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I.1 Il "bisogno di comunità" tra individualità e collettività

La reciproca influenza tra l'individuo e la città è stata affrontata e definita dalla sociologia in termini differenti, anche se il rapporto uomo-città (metropoli) viene più spesso interpretato alla luce della comparazione, sempre viva, tra l'uomo e la natura (vita rurale), mutuando da quest'ultima relazione le categorie di analisi. È necessario chiarire il valore attribuito all'individuo e alla collettività per comprendere in che modo viene affrontata la "questione abitativa" nei diversi contesti e quali reazioni possono conseguire al "bisogno di comunità" di piccoli gruppi, espresso anche attraverso "nuove" modalità abitative. Tale rapporto è interpretato alla luce dell'evoluzione delle funzioni e del significato che l'abitazione assume nel passaggio da una società "tradizionale" a una società "moderna".

Andando oltre le prime definizioni di "collettività-folla"82 e "uomo-massa"83, formulate tra la fine

dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, agli inizi del XX secolo, George Simmel compie un'analisi di tipo sociologico sulla cultura moderna cercando di coglierne tutte le sfumature. Si basa sul passaggio dal piccolo al grande gruppo: l'interesse non si focalizza più sul destino storico o sulla prassi politica di singoli gruppi, ma su ciò che li accomuna in quanto "società" (Simmel, 1983: 60). Simmel fa notare la distinzione tra il soggetto considerato nella sua singolarità e il soggetto inserito in una totalità e ritiene che l'individuo, una volta introdotto nella massa, perda il suo carattere particolare per uniformarsi a tutti gli altri elementi con cui si trova a contatto84. Nonostante nella costituzione della

società l'individuo entri a far parte di un gruppo così compatto, pare, comunque, vivere in uno stato di isolamento e anonimato costante. Tale logica si riflette nei diversi ambiti della vita metropolitana in netta contrapposizione con la "vita tradizionale": il sistema di produzione tipico della metropoli, ad esempio, si rivolge a compratori inevitabilmente anonimi, mentre la logica di scambio interna al piccolo gruppo impone anche un rapporto sociale tra gli attori coinvolti. Con riferimento a Simmel (2004: 296) si può attribuire al cittadino della metropoli una maggiore consapevolezza e razionalità rispetto all'"uomo di campagna o di una cittadina di piccole dimensioni" perché, nel primo caso, l'individuo è spinto a sviluppare una più matura coscienza per governare la velocità con cui la vita metropolitana si dispiega (predominanza dell'intelletto); nel secondo caso, al contrario, la vita è caratterizzata da una lentezza e uniformità che non richiede lo sviluppo della sofisticata psiche tipicamente metropolitana (predominanza del cuore). La forma mentis urbana, dunque, assume i tratti di

82 Le Bon è il primo, alla fine dell'Ottocento, a portare avanti uno studio sul pensiero delle folle: i giudizi

espressi a riguardo si caricano di valenze negative e pessimiste. Le caratteristiche della folla sono principalmente: "l'impulsività, l'irritabilità, l'incapacità di giudizio e di spirito critico, l'esagerazione dei sentimenti". Proprio perché regnano tali costanti è facile, da una parte, poter ottenere il controllo su di essa; dall'altra, poiché si tratta di folle mutevoli che cambiano facilmente e troppo velocemente linea di pensiero, si creano ostacoli alla governabilità. Il concetto di folla annulla quello di individualità e, poiché la folla è anonima, al suo interno, non può accumularsi "l'intelligenza, ma la mediocrità" (Le Bon, 1980: 59).

83 Un'ulteriore definizione del concetto di società di massa è formulata nel 1930 da Ortega y Gasset che, partendo

dall'analisi del fenomeno di agglomerazione, arriva a quello spiccatamente sociologico di massa e definisce la società come "un'unità dinamica di due fattori: minoranze e masse. L'uomo-massa in questione, non è il simbolo di una particolare classe sociale, si identifica con l'individuo che non si rende conto di essere conformato. Tra le file compatte, però, Ortega y Gasset vede la possibilità che vi siano alcuni soggetti (minoranze) che si sforzano perché si verifichi il progresso (1962: 13).

84 All'interno di tale nucleo compatto, i singoli "sacrificano" la volontà personale per operare in nome di principi

generali uguali per tutti: "le azioni della massa puntano dritto allo scopo e cercano di raggiungerlo per la via più breve: questo fa sì che, a dominarle, sia sempre una sola idea, la più semplice" (Simmel, 1983: 68).

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una razionalità calcolatrice definita anche in termini di valore monetario: la sfera affettiva cede maggiore spazio alla praticità e alla convenienza; i valori qualitativi sono, più spesso, sostituiti da quelli quantitativi; la "lotta" contro la natura per il sostentamento umano si traduce in una nuova forma di competizione tra gli uomini per il guadagno (monetario). A causa della rapidità con cui le immagini si susseguono nella metropoli (corrispondenti a stimolazioni nervose per gli individui), si verifica una risposta che Simmel definisce blasé, ovvero la mancata capacità di reagire a tutti gli stimoli (interpretabile anche come l'unica risposta possibile a tali stimoli). Si assiste a un progressivo distacco da parte degli individui come reazione agli eccessivi stimoli che si traduce, da un lato, nel consumo di oggetti "anonimi", "standardizzati" e facilmente sostituibili85, dall'altro, nello sviluppo di relazioni

sociali superficiali. Simmel parla di "riserbo" riferendosi all'atteggiamento di reciproco distacco degli individui nella metropoli: l'indifferenza si pone alla base della libertà degli individui perché permette di delineare un'area di azione individuale (2004: 301). Nella metropoli gli individui vivono "isolati" dalla comunità e maggiormente indipendenti da legami affettivi, ma allo stesso tempo sono totalmente dipendenti dagli altri (nei sistemi di produzione, ad esempio) e rispondono a un sistema complesso dettato dalla suddivisione del lavoro, all'interno del quale si trasformano in numeri con la conseguente caduta nell'impersonalità86.

Non si discostano dalle posizioni di Simmel le considerazioni dello psicologo Hellpach che analizza il carattere dell'uomo della metropoli in relazione ad alcune variabili quali: quantità della popolazione, prossimità, tempi della vita, pazienza (2004: 309-322)87. Come Simmel, Hellpach si riferisce a un

elevato grado di eccitabilità dovuto ai numerosi stimoli che l'individuo riceve nella metropoli: l'impazienza è direttamente dipendente dalla velocità con cui i cittadini sono abituati a muoversi e a prendere le proprie decisioni; il prodotto dell'incontro tra la "fretta" e l'impazienza è una "nevrosi" tipica dell'uomo metropolitano. Rispetto alla vita rurale si registrano numerose differenze, in termini di organizzazione dei tempi, di modi di produrre, di stili di vita88. Si ritrova ancora il pensiero di Simmel

nell'interpretazione dei rapporti tra il vicinato: "in nessuna altra situazione", spiega Hellpach, "gli individui sono così esteriormente vicini e interiormente tanto lontani" (2004: 318). Il numero troppo elevato di individui che condividono uno spazio ristretto non favorirebbe la costruzione di comunità, ma produrrebbe gli effetti opposti e, quindi, l'allontanamento. Inoltre, si registra un "livellamento" del temperamento e del carattere degli abitanti della metropoli, ma, allo stesso tempo, nel processo di "omogeneizzazione" si distingue un soggettivismo che diviene espressione di libertà89. Nel considerare

85 L'atteggiamento blasé corrisponde alla perfetta "interiorizzazione dell'economia del denaro" che impone un

"raffreddamento" nelle modalità di relazionarsi con il mondo esterno: "Il denaro, con tutta la sua anonimità ed indifferenza, diventa il denominatore comune dei valori e inevitabilmente esso estrania gli oggetti dalla loro essenza, dalla loro individualità, dal loro valore particolare, e dalla loro peculiarità. Tutti gli oggetti galleggiano con uguale peso specifico nel movimento costante della corrente monetaria" (Simmel, 2004: 300).

86 Anche se in termini differenti e con toni a tratti più pessimistici, si possono identificare alcuni punti di contatto

con i concetti marxisti di "alienazione" e "feticismo". Simmel, infatti, si riferisce ai rapporti umani come necessariamente mediati dalle "cose" e all'annullamento del valore umano rispetto a quello del denaro che, da un lato, concede libertà, dall'altro intacca l'emotività umana (Codeluppi, 2006: 60).

87 Ne deriva che l'elevata quantità di popolazione causa una ristrettezza degli spazi di vita degli abitanti della

metropoli; i flussi di persone risultano essere dinamici e rapidi: la velocità diviene un "elemento fondamentale dell'esistenza metropolitana"; la rapidità non si registra solo nelle azioni degli individui, ma anche nelle risposte a livello psicologico.

88 Se il lavoro della campagna è dettato dalle stagioni e dal clima, il lavoro della metropoli è regolato da

convenzioni (turni stabiliti in base alle proprie esigenze); se i tempi di reazione nella campagna sono lenti perché gli stimoli a cui si è chiamati a rispondere sono inferiori, nella metropoli si susseguono numerose immagini che devono essere interpretate e interiorizzate velocemente.

89 A tale proposito si legano le ben più recenti considerazioni formulate da Bauman, in riferimento alla società

postmoderna, in cui non esistono legami duraturi, ma al contrario, tende ad accentuarsi la distanza tra l'individuo e l'"Altro". Dalla mancanza di volontà da parte dell'uomo di farsi carico di impegni morali nei confronti dell'alterità, deriverebbe un sentimento di profonda solitudine che spinge all'abbandono dei principi morali in

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il rapporto tra il vicinato, si mette in evidenza la tendenza degli individui che abitano la metropoli a chiudersi all'interno delle proprie "mura domestiche" per evitare di relazionarsi con l'esterno. La casa, dunque, assume un valore protettivo, "totalizzante" della vita privata, che funge anche da sistema di difesa dalla "nevrosi" urbana.

Il significato dell'abitazione si lega strettamente alla contraddizione metropolitana appena descritta, perché rappresenta la "nicchia" all'interno della quale gli individui possono scegliere di "proteggersi" dall'esterno e dagli esterni a diversi livelli di intensità. Oltre a variare il rapporto tra l'individuo (e il suo spazio privato) e l'ambiente esterno (e il suo spazio pubblico), si modifica anche la forma dell'abitare che si modella in base alle esigenze degli attori che sono immersi nella società. L'alloggio, per usare le parole di Castells, "segue i movimenti di concentrazione, dispersione, distribuzione dei lavoratori" (1974: 184). Diviene testimonianza delle trasformazioni "sociali" e fisiche che si verificano all'interno del contesto urbano, contribuendo essa stessa a definirne i contorni. Nell'abitazione si riflettono le risposte che le società formulano ai cambiamenti più generali, ma può divenire essa stessa motivo di cambiamento. Infatti, sempre con riferimento a Castells, è possibile rintracciare le logiche di speculazione caratterizzanti il mercato immobiliare che fanno della "crisi dell'alloggio" un punto di forza, in quanto "bene raro" e influenzano, dunque, la conformazione sociale e spaziale del contesto urbano. In questa direzione, è necessario considerare un'altra problematica (sorta già tra il XVIII e il XIX secolo) che trasforma la "questione abitativa" in una "questione sociale": l'abitazione costituisce anche un "problema da risolvere" derivante dalla consistente domanda di essa. Inoltre, inizia a legarsi a problematiche spiccatamente urbane e politiche: presenza di infrastrutture, servizi, strade e di spazi pubblici, gestione del bene comune. Tali criticità assumono un peso sempre maggiore nel XIX secolo quando esplode la "questione delle abitazioni" che diventa anche "questione sociale" (Tosi, 1994a). Secondo Tosi il nuovo ruolo assunto dallo Stato in Europa tra il XV e il XVIII secolo, divenuto sempre più assistenzialista in ambito sociale, ha occupato il vuoto lasciato dalle comunità imponendo un nuovo sistema culturale che si inscrive all'interno del "progetto moderno". L'abitazione all'interno di tali trasformazioni, sia in termini culturali sia funzionali, diviene uno spazio articolato al suo interno (in base alle funzioni) e distinto rispetto allo spazio lavorativo. All'interno di uno spazio composito e diviso in base a funzioni specifiche si creano nuovi valori sociali legati al concetto di intimità familiare. Si tratta di un modello che si afferma molto lentamente e si diffonde soprattutto a partire dal XVIII secolo. In questo senso, dunque, si può parlare di "comunità familiare" che prende forma all'interno di un nucleo intimo e privato, e difende il proprio spazio rispetto all'ambiente circostante. Come mette in evidenza Tosi, l'architettura assume, da questo momento, una funzione regolativa che attribuisce agli spazi della casa significati ben precisi e accanto a questi, determinati "valori morali" che si traducono in una chiusura della vita domestica in una dimensione privata (espressione di "riserbo"), e una divisione interna degli spazi a cui si legano valori e funzioni. È questo, inoltre, il momento in cui si gettano le basi per formulare i termini dell'intervento pubblico per risolvere la "questione delle abitazioni" (in particolare, attraverso, un approccio quantitativo), focalizzandosi sulle "condizioni igieniche" e sulla "dignità umana" da preservare: "il miglioramento delle condizioni abitative viene visto come un rimedio alla crisi sociale" (Tosi, 1994a).

Accanto alla definizione della problematica riguardante il rapporto "paesaggio urbano - architettura" (che verrà approfondito nei paragrafi successivi) è importante porsi alcuni interrogativi sulla relazione tra il singolo individuo e l'abitazione. All'interno dell'abitazione sembra riflettersi, infatti, l'intenzione

favore di canoni estetici. Seguendo questa logica si potrebbe affermare che sia il paradosso "libertà/uniformità" a racchiudere la contraddizione della metropoli. Il cittadino della metropoli ha una maggiore apertura mentale e di vedute, è più libero e indipendente, ma allo stesso tempo è solo, privo per lo più di legami affettivi e di "relazioni intime", indifferente e uniformato (2004: 346).

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da parte dell'individuo di riversare interamente la propria "identità" e di rendere sempre più personale lo spazio domestico (Rami Ceci, 2000). È utile riferirsi ancora una volta a Tosi che interpreta la casa della società tradizionale come luogo di integrazione tra la sua funzione dell'abitare e quella di sistema culturale. Inoltre, in essa si verifica, più spesso, una maggiore vicinanza, se non corrispondenza, tra chi vive nella casa e chi la produce. Nella società moderna, al contrario, si perde il rapporto produttore-abitante per rispondere a un criterio di razionalità e universalismo dettato dal "progetto moderno" (1994a: 23). A questo punto si spiega la contraddizione tipicamente urbana, finora descritta, anche in ambito abitativo: la casa prodotta in termini di mass housing (ispirato al Movimento moderno del XX secolo) è il frutto, da un lato, di un processo di standardizzazione che tende, dunque, all'omogeneità estetica e funzionale delle abitazioni; dall'altro, della volontà personale degli attori che immettono all'interno di tali cornici strutturali identiche, il loro privato esprimendo sia la propria diversità sia il proprio (potenziale) isolamento. All'interno di tale contraddizione si inserisce la casa del XXI secolo che si presta a molteplici definizioni perché molteplici sono le esigenze che gli individui tentano di soddisfare al suo interno. Si tratta sempre più di una "casa individuale" che risponde alle necessità di flessibilità della società contemporanea. La "casa flessibile" può divenire un "luogo di passaggio", un "luogo di sosta momentanea", un "luogo in cui stazionare", a seconda delle necessità lavorative e abitative di chi la vive. Risulta complesso fissare le funzioni della casa del XXI secolo all'interno di categorie rigide, proprio a causa del suo carattere mutevole e in continuo divenire. All'interno di tale quadro articolato si distinguono alcuni tentativi da parte di minoranze di ri-attribuire un significato all'abitazione, come accade nell'esempio del cohousing (e, più in generale, di tutte le "comunità intenzionali" quali eco-villaggi, condomini solidali, cooperative, comunità religiose- spirituali) in cui gli individui sentono la necessità di ridefinirsi e, persino, di mettere per iscritto, all'interno di "manifesti", la descrizione di sé stessi e della missione prescelta. Secondo Chiodi il principio alla base delle nuove espressioni comunitarie risponde alle esigenze dettate dalla "condizione di spaesamento dell'epoca post-moderna" (2012: 32). Per Meijering, Huigen e Van Hoven le comunità intenzionali" incarnano il tentativo di adottare uno stile di vita condiviso alternativo rispetto al

mainstream della società contemporanea (2007). Sargisson si riferisce alle "green intentional

communities" definendole come gruppi che condividono un'opinione rispetto "a ciò che è sbagliato nella società contemporanea" e propongono una soluzione alternativa (2007). Il cohousing, nello specifico, rappresenta un modello che intende (almeno a un livello teorico) sostituirsi alle "pratiche di rete" di aiuto reciproco (materiale e immateriale) che si instaurano tra familiari, attuando quella che Tosi definisce un'"economia di tipo informale"90, fatta di scambi "gratuiti" e di "pratiche di auto-

produzione". L'abitazione è un elemento fondamentale di tale rete, perché è il luogo all'interno del quale tale economia si realizza (1994a). Secondo Jarvis, infatti, il cohousing rappresenta una risposta all'individualismo e all'"eccessiva" ricerca della privacy della società contemporanea, attraverso la creazione di un sistema di condivisione materiale (di spazi, attività e scambi concreti) e immateriale (di valori e di supporto reciproco) (2011). Sargisson evidenzia il tentativo di "uscire dall'isolamento" tipico dei "normali" quartieri da cui i cohouser intendono "fuggire". Field, intervistato sull'argomento, afferma a tale proposito:

"Io personalmente credo che sia un problema delle città [...] e degli stili di vita contemporanei, perché lo stile di vita contemporaneo è tutto focalizzato sull'individualità... Individualità... Individualità...

90 Lo scambio informale secondo Philip Abrams si distingue rispetto a quello formale perché "formal care is

provided within the ambit of bureaucratically structured agencies; it is a matter tasks to be performed by specified persons whose work it is to carry out such tasks, within an overt hierarchy of accountability. By contrast, informal care is rooted not in commitment to tasks but in attachment to persons; it is a property of relationship, not of jobs [...]. Relatives in general assume the main burden of informal caring, but friends and neighbours also perform important tasks (in Bulmer, 1986: 4).

Dott.ssa Maria Laura Ruiu 64 Individualità... Individualità... La famiglia individuale... La casa individuale [...]. Nelle grandi città ci sono tante persone [...] tutte insieme [...]. C'è una distanza troppo grande tra le persone... E la città [...] offre il contesto ideale perché tali distanze si realizzino [...]. Il contesto urbano [...] rende estranei e aggiunge estraneità su estraneità [...]. Il cohousing è per le persone che cercano di fermare questo modo di vivere. Potrebbe essere idealistico, romantico... È un assaggio della vita di paese... È un'idea romantica, ma non è sbagliata... È raggiungibile" (Intervista a Martin Field, 2012).

Field mette in evidenza la necessità, da parte di gruppi organizzati, di ricreare intenzionalmente un senso comunitario, che per quanto "romantico e idealista", sia concretamente in grado di proporre "un assaggio" della vita della piccola comunità e di contrastare il forte individualismo che caratterizza la città contemporanea.

I.2 Il concetto di Comunità nella Sociologia

Per verificare se il concetto di comunità possa essere applicato allo studio del cohousing, è interessante riferirsi alle teorie che si sono impegnate nella sua definizione, spesso espressa nei termini della contrapposizione con la società. La dicotomia comunità/società assume, talvolta, i caratteri dell'antitesi campagna/città, ricollegandosi a tale contrapposizione. Si intende osservare se il "nuovo" tipo di "comunità cohousing" rappresenti un tentativo di risposta all'"individualismo" di cui si è trattato nel paragrafo precedente. È necessario specificare, fin dal principio, che l'uso del termine "comunità" può indurre a fraintendimenti data la ricchezza di significato che in esso si concentra91, per questo è

importante riferirsi alle principali teorie che si sono impegnate nella sua definizione, per comprendere se alcuni dei suoi caratteri possano essere applicati al fenomeno oggetto di studio. Inoltre, le relazioni di tipo comunitario sono tradizionalmente connesse all'abitare e agli effetti prodotti da tale attività sullo spazio pubblico circostante e sui rapporti instaurati tra le diverse popolazioni presenti (Castrignanò, 2009).

I contorni della dialettica comunità-società sono tracciati da Ferdinand Tönnies che descrive la comunità come il prodotto di relazioni differenti: l'embrione della Gemeinschaft è contenuto già nei rapporti di parentela, derivanti da legami di sangue, che trovano la loro massima espressione nelle relazioni tra madre e bambino, tra coniugi, tra fratelli e sorelle. Infatti: "la radice generale di questi rapporti è la connessione della vita vegetativa mediante la nascita" (Tönnies, 2011: 33). Tali legami trovano la loro sede di espressione all'interno della casa condivisa: "la parentela ha la casa come sua sede, e per così dire come suo corpo" (Tönnies, 2011: 39). Tra le relazioni che favoriscono la formazione di una comunità di carattere "familiare", Tönnies identifica i rapporti di "luogo" e di "spirito" (Berti, 2005: 18): i rapporti di luogo si realizzano all'interno delle relazioni di vicinato, quelli di spirito nell'amicizia (si tratta di un'espressione tipica del contesto urbano)92. Una caratteristica

fondamentale su cui la comunità si basa è la "comprensione" ("consensus") che funge da collante del gruppo perché si basa su un "sentire comune e reciproco" dettato da una "volontà essenziale" (Tönnies, 2011) e permette la convivenza e il reciproco scambio. Al contrario, nella Società (Gesellschaft), nonostante si ritrovino alcune caratteristiche della comunità (per esempio, i gruppi di individui vivono in relazioni di vicinato), non si realizzano le stesse logiche e gli individui vivono separati gli uni dagli