• Non ci sono risultati.

Capitolo IV: IL CONTESTO DI RIFERIMENTO E I CASI DI STUDIO

4.3 ABIOGEN PHARMA

4.3.1 La storia

La storia di Abiogen Pharma inizia nel 1917 con la fondazione dell‟Istituto Galenico da parte di Alfredo Gentili, attraverso i progetti e gli obiettivi che lo avevano ispirato nella ricerca e nella produzione di farmaci che poggiano su un vastissimo patrimonio di conoscenze scientifiche e tecnologiche. L‟Istituto Galenico, che diventò poi Istituto Gentili, in quasi novant‟anni di studi, ha sviluppato competenze e professionalità che hanno portato nel tempo allo sviluppo di un farmaco di primo livello per la cura dell‟osteoporosi. Sono in tutto quattro le generazioni coinvolte nella storia dell‟azienda, che da Istituto Gentili diventa Abiogen Pharma nel 1997, quando Merck Sharp & Dhome acquisì l‟Istituto Gentili ma lasciò alla famiglia Di Martino (pronipoti del fondatore Alfredo) il ramo

d‟azienda che è stato

sviluppato in questi anni. La

Abiogen ha iniziato a

consolidare la propria

posizione sul mercato dal 2010, dopo un doloroso

taglio al personale avvenuto nel 2008 data la crisi. Proprio a questo proposito è interessante notare come Abiogen si sia trovata avvantaggiata da una ristrutturazione interna messa in atto esattamente nel 2008, consentendole di non risentire minimamente gli effetti (per alcuni devastanti) della crisi. È un discorso però che vale per l‟intero settore farmaceutico il quale, a sua volta, aveva già iniziato una ristrutturazione nel 2006: tra il 2006 e il 2008, infatti, le aziende farmaceutiche che lavoravano in Italia, per cui sia quelle a capitale italiano che estero, avevano già iniziato una fase di ristrutturazione dovuta all‟intervento dello Stato. Per cui paradossalmente il settore farmaceutico e le aziende hanno avuto questo enorme vantaggio trovandosi preparate alla crisi prima di tutti gli altri. Inoltre è importante ricordare che il settore farmaceutico è tipicamente anticiclico (come quello alimentare) per cui a maggior ragione gli effetti della crisi non si sono potuti manifestare. L‟unica variabile che ha potuto influire sulla percezione della crisi in realtà è stato il livello di indebitamento, perché le aziende farmaceutiche più indebitate hanno sicuramente subito gli effetti della crisi, mentre

quelle meno indebitate no. Questo però non deve condurre a conclusioni sbagliate, in quanto se da un lato è vero che la crisi non ha avuto gli stessi effetti devastanti come in altri settori, dall‟altro lato è vero che i problemi che ci possono essere all‟interno del settore sono più di carattere competitivo, non legati dunque alla crisi, ma alla difficoltà di trovare nuovi prodotti o di rimanere sul mercato. Le parole del Presidente e AD di Abiogen, Dott. Stefano Di Martino chiariscono perfettamente la dinamica di un settore difficile come quello farmaceutico: “Il farmaceutico oggi è un mercato che non ti permette di galleggiare: o ci stai e riesci a stare competitivo al massimo, perché la normativa è sempre più restrittiva e difficile, oppure sei destinato a uscire con una velocità atomica”. Scommettendo su R&S l‟azienda è riuscita a risalire rapidamente, ottenendo risultati importanti dal punto di vista del fatturato e della loro posizione a livello internazionale. I risultati raggiunti permettono di concentrare l‟area di R&S in un altro istituto ramo di Abiogen: il Galileo Research, uno dei primi centri di ricerca italiani. Questo fa capire come gli investimenti in questo campo siano un elemento di fondamentale importanza nella strategia di Abiogen. Ad oggi la società è tra le prime quaranta realtà farmaceutiche presenti in Italia per livello di fatturato, con una fortissima vocazione internazionale.

4.3.2 Il prodotto

Attualmente Abiogen Pharma sviluppa, produce e commercializza, a marchio proprio e per conto terzi, in Italia e nel mondo, soluzioni mirate negli ambiti Primary Care e malattie rare. Le aree terapeutiche che tradizionalmente caratterizzano l‟attività aziendale riguardano:

- Il metabolismo osseo: Abiogen commercializza farmaci nati e sviluppati nel proprio Centro Ricerche, che diffonde in tutto il mondo; per questo Abiogen è una riconosciuta eccellenza italiana nel settore delle patologie ossee. L‟azienda commercializza terapie destinate al trattamento di patologie già note (come ad esempio l‟osteoporosi), ma anche terapie relative al trattamento di patologie rare (come l‟algodistrofia).

- Gli antinfiammatori e gli antidolorifici: Abiogen è presente nell‟area terapeutica associata al dolore con una linea completa di prodotti, oltre ad essere presente per la gestione del dolore di tipo infiammatorio più che di quello neuropatico; inoltre l‟azienda ha recentemente sviluppato un dispositivo medico in grado di

- La diabetologica: l‟azienda produce delle terapie orali per la cura del diabete di tipo 2, farmaci che godono di un consistente numero di prescrizioni grazie al rapporto sicurezza/efficacia unito ad un costo della terapia molto competitivo. - La respiratoria: una delle aree da sempre presenti negli studi di Abiogen è quella

respiratoria, e più in particolare si propone di trovare soluzioni nella gestione delle infezioni respiratorie.

- La dermatologica: anche per quanto riguarda l‟area dermatologica, Abiogen Pharma è da sempre presente, cercando di offrire soluzioni terapeutiche adeguate al miglioramento di svariate patologie della pelle; in particolare lo sviluppo di un farmaco per uso topico per la psoriasi ha fatto conquistare ad Abiogen particolare visibilità nel panorama nazionale. Nell‟area dermatologica è inoltre presente un antiossidante biologico delle strutture lipidiche, particolarmente utile nel prevenire l‟invecchiamento della pelle; insieme ad una linea cosmetica naturale studiata per il trattamento della dermatite seborroica.

Abiogen ricava intorno al 90% del proprio fatturato da farmaci propri o prodotti in licenza; mentre il resto sono soprattutto provenienti da manufacturing per conto terzi, cioè medicinali prodotti per aziende straniere che vengono poi commercializzati in Italia e all‟estero. Fin dalla sua fondazione, infatti, Abiogen Pharma ha attuato la scelta strategica di valorizzare e sviluppare il know how accumulato in anni di attività produttiva, insieme alle competenze acquisite nello sviluppo farmaceutico. L‟obiettivo del manufacturing è quello di gestire da un lato l‟attività di produzione e dello sviluppo dei prodotti e dei progetti di Abiogen Pharma, dall‟altro quello di sviluppare l‟attività produttiva per clienti terzi.

Figura 16: suddivisione del fatturato di Abiogen Pharma nel 2015

Fonte: www.abiogen.it

Le prospettive di sviluppo prevedono l‟esportazione di un prodotto finito per l‟area osteoarticolare a base di vitamina D in Gran Bretagna, Irlanda, Spagna, Grecia e Portogallo; il lancio e lo sviluppo in Cina e negli Usa del commercio del neridronato, un amino-bifosfonato che è stato il primo farmaco ad aver ottenuto dalle autorità italiane l‟indicazione per una malattia fino ad allora considerata orfana, quale l‟osteogenesi imperfetta, e che dal 2014 è impiegato per la cura di un‟altra patologia rara: l‟algodistrofia.

4.3.3 L‟internazionalizzazione e le prospettive future

Abiogen persegue la strategia dell‟internazionalizzazione indiretta attraverso delle partnership. La decisione di internazionalizzarsi è sicuramente dovuta ad una scelta strategica aziendale, in particolare per due motivi: il primo è di carattere generale, nel senso che i costi di sviluppo non sono mai ammortizzabili in un solo Paese; il secondo è legato al rischio Paese, in quanto devono cercare di diversificare il più possibile il flusso dei ricavi per poter consolidare la loro attività, altrimenti sarebbe sempre appesa ad un filo. Questo deriva anche dalle problematiche create dall‟agenzia che regola il settore farmaceutico (AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco) e dalle disposizioni messe in atto dopo la conferenza Stato-Regioni del 2001, nella quale sono stati decisi più di venticinque interventi nel settore (dalla riduzione dei prezzi alla riduzione della marginalità) portando ad una ridefinizione della governance del settore stesso: l‟Italia e

91,3

8,5 0,2

Marketing e Vendite Manufacturing

il settore farmaceutico sono l‟unico Paese e l‟unico settore al mondo in cui l‟AIFA predispone un budget per i farmaci rimborsati in fascia A e per i prodotti ospedalieri; se i risultati aziendali sono superiori rispetto a quelli previsti, la differenza deve essere restituita alle Regioni, cadendo in una situazione assolutamente paradossale. Il successo di Abiogen, dunque, è anche dovuto ad una forte spinta verso l‟internazionalizzazione, che ha portato il brand in Asia, Vietnam, America Latina, Nord Africa e Stati Uniti. I dati sull‟export al momento sono un po‟ deboli, in quanto Abiogen ricava solo il 3,5% sul fatturato totale; ma le previsioni sono di raggiungere il 13,5% entro il 2020.

Tutto quello che riguarda la presenza in Paesi europei ed extraeuropei richiede sempre una prospettiva di medio-lungo termine, in quanto è prima necessario preparare tutta la documentazione adeguata per le agenzie regolatorie internazionali. Abiogen, essendo stata creata da una vecchia azienda che era l‟Istituto Gentili, ha dovuto subire un grandissimo lavoro di adeguamento dei dossier di settore. Dopo questo iter, è necessaria la procedura di registrazione presso il Paese-obiettivo, operazione che può durare da uno a tre anni. Abiogen delega i compiti relativi alle procedure regolatorie ad un‟azienda partner decentralizzata in uno stato di riferimento (momentaneamente situata in Inghilterra), la quale registra, analizza il dossier e svolge tutte le altre procedure per un certo numero di Paesi richiesti. A questi se ne possono aggiungere altri, ed è quello che Abiogen farà chiedendo l‟analisi della documentazione per altri nove Paesi. Tutto questo è quello che è adesso valido per i Paesi europei. Per quanto riguarda i Paesi al di fuori dell‟Europa, Abiogen è riuscita a registrare alcuni prodotti in Corea; mentre per quanto riguarda il Vietnam momentaneamente c‟è una battuta d‟arresto sulla procedura perché le agenzie sono molto lente e si presentano sempre problemi di incongruenza della documentazione richiesta. Sempre attraverso l‟utilizzo di partner, Abiogen entro il 2018 vorrebbe registrare e lanciare il prodotto nella federazione russa. “I nostri prodotti sono presenti in dieci Paesi, però stiamo lavorando affinché aumentino. L‟obiettivo è quello di cercarci di giocare la partita su più tavoli possibili” (M. Di Martino). Le prospettive future di sviluppo puntano all‟esportazione di un prodotto per l‟area osteoarticolare in Gran Bretagna, Irlanda, Spagna, Grecia e Portogallo; il lancio in Cina e negli Usa di una molecola curativa per una malattia rara, e fino a poco tempo fa orfana; ed infine il raggiungimento dei mercati del Sud Est asiatico.

La presenza diretta nei Paesi non sembra per nulla interessare la politica aziendale di Abiogen, principalmente per due motivi: da un lato vi è la difficoltà di trovare prodotti, i

bisogni medici insoddisfatti per la maggior parte delle patologie sociali (cioè quelle di grandi dimensioni come segmento di mercato) sono sempre meno, ci sono già molti farmaci generici che abbassano molto il costo della terapia e funzionano; dall‟altro lato l‟azienda possiede degli asset su cui sta facendo un‟ottima performance sotto il profilo competitivo ed economico, ma sono asset vecchi di trent‟anni. Per cui l‟azienda lavora principalmente sulla confidenzialità del know-how, ma di contro possiede pochi brevetti. Sintetizzando con le parole di Di Martino: “Non vogliamo e non pensiamo di aprire presenze dirette negli altri paesi per due motivi: uno perché gli asset non sono così solidi da poter sostenere questo investimento; due perché si moltiplica per n volte la difficoltà di trovare nuovi prodotti”.

Altri importanti aspetti da attenzionare riguardano il finanziamento della strategia di internazionalizzazione e l‟intenzione di aprire il capitale sociale a terzi. Per quanto

riguarda il finanziamento è assolutamente interessante notare come

l‟internazionalizzazione sia completamente autofinanziata, con un livello di indebitamento pari a zero. A tal proposito Di Martino ha specificato: “Abbiamo preso un finanziamento a medio-lungo termine, però semplicemente perché il costo del denaro è talmente basso che ci ha permesso di avere una leva finanziaria positiva, per cui più che un finanziamento è un‟operazione di basso cabotaggio”. Nel futuro di Abiogen momentaneamente non è contemplata l‟apertura al capitale esterno, ma non è del tutto da escludere per quanto riguarda il ramo Galileo Research. Inoltre uno dei prossimi obiettivi consiste nell‟acquisizione di nuovi asset, come listini, linee di prodotti e registrazione di farmaci.

CONCLUSIONI

L‟analisi dei fattori che favoriscono o limitano l‟internazionalizzazione delle piccole e medie imprese è un tema di ricerca molto rilevante. Le capacità manageriali e le abilità delle risorse umane giocano un ruolo fondamentale ai fini del pieno sfruttamento delle opportunità di sviluppo internazionale. Una delle questioni rilevanti e controverse negli studi sul family business è se le imprese familiari si caratterizzano in modo differente rispetto alle imprese non familiari in termini di imprenditorialità e di propensione al rischio. Sotto questo punto di vista, come si è avuto modo di vedere nel corso della trattazione, esistono due opposte scuole di pensiero: da un lato le imprese familiari vengono descritte come esempi di organizzazioni ad alta imprenditorialità, in cui la proprietà e il management familiare supportano l‟assunzione di rischi (Aldrich e Cliff, 2003; Zahra, 2005); dall‟altro le imprese familiari vengono descritte come strutture poco propense al rischio e caratterizzate da maggiore inerzia, resistenti al cambiamento e, come tali, poco imprenditoriali (Kets de Vries, 1993; Sharma et al., 1997). Proprio nella maggiore avversione al rischio potrebbe trovarsi la spiegazione sul motivo per cui le imprese nelle quali prevale un management di tipo familiare siano maggiormente propense a focalizzarsi sui mercati domestici piuttosto che su quelli internazionali. Per tutti questi aspetti la famiglia viene generalmente considerata sia come una risorsa, ma nello stesso tempo anche come un vincolo. A fronte di un‟eventuale opportunità di sviluppo manageriale, la famiglia proprietaria potrebbe mostrarsi restia a delegare poteri a soggetti esterni, per paura di perdere il controllo sull‟impresa. Questo atteggiamento potrebbe tradursi nel mancato perseguimento di opportunità di sviluppo internazionale. Il tipo di proprietà, infatti, è una variabile in grado di influenzare le scelte dell‟azienda in merito alla strategia di internazionalizzazione. Si è ampiamente visto come le aziende familiari siano caratterizzate da avversione al rischio e dall‟atteggiamento conservatore; la scarsa diversificazione del patrimonio familiare in asset esterni all‟azienda spinge la proprietà ad evitare investimenti rischiosi, che potrebbero compromettere la solidità dell‟impresa. In alcuni casi l‟atteggiamento conservatore è legato a fattori culturali, specialmente quando l‟impresa sia ancora diretta dalla prima generazione imprenditoriale. L‟imprenditore-proprietario, infatti, è spesso legato alla tradizione e ai prodotti che hanno consentito all‟impresa di crescere in passato, mantenendo una certa diffidenza nei confronti dei mercati esteri; l‟unico mercato di sbocco considerato,

infatti, è quello nazionale. Anche nel caso in cui l‟azienda manifesti l‟intenzione di volersi internazionalizzare, vi sono due elementi che frenano questo fenomeno: la scarsità delle risorse finanziarie disponibili e il rifiuto di ricorrere a fonti di capitale esterne, per paura di perdere il controllo dell‟impresa. La strategia di internazionalizzazione dell‟impresa, però, non è influenzata solo dalla composizione dell‟assetto proprietario e del CdA; ma anche da fattori come la dimensione, l‟età e il settore di appartenenza. I dati raccolti e analizzati da diversi studi nel contesto Italiano confermano infatti che queste variabili giocano un ruolo importante nel plasmare la strategia di espansione internazionale dell‟impresa.

Nonostante gli studi e le ricerche in tema di impresa familiare e internazionalizzazione abbiano restituito risultati non univoci, la teoria che tendenzialmente prevale è che la natura familiare del business si rifletta nel perseguimento di strategie di mercato difensive, piuttosto che di espansione internazionale. Ma nel contesto economico attuale, ed in particolar modo nello scenario italiano in cui l‟imperversare della crisi economica ha depresso il mercato interno, delle strategie che si focalizzano esclusivamente sul mercato sono sempre meno percorribili. Inoltre, non vi è alcun dubbio che l‟espansione internazionale richieda risorse, competenze e conoscenze diverse rispetto a quelle sufficienti per operare nel mercato interno; risorse però che diversi studi hanno dimostrato essere presenti in misura inferiore nelle imprese familiari.

Quanto appena detto ha un‟implicazione fondamentale: le imprese familiari italiane che vogliono crescere attraverso l‟internazionalizzazione, possono trovare nell‟apertura della propria governance verso l‟esterno una preziosa fonte di risorse e competenze. L‟apertura della governance può realizzarsi all‟interno di due diverse dimensioni: la proprietà da un lato e la gestione dall‟altro. Per quanto riguarda il primo aspetto è necessario dire come la politica di conservazione dell‟indipendenza finanziaria potrebbe costituire un‟importante barriera alla crescita e all‟internazionalizzazione, visto che molto spesso le sole risorse finanziarie familiari possono non essere sufficienti allo scopo. Aprire la struttura del capitale a investitori esterni, purché siano di minoranza, può consentire alla famiglia di ottenere nuove risorse con cui finanziare l‟internazionalizzazione, contemporaneamente mantenendo il controllo formale del business grazie al possesso della maggioranza del capitale. Visto che una delle più grandi paure manifestate dalle aziende familiari è la possibilità di perdere il controllo

dell‟azienda, la presenza di un investitore esterno all‟interno della compagine societaria potrebbe essere considerato invadente da parte della proprietà. Nonostante ciò, le aziende familiari dovrebbero tenere in debita considerazione i vantaggi ottenuti in cambio di questo coinvolgimento. Per quanto invece riguarda il secondo aspetto, la gestione, si parla del coinvolgimento di professionisti esterni all‟interno del CdA. Si è già avuto modo di vedere come le aziende familiari tendenzialmente inseriscano all‟interno di tale organo membri della famiglia, prescindendo dalle capacità manageriali soggettive. Inserendo un maggior numero di direttori esterni all‟interno del CdA, le aziende familiari potrebbero ottenere consigli imparziali oltre ad aver accesso a un‟ampia gamma di abilità e risorse. Professionisti esterni, inoltre, possono aiutare il management familiare nell‟implementazione di piani strategici, possono mettere a disposizione dell‟impresa le proprie conoscenze per accedere alle risorse necessarie a sostenere la strategia di internazionalizzazione.

Questo è quanto esposto nei primi due capitoli della presente trattazione. Ma studiare le peculiarità che caratterizzano un‟impresa familiare e inserirla nel contesto internazionale, vedendo in che modo perseguono la strategia di internazionalizzazione, non basta ad avere un quadro completo e valido per tutte le aziende familiari italiane. Un ruolo fondamentale, infatti, è ricoperto dal settore in cui le imprese operano perché i diversi elementi che caratterizzano ogni settore influenzano di conseguenza le performance aziendali. È possibile dividere i settori analizzati in due macrogruppi: da un lato i settori delle calzature e del tessile, dall‟altro lato il settore farmaceutico. Questo perché i primi due settori presentano delle caratteristiche e degli andamenti sostanzialmente simili, in quanto i pesanti effetti della crisi economica e l‟intenso aumento della concorrenza dovuto a Paesi come la Cina hanno portato a dei risultati univoci. Infatti, la crescente richiesta da parte della domanda interna di innovazione e di un miglior rapporto prezzo/qualità e la volontà di valorizzazione del Made in Italy nel mondo ha portato i produttori del settore a reagire prontamente alla crisi, altrimenti ne sarebbero stati tagliati fuori. Il settore farmaceutico, invece, sia per il prodotto che tratta e sia per l‟essere anticiclico, non ha assolutamente risentito gli effetti della crisi; anzi ha effettuato ottime performance, mostrandosi in continua crescita. L‟impresa familiare, dunque, deve essere contestualizzata non solo dal punto di vista internazionale ma anche da quello settoriale, altrimenti si opererebbe una generalizzazione sbagliata e fuorviante.

Nello specifico, nell‟ultimo capitolo si è avuto modo di vedere come il contesto di riferimento del territorio toscano ospiti delle realtà imprenditoriali che si rivolgono ampiamente ai mercati internazionali, delle volte per oltre la metà della produzione totale. Questo non avviene come necessità di sopravvivenza, ma è frutto di strategie di internazionalizzazione messe a punto per far continuare a conoscere e apprezzare il Made in Italy nel mondo. Entrando nel merito, il primo caso aziendale analizzato è stato quello della Luna s.r.l, azienda operante nel settore delle calzature conosciuta con il brand “Luciano Barachini”. Si tratta di una realtà imprenditoriale che è riuscita a superare i momenti più difficili della crisi grazie ad una strategia di delocalizzazione produttiva verso Paesi in cui il costo di produzione si riduceva notevolmente. Questo ha portato, come visto, ad una delocalizzazione produttiva prima in Ungheria e adesso in Cina. Altro elemento che costituisce un punto di forza per l‟azienda è rappresentato dalla presenza delle due linee prodotte (“Luciano Barachini” e “Barachini”) in punti vendita di fascia alta, costituendo una valida alternativa per le clienti che vogliono una

Documenti correlati