Capitolo I. The Community Project, Laughton Lodge
Progetto 2. Case monofamiliar
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Fotografia 1. Shawfield. Soggiorno/libreria comune Fotografia 2. Shawfield. Sala comune polifunzionale
Fotografia 3. Shawfield. Cucina comune Fotografia 4. Shawfield. Sala giochi 1
Fotografia 5. Terreno antistante le ville monofamiliari
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Fotografia 7. Spazio gioco Fotografia 8. Spazio animali
Fotografia 9. Ingresso comunità
Fotografia 10. Parcheggio
Fotografia 10. Servizio bike sharing
I.4 Processi decisionali e partecipativi
La Community Project è un cohousing autogestito che si occupa di tutti gli aspetti della vita della comunità. Infatti, all'interno esiste un sistema di divisione del lavoro (anche se non rigidamente regolato), di produzione di alimenti, meccanismi di auto-finanziamento, gruppi che si occupano di garantire i servizi anche all'esterno a costi limitati:
Dott.ssa Maria Laura Ruiu 145 "Noi gestiamo tutti gli aspetti della comunità, abbiamo un aiuto dall'esterno per quanto riguarda gli aspetti più strettamente finanziari e legali. Noi ci occupiamo dell'edificio in comune, della terra, di procurare le risorse" (Abitante 6, The Community Project, 2011).
L'intera comunità si riunisce una volta al mese per "prendere le decisioni" e definire gli aspetti organizzativi interni:
"[...] quello che si incontra una volta al mese è il gruppo principale per prendere decisioni che riguardano tutti" (Abitante 3, The Community Project, 2011).
Accanto al gruppo principale che è composto da tutti coloro che hanno acquisito un "lease" (un diritto di superficie di 999 anni) su una casa, esistono sottogruppi che sono finalizzati alla suddivisione del lavoro interno. Ogni membro è invitato a prendere parte a uno o più sottogruppi per occuparsi di mansioni specifiche. Ogni unità presenta, infatti, al meeting generale le proprie proposte e si decide collettivamente:
"Abbiamo una serie di sottogruppi che si occupano di mansioni differenti, degli aspetti finanziari, della manutenzione, di questo edificio, e ognuno prende decisioni specifiche relative al proprio campo e poi le porta all'interno del gruppo principale. Ognuno può decidere di entrare in uno di questi gruppi o lavorare in maniera indipendente o fare entrambe le cose. Io faccio entrambe" (Abitante 3, The Community Project, 2011).
Tali sottogruppi nascono spontaneamente dall'accordo di più famiglie che decidono di collaborare per gestire un'attività, per coltivare un orto, per comprare animali etc.. Esistono, ad esempio, numerosi orti coltivati da gruppi di famiglie i cui prodotti in eccedenza possono essere scambiati con altri beni all'interno:
"È molto informale, la cosa ufficiale è che se un gruppo vuole costituire un club perché ama i maiali e vuole comprare i maiali deve sedersi a un tavolo e mettere per iscritto una proposta alla comunità" (Abitante 2, The Community Project, 2011).
Il processo decisionale avviene per "consenso unanime", in quanto si vuole garantire che le relazioni all'interno del gruppo siano armoniose attraverso il dialogo che porti alla realizzazione degli interessi comuni:
"Noi non votiamo: se ci sono 10 persone e si decide di andare al voto e sette votano sì e tre no, le sette hanno vinto e le tre hanno perso. Noi operiamo con il consenso di tutti, tutti dobbiamo essere d'accordo. Qualche volte se [...] solo uno è in disaccordo la decisione passa ugualmente, perché uno è troppo poco. Ma se più di uno è in disaccordo diventa un problema perché noi vogliamo che tutti siano d'accordo prima di fare qualsiasi cosa" (Abitante 2, The Community Project, 2011).
Nel caso in cui vi siano più soggetti in disaccordo, si applica il sistema della votazione a maggioranza. I cohouser sottolineano che la votazione rappresenta per loro la soluzione estrema che si adotta solo nel caso in cui si proponga di modificare lo "statuto" della comunità:
"Se il problema diventa serio, abbiamo previsto nel sistema di regole della società, di poter andare al voto, ma se il problema è davvero serio, ovvero se qualcuno vuole cambiare i principi base della comunità, della proprietà. Altrimenti usiamo il consenso" (Abitante 2, The Community Project, 2011).
In realtà, non è mai stato necessario ricorrere alla votazione perché si è riusciti sempre a trovare una soluzione e un punto di incontro tra i cohouser mediante il dialogo:
Dott.ssa Maria Laura Ruiu 146 "È intenzione di tutti dare agli altri ciò che desiderano, nei limiti del possibile chiaramente. Ok, però, se tu hai i maiali e dopo sei mesi i maiali girano ovunque ed entrano a casa degli altri, non possiamo lasciare che questo accada [...]. Noi vogliamo che tutti siano d'accordo prima di fare qualsiasi cosa, questo è il sistema che usiamo" (Abitante 2, The Community Project, 2011).
Anche se all'interno della comunità non si è mai ricorsi al voto, nonostante le grandi dimensioni, il sistema del consenso è considerato dai cohouser molto complesso, perché comporta il dispendio di energie e di tempo per riuscire a individuare una soluzione comune. Allo stesso tempo, è ritenuto, da chi ne fa uso, il sistema migliore perché si decida democraticamente:
"Qualcuno trova che il sistema decisionale per consenso unanime sia più complesso di altri, io credo, invece, sia una cosa buona. Potrebbe essere molto più semplice... Il consenso unanime è molto importante perché, se così non fosse, alcuni potrebbero sentirsi scontenti. Io non lo trovo particolarmente complesso [...]. Nella nostra costituzione è previsto anche il voto a maggioranza, ma non è mai stato necessario ricorrervi. Ci siamo andati molto vicino in un paio di occasioni, ma non è successo" (Abitante 16, The Community Project, 2012).
"Noi siamo come un piccolo villaggio, senza alcuna gerarchia ma forse è uno svantaggio. Ognuno qui è molto democratico. Questa è una cosa fantastica, anche se qualche volta, forse, sarebbe meglio ci fosse un leader che coordina e gestisce ciò che succede. Infatti, ogni tanto ci perdiamo tra le discussioni e in questi casi sarebbe meglio avere un leader" (Abitante 2, The Community Project, 2012).
Coloro che vivono all'interno della Community Project, sono per lo più "proprietari" di un'abitazione. Ognuno può decidere di affittare una camera all'interno della propria casa e di ospitare "esterni" nelle "stanze per gli ospiti" presenti nella casa comune. Durante il primo soggiorno nella comunità, per esempio, in una camera dell'edificio in comune alloggiava un ragazzo che aiutava i cohouser a costruire le "uscite di sicurezza" nell'edificio comune. Inoltre, è stato intervistato un ragazzo che vive in un appartamento della comunità da circa due anni e paga un affitto agevolato in cambio di attività lavorative, ma non fa parte della "società" e non partecipa ai meeting. Se, da un lato i cohouser hanno offerto al ragazzo la possibilità di vivere nella comunità a un prezzo agevolato, in cambio di lavoro, dall'altra, la sua presenza testimonia la mancata partecipazione dei cohouser alla cura degli spazi comuni e la necessità di rivolgersi a un "esterno":
"Qualcuno ha pensato che non ci fosse nessuno che si prendesse totalmente cura di questo edificio (Shawfield) che la comunità amava, ma era un po' vecchio e richiedeva molte responsabilità: le persone entravano qui e dimenticavano le luci accese tutta la notte, o lasciavano in giro molte cose. C'erano diversi problemi e hanno avuto la brillante idea di chiedermi di fare da custode, di vivere e lavorare qui per prendermi cura dell'edificio in comune [...]. Questo [l'appartamento in cui vive] era lo spazio per i bambini e i muri erano dipinti con delfini, arcobaleni. Ho pensato che sarei potuto venire a vivere qui, [...] quindi abbiamo diviso le stanze, dipinto i muri, abbiamo creato la stanza per i bambini, una piccola cucina, una camera da letto, questa stanza qui. Dobbiamo usare il bagno in comune, è dura qualche volta, ma va bene [...]. Pago un affitto molto economico e lavoro 5 ore alla settimana" (Abitante 18, The Community Project, 2011).
L'arrivo del ragazzo è stato considerato dai cohouser di aiuto alla comunità in quanto si prende cura dell'edificio in comune, offre assistenza agli "ospiti esterni" preparando le camere da letto e garantisce la pulizia e l'ordine:
"Prima che lui arrivasse era difficile mantenere l'edificio pulito. Lui lavora per noi, ma non è un vero e proprio lavoro [...]. Cerca di contenere i disastri!" (Abitante 1, The Community Project, 2011).
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Anche se da parte dei cohouser intervistati si rivela la volontà di considerare il ragazzo (e i suoi figli) parte della comunità, gli affittuari non possono prendere parte al processo decisionale e questo può divenire un motivo di "disagio":
"Vivere in questo edificio è un po' diverso per me perché io sono un affittuario, e qualche volta mi sento diverso, sono il più giovane, gli altri sono tutti proprietari. Certe volte mi sento semplicemente come uno che lavora qui. Magari per loro non è così, ma io mi sento in difetto, in una posizione instabile" (Abitante 18, The Community Project, 2011).
I servizi in comune sono possibili grazie anche alle entrate che provengono dall'affitto dei locali (all'esterno e all'interno) e a un sistema di auto-tassazione. La quota che ogni famiglia deve versare viene calcolata in base alla dimensione della propria abitazione:
"Ogni anno paghiamo una quota per la manutenzione, così, le entrate che derivano dagli affitti dei servizi servono a ridurre questa quota" (Abitante 3, The community Project, 2011).
"Alla fine dell'anno ci riuniamo per stabilire il budget dell'anno successivo e ogni gruppo propone come spendere il denaro. È un processo molto lungo: una parte dei soldi proviene dagli affitti degli spazi, per esempio per matrimoni; l'altra è calcolata in base ai metri quadri. Ognuno paga 1 pound e 10 cent per metro quadro all'anno che servono per la manutenzione, il riscaldamento e la gestione dei servizi in comune. Questo è il nostro sistema" (Abitante 2, The Community Project, 2011).
I.5 Processi di socializzazione nella comunità
All'interno della Community Project si organizzano attività al fine di alimentare i processi di socializzazione e di promuovere il lavoro collettivo. Di solito, si tratta di eventi aperti anche a potenziali fruitori esterni che, a seconda delle attività scelte, pagano una quota per farne parte. Si tratta di corsi di danza, organizzati da un coreografo che vive all'interno della comunità, di musica, di sport. Inoltre, è prevista una cena comune settimanale che segue le regole del potluck, ovvero ognuno partecipa portando una pietanza già pronta da condividere con gli altri:
"Ognuno porta qualcosa, questo è il significato di potluck, è una tradizione degli indiani d'America" (Abitante 2, The Community Project, 2011).
La Community Project, rispetto alle altre comunità prese in esame (come si approfondirà in seguito) si incontra con una frequenza inferiore per condividere i pasti comuni. Inoltre, poiché si tratta di un
potluck, non esiste un sistema di turnazione per stabilire l'ordine dei gruppi impegnati nella cucina.
Questo, probabilmente, limita ancora una volta le occasioni di incontro e di condivisione da parte dei cohouser. Infatti un'abitante sottolinea:
"In molti cohousing [gli abitanti] si incontrano per cena molto più spesso, diverse volte alla settimana. Credo che questa sia una mancanza da parte della nostra comunità perché ci incontriamo solo una volta alla settimana. In molte comunità cohousing [...] prima di entrare a far parte della comunità devi sottoscrivere la tua disponibilità a cucinare insieme o a rotazione, è richiesta la tua disponibilità a partecipare alla cucina. Non è necessario che tu mangi insieme agli altri, ma è necessario che entri a far parte dei gruppi che cucinano, per cui una volta al mese devi cucinare [...]. Credo sia una buona cosa e credo sia una parte fondamentale che tiene forte e in salute il cohousing: l'avere un policy che riguarda il sistema di rotazione in cucina. È un peccato che noi non lo facciamo qui" (Abitante 1, The Community Project, 2011).
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In realtà, una volta al mese, in occasione della giornata dedicata al lavoro collettivo i cohouser cucinano insieme:
"Abbiamo un pasto in comune che viene preparato insieme e avviene durante la giornata di lavoro, a pranzo, una volta al mese, preparato dalla comunità per la comunità, è preparato da 3-4 persone. Cade sempre di Domenica (Abitante 3, The Community Project, 2011).
Accanto alle attività ricreative si organizzano le giornate dedicate al lavoro, una volta al mese, di Domenica, per permettere all'intera comunità di prenderne parte. Inoltre, come già evidenziato, la comunità è divisa in sotto-gruppi, a cui tutti sono invitati a partecipare, che si occupano di specifiche mansioni e si incontrano regolarmente:
"Ci sono sottogruppi che si occupano della terra, degli orti... Le finanze e l'amministrazione sono molto complicate, abbiamo anche un social group che si occupa di organizzare le feste, i concerti, di onorare le tradizioni, abbiamo molte tradizioni, feste. Ognuno è incoraggiato a entrare a far parte di uno di questi gruppi. Ci si aspetta che questi gruppi si incontrino almeno una volta al mese e che facciano il lavoro programmato intanto. Una volta al mese abbiamo la giornata di lavoro [...] e ogni sottogruppo prepara una lista con tutto il lavoro che è necessario fare e lavoriamo tutti insieme. In realtà tutto ciò è molto informale, non è obbligatorio partecipare agli incontri" (Abitante 1, The Community Project, 2011).
Poiché sia le attività ricreative che quelle lavorative non sono obbligatorie, non si ottiene mai la partecipazione di tutta la comunità:
"Da noi il Venerdì sera partecipa forse un quarto della comunità, e alla giornata di lavoro, la Domenica, forse partecipa la metà della comunità, ma mai tutta. Va bene, funziona lo stesso, ma forse, le persone che non partecipano rimangono un po' disconnesse ed è facile che si riducano a vivere qui, senza far parte della comunità" (Abitante 1, The Community Project, 2011).
Dalla compilazione del questionario (Tabella 7), tra coloro che rispondono, i servizi comuni più usati dai cohouser sono internet, il giardino e la cucina comune, seguite dal soggiorno comune, dal sistema di car sharing, dalla biblioteca, dal sistema di bike sharing. Gli uffici sono usati spesso da tre cohouser perché lavorano al loro interno. È necessario sottolineare che i cohouser hanno libero accesso alla cucina professionale dotata di tutte le utilità. Infatti, durante i soggiorni si é registrato l'uso di questa da parte di cohouser, per preparare pietanze non destinate all'intera comunità. Inoltre, è interessante notare che un cohouser afferma di non accedere mai al soggiorno e in due casi (solo in uno di questi le due risposte appartengono alla stessa persona) alcuni cohouser non sono a conoscenza della presenza di una lavanderia e di una biblioteca all'interno della comunità. Probabilmente nel primo caso la motivazione è riconducibile al generale scarso uso (la lavanderia è usata principalmente per il lavaggio delle cose comuni o degli ospiti); nel secondo caso, la biblioteca non è riconosciuta come tale in quanto fa parte del soggiorno.
Per quanto concerne i servizi di bike e car sharing, nonostante il sistema di condivisione dell'auto avvenga in maniera informale, 12 intervistati condividono, spesso o talvolta, l'automobile e cinque fanno uso del sistema di bike sharing.
Dott.ssa Maria Laura Ruiu 149 What facilities do you use more often
in your Community? Often Sometimes Never not present
kitchen 5 11 - - living room 5 10 1 - library 2 7 4 2 laundry 1 3 8 2 garden 13 3 - - car sharing 2 10 3 - bicycle sharing 2 3 3 - internet 14 2 - - offices 3 - - -
Tabella 7. "Common facilities"
Nonostante all'interno della Community Project non esista una regolamentazione rigida rispetto alla partecipazione ai meeting, è interesse dei cohouser prenderne parte, infatti, dai dati riportati nella
Tabella 8 si comprende che gli intervistati partecipano spesso o talvolta ai meeting decisionali. Inoltre,
affermano di curare gli spazi comuni, di presenziare agli eventi organizzati, di cucinare, di curare l'orto. Infine, dieci rispondenti dichiarano di occuparsi talvolta della cura dei bambini (i sei mai sono legati tutti al sesso maschile) e uno spesso. Per quanto riguarda la gestione del servizio di bike/car
sharing, poiché si tratta di un servizio non "ufficiale" all'interno della comunità, quattro negano
l'esistenza di un sistema di gestione collettivo.
How often do you participate
at following activities in your Community? Often Sometimes never not present
decision meeting 12 4 1 - caring for children 1 10 6 - caring for common stuff 12 4 1 - organization of cultural - recreational activities 2 10 4 - cooking for the community 1 6 9 - manage the car/bicycle sharing - 4 11 4 cultivate garden 12 4 1 -
Tabella 8. "Common activities"
In generale, il grado di soddisfazione dei rispondenti in relazione agli spazi comuni (in una scala da 1 a 7) è 4,9, alle attività ricreative 5,3, ai servizi destinati ai bambini 5,1.
La mancanza di regolamentazione delle attività sembra rappresentare un problema all'interno della comunità. Se non "costretti", alcuni membri non partecipano alla vita comunitaria e questo compromette il funzionamento generale causando un allontanamento dei membri meno attivi.
Come si è già sottolineato, l'edificio comune, nonostante sia dotato di ampi spazi e di numerosi servizi, non viene sfruttato "casualmente" dagli abitanti che si dirigono al suo interno soprattutto in occasione di particolari eventi o per fare un uso "individuale" della cucina. I cohouser si incontrano spontaneamente, più spesso, all'esterno (infatti, il giardino risulta essere lo spazio di cui i cohouser fruiscono maggiormente), in particolare d'estate. Inoltre, essi stessi ammettono che l'intento della
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comunità di far nascere occasioni informali e spontanee di incontro si è realizzato solo parzialmente. Un'abitante, durante la stesura della mappa, spiega che in estate, quando riposa nel cortile retrostante alla casa, incontra i suoi vicini che sono "di passaggio" con cui chiacchiera, mentre, non incontra mai altri due vicini che, per ragioni di comodità, passano dall'ingresso principale sull'altro lato della strada:
"Ci incontriamo per caso molto di più in estate perché passiamo molto più tempo fuori. Il tempo incide molto sul nostro stare dentro o fuori. È difficile darti una percentuale... Però, io faccio parte del gruppo della manutenzione, il sotto-gruppo... Quindi vado spesso ai meeting e a parlare con loro di qualche lavoro di manutenzione. Per cui li incontro per questo motivo. Quindi, non è esattamente spontaneo, ma li incontro perché ho un motivo. Poi il Venerdì abbiamo il potluck a cui vado [...]. Anche questa non è una cosa spontanea, ma organizzata. Poi partecipo agli incontri mensili, decisionali e lavorativi. Gli incontri spontanei... È difficile dirlo... Forse, prima di venire qui, mi aspettavo che sarebbero stati di più. Ma, forse, è una questione anche di carattere: ci sono persone che bussano alla tua porta per una chiacchierata molto di più di quanto io stessa faccia [...]. Poi, d'estate lasciamo le nostre porte aperte o ci sediamo fuori e c'è una maggiore interazione. Oppure ci sono le persone che lavorano qui e tornano a casa per il pranzo e le vedo andare e tornare e spesso chiacchiero con loro grazie al passaggio. Per esempio J. e S. hanno un altro ingresso dall'altra parte e usano quello il 95% delle volte, quindi, non li vedo mai quando vanno e vengono. Ma vedo gli altri vicini perché devono passare qui. È il design... Loro, ovviamente, preferiscono tagliare da quella parte" (Abitante 1, The Community Project, 2012).
I cohouser, dunque, si incontrano più spesso all'esterno in maniera spontanea che dentro alla struttura designata a questo scopo:
"Io conosco tutti qui, posso bussare a casa di chiunque per chiedere anche solo una tazza di zucchero, impiego dieci minuti per arrivare al parcheggio perché incontro sempre qualcuno che mi chiede - Ciao, come stai, cosa hai fatto, cosa non hai fatto -" (Abitante 5, The Community Prohect, 2011).
Shawfield viene particolarmente frequentato dai bambini e dagli adolescenti della comunità che si incontrano nelle stanze da gioco. In generale, la comunità pare concentrarsi soprattutto sui bambini. Infatti, come già evidenziato, il cohousing è quasi esclusivamente abitato da famiglie con figli e i cohouser dichiarano:
"Se dovessi parlare della mia personale esperienza io sono molto felice qui... È un paradiso per i bambini perché hanno molta libertà e possono andare ovunque" (Abitante 2, The Community Project, 2011). "Per i bambini c'è tanto spazio [...]. Penso sia speciale soprattutto per i bambini, anche per noi, ma loro hanno più indipendenza, la loro immaginazione è libera, possono correre fuori, inventano e realizzano i propri giochi, possono inventarsi qualcosa ogni momento, penso che sia la cosa giusta per loro" (Abitante 14, The Community Project, 2011).
"Prima ne organizzavamo molte di più rispetto a ora [si riferisce alle attività destinate ai bambini], in parte perché i bambini sono cresciuti. Quando J. era più piccola ogni settimana qualcuno organizzava un'attività e soprattutto d'estate c'erano molte attività... In parte perché gli stessi genitori non le organizzano più perché i propri figli sono cresciuti" (Abitante 16, The Community Project, 2012). "Credo sia il modo migliore in cui i bambini possono crescere. Ho pensato che se è stato un bene per me lo sarebbe stato anche per lei. H., semplicemente, si veste e esce fuori a giocare (Abitante 15, The