Capitolo II. The Threshold Centre, Cole Street Farm
Progetto 2. Threshold Centre
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Fotografia 11. Parcheggio Fotografia 12. Strada dal parcheggio alla casa comune
Fotografia 13. Sala meditazione (casa comune) Fotografia 14. Area posta (casa comune)
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Fotografia 17. Stanze ospiti (I piano casa comune) Fotografia 18. Soffitta/deposito (II piano casa comune)
Fotografia 19. Lavanderia/dispensa Fotografia 20. Giardino comune
Fotografia 21. Terreno in affitto Fotografia 22. Terreno in affitto
II.4 Processi decisionali e partecipativi
Data la struttura "diversa" del Threshold Centre rispetto alle comunità cohousing diffuse in Gran Bretagna, è interessante soffermarsi sul sistema organizzativo in merito al processo decisionale. Infatti, la comunità è costituita da proprietari di abitazioni, da semi-proprietari e da affittuari. Normalmente, all'interno del cohousing, gli shareholder sono anche i proprietari dell'abitazione, ma, nel caso specifico, anche i "semi-proprietari" diventano shareholder e hanno diritto a un voto. Inoltre, l'Housing Association gestisce un'azione per ogni abitazione in affitto, ma concede il diritto di voto agli affittuari. Come all'interno della Community Project, il Threshold Centre è suddiviso in sotto-
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gruppi che si occupano di materie specifiche e che, in occasione degli incontri generali, formulano le proprie proposte a tutta la comunità. Un'abitante spiega il meccanismo di funzionamento dei meeting decisionali:
"C'è un meeting mensile riguardante il processo decisionale che si svolge ogni primo sabato del mese e dura di solito dalle nove e mezza all'una e mezza. Quindi abbiamo un incontro mensile. Poi abbiamo una serie di sottogruppi che si occupano di finanza, giardinaggio, amministrazione, educazione... Sono 13 o 14... Cerchiamo di aderire ad almeno 3 o 4 gruppi contemporaneamente. Ogni gruppo si riunisce per decidere cosa fare a prescindere dall'incontro mensile ufficiale. Poiché non si tratta di un grande gruppo, costituito da 20 persone, ma di piccoli gruppi, non devono trascorrere ore a discutere. Poi un rappresentante del gruppo fa la proposta durante la riunione mensile agli altri sperando che tutti gli altri dicano semplicemente che sono d'accordo. Qualche volta, però, non tutti sono d'accordo e, quindi, nascono discussioni e il sottogruppo deve rivedere i propri progetti. L'incontro mensile serve ad approvare le proposte" (Abitante 4, Threshold Centre, 2012).
Nonostante le dimensioni ridotte del gruppo, spesso, diventa complesso trovare un accordo tra i membri e, anche in questo caso, è possibile ricorrere al voto a maggioranza:
"Io mi ritrovo immediatamente con il gruppo iniziale perché abbiamo un background molto simile: siamo cresciuti negli stessi anni, abbiamo quasi la stessa età, interpretiamo allo stesso modo la vita, siamo interessati alla spiritualità e alla meditazione, quindi è molto più semplice. Quando arrivano nuove persone più giovani, è difficile trovarsi d'accordo, hanno un modo differente di affrontare la vita e il cohousing. Io sono profondamente legato al gruppo iniziale, mentre ad altri no, probabilmente perché non abbiamo molto in comune" (Abitante 3, Threshold Centre, 2012).
"Non voglio dire che ogni cosa qui sia perfetta: qualche volta, quando dobbiamo prendere le decisioni importanti, il consenso può divenire difficile" (Abitante 2, Threshold Centre, 2012).
Il sistema decisionale adottato è il consenso unanime per cui tutti gli abitanti devono approvare le decisioni. Nel caso in cui non si riesca a trovare un accordo tra tutti i membri è possibile ricorrere al voto a maggioranza. Il Threshold Centre cerca di ridurre al minimo l'utilizzo di questo sistema, ma, a differenza della Community Project, è ricorso, anche se raramente, al voto. Infatti, anche gli abitanti del Threshold Centre ritengono che il sistema del consenso sia molto complesso perché, spesso, comporta lunghe discussioni e numerosi incontri prima di arrivare a una decisione finale collettivamente approvata:
"Noi usiamo il sistema del consenso collettivo. Quando le condizioni sono tali da non permettere di raggiungere un accordo usiamo il sistema del voto a maggioranza. Ma cerchiamo davvero di evitarlo perché se tu procedi in questa maniera qualcuno si può sentire perso, può non supportare più il gruppo e diventare potenzialmente un sovvertitore anche delle altre decisioni" (Abitante 4, Threshold Centre, 2012).
"Non è sempre facile. Dipende da quanto tu sei attaccato ai tuoi principi e quanto sei disposto a sacrificare le cose meno importanti per quelle più grandi" (Abitante 2, Threshold Centre, 2012).
Un abitante spiega quanto possa essere complesso vivere all'interno di una comunità in cui ogni decisione deve essere condivisa collettivamente anche nel caso si tratti di interventi minori nelle aree comuni che possono apparire al singolo non necessariamente oggetto di discussione nei meeting generali:
Dott.ssa Maria Laura Ruiu 183 "Il consenso unanime non è sempre facile e spesso mi causa problemi perché devo spiegare che cosa, secondo me, è necessario fare e che cosa no... E qualche volta devo rendere conto del che cosa e del perché faccio o penso certe cose. Io faccio parte del team della manutenzione per esempio, e quando qualcosa non funziona e cerco di porre rimedio, ogni tanto viene qualcuno da me e mi chiede - Perché hai fatto questo? - Sai, mi piacerebbe che ogni tanto le persone semplicemente si fidassero di quello che faccio perché so che cosa va fatto. Questo è frustante perché vivere in una comunità dovrebbe significare che, se voglio fare qualcosa, il gruppo che mi sta di fronte mi incoraggia e mi permette di farlo [...]. Ma non è solo frustrante, si impara molto sulla vita di comunità" (Abitante 3, Threshold Centre, 2012).
All'interno della comunità, dunque, il consenso unanime viene giudicato come opportuno perché permette ai cohouser di confrontarsi e di decidere collettivamente cercando di individuare soluzioni che soddisfino "tutti", ma, allo stesso tempo, molto problematico perché costringe a lunghe discussioni e comporta, comunque, che qualcuno "sacrifichi" in parte le proprie intenzioni a vantaggio della comunità. Inoltre, l'obbligo di "mettere ai voti" qualsiasi decisione, anche minore, limita la "libertà" decisionale dei singoli. Il sistema del voto rappresenta una soluzione secondaria che è ritenuta dai cohouser "rischiosa" perché potrebbe compromettere lo stato di salute del gruppo in quanto implica l'assenza di discussione e potrebbe causare l'indisposizione dei membri che per "vendicarsi" di un "torto" subito potrebbero opporsi a priori anche alle altre proposte.
Infine, anche se non è obbligatorio prendere parte ai meeting si cerca di incentivare la partecipazione sia agli incontri generali che al lavoro dei gruppi che si occupano di tematiche specifiche:
"Ognuno è incoraggiato a entrare a far parte di uno dei gruppi. Ci si aspetta che questi gruppi si incontrino almeno una volta al mese e che svolgano, intanto, il lavoro programmato. Una volta al mese abbiamo la giornata di lavoro a cui partecipano tutti e ogni sottogruppo prepara una lista di tutto il lavoro che è necessario fare e lavoriamo tutti insieme. In realtà [...] non è obbligatorio partecipare agli incontri" (Abitante 7, Threshold Centre, 2012).
II.5 Processi di socializzazione nella comunità
All'interno del Threshold Centre, oltre alla presenza di gruppi di lavoro che si suddividono le mansioni, sono previste numerose attività collettive, alcune aperte anche alla partecipazione degli esterni:
giornate e week end destinati al lavoro; pasti comuni;
"afternoon tea";
pomeriggi dedicati a conoscersi; meditazione;
corsi di educazione all'ambiente; corsi dedicati alla spiritualità.
I cohouser si incontrano due volte alla settimana per consumare il pasto comune (il giovedì e il sabato) che viene preparato da gruppi che si alternano secondo un sistema di turnazione.
Poiché il Threshold Centre nasce come cohousing "sostenibile" da un punto di vista ambientale ed è anche un "centro di educazione all'ambiente", organizza corsi formativi soprattutto in questa direzione, offrendo la propria esperienza come esempio di "comunità sostenibile" e proponendo soluzioni e stili di vita rispettosi dell'ambiente. Inoltre, ogni primo giovedì del mese sono organizzati corsi gratuiti di meditazione; ogni primo sabato del mese (tranne che ad Agosto, Dicembre e Gennaio) sono organizzati gli Open Afternoon Tea a cui sono invitati tutti coloro che vogliono incontrare i residenti e trascorrere un pomeriggio all'interno della comunità.
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La comunità fissa alcuni appuntamenti destinati ai suoi membri per conoscersi reciprocamente e per relazionarsi informalmente. Due pomeriggi al mese, infatti, i cohouser si incontrano per parlare di se stessi con gli altri:
"Condividiamo due pomeriggi al mese di Domenica, dalle 5 alle 6, seduti in cerchio per raccontare cosa sta accadendo nella nostra vita. Ma non si tratta di discutere delle cose di cui parliamo nelle riunioni dei sotto- gruppi o nell'incontro mensile, piuttosto di condividere qualcosa che è più legato alle nostre emozioni e sentimenti o al nostro lavoro etc., per creare una maggiore empatia. Questo è un altro modo attraverso cui gestiamo le cose" (Abitante 4, Threshold Centre, 2012).
Prendere parte alle attività non è obbligatorio, ma, come nel caso dei meeting decisionali, si cerca di incentivare la partecipazione:
"Queste attività non sono obbligatorie, solo il meeting mensile è, per quanto possibile, obbligatorio... Ma le altre cose sono opzionali" (Abitante 4, Threshold Centre, 2012).
Tutti i rispondenti al questionario affermano di partecipare spesso ai meeting decisionali, di curare spesso o talvolta gli spazi comuni (6 spesso, 2 qualche volta), di presenziare agli eventi organizzati (3 spesso, 5 qualche volta), di cucinare (5 spesso, 3 qualche volta), di curare l'orto (6 spesso, 2 qualche volta). I servizi comuni più usati dagli gli intervistati sono la lavanderia e il giardino comune (7 spesso, 1 qualche volta), seguite dalla sala di meditazione (6 spesso), da internet (5 spesso, 2 qualche volta), la cucina (3 spesso, 5 qualche volta), il soggiorno (3 spesso, 5 qualche volta), la biblioteca (2 spesso, 5 qualche volta).
In generale, il grado di soddisfazione dei rispondenti, in una scala da 1 a 7, è 5,4 rispetto agli spazi comuni, 6 per alle attività ricreative e 2 per i servizi destinati ai bambini. Infatti, data la loro assenza non si organizzano attività destinate all'interno, ma soltanto all'esterno (corsi di formazione o attività con le scuole, per esempio).
Inoltre, al di là delle attività programmate si creano numerose occasioni di incontro informale e i cohouser dichiarano di incontrarsi spesso spontaneamente:
"Questo è il framework, ma ci sono un sacco di altre cose anche incidentali: la meditazione [...], magari K. e T. mi invitano per cena o io invito qualcuno. Ci sono un sacco di relazioni formali e informali" (Abitante 4, Threshold Centre, 2012).
"In Inverno ci incontriamo la sera per vedere i dvd tutti insieme [...]. Inoltre, ci sono una serie di occasioni per cui ognuno va a casa dell'altro per il pranzo etc.. Qualcuno fa anche danza. Poi ogni mattina facciamo meditazione" (Abitante 1, Threshold Centre, 2012).
Probabilmente in relazione alle dimensioni ridotte del gruppo e alla condivisione di valori, all'interno della comunità i membri si definiscono vicendevolmente come amici (o quasi) o familiari, ma mai come vicini di casa:
"Sono belle persone, non sono solo vicini, ma amici. C'è qualcosa in più perché noi condividiamo valori" (Abitante 7, Threshold Centre, 2012).
"Io amo le persone che vivono qui, qualcuno di più. Non sono così intima con tutti. Sono una persona abbastanza riservata e non voglio essere coinvolta pienamente con tutti. Io vado molto d'accordo con tutti, ma con alcuni ho poco da condividere. Posso dire di avere delle ottime relazioni con la maggior parte" (Abitante 6, Threshold Centre, 2012).
Dott.ssa Maria Laura Ruiu 185 "Di qui amo come e quanto le persone possono essere aperte, fiduciose, di supporto perché credo che qui ci siano le persone migliori. Devi essere il migliore per vivere in una comunità" (Abitante 2, Threshold Centre, 2012).
"Per me è una seconda famiglia" (Abitante 1, Threshold Centre, 2012).
Anche se una cohouser specifica:
"Penso che si possano collocare le persone che sono attratte dal cohousing in un continuum: a un estremo trovi persone molto riservate che vogliono condividere solo piccole parti della propria vita con gli altri, all'altro persone molto aperte a cui piace condividere un sacco di cose. Quindi, il gruppo deve trovare una soluzione a questa tensione. Qui puoi incontrare persone che si incontrerebbero tutti i giorni della settimana e altre che pensano che due notti siano troppe" (Abitante 4, Threshold Centre, 2012).
Il grado di fiducia e di condivisione da parte dei cohouser è testimoniato anche nella compilazione del questionario: in media i cohouser intervistati dichiarano, in una scala da 1 a 7, di avere fiducia nei confronti dei membri della propria comunità (5,9). Alla richiesta di dichiarare il proprio grado di condivisione, in una scala da 1 a 7, rispetto all'affermazione: "per me il cohousing è come una grande famiglia", gli intervistati sono d'accordo per un valore medio di 6,4. Tale valore è confermato dalla risposta successiva fornita in merito al grado di soddisfazione per le relazioni interne che è 6,6.
All'interno del cohousing, dunque, è possibile individuare differenti tipi di personalità, più o meno orientate alla socializzazione e alla condivisione della propria vita privata. Per i cohouser è necessario riuscire a trovare un compromesso tra le necessità di tutti i membri perché la comunità "funzioni". Per questo, vengono organizzate alcune attività "formali" a cui si è invitati a partecipare, ma altri incontri spontanei sono lasciati alla volontà individuale e alla propensione alla socializzazione.
Per comprendere in che modo i cohouser percepiscono lo spazio pubblico e quello privato, è stato chiesto loro di individuare, prima alcuni spazi pubblici esterni alla comunità (durante la stesura della mappa generale "allargata"), poi di identificare gli spazi pubblici e privati della comunità stessa. In generale, gli intervistati definiscono lo spazio pubblico riferendosi a luoghi differenti aperti all'ingresso di "tutti":
Quando viene chiesto ai cohouser di cerchiare gli spazi pubblici e privati all'interno della comunità, tutti sono concordi nel definire le abitazioni e gli spazi immediatamente prossimi a queste come spazi privati. La casa comune, il prato centrale, la lavanderia, l'edificio contenente il sistema di riscaldamento, il parcheggio sono indicati come spazi pubblici. Un cohouser specifica anche che si tratta di spazi pubblici per la comunità, ma non per gli esterni:
"È pubblico per chi vive nella comunità, ma si tratta di uno spazio privato" (Abitante 3, Threshold Centre, 2012).
Inoltre, in un caso una cohouser esprime difficoltà nel definire gli spazi comuni come pubblici o privati in relazione all'uso da parte dei diversi gruppi o degli affittuari esterni:
"Voglio dire che la stanza da pranzo e gli uffici sono contemporaneamente pubblici e privati perché sono privati per chi affitta una stanza o affitta un ufficio, ma sono pubblici per tutti gli altri. Anche la stanza in cui si fa meditazione direi che è insieme pubblica e privata" (Abitante 6, Threshold Centre, 2012).
Nello specifico, chi rappresenta la casa comune su tre piani indica il pian terreno e l'ultimo piano come spazi pubblici, il primo piano come privato. Inoltre, chi disegna nella mappa gli orti, li indica, per lo
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più, come pubblici: solo in un caso una cohouser segna uno spazio all'interno del terreno come privato perché gestito da un gruppo interno di cinque persone e specifica:
"Questa parte è, in realtà, di proprietà di 5 persone della comunità, quindi sarebbe privata, ma se lo chiediamo possiamo usarla. Diciamo che è insieme pubblico e privato" (Abitante 5, Threshold Centre, 2012).
Lo spazio della casa è descritto dai cohouser come privato e "inviolabile" da parte degli altri membri. Infatti, una cohouser specifica:
"Per me cosa c'è dietro questa porta [indica quella della sua casa], quello che accade qui è affare mio: come pitturo, decoro le mie pareti, a che ora vado a dormire, tutto ciò che non ha un diretto impatto sulla vita dei miei vicini... Certo, non posso ascoltare la musica a tutto volume in qualsiasi momento della giornata, per esempio... Ma quando chiudo la porta tutto ciò che accade qui è affare mio. Così, quando esco fuori da casa e sono parte di un gruppo... Le cose pratiche che riguardano l'amministrazione della terra, delle case, della lavanderia... Queste sono responsabilità condivise dal gruppo. Ma, al di là di questo, la questione riguarda: - Quanto voglio condividere della mia vita privata con il resto della comunità? - Si tratta di qualcosa di molto soggettivo, puoi trovare persone più aperte e persone più chiuse" (Abitante 4, Threshold Centre, 2012).
Se i cohouser indicano una frequentazione quotidiana della casa comune, spiegano di recarsi, in generale, qualche volta a casa dei propri vicini (in un caso spesso). Un solo intervistato specifica in quali abitazioni si dirige qualche volta, mentre nelle altre più raramente.
II.6 Sostenibilità ambientale
Come si è precedentemente sottolineato, il Threshold Centre è anche un "centro di educazione all'ambiente" e organizza corsi formativi offrendo la propria esperienza come esempio e proponendo soluzioni e stili di vita rispettosi dell'ambiente. Di norma, i corsi sono organizzati nel weekend per consentire la massima affluenza e si ripetono nel corso dell'anno. Tra quelli già organizzati se ne possono menzionare alcuni registrati sul sito www.thresholdcentre.org.uk: "Cohousing Workshops" e "Community Experience Weekends" (modalità di costituzione di una comunità sostenibile e cohousing
lifestyle), "Gardening/Work Weekends" (lavoro sul campo in cambio di vitto e alloggio gratuiti),
"Permaculture Course" (corso su principi e strategie ecologiche). Inoltre, in collaborazione con una scuola di Gillingham, gli studenti hanno piantato alcuni alberi da frutto nell'orto della comunità. La coltivazione degli orti avviene seguendo la tecnica della "permacultura" che per i cohouser rappresenta anche una modalità di vita attraverso cui l'uomo può ritrovare un contatto e un equilibrio con l'ambiente:
"La permacultura è un modo di vivere: usi meno risorse e vivi in maniera sostenibile. La parola significa "agricoltura permanente" [...]. Quando sono arrivata qui ho visto che si trattava esattamente di ciò che il Threshold Centre stava facendo" (Abitante 5, Threshold Centre, 2012).
Il "gardening group", che si occupa di gestire e organizzare i lavori di giardinaggio, coltiva i prodotti in un terreno di circa 4000 mq e si serve di una serra all'interno della quale si svolgono anche gli incontri del gruppo e si inaugurano i lavori dei "gardening weekend", durante i quali, poiché partecipano anche "esterni", ci si presenta e si racconta qualcosa di sé e infine, si suddividono le mansioni.
Oltre ai corsi e alle attività collettive, il cohousing è dotato di un sistema di riscaldamento a biomassa centralizzato, di pannelli fotovoltaici (collocati sui tetti di alcune abitazioni), di un sistema di raccolta
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e di depurazione dell'acqua piovana, di strutture eco-compatibili (sistemi di isolamento per evitare dispersione del calore), di un sistema di bike sharing. Tutti i membri si impegnano, inoltre, nel riciclo di materiali che possono essere reimpiegati, nel servirsi presso i negozi locali per evitare lunghi percorsi, nella raccolta differenziata, nell'utilizzo dell'acqua piovana per la coltivazione dei campi, nella realizzazione e nell'uso del compost per rendere fertile il terreno. Inoltre, nel parcheggio è previsto un numero di stalli limitato (uno per abitazione) e i cohouser attuano un sistema di car
sharing per scoraggiare l'uso individuale dell'automobile:
"È stato stabilito che si può possedere solo un'automobile per famiglia" (Abitante 2, Threshold Centre, 2012).
"Qualche volta ricevo un passaggio perché non ho la macchina. Preferisco non usarla" (Abitante 3, Threshold Centre, 2012).
"Puoi prenotare 8 macchine, ma spesso c'è un sistema di passaggi: se vado in città chiedo: - c'è qualcuno che deve andare? - O chiedo io un passaggio" (Abitante 4, Threshold Centre, 2012).
Dalla compilazione del questionario risulta che solo tre intervistati fanno uso del servizio bike sharing qualche volta, un intervistato condivide spesso l'automobile e quattro qualche volta.
Dalla stesura delle mappe risulta, inoltre, che date le distanze che separano la comunità dai luoghi di lavoro o di svago presso cui i cohouser di dirigono più spesso, quasi tutti gli intervistati fanno uso dell'automobile. La maggior parte dei cohouser, infatti, risponde di usare la macchina anche per raggiungere Gillingham soprattutto in relazione al fatto che, spesso, si fermano nella città di rientro da viaggi più lunghi e perché i mezzi di trasporto locali non sono efficienti.
Infine, in relazione alle limitate dimensioni delle abitazioni e per limitare il dispendio di energia, all'interno delle case non sono presenti le lavatrici e quattro di queste sono collocate nella lavanderia comune:
"Coltiviamo ortaggi, frutta, ricicliamo materiali diversi, raccogliamo l'acqua piovana, perché questa parte del paese è più piovosa... Abbiamo estati umide. Abbiamo la serra [...], non abbiamo lavatrici nelle nostre case, ma condividiamo nella lavanderia 4 lavatrici [...]. Oltre al sistema di biomassa, abbiamo il bio disc che ricicla l'acqua di scarico del bagno per immetterla nel ruscello. Il sistema di riscaldamento funziona con il pellet. Abbiamo i pannelli fotovoltaici" (Abitante 2, Threshold Centre, 2012).
Nonostante il rispetto dell'ambiente rappresenti uno dei principi fondamentali su cui la comunità si è costituita, non tutti i membri sono concordi nel definire questo come motivo principale alla base della propria scelta di vivere all'interno di un cohousing. Infatti, alla domanda "credi che l'ambiente sia alla