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Ad ostacolare la presa di possesso furono, in principio, le vicende che riguardarono proprio Tinuccio della Rocca, l‟esecutore testamentario designato da Fazio Novello. L‟improvvisa scomparsa di Ranieri Novello privò la città di quell‟unica figura che, in virtù del proprio nome e dei trascorsi famigliari, fosse in grado di unire la discorde popolazione; infatti, nello stesso anno in cui il Donoratico venne a mancare, Tinuccio della Rocca fu costretto, dopo un attacco subito dalla ostile fazione dei Bergolini, a rifugiarsi in quel di Volterra, ove probabilmente morì poco dopo. L‟esilio di Tinuccio però non solo lo rese inoffensivo dal punto di vista politico, ma gli impedì pure di svolgere regolarmente i compiti a lui affidati dal testatore. Dunque con ogni probabilità non avvenne la prevista ripartizione dei beni tra i vari enti assistenziali pisani, cosicché Emilia della Gherardesca (andata nel frattempo in sposa a Ugolino Gonzaga) ottenne l‟intera eredità paterna, senza che avesse avuto luogo lo scorporo delle particelle di territorio destinate agli istituti di beneficenza.

171

M. L. CECCARELLI LEMUT, Della Gherardesca, Ranieri Novello, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 37, Roma, 1989, pp. 37-38.

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La precoce morte di Emilia (1349) dovette gettare nel più nero caos lo status di appartenenza di quelle terre che, non destinate agli eredi legittimi dell‟ultima Della Gherardesca, avrebbero dovuto essere attribuite in base al testamento del 1337, agli enti sopra elencati. Ne approfittarono, in primo luogo, proprio i discendenti di Emilia che non mancarono di rivendicare la propria presenza su territori tanto appetiti. Ce ne dà testimonianza la riproduzione di un atto di cancelleria del 1375172: esso ci riporta ad una “lite, causa e questione” condotta davanti al podestà Betto

Gorgerie de Montemellone. I contendenti sono la Pia Casa di Misericordia,

rappresentata in loco dal procuratore e notaio Bartolomeo del fu ser Enrico da Montefoscoli, e, dall‟altra parte, Ghetta e Masa, figlie ancora minorenni del fu Gualando e nipoti del fu conte Lorenzo, legalmente rappresentate dal conte di Castagneto Giacomo loro zio: questi ultimi tre personaggi sono rappresentati in giudizio dal notaio Ranieri Cavalca figlio del fu Simone da Vico. Ghetta e Masa erano nipoti di Emilia, in quanto la di lei figlia Tora, avuta con Ugolino Gonzaga, era andata in sposa in prime nozze al conte Gualando di Lorenzo di Castagneto173. Il podestà constata che i tre familiari habent, tenent et possident totam

Camaianum174, videlicet totam curiam Motorni (la quale confina da un lato col mare, dall‟altro con macchia qui dicitur macchia Sevalarii175

, que confinat cum

curia Sancte Lucis latus unum et in curie Sancti Quilici, e da ultimo in bosco Montisneri dicti Chioma et partim in curia Cafaggi et partim in curia et confinibus Torricchi), a loro detta eredità legittima del proprio padre. Il podestà doveva essere

d‟altro avviso, dato che formulò nel giro di pochi giorni una sentenza a favore della Pia Casa, autorizzata a prendere possesso del suddetto territorio per mano del succitato Bartolomeo da Montefoscoli. Maggiori dettagli ci sono restituiti da un documento poco successivo176: due dei tre consanguinei, Giacomo e Masa (che agiscono qui in prima persona), non si erano arresi davanti alla sentenza di primo grado (dicta Masa vel alia persona pro ea dicit seu dicat esse nullam seu dicere

172

ASPi, Dipl., PCM, 1377 giugno 14.

173

A. POTENTI, L’evoluzione, cit., p. 36.

174

Attuale Castelnuovo della Misericordia.

175

Si tratta forse del Rio Savalano, braccio del fiume Fine.

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intendat et velit quandam sententiam diffinitivam lata in curia cancellarie Pisani communis a nobili milite domino Betto Gorgerie de Montemelone, tunc Pisano potestate, dominice incarnationis anno millesimotrecentesimoseptuagesimosexto, indictione quattuordecima, duodecimus kalendas iulii) e non si dichiaravano

disposti a cedere le terre de toto Camaiano, quod fuit magnifici viri domini Bonifatii

Novelli comitis de Donnoratico. In particolare, la Pia Casa era già presente sul

territorio in virtù di acquisizioni precedenti177. La notizia di una trattativa già avviata tra il deceduto conte e la Pia Casa è legata ad una informazione di ancor maggiore interesse riportata subito dopo: sappiamo che totum castrum tenet capita

et latera omnia in terris et vineis egregie domine Tore (la figlia di Emilia di

Donoratico ed Ugolino Gonzaga, in quel momento abitante a Bologna).

Il passaggio è troppo poco chiaro per imbastire delle ipotesi. Per un motivo che a noi non è dato conoscere, forse Tora aveva deciso di onorare l‟antico impegno con la Domus, cedendo i beni che a suo tempo il nonno aveva destinato al nostro ente; l‟elenco dei beni contesi178

(terris domesticis et silvibus, pascuis et pasturis,

nemoribus, eolis, aquis et aqueductibus et omnibus iuribus et iurisdictionibus pertinentibus et spectantibus ad ipsam curiam cum totibus palatiis et domibus supra copertis et solariatis) mostra però la floridezza di un territorio che evidentemente le

parti contendenti non volevano farsi strappare con tanta facilità.

Tuttavia, nel corso di poche righe e per motivi che a noi restano oscuri, Giacomo e Masa fanno mostra di sottomettersi alla sentenza podestarile, accettando la condizione per cui, in caso di ulteriori rivendicazioni, sarebbero stati costretti a pagare una multa di duemila fiorini d‟oro e le spese processuali.

E non è tutto: di fronte alla vittoria in giudizio, il collegio della Misericordia decide, per il mese a venire, che locabit et titulo locationis dabit et concedet Camaiano

nobilibus militibus dominis Petro quondam domini Rainerii Bonifatii de Gualandis

177

ASPi, PCM, 105: Ildebrandino di Nicolaio Benigni lascia in eredità alla Domus una porzione della Macchia di Montenero (1348).

178

Si elencano le ancora esistenti località di Castelnuovo, Paltratico, Cafaggio, Popogna e Gabbro, nel Livornese, e di Santa Luce nel Pisano. La vasta area coperta da questi paesi non può da sola dirci se si trattava di singole particelle di terreno piuttosto di un “blocco” unico.Per una descrizione più dettagliata si consulti A. POTENTI, L’evoluzione, cit., pp. 36 e segg.

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de cappella Sanctorum Gosme et Dagmiani et Nicolao quondam Marini de Nicchio de cappella Sancti Petri ad Ischia, per un affitto di cento lire di denari pisani179.