Capitolo I. The Community Project, Laughton Lodge
over 65 è più alta rispetto al South Est e all'Inghilterra (Figura 5) mentre si abbassa la percentuale d
età compresa tra i 16 e i 64 di 5 e 6 punti.
Figura 5. Fonte dati: Office for National Statistics, 2012.
Anche dalla compilazione del questionario emerge che la comunità è composta principalmente da famiglie e coppie con figli: undici intervistati sono sposati, tre conviventi, due non sposati, uno separato e uno divorziato. Tredici rispondenti, inoltre, dichiarano di avere due o più figli: tredici hanno figli minorenni (in un caso si tratta di un genitore separato, in due di coppie conviventi); quattro hanno un figlio adulto (3 coppie sposate e un single). Nessuno dichiara di vivere solo.
Come si è già evidenziato le famiglie hanno un reddito che si colloca a un livello medio-alto: un cohouser dichiara un reddito annuale compreso tra i 10.0001 e i 15.000£, tre hanno un reddito compreso tra i 15.001 e i 30.000£, nove hanno un reddito tra i 30.001 e i 70.000£ e quattro hanno un reddito che supera i 70.000 (uno non risponde). Solo in un caso, il reddito compreso tra i 10.0001 e i 15.000£ è associato all'affitto dell'abitazione (un ragazzo che ha in affitto l'appartamento nella casa comune). Quindici intervistati lavorano, due sono casalinghe, uno è pensionato e uno è semi-
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pensionato. In sei casi gli intervistati lavoratori svolgono un'attività indipendente (tre libero professionisti, due freelance, un imprenditore), quattro intervistati dichiarano di essere lavoratori part- time e quattro full-time (uno non risponde)212.
Per quanto concerne il titolo di studio, si colloca a un livello alto. Infatti, dieci rispondenti sono in possesso della laurea, cinque di un titolo post lauream, uno possiede due lauree, uno il diploma e, in un solo caso, un cohouser afferma di non possedere alcun titolo di studio.
Probabilmente in relazione all'omogeneità interna della comunità (perché composta per lo più da famiglie) il valore medio di condivisione da parte degli intervistati, in una scala di valori da 1 a 7, delle affermazioni: "nel mio cohousing dovrebbero esserci più anziani" è 4,7; "studenti", 4,1; "giovani coppie non sposate", 5,2; "single", 4,9; "coppie omosessuali", 6,8. Nel caso dei bambini, probabilmente in relazione alla loro numerosa presenza, il valore di condivisione scende a 3,5 (Tabella 3).
I have no problem to share my space with: Valori medi di risposta (scala 1-7)
elderly 4,7
students 4,1
children 3,5
young unmarried couples 5,2
single 4,9
homosexual couples 6,8
Tabella 3. "Opinions"
Per quanto concerne la forma legale, la comunità è riconosciuta come società "limited by guarantee"213
e, come spiega un'abitante, ogni socio acquista il "diritto a usufruire" di una casa per 999 anni:
"ognuno [...] è proprietario della casa mediante un comodato d'uso di 999 anni, ma è allo stesso tempo amministratore della società" (Abitante 1, The Community Project, 2011).
Ogni abitante fa parte contemporaneamente della "società" che gestisce l'intera proprietà del sito ed è proprietario della propria abitazione. Ciò significa che tutte le decisioni che riguardano l'esterno della propria abitazione devono essere prese collettivamente.
La vita interna è organizzata secondo un calendario "ufficiale" che prevede: un incontro mensile decisionale; un incontro previsto ogni prima domenica del mese per il "work day"; un incontro ogni venerdì per il "potluck" (la cena in comune). Non è obbligatorio per i cohouser partecipare a tali attività, ma normalmente quasi l'intero gruppo prende parte agli "incontri decisionali" perché si discutono gli interessi collettivi, ma non tutti, come si approfondirà in seguito, partecipano alla cena settimanale e alla giornata dedicata al lavoro.
Anche se i cohouser sono liberi di vendere la propria casa, esiste un sistema che ne regola la vendita. Infatti, la comunità ha stabilito che il prezzo debba essere fissato e "bloccato" in base alla valutazione. Il venditore si deve attenere alla cifra stabilita, per evitare che l'acquirente venga scelto esclusivamente in base alla sua offerta. Inoltre, per i primi tre mesi si applica il principio del "vicinato elettivo": sono i cohouser a scegliere il possibile nuovo membro in base alla sua "capacità" di entrare a far parte del
212 Si ricorda che la media di reddito familiare pro-capite dell'East Sussex nel 2009 è 16397£ (lordi), del South
Est (17292£) e dell'Inghilterra, 15545£ (Office for National Statistics, 2012).
213 I membri sono "limitatamente responsabili senza titoli azionari" e i soci possono "garantire semplicemente
l'adempimento a titolo di conferimento senza versare nulla sino allo scioglimento della società" (Ricciardiello, 2008: 11).
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gruppo. Infatti, gli interessati ad acquistare la casa devono prendere parte ai meeting, alle cene in comune e alle "giornate di lavoro". Viene, quindi, valutata la loro capacità di inserimento nel contesto comunitario. In realtà, tale processo si verifica molto raramente perché il periodo di "valutazione" è limitato a tre mesi e quasi mai si riesce a individuare un acquirente in tempo. Allo scadere dei tre mesi, il singolo può decidere di vendere a chi preferisce (escludendo, però, il vantaggio economico, come criterio di scelta). Come spiegano gli stessi abitanti, si tratta di una "questione di principio", perché, anche se quasi mai si riesce a fare una "scelta", si vuole difendere l'idea che chi entra a far parte della comunità deve sentirsi "membro attivo" di questa:
"Per i primi tre mesi, se ho deciso di vendere, devo informare la comunità che sto per vendere e la comunità deve in un mese arrivare a fare la valutazione del prezzo. Una volta che la valutazione è stata fatta, la comunità ha tre mesi per trovare una persona adatta. È nostra responsabilità individuare due o tre persone per poi scegliere chi è più adatto a rispondere ai bisogni del momento. Se in tre mesi non riusciamo a trovare nessuno, chi vende può decidere il compratore che preferisce. In verità non funziona così perché tre mesi sono troppo pochi, quindi, solo due o tre volte abbiamo espresso la nostra preferenza. È il principio di scegliere le persone più adatte e di non accettare qualsiasi persona, che conta" (Abitante 1, The Community Project, 2011).
Tutte le regole riguardanti la struttura legale, l'accesso al processo decisionale, la vendita e la vita della comunità, sono scritte all'interno di un documento ufficiale che regola il funzionamento della società:
"Il documento legale è diverso rispetto a quello della maggior parte delle normali abitazioni, perché questa non è una normale abitazione. Se qualcuno arriva [...] e ritiene che la comunità sia soltanto un posto amabile nel paese, ma non ha nessun reale coinvolgimento nella vita in comune, una volta che ha compreso esattamente il documento, e capisce ciò che deve fare: essere coinvolto, lavorare, essere impossibilitato a costruire recinzioni e separazioni nel proprio giardino come vorrebbe, allora capisce [...] se vuole davvero vivere in comunità, altrimenti decide di non farne parte" (Abitante 1, The Community Project, 2011).
La Community Project è una comunità di grandi dimensioni che non possiede, in realtà, una struttura rigida al proprio interno. La grandezza del progetto, il limitato numero di incontri collettivi previsto e la mancanza di una regolamentazione scritta (al di là del documento che definisce le norme generali di gestione della "società") a cui gli abitanti devono attenersi causa, talvolta, il "malcontento" all'interno, perché si verificano situazioni in cui alcuni abitanti non prendono parte alla vita comunitaria e non svolgono le mansioni necessarie, causando un sovraccarico di lavoro per gli altri. La mancanza di una regolamentazione che organizzi la vita all'interno è avvertita da alcuni cohouser come una minaccia, non solo in relazione alla suddivisione del lavoro, ma anche per quanto riguarda l'"armonia" all'interno. Un esempio è rappresentato dalla mancanza di una policy che regoli l'ingresso di animali nella comunità. Infatti, un cohouser sottolinea:
"Non abbiamo una policy rispetto agli animali, quindi tu puoi avere un cane o 10, magari sei pazzo, 20 gatti, non abbiamo nessuna regola rispetto a questo. Questo può creare problemi, perché se i cani non sono controllati possono andare dalle altre persone che non amano gli animali. È una cosa che riguarda quasi tutti i cohousing: stabilire un regolamento!" (Abitante 2, The Community Project, 2012).
Data la mancanza di un "codice normativo" anche l'idea del "vicinato elettivo" diventa un concetto astratto che non sempre riesce a "selezionare" le persone "idonee" alla vita comunitaria. Ne sono testimonianza la "lamentele" dei cohouser rispetto alla suddivisione del lavoro interno. Infatti, gli intervistati lamentano una mancanza di equilibrio che costringe alcuni membri a lavorare
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maggiormente rispetto ad altri, causando l'allontanamento di alcuni dal gruppo e dalla vita comunitaria alla base del cohousing:
"C'è una tensione tra il pensare e il fare, sai, ognuno dovrebbe prendersi le proprie responsabilità: avremmo bisogno di molte più persone impegnate nei lavori, più persone dovrebbero partecipare ai sottogruppi. Pochi partecipano alle attività lavorative, non sono abbastanza le persone che prendono parte al gruppo principale, la maggior parte del lavoro cade sulle spalle di pochi. Le dinamiche sono queste sempre, in tutti i cohousing, è una tensione con cui dobbiamo convivere e su cui dobbiamo lavorare [...]. Ogni tanto viene voglia di lasciare e scappare. Tutti si lamentano... Ogni tanto senti qualcuno che si lamenta e dice - sento troppa pressione, vorrei soltanto rilassarmi, non voglio incontrare nessuno, non voglio andare a cena, ho lavorato più di tutti, non ho bisogno di fare questo - [...]. Ci sono persone che non fanno quasi niente, persone che lavorano molto, e alcune stanno nel mezzo e fanno un po'" (Abitante 1, The Community Project, 2011).
"È una comunità che non ha molte regole, quindi ci sono persone che fanno tanto lavoro, da una parte, e persone che non fanno quasi niente, dall'altra. Certe volte diventa un problema" (Abitante 2, The Community Project, 2011).
"Ci sono sempre poche persone che fanno molto lavoro e altre che fanno troppo poco e noi accettiamo sempre questo modo di fare, dovremmo avere più persone che contribuiscono. Qualche comunità ha dei registri in cui si segna il giorno della settimana o del mese in cui le persone devono lavorare" (Abitante 5, The Community Project, 2011).
"In realtà sono poche le persone che lavorano qui, ma se ognuno fosse onesto e facesse la sua parte sarebbe tutto più semplice. Lavorare insieme è una cosa fantastica, molto eccitante... Meglio del sesso [ridiamo]. Se si riuscisse a fare tutto questo sarebbe tutto molto più semplice, dovrebbe essere molto più semplice. Ma il problema è che, siccome ognuno ha la propria vita indipendente, ci si dimentica di lavorare insieme. Rieducare un gruppo di adulti a fare questo è molto difficile. Qui cerchiamo di fare questo. È un'esperienza fantastica, molto eccitante" (Abitante 3, The Community Project, 2012).
Un'abitante (membro del gruppo fondatore) che, attualmente, a causa di impegni lavorativi, non può partecipare costantemente alle attività comuni riconosce che i suoi vicini si accorgono del suo scarso contributo:
"Io sono entrata a far parte della comunità 18 anni fa... [...] Insieme ad altre due coppie. Non stavo lavorando e avevo molto tempo a disposizione... Quindi, [...] facevo tante cose. Nel 2006 ho ripreso a lavorare, non solo a lavorare, ma anche a fare corsi di formazione [...]. Quindi, ho smesso di fare tutto ciò che facevo prima [...]. È stata una mia scelta. È una questione controversa, ma sono assolutamente sicura che un gruppo come questo può supportare tutto questo. All'inizio, per esempio, c'erano tante persone che non volevano fare certe cose e questo mi andava bene perché io avevo voglia di lavorare per la comunità, mentre altri no e mi andava bene... Non è obbligatorio. Agli altri non piace questo, mi dispiace, ma è la mia vita. Magari, quando io sarò più vecchia e miei figli saranno andati via potrò riprendere a fare tutto quello che facevo prima" (Abitante 10, The Community Project, 2012).
Allo stesso tempo, la mancanza di partecipazione alla vita comunitaria ha causato, nel caso specifico, un estraniamento progressivo. In casi come questo cresce il rischio che si presentino le medesime logiche di funzionamento di un "normale" condominio (a cui i cohouser vorrebbero opporsi) in cui vi è la possibilità di non conoscere i propri vicini di casa. Infatti, la cohouser continua:
"Prima conoscevo tutti nella comunità, ma ora non conosco bene tutti. Per esempio, S. credo di averla incontrata due o tre volte in tutta la mia vita perché lei è nuova e io ho viaggiato molto ultimamente. Ci sono persone che credo di non aver mai conosciuto" (Abitante 10, The Community Project, 2012).
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Il suo "allontanamento" dalla comunità è testimoniato anche dalla stesura della mappa in cui la cohouser disegna solo tre delle quattro abitazioni indipendenti presenti, e la persona che la cohouser dichiara di conoscere superficialmente, vive proprio in una di quelle abitazioni.
Per quanto concerne i costi, vivere nella comunità richiede elevate disponibilità economiche anche in relazione a tutti i servizi disponibili. Oltre a quelli dell'abitazione si devono214, infatti, sostenere i costi
di manutenzione delle strutture comuni. A tale proposito le opinioni dei cohouser sono discordanti perché alcuni ritengono che i costi di accesso siano gli stessi di una "normale" abitazione, altri ritengono siano più bassi rispetto ai prezzi di abitazioni simili in un città. Nessuno afferma che si tratti di una modalità di vita economica dati i servizi di cui dispongono:
"Noi speravamo fosse più conveniente, potrebbe esserlo, ma è all'incirca uguale. In verità, è quasi la stessa cosa [...]. Io ho una casa con 4 stanze, se confronti il prezzo della casa con quello di una casa con 4 stanze in un paese è circa la stessa cosa, non è più economico, ma nemmeno più costoso. È molto difficile fare paragoni perché non c'è niente di simile a questo. Noi abbiamo 22 acri di terra, molta terra, galline, cavalli, servizi fantastici, corsi di musica, di danza, corsi d'arte [...]. Tutti i servizi, la terra e Shawfield rappresentano spese aggiuntive, ma ad ogni modo, certamente, sono privilegi che ti fanno risparmiare perché se devi andare in un social-club in qualche parte della città ci devi arrivare, se vuoi vedere un film devi andare fino al cinema [...]. Quando il cohousing diventerà molto più popolare, ci saranno molte imprese e società che costruiranno comunità e penso che i costi caleranno" (Abitante 1, The Community Project, 2011).
"Rispetto alla città è più economico qui, ma qui hai una serie di benefici di cui, spesso, le persone non si rendono conto. Per esempio, noi paghiamo, non so come dirti, paghiamo di meno per il riscaldamento, perché abbiamo un unico grande sistema centrale da cui si diffonde il calore in tutte le case. Le persone pensano che questo sistema sia più caro, in realtà alla fine dell'anno risulta essere più economico se lo si compara alla spesa media per il riscaldamento delle abitazioni" (Abitante 2, The Community Project, 2011).
"È difficile dirlo perché è difficile monetizzare una serie di vantaggi di cui disponi qui. Credo che [la vita] potrebbe essere più economica, ma per il momento non facciamo niente per renderla più economica, potremmo rendere più economici i nostri servizi in comune, organizzare un sistema di car-sharing o di passaggi o qualsiasi altro scambio. La struttura in comune... quello spazio genera molte spese, credo che potremmo fare di più per risparmiare grazie al sistema di condivisione, succede, ma non abbastanza" (Abitante 11, The Community Project, 2011).
"No, non è più economico. Però, rispetto a ciò che possediamo è molto economico, però non è economico in generale. C'è tanto spazio, terreno... Non ci saremmo mai potuti permettere una cosa del genere in un posto del genere, altrimenti" (Abitante 12, The Community Project, 2012).
Anche dai risultati del questionario emergono opinioni contrastanti: cinque cohouser credono si tratti di un'abitazione più economica; nove più costosa; uno afferma che l'abitazione nel cohousing abbia lo stesso costo di una casa "normale". Si deve considerare che i prezzi delle abitazioni nell'East Sussex sono in media più bassi (248.205£) rispetto al South West (283.379£) e in linea con quelli dell'Inghilterra (240.033£) (Office for National Statistics, 2012). Allo stesso tempo, però, dalle interviste e dalla compilazione dei questionari emerge che i rispondenti, prima di vivere all'interno della comunità, vivevano in altri contesti urbani, principalmente a Londra (9 a Londra, 3 a Brighton, 1 ad Hastings, 1 a Ringmer, 2 in altri paesi). Un cohouser, infatti, afferma:
214 Nel 2012 il costo di un'abitazione con 4-5 camere da letto è di £550,000 (The Community Project,
Dott.ssa Maria Laura Ruiu 134 "La metà [della comunità proviene dalla città], la maggior parte proviene da Londra. Credo che questo accada sia perché desiderano tutto questo, ma anche perché hanno la disponibilità economica che gli permette di farlo. Qui è più economico realizzare una cosa simile rispetto a Londra (Abitante 13, The Community Project, 2012).
Successivamente viene chiesto ai cohouser di esprimere il proprio grado di condivisione, in una scala da 1 a 7, rispetto a tre affermazioni riguardanti i costi: "per diventare un cohouser è necessario un reddito elevato", "la motivazione principale per vivere in una comunità è perché è più economica", "se avessi le possibilità economiche comprerei una casa totalmente indipendente". Nel primo caso il valore medio di accordo è 3,7, nel secondo il valore si abbassa (2,5) e così nel terzo (2,6). Sembrerebbe, dunque, che i rispondenti ritengano parzialmente condivisibile la necessità di possedere una solida base economica per vivere all'interno di un cohousing. Allo stesso tempo, però, non sono del tutto d'accordo sulla propria adesione alla comunità soltanto in relazione ai servizi offerti (a un prezzo comunque più economico rispetto al possesso individuale di questi) e dichiarano che vorrebbero acquistare una casa indipendente, se potessero, per un valore pari a 2,6 (solo in un caso il grado di condivisione dell'affermazione è massimo). Inoltre, il loro grado medio di soddisfazione generale rispetto ai costi, in una scala da uno a 7, è 3,9 (Tabella 4). Come mettono in evidenza gli stessi abitanti è necessario considerare che, pur affrontando i medesimi costi di una "normale" abitazione, la comunità dispone di molti più servizi e spazi.
Opinions Valori medi di risposta
(scala 1-7)
you must have a big economic income to become a cohouser 3,7 the main reason to live in a community is that it is cheaper 2,5 if I had enough money I would buy a detached house 2,6 indicate your satisfaction [...] about costs 3,9
Tabella 4. "Opinions"
Infine, i cohouser sono d'accordo nel definire la propria comunità priva di una base ideologica. Nella compilazione dei questionari, i cohouser affermano di voler convivere con persone culturalmente diverse rispetto a sé stessi e con differenti stili di vita. Infatti, il valore medio di condivisione da parte degli intervistati, in una scala da 1 a 7, delle affermazioni "nel mio cohousing dovrebbero esserci più stranieri", "appartenenti a un'altra religione", "disabili" è alto, mentre scende per le persone con problemi di dipendenze (Tabella 5). La dichiarazione di intenti e la mancanza di un effettivo riscontro, potrebbero, però, essere indicative dell'impossibilità di ingresso da parte di individui con "valori" e stili di vita differenti rispetto a quelli condivisi dalla maggior parte degli abitanti.
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strangers 5
disabled or people with serious health problems 6 people with addiction problems or alcoholic 3,3 followers of another religion 5,8 homosexual couples 6,8
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Successivamente viene chiesto ai cohouser di affermare il proprio grado di condivisione, in una scala da 1 a 7, rispetto ad alcune affermazioni riguardanti gli interessi culturali e politici: "tutti dovrebbero avere interessi culturali", "il background culturale aiuta nella creazione di un cohousing", "tutti dovrebbero aderire a un'associazione culturale o politica". I cohouser rispondono, nel primo caso con un valore medio di 5,7, nel secondo 5,1 e nel terzo di 2,3.
Inoltre, tredici cohouser dichiarano di essere membri di un'associazione: cinque dei rispondenti fanno parte di associazioni sportive, sette di associazioni ricreative, quattro di associazioni culturali, tre di associazioni religiose, tre di associazioni politiche. In quattro casi i cohouser dichiarano di far parte di più associazioni contemporaneamente. Sette affermano di aver versato a queste contributi in denaro spesso (3 casi) e qualche volta (4 casi) e di aver partecipato ai meeting spesso (3 casi) e qualche volta (7 casi) negli ultimi dodici mesi. I cohouser affermano che all'interno della propria attività di volontariato hanno spesso (5 casi) o qualche volta (6 casi) aiutato persone estranee. A una domanda successiva i rispondenti dichiarano di recarsi presso l'associazione spesso (4 casi) e qualche volta (6 casi), di partecipare a incontri politici spesso (1 caso) e qualche volta (3 casi) e di frequentare talvolta la chiesa (2 casi).
Quindi, sembrerebbe che, pur se i cohouser aderiscono ad associazioni (culturali, ricreative, sportive, politiche etc.) e ritengono che sia importante condividere una base culturale per costruire una comunità, non è per loro necessario far parte di nessuna associazione politica e culturale in particolare. Questi ultimi dati si discostano parzialmente dal grado di condivisione, in una scala da 1 a 7, rispetto all'affermazione: "molti pensano che per divenire membri di una comunità sia necessario possedere