alimentare lo sviluppo di posti di posti di lavoro.
76 Le Housing Association dispongono di due modalità di affitto: prima del 1989 possono applicare solo la
formula del secure rent (i costi dell'affitto sono stabiliti dal "rent officer" secondo il sistema del "fair rent"), dal 1989 possono scegliere anche l'assured rent (sono libere di stabilire una soglia, comunque, inferiore a quella del libero mercato) (Harriott, Matthews, 1998: 167-168).
77 Secondo la definizione di Giddens, la "Terza via" si basa su sette principi fondamentali: "Equality, protection
of vulnerable, freedom as autonomy, no rights without responsibilities, no authority without democracy, cosmopolitan pluralism, philosophic conservatism" (1998: 66). Giddens descrive anche il programma della politica della "Terza via" basato su: "the radical centre, the new democratic state (the state without enemies), active civil society, the democratic family, the new mixed economy, equality and inclusion, positive welfare, the social investment state, the cosmopolitan nation, cosmopolitan democracy" (1998: 79).
78 Come spiega Ledwith: "New Labour combined strands of communitarianism: community as a life with
meaning based on the mutual interdependence of individuals, and the role of the state in partnership with community in creating a quality of life (2011: 21).
79 "The concept of the "Big Society" is about participatory democracy and community empowerment" (Ledwith,
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II.4.1 Politica e Cohousing in Inghilterra
Il cohousing in Gran Bretagna rappresenta ancora una fetta del mercato immobiliare troppo limitata perché vengano formulate politiche ad hoc destinate a regolamentarne lo sviluppo. Nello specifico, in Inghilterra esistono circa tredici cohousing (2013), anche se i gruppi in fase di costituzione sono numerosi (circa quaranta, come riportato dalla Rete Cohousing UK). Field, esperto di cohousing, ha individuato sulla cartina, durante l'intervista svolta nel Giugno 2012, le comunità già costituite e in fase di completamento, presenti in Gran Bretagna (cfr. cartina). Emerge che i cohousing sono concentrati soprattutto nel sud dell'Inghilterra (11 su 15 progetti individuati) che rappresenta anche l'area economicamente più sviluppata del paese. Field fa una distinzione tra i cohousing di "vecchia" e "nuova generazione": questi ultimi sono riconosciuti come tali nel momento in cui è stata introdotta la "categoria" dagli architetti McCamant e Durret nel '93. Lo studioso si riferisce a una modalità abitativa che in Inghilterra si sviluppa a partire dagli anni '70 e che, intorno al 2000, prende il nome di cohousing con la prima comunità nata a Lewes (The Community Project):
"Se intendi la nuova tipologia di cohousing, nel 2000 [...]. Quando guardi la lista dei cohousing sul sito, ci sono un paio di cohousing sviluppati in vecchi siti... Uno è Thundercliffe Grange e l'altro... è Canon Frame Court... Esistono dagli anni '80... Anni '70 e '80. Quindi, se intendi comunità che hanno le caratteristiche del cohousing, [sorgono negli] anni '70 e '80; se intendi comunità cohousing, da quando ufficialmente si è iniziato a chiamarle così, allora 2000. La prima è a Lewes".
Le motivazioni alla base di una così lenta affermazione del modello si possono ricondurre: alla volontà di gruppi, ancora limitati, che scelgono di impegnarsi in tali progetti di vita; ai tempi molto diluiti, necessari perché il gruppo divenga coeso e compatto; alla mancanza di fiducia da parte delle banche nel finanziare i mutui; alla scarsa disponibilità dei costruttori a impegnarsi in progetti di questo tipo, ma anche alla stessa mancanza di una regolamentazione specifica che, spesso, comporta il rifiuto da parte delle amministrazioni locali dei progetti presentati. Le autorità locali, infatti, interpretano il cohousing con diffidenza, soprattutto in relazione alla creazione di spazi comuni all'interno delle proprietà, oltre che alla novità dei progetti che, talvolta, necessitano di ampi spazi e elevati gradi di partecipazione e di organizzazione all'interno. Si tratta della stessa diffidenza che nutrono le comunità locali in cui i cohousing intendono insediarsi. Ne sono testimonianza il caso della Community Project, nell'East Sussex, che ha impiegato circa sette anni per costituirsi; il caso del Springhill cohousing, nel Gloucestershire, che ha incontrato un'iniziale opposizione e rifiuto da parte dell'istituzione comunale (Stroud district Council), insieme alla mancanza di disponibilità da parte delle banche e dei costruttori, proprio a causa della creazione di edifici condivisi dalla comunità; il caso del Threshold Centre il cui progetto è stato respinto inizialmente dalle istituzioni, nonostante si trattasse, almeno in parte, di un progetto di social housing (il 30% delle abitazioni sarebbe stato destinato ad abitazioni a basso costo, ovvero quattro su undici), ma non ancora guidato da un'Housing Association. La soluzione vincente, in quest'ultimo caso, è rappresentata dalla collaborazione del gruppo con un'Housing Association, riconosciuta formalmente come organizzazione impegnata in ambito abitativo. Percorrendo questa strada il cohousing è stato in grado di accelerare i tempi di approvazione e di realizzazione modificando, però, il proprio progetto originale (si è passati dal 30% al 50% delle abitazioni destinate al sociale, ovvero sette su quattordici, aumentando il numero di alloggi e sacrificando le dimensioni degli spazi interni). Il Threshold Centre rappresenta il "progetto pilota" e l'esempio di riferimento per le comunità che intendono percorrere la stessa direzione. Come testimonia Amanda Pearson, membro della Rete Cohousing Uk e abitante del Threshold Centre:
"Non credo dipenda dall'essere interessati o meno, credo, invece, che la macchina burocratica sia molto lenta. Il Threshold Centre è il primo progetto in Uk che lavora in collaborazione con
Dott.ssa Maria Laura Ruiu 57 un ente sociale [...]. Le persone vogliono vedere cosa succederà con il Threshold Centre nel
lungo periodo, poi c'è la recessione economica mondiale, quindi, non credo che sia un buon momento per impegnarsi in qualcosa di nuovo. Cioè, noi possiamo vendere questa al Governo come un'ottima soluzione in termini di accessibilità, di sostenibilità economica, di nuove modalità abitative, ma abbiamo ancora molto da lavorare. Poi, forse, ci sono ancora molte persone che credono che questa sia una modalità di vita più di sinistra, libertina, hippie, libera" (Threshold Centre, 2012).
Si tratta, dunque, di una diffidenza legata alla novità dei progetti e al timore che possa trattarsi di comunità considerate "moralmente" e "politicamente" inaccettabili dalle persone che vivono attorno. Inoltre, come messo in evidenza, i Governi non possono rischiare di investire in progetti di cui non si conoscono i risultati. Il cohousing, secondo Field, metterebbe in discussione il sistema di produzione di alloggi rappresentando una "minaccia" per esso, perché gruppi di cittadini privati intendono sostituirsi alle più grandi organizzazioni impegnate nel business di costruzione:
"Generalmente le persone non si uniscono per comprare la casa per il gruppo. In generale, la casa è qualcosa di costruito da alcuni per altri che la acquistano o la affittano. Questo è il modello di business. Si tratta di grandi organizzazioni che ottengono la terra, i soldi, i permessi per costruire e costruiscono le case per business... Creano case, ma non vicinato. Essi dicono di farlo, ma dicono anche che si tratta di un business e l'obiettivo principale del business è fare soldi [...]. Le loro decisioni sono legate al profitto e non all'intento di creare relazioni di vicinato. Questo è il modello più diffuso con cui si costruiscono case in Inghilterra [...]. Quando venti famiglie decidono di unirsi per creare un vicinato, diventa difficile trovare facilmente un appoggio da parte, per esempio, delle amministrazioni locali che devono prendere decisioni sulla pianificazione o sul design o sul tipo di alloggi in termini di abitazioni economicamente accessibili o sociali... Non capiscono esattamente come relazionarsi con questi gruppi, perché sono abituati a relazionarsi con le grandi organizzazioni, con persone che stanno costruendo case per altri... Quando vengono a contatto con persone che vogliono costruire una casa per sé stesse diventa fastidioso, si preoccupano. Io ho lavorato nelle amministrazioni locali, ho lavorato nel settore delle abitazioni, nella pianificazione e posso dire che c'è la tendenza a distruggere le ambizioni delle comunità. Come se le ambizioni delle comunità siano soltanto private... Se tu hai un'organizzazione che si occupa di costruire, case credi che accetteresti volentieri che le persone si costruiscano le case autonomamente?" (Intervista a Martin Field, 2012).
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II.4.2 Politica e social housing in Inghilterra
Come mostrano Balchin e Rodhen la produzione di case destinate al sociale conosce un declino dal 1980 al 1999 e, sebbene il Governo abbia incoraggiato il settore privato per supplire alla domanda crescente di abitazioni, ha attribuito una minore priorità al settore degli affitti accessibili a quelle fasce di popolazione che non possono permettersi di acquistare l'abitazione. Gli investimenti da parte dell'attore pubblico sono stati rivolti, per lo più, alla riqualificazione delle vecchie strutture e non alla produzione di nuove (2002). Dal 1980 con il right to buy, promosso dal Governo tachteriano, come già sottolineato, si registra un notevole incremento nella vendita delle abitazioni, agevolato dalle politiche liberiste, con la conseguente perdita, da parte delle autorità locali, del proprio patrimonio abitativo. Se il ruolo delle istituzioni locali viene progressivamente sostituito dal lavoro portato avanti dalle Housing Association, il social housing80 diventa uno strumento strettamente indirizzato alle fasce
di popolazione con maggiori difficoltà (homeless, famiglie con figli a carico, chi vive in condizioni di semi-povertà e in ambienti insalubri, chi ha gravi problemi di salute o deficit fisici e mentali). Il sistema di social housing inglese prevede diverse forme di intervento: concessione di alloggi in affitto, prezzi di vendita accessibili rispetto al libero mercato, modelli di condivisione della proprietà tra i privati e le organizzazioni coinvolte. Dal 1988 al 2009, secondo i dati CHECODAS, si è registrato un trasferimento di gestione di oltre un milione di "abitazioni popolari" dal settore pubblico a quello delle Housing Association che attualmente gestiscono il 54% del social housing (2011: 77). Il primo provvedimento in favore delle Housing Association si registra nel 1961 quando vengono destinati a tali organizzazioni 25 milioni di sterline (in forma di prestito) dalla National Federation of Housing Societies per la realizzazione di alloggi in affitto (Harriott, Matthews, 1998). Inoltre, come evidenziato in precedenza, nel 1964 le Housing Association entrano a far parte della Housing Corporation, riconosciuta come ente no-profit impegnata nel settore delle "abitazioni sociali" e, nel 1974, viene istituito un fondo rivolto a tali associazioni per provvedere alla costruzione di nuove abitazioni. Come sottolinea Caudo, i cambiamenti che hanno riguardato l'housing sociale nell'ultimo ventennio possono essere sintetizzati principalmente in due interventi che riguardano, da un lato, la riduzione delle
council houses a favore dell'attività svolta dalle Housing Association; dell'altra, la nascita e diffusione
della casa a costo accessibile (affordable housing) (2007). Con la pubblicazione del White Paper Housing: The Government Proposals nel 1987, e con i successivi Housing Act del 1988 e Local Government and Housing Act, gli enti locali si trasformano, da "fornitori", in "abilitanti" del social
housing realizzato dalle Housing Association, dai privati etc., rimanendo, comunque, responsabili nel
garantire il soddisfacimento della domanda di abitazioni (tramite settore privato e, laddove necessario, attraverso finanziamenti pubblici). Ancora oggi le Housing Association sono iscritte, come Registered Social Landlords, all'interno dell'Housing Corporation attraverso cui passano i finanziamenti sociali in materia di affordable housing. Tali organizzazioni no-profit operano in ambito sociale grazie a finanziamenti pubblici, privati e alle quote di affitto con obiettivi differenti, rivolgendo, di volta in volta, la propria attenzione a determinati ambiti (affitti agevolati, ristrutturazione e manutenzione delle strutture, proprietà condivise tra i privati e l'organizzazione stessa, case condivise e autogestite dagli abitanti, alloggi temporanei, abitazioni destinate alle fasce più problematiche etc.). Le Housing Association e le amministrazioni locali giocano, dunque, un ruolo di primaria importanza nel rispondere alla domanda di abitazioni sociali: sia nel provvedere alla realizzazione di appartamenti, sia
80 Secondo la definizione di Harriott e Matthews, per social housing si intende l'housing gestito dalle istituzioni
locali e dalle Housing Association. Il social housing risponde ai bisogni abitativi di coloro che incontrano difficoltà ad accedere a un'abitazione sul libero mercato. Si riferisce principalmente a soggetti con basso reddito, a famiglie o a individui svantaggiati per garantire il diritto (a prescindere dal reddito) di vivere in maniera dignitosa (1998).
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nella concessione di sussidi da destinare direttamente ai locatari per pagare una parte o l'intero affitto. Nello specifico, il sistema dei sussidi e dei finanziamenti destinati al settore viene gestito in Inghilterra dalla Homes and Communities Agency, in Scozia dallo Scottish Government's Housing and Regeneration Directorate, in Galles dal Welsh Assembly Government's Housing Directorate e in Irlanda dal Northern Ireland Housing Executive (CHECODAS, 2011: 77). Come sottolineano Cucca e Pologruto, il social housing risponde in maniera diversa alla domanda di abitazione a seconda delle zone considerate, anche se gli enti locali dipendono da una normativa generale dettata dallo Stato centrale: le tariffe pagate settimanalmente dai locatari, per esempio, variano, ma devono mantenersi al di sotto della media di mercato e devono considerare, oltre al del valore dell'immobile, la disponibilità economica degli abitanti. In Inghilterra, secondo i dati del CECODHAS il social housing rappresenta quasi il 18% dell'intero stock abitativo ed il 54% del settore degli affitti è il risultato di una commistione tra interventi pubblici (a livello locale) e privati (profit e no-profit). Le Housing Association, come già emerso, sono responsabili del 54% del settore, rispetto agli attori locali che ne gestiscono il 46% (2011: 77).
Per quanto concerne i criteri di selezione all'accesso nelle abitazioni sociali, anche se non esistono soglie di reddito (sulla scia del modello danese e svedese), si tiene conto dell'"urgenza del bisogno" (condizione dell'abitazione, se esistente, al momento della richiesta, composizione familiare, etc.) e della eventuale residenza nel comune in cui viene richiesta l'abitazione. In alcune circostanze e a seconda delle realtà considerate, le Housing Association possono rifiutare di accettare i potenziali abitanti proposti dalle liste comunali (se non rispondono ai criteri da loro individuati come prioritari) e creare le proprie liste che, in ogni caso, devono andare incontro alle necessità dei più svantaggiati81.
Infatti, molte organizzazioni stabiliscono i propri obiettivi e, in base a questi, individuano le priorità di destinazione degli alloggi. In altri casi, in presenza di finanziamenti e particolari concessioni (uso gratuito del terreno, per esempio) da parte del settore pubblico, le Housing Association devono, nella maggior parte dei casi, attenersi al registro comunale. Inoltre, in alcune realtà, le liste comunali e quelle delle Housing Association coincidono. Già l'Housing Act del 1996 stabilisce, infatti, che le amministrazioni locali debbano stilare una lista di potenziali abitanti delle abitazioni sulla base di alcuni criteri: hanno la priorità le persone che vivono in ambienti malsani e sovraffollati; i soggetti che hanno una sistemazione temporanea; le famiglie con bambini (o che aspettano figli); gli individui affetti da patologie fisiche o mentali; coloro che sono limitati da problemi economici e sociali nel provvedere autonomamente all'abitazione (Harriott, Matthiews, 1998: 155-156). Le amministrazioni locali hanno potere discrezionale nello stabilire i criteri di selezione dei soggetti beneficiari, anche se devono, comunque, tenere in considerazione i parametri formulati dall'Housing Act.
Nonostante l'impegno da parte delle Housing Association nel settore, persiste una serie di problematiche che riguardano principalmente i tempi di accesso (circa sette anni di attesa), la mancanza di un numero sufficiente di alloggi da destinare ai "senza-casa", la scarsa qualità degli alloggi e la "ghettizzazione" di alcune fasce della popolazione (Dell'Olio, 2004 in Cucca, Pologruto, 2011).
81 L'Housing Act del 1977 stabilisce, infatti, che le amministrazioni locali debbano garantire un'abitazione a tutti
Dott.ssa Maria Laura Ruiu 60 PARTE SECONDA. L'ABITAZIONE TRA SOCIETÀ E COMUNITÀ, PROGETTAZIONE E SEGREGAZIONE.