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La scoperta di Ebla e dei suoi straordinari archivi ha permesso di comprendere meglio la conformazione della Siria settentrionale a partire dalla fine del Proto-Dinastico.

Nell’età degli Archivi Reali (seconda metà del XXIV sec. a.C.), periodo della massima espansione della città, Ebla aveva una superficie di oltre 50 ettari, e il suo potere si estendeva per gran parte della Siria del Nord, in una regione culturalmente a maggioranza semitica.

Già dalle sue origini Ebla doveva avere un ruolo di primo piano nel panorama politico vicino- orientale, se il faraone Chefren ha inviato in dono al sovrano eblaita una coppa in diorite203 con

incisa la sua titolatura trovata in frammenti nel Quartiere Amministrativo; il rapporto con l’Egitto rimase per circa due secoli come sembra testimoniare un vaso in alabastro per unguenti204 inviato in

Siria dal faraone Pepi I, i cui frammenti provengono dalla stessa corte L.2913 della coppa appena citata.

È soprattutto dalle informazioni che provengono dai testi amministrativi del Palazzo Reale G, in assenza di iscrizioni reali celebrative, che riusciamo a ricostruire i rapporti di Ebla con il mondo circostante. Le tavolette coprono un arco di poco più di mezzo secolo, durante i quali si susseguono tre sovrani205 affiancati dalle figure dei visir. Sotto Igrish-Khalab non compare un vero e proprio

visir, ma sembrano avere una certa rilevanza due uomini di nome Darmiya e Tir ed Ebla ancora mantiene un ruolo di secondo piano rispetto alla sua più prossima rivale, Mari. Probabilmente a questo periodo va datata una lettera206 inviata dal re di Mari, Enna-Dagan, al sovrano eblaita, nella

quale si esaltano le recenti conquiste mariote e si ricordano le vittorie ottenute da Iblul-Il “sovrano di Mari e Abarsal” probabilmente imponendo ad Ebla il riconoscimento della superiorità del suo avversario. Con il successore di Igrish-Khalab, Irkab-Damu e il suo visir Arrukum, ma soprattutto al tempo dell’ultimo re di Ebla, Ishar-Damu e del potentissimo visir Ibrium la situazione sembra sostanzialmente ribaltata.

Ebla, in ripresa, intraprende diverse campagne militari, stipulando anche importanti trattati con i regni confinanti il primo dei quali, con la città di Abarsal (verosimilmente in Mesopotamia settentrionale) è probabilmente uno dei più antichi testi del suo genere207 e potrebbe collocarsi

203 Conservata presso il Museo Archeologico di Aleppo (TM.77.G.943); MATTHIAE 2008, tav. 12 204 Conservato presso il Museo Archeologico di Aleppo (TM.77.G.600); MATTHIAE 2008, tav. 11

205 Non direttamente interessati dagli Archivi Reali, sono noti i nomi di una decina di sovrani proto-dinastici a cui vanno

aggiunti altri 26 nomi di dubbia attendibilità storica.

206 Conservata presso il Museo Archeologico di Idlib (TM.75.G2367)

207 Conservato presso il Museo del Vicino Oriente all’interno dell’Università “Sapienza” di Roma (TM.75.G.2420 –

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durante il regno di Ikab-Damu208. Questa, come le successive campagne militari, vennero intraprese

da un giovane Ibrium non ancora visir in carica, che riuscì a conquistare anche Khalsum, Kakium e Armi.

La battaglia finale contro Mari fu condotta dal figlio e successore di Ibrium, Ibbi-Zikir, che riuscì a sbaragliare le armate nemiche grazie anche ai contingenti inviati da Nagar e Kish. Con la vittoria presso Terqa, il ridimensionamento di Mari e l’ampliamento del potere eblaita, iniziarono nuovi rapporti tra le varie potenze vincitrici, garantiti da matrimoni interdinastici.

Questo nuovo equilibrio, però, non dovette durare a lungo perché pochi anni dopo la vittoria su Mari, Ebla fu distrutta e con lei la maggior parte delle città sue alleate. Secondo alcuni209 fu Sargon

di Akkad a conquistare la città siriana, dal momento che in una delle sue iscrizioni210 afferma che

Dagan gli ha donato “le Terre Superiori: Mari, Iarmuti ed Ebla, così come la Foresta dei Cedri e le Montagne d’Argento”. Sembrerebbe, però, più un percorso commerciale che di conquista.

Più probabile è che inizialmente Mari, ripresasi dalla sconfitta subita, affrontò Ebla e ne saccheggiò il palazzo e solo successivamente, nelle sue campagne siriane, Naram-Sin di Akkad, distrusse la città211. A conferma di questo è il testo che possediamo in copia e originariamente posta su una

statua del nipote di Sargon212, in cui legge “il dio Nergal, con le sue armi ha aperto la strada a

Naram-Sin il forte, e gli ha donato Armanum ed Ebla”.

La distruzione akkadica segnò un punto di arresto fortissimo per la città, che con grande difficoltà riuscì a riprendersi, a ricostruire parte dell’abitato e a tornare ad essere un importante centro commerciale come sembrerebbe testimoniato da alcune fonti della III Dinastia di Ur provenienti da Lagash e da Ur stessa in cui si citano artigiani di Ebla e se ne lodano le capacità artistiche.

Questo periodo di ripresa terminò bruscamente, con un vittorioso assedio compiuto probabilmente dal re ittita Mursili I, dal quale Ebla non riuscì più a risollevarsi.

La fine di Ebla è descritta in un particolarissimo poema bilingue (hurrico-ittita) ritrovato ad Hattusa, la capitale ittita, il “Canto della Liberazione”213; nel testo il dio della tempesta Teššub chiede al re di

Ebla, Megi, di liberare i cittadini di Igingalliš minacciando di distruggere la sua città in caso di rifiuto. Megi si rivolge all’assemblea degli anziani chiedendo un consiglio e dopo aver ascoltato le motivazioni dell’abile oratore Zazalla che sconsigliava al re di liberare i prigionieri, riporta al dio

208 MATTHIAE 2008, p. 103. 209 MATTHIAE 2008, pp. 96-98. 210 RIME 2 E2.1.1.12 211 LIVERANI 2011, p.178. 212 RIME 2 E2.1.4.26

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quanto deciso dall’assemblea. Non possediamo la fine del testo, ma le evidenze archeologiche confermano l’avverarsi della minaccia di Teššub.

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