejiaoyi (铁交椅, tiějiāoyǐ, letteralemente “sedia di ferro”), il sistema grazie al quale le posizioni occupazionali di cui i manager maoisti godevano non vennero mai

minacciate49.

Il tiefanwan generò non pochi problemi: i lavoratori, consci del fatto che i loro posti di lavoro fossero al sicuro e consapevoli che fosse loro garantito un pacchetto welfare comprensivo di agevolazioni sulle abitazioni, sulle spese sanitarie e sulle spese

scolastiche, risultavano demotivati e scarsamente competitivi. L'assenteismo e la debole, pressoché inesistente, propensione a migliorare le proprie capacità lavorative divennero dei fenomeni ordinari. Gli impiegati erano in surplus e spesso e volentieri la loro

collocazione nel mercato del lavoro risultava economicamente priva di senso: ciò non poteva non comportare uno spreco di risorse in un sistema caratterizzato

dall'inefficienza.

A disporre i lavoratori sul mercato del lavoro erano le agenzie di collocamento collegate al governo. Negli anni che vanno dal 1950 al 1956 la Cina stava fronteggiando diversi problemi quali l'industrializzazione e la disoccupazione: il PCC dispose, senza

preoccuparsi troppo di valutare la razionalità delle proprie scelte economiche, che le agenzie eliminassero il fardello della mancanza del lavoro e che collocassero gli operai nei settori dei trasporti, delle infrastrutture e dell'industria pesante. Ed era così che il partito sperava di accelerare l'industrializzazione, risolvendo contemporaneamente il problema della disoccupazione50. Ovviamente assumere tutti i lavoratori a tempo

indeterminato, sostenendo in più le spese per garantire loro un pacchetto welfare

praticamente completo, si configurò sempre più come un'utopia: dopo il periodo maoista i cosiddetti daiye qingnian (待业青年, dàiyè qīngnián), i “giovani disoccupati” che

invadevano le industrie urbane in cerca di impiego, risultavano in numero sempre

maggiore, nonostante il partito avesse più volte ribadito di credere che la disoccupazione in un sistema socialista fosse praticamente impossibile51. Così le imprese non poterono

49 Ding e Warner, «China’s Labour-Management System Reforms: Breaking the ‘Three Old Irons’ (1978–

1999)».

50 Ibid.

fare altro che iniziare ad assumere gli impiegati temporaneamente per non continuare ad indebitarsi.

«La politica “tre in uno” venne adottata ufficialmente nel 1980 e incoraggiò le imprese e i distretti residenziali (jiedao), assieme anche alle agenzie del lavoro locali, ad istituire quelle che vennero chiamate le compagnie dei servizi del lavoro, per fornire training e

servizi di collocamento ai giovani in cerca di lavoro.»52

Dopo la politica “tre in uno” vennero sperimentati i contratti di lavoro, tra il 1981 e il 1984. Le sperimentazioni finirono per estendersi dalle ZES all'interna nazione, anche se le polemiche non furono poche: il fatto che le imprese assumessero a tempo

indeterminato comportava uno stacco decisivo dal tiefanwan e i lavoratori accettarono tutto questo con difficoltà.

Gli impiegati assunti a contratto risultavano spesso più competitivi e preparati dei colleghi assunti a tempo indeterminato, tanto che all'epoca emerse il detto “hetonggong

gan, gudinggong kan” (合同工干,固定工看, hétonggōng gān, gùdìnggōng kàn) - “gli

operai a contratto lavorano mentre quelli a tempo indeterminato guardano”53.

Dopo l'Employment Contract System del 1986, nel 1992 la “Riforma dei Tre Sistemi” (三 改革, Sāngǎigé) stabilì che nelle le imprese statali venissero utilizzati i contratti, che le paghe venissero corrisposte in base alle performance e che il sistema di welfare venisse sgravato, dato che i lavoratori furono invitati a contribuire alle spese sociali54.

La riforma sui contratti venne in ogni caso completata con la Labour Law del 1994 e determinò un aumento dell'autonomia gestionale delle imprese che, essendosi dotate di metodi di gestione del personale più proiettati all'efficienza, apparivano ora decisamente più pronte a muoversi in un sistema market-oriented55.

Anche le retribuzioni dei lavoratori subirono delle trasformazioni dopo l'abbandono del sistema jiusantie: quest'ultimo prevedeva che le paghe fossero fissate nel tempo da indicatori stabiliti dallo stato ma l'immobilità caratteristica di tale misura appariva

dalle campagne ammontava a 15 milioni.

52 Ibid.

53 Ibid.

54 Hassard, Morris e Sheehan, «The ‘third way’: the future of work and organization in a ‘corporatized’ Chinese economy».

55 Ibid. Con la Labour Law i lavoratori vennero invitati a contribuire per quanto riguardava le pensioni, la

sempre meno adatta in un'economia socialista di mercato.

“Gejinsuoneng, anlaofenpei” (各尽所能、按劳分配, gèjìnsuǒnéng, ànláofēnpèi) – “a ciascuno in base alle sue capacità, ad ognuno in base al lavoro svolto” – divenne un detto molto comune dato che le imprese iniziarono a pagare i propri lavoratori in base alle loro performance. Le paghe fisse tipiche del tiefanwan apparivano ogni giorno più

inadatte perché nella nuova economia il ruolo del mercato era fondamentale ed adattarsi alle leggi di quest'ultimo, evitando per esempio di corrispondere ai lavoratori dei salari che le aziende non potevano permettersi, era indispensabile per non aumentare i debiti delle imprese e per accrescere la propria competitività56.

Il passaggio fra un sistema e l'altro non fu privo di ostacoli dal momento che si parlò spesso del fatto che nelle aziende si utilizzassero due pesi e due misure:

«Il fenomeno delle paghe diverse [corrisposte] per lo stesso lavoro, una delle maggiori cause di insoddisfazione negli anni cinquanta, quando condusse all'ampia adozione del sistema “lavoro in base alla paga” tra i lavoratori scontenti, diede anche vita al

malcontento degli ultimi anni settanta e dei primi anni ottanta.»57

Si parlò spesso infatti di come venisse utilizzata una politica salariale denominata “one

factory, two systems”58, secondo la quale i lavoratori a contratto erano soliti percepire

delle paghe spesso inferiori e sproporzionate rispetto a quelle di cui godevano i lavoratori a tempo indeterminato.

Ad ogni modo ci si mosse verso un sistema via via più orientato all'efficienza, in cui le piatte retribuzioni egualitarie di un tempo trovavano sempre meno spazio:

“Con le nuove misure salariali, le differenze di retribuzione non erano determinate solo dal salario base ma dai bonus basati sulle performance e dalle indennità basate sulla

posizione [lavorativa], sull'anzianità e sulle competenze.”59

“La riforma del sistema delle paghe iniziò nel 1978 con la restaurazione delle

56 Ding e Warner, «China’s Labour-Management System Reforms: Breaking the ‘Three Old Irons’ (1978–

1999)».

57 Jackie Sheehan, Chinese Workers: A New History.

58 Ding e Warner, «China’s Labour-Management System Reforms: Breaking the ‘Three Old Irons’ (1978–

1999)».

59 Hassard, Morris e Sheehan, «The ‘third way’: the future of work and organization in a ‘corporatized’

retribuzioni a cottimo e dei bonus”, affermano Ding e Warner60, descrivendo un vero e

proprio revival dei bonus verificatosi tra il 1978 e il 1984.

Tra il 1985 e il 1992 le imprese iniziarono a prodigarsi affinché le paghe fossero proporzionali alle performance dei lavoratori, e quindi delle aziende stesse: “gongxiao

guagou” (工效挂钩, gōngxiào guàgōu), ovvero “legare le paghe all'efficienza economica”,

divenne l'espressione chiave per definire tale cambiamento.

Dal 1992 fino ai giorni nostri è stato così possibile osservare quanto le imprese siano risultate via via più autonome nella conduzione delle loro politiche salariali, e questo si riflesse anche negli stipendi dei manager che, vedendo i propri salari sempre più dipendenti dalle performance d'impresa, si impegnarono molto di più per condurre le proprie aziende nel modo più produttivo possibile.

Il sistema salariale utilizzato era il gangwei gongzizhi (岗位工资制, gǎngwèi gōngzīzhì) – “sistema salariale della postazione” – e prevedeva una paga base, stabilita in base ai compiti delle mansioni, e una paga supplementare, stabilita in base al completamento delle mansioni caratteristiche dell'occupazione. Recentemente si è potuto osservare come tale sistema abbia accresciuto le competenze della forza lavoro e venne per questo rinominato gangwei jineng gongzizhi (岗位技能工资制, gǎngwèi jìnéng gōngzīzhì), che significa “sistema salariale della postazione e delle competenze”61.

Le paghe divennero così sempre più performance-related62.

La crescente autonomia delle imprese condizionò anche il reclutamento dei manager: un tempo costoro dovevano essere youhong youzhuan (又红又专, yòuhóng yòuzhuān), “sia rossi che esperti”63, mentre ora l'enfasi sulle competenze aveva acquisito una maggiore

importanza.

“Alle imprese venne conferito un potere decisionale maggiore, comprendente la

discrezione di determinare la loro struttura organizzativa, come [la facoltà di] assumere

60 Ding e Warner, «China’s Labour-Management System Reforms: Breaking the ‘Three Old Irons’ (1978–

1999)».

61 Syed Akhtar, Daniel Z. Ding e Gloria L. Ge, «Strategic HRM practices and their impact on company

performance in Chinese enterprises», Human Resource Management 47, n. 1 (2008): 15–32. 62 Si vedrà nei capitoli successivi che il legame tra le paghe e le performance dei lavoratori è divenuto

sempre più intenso: attualmente infatti le imprese che operano in Cina sono solite adottare dei sistemi di bonus per incentivare il proprio personale.

63 Ding e Warner, «China’s Labour-Management System Reforms: Breaking the ‘Three Old Irons’ (1978–

o dimettere i manager di medio livello.”64

Tra il 1978 e il 1987 il sistema imprenditoriale ruotava così attorno al direttore dell'impresa – nel “factory director responsibility system” – e l'autonomia manageriale venne decentralizzata: i manager lavoravano ora in una prospettiva più orientata al risultato, dal momento che fra imprese e distretti industriali cominciarono a venir stipulati dei contratti che stabilivano delle quote produttive precise che le imprese, sotto la guida dei manager, erano tenute a soddisfare.

Tra il 1987 e il 1992 le figure manageriali iniziarono ad essere reclutate sia dai

dipartimenti pertinenti all'interno delle imprese, sia dai congressi dei lavoratori, più o meno direttamente. Ciò stava a significare che anche lo staff stava ricoprendo un ruolo sempre più decisivo all'interno della gestione aziendale.

Di questo passo si comprende come per i manager risultò sempre più indispensabile combinare le competenze tecniche e l'orientamento al risultato65 e come nel tempo ci si

fosse accorti anche in Cina di quanto potesse essere fondamentale il ruolo delle persone all'interno delle aziende.