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Accenni storico-geografici sull’Età Neo-Sumerica

La Dinastia di Akkad aveva esteso il suo dominio dal Mare Superiore al Mare Inferiore, ma i successori di Naram-Sin non erano stati all’altezza di mantenere in piedi un impero tanto vasto e nel giro di pochi anni i barbari Gutei si erano facilmente impossessati dei domini in Mesopotamia settentrionale.

Approfittando della mancata influenza del potere centrale nel Sud, dinastie di ensi locali formano nelle città meridionali principati indipendenti, il più documentato dei quali è certamente Lagash. La dinastia di Lagash, a parte qualche piccola campagna militare contro Anshan e l’Elam, sembra dedita soprattutto alla costruzione di nuovi edifici e al consolidamento dei rapporti con i fornitori delle materie prime creando un solido sistema di approvvigionamento di pietre, legname e mano d’opera.

Molto diverso è il caso di Uruk, che con Utu-khegal si impone su Tirigan, re dei Gutei, e lo costringe a fuggire a Dubrum dove la popolazione “avendo appreso che era Utu-Khegal il re al quale Enlil aveva dato il potere” lo consegnarono al vincitore. Il re di Uruk riesce, così, a sottomettere la Mesopotamia settentrionale, ma il suo potere è troppo debole per resistere all’attacco del governatore di Ur (forse fratello dello stesso Utu-khegal), Ur-Nammu.

Ur-Nammu era stato nominato governatore della città di Sin da Utu-khegal e dopo la sconfitta del suo benefattore assume il titolo emblematico di “forte, re di Ur, re di Sumer e di Akkad”, di fatto ereditando sia la tradizione akkadica che quella sumerica, fondendole insieme in una nuova idea di sovrano che estende il suo potere su un perimetro circoscritto241, un re-dio, ma solo da un punto di

vista amministrativo e cultuale. L’ideale akkadico del sovrano eroico, divinizzato “a furor di popolo”242 per le sue gesta straordinarie, scompare totalmente e viene sostituito da quello di un re

che diventa il dio dei propri sudditi in quanto proprietario della città e accentratore di un potere stabile e omogeneo in tutte le regioni a lui sottomesse. Questa sottomissione, che deve aver necessariamente comportato degli scontri con le dinastie locali, nelle fonti viene descritta come un naturale ricambio dirigenziale tra i vecchi ensi e i nuovi governatori243 incaricati direttamente dal re

di insediarsi nelle varie città-stato per gestirne l’amministrazione per conto di Ur-Nammu.

La propaganda del re di Ur si incentra principalmente sulla solidità del suo potere e sulla grande capacità di controllo di tutti gli aspetti amministrativi, culturali e religiosi del suo regno. Se da un

241 Si perde, quindi, l’interesse nella formazione di un dominio nelle “quattro parti dell’universo” a vantaggio di uno più

controllabile nella Mesopotamia centro-meridionale.

242 Come nel caso di Naram-Sin, RIME 2 E2.1.4.10. 243 Che mantengono il titolo di ensi.

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lato Ur-Nammu si dedica a grandi cantieri edilizi su larga scala (edifici religiosi, strade, canali) nelle città principali e completa la sua opera con la redazione di un catasto generale, dall’altro riorganizza l’amministrazione mediante un unico sistema di pesi e misure affiancato da un unico codice di leggi244.

Il nuovo sistema amministrativo e politico portò ad Ur-Nammu una grandissima fama, che sopravvisse al re di Ur come sembra evidente da un testo conosciuto come “La morte di Ur- Nammu”245 nel quale la dea Inanna si dispera per la scomparsa del re al quale, nell’Aldilà, vengono

riconosciuti gli stessi onori riservati ai mitici Etana e Gilgamesh.

Degno erede di Ur-Nammu è suo figlio Shulgi, che prosegue e migliora le riforme iniziate da suo padre rendendo sempre più capillare il controllo da parte dell’amministrazione centrale.

Nei suoi inni autocelebrativi, Shulgi si presenta come un uomo affascinante e colto, che scrive sia in sumerico che in akkadico, parla in tutte e cinque le lingue del mondo, un re pacifico che non distrugge città e non abbatte mura, anche se dotato di una grande forza fisica e di brillanti doti militari, che intende utilizzare solo per difendere il suo regno.

Come erede di suo padre rende il demanio completamente centrale, assoggettando la gestione dei latifondi (fino ad allora prerogativa templare) ad un controllo del governatore locale e dirottando l’invio delle eccedenze direttamente all’amministrazione di Ur e non più a quella provinciale. A completamento dell’unificazione dei sistemi di pesi e misure e dell’adozione di un codice di leggi valido per tutto il regno, Shulgi introduce anche un unico calendario e una riforma del sistema burocratico basata sulla nascita di scuole scribali che hanno il compito di formare uniformemente i futuri funzionari dell’amministrazione.

Nonostante si sia presentato come un re pacifico, la seconda parte del regno di Shulgi è dedicata alle campagne militari nei confini settentrionali contro i Lullubiti le popolazioni hurrite, che non vengono arginate dall’esercito di Ur e continuano ad essere un pericolo nel Nord. Riuscendo a prendere il controllo delle rotte commerciali, il re di Ur può giustamente fregiarsi del titolo di “re delle quattro parti dell’universo” e diventa a tutti gli effetti uno degli dei del paese, con cerimonie e riti in suo onore246 e d’ora in avanti l’appellativo dingir diventerà una sorta di titolo ereditario dei re

della III Dinastia di Ur.

A parte i già noti problemi con il confine hurrita, la situazione rimane stabile fino al regno del secondo figlio di Shulgi, Shu-Sin che per contenere le continue invasioni dei nomadi Martu è

244 Per un’analisi del testo ROTH 1995, pp. 13-22. 245 KRAMER 1967

246 Shulgi fa spesso riferimento alla sua parentela con Gilgamesh e la dea Ninsun, proprio per rimarcare la sua natura

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costretto a costruire un muro di separazione tra i due confini, il “Muro dei Martu, che tiene lontani i Tidnum”. La costruzione del muro, però, si dimostra soltanto una “soluzione-tampone”, anche se l’anno 17 di Ibbi-Sin commemora una vittoria sui Martu “che erano venuti come il vento del Sud, gente che mai aveva conosciuto la città”.

Ibbi-Sin riesce forse a contenere i Martu, ma non è in grado di contrastare l’insurrezione delle principali città del regno, né l’invasione dell’esercito elamita nel XXIII anno che riesce a distruggere Ur e a portare il suo re in catene ad Anshan.

La fine di questo periodo è testimoniata da alcuni particolari testi nei quali le principali città sumeriche si lamentano della loro sorte in una descrizione davvero apocalittica.

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