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Le prime notizie166 che possediamo in merito all‟attività politica di Bonifazio, unigenito figlio maschio del conte di Donoratico Gherardo detto Gaddo, riguardano la parentesi pisana di Ludovico il Bavaro: se in un primo tempo Fazio fu tra coloro che accettarono di dare la città all‟imperatore, successivamente, alla partenza di questi, partecipò alla cacciata del vicario imperiale; in quell‟occasione il giovane conte fu nominato capitano della masnada e capitano generale di Pisa, dando vita ad una politica riconciliatoria col papato avignonese, alla cui obbedienza la città si era sottratta negli anni del Bavaro, e pacificatoria nei confronti delle città guelfe (1335). Ad una prima fase di incertezza, in cui la classe dirigente borghese guidata dal Donoratico affrontava da una parte l‟esigenza di ricreare condizioni vantaggiose per lo sviluppo della situazione economica pisana, e dall‟altra continui tentativi di opposizione da parte di una minoranza, seguì un periodo di pace e benessere: ciò che rese possibile il successo del regime signorile di Bonifazio fu la capacità di accentrare nelle proprie mani poteri sempre più ampi senza però ricorrere a forme troppo autoritarie e personali di governo o ad alterazioni dell'assetto costituzionale del Comune.

Morto ancora giovane (1340), Fazio lasciò due figli: un maschio, l'allora undicenne Ranieri Novello, e una femmina, Emilia, avuti entrambi dalla prima moglie Bertecca di Castruccio Castracani. Tre anni prima della sua dipartita, il 19 luglio 1337, Fazio aveva steso per iscritto le proprie volontà testamentarie167, cui sarebbe stato poi aggiunto un codicillo. Si tratta di un documento lungo e dettagliato, concernente disposizioni che vanno dalla sepoltura alla distribuzione dei propri beni. All‟interno di un‟ampia parte dispositiva che elargisce benefici a enti e ordini religiosi, a privati cittadini, a istituti d‟assistenza168

, viene indicato come erede

166

M. L. CECCARELLI LEMUT, Della Gherardesca Bonifazio (Fazio) Novello, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 37, Roma, 1989, pp. 17-20.

167

Cfr. ASPi, Dipl. San Martino, 1338 luglio 19, edito in M. MACCIONI, Difesa, cit., pp. 84-107.

168

È qui rammentata anche la nostra Domus: Et iudicamus et legamus pro salute animae nostrae et in remissione peccato rum nostrorum, pauperibus et miserabilibus personis et locis emptis Columbaria nostra de Vicarello, et iuribus, et honoribus plebis ipsius Vicarelli, quae Columbaria nostra de Vicarello, iura et

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universale il figlio Ranieri Novello che, se ancora in minore età al momento della morte di Fazio (il che in effetti avvenne), sarebbe stato posto sotto la tutela di Tinuccio Della Rocca169, uomo di fiducia del Donoratico, nominato anche esecutore testamentario. Fazio Novello volle però mettere tutte le carte in tavola, specificando quale sarebbe stata, caso per caso, la destinazione dei propri beni. Erede prescelto era dunque Ranieri Novello, alla morte del quale il patrimonio e il titolo avrebbero seguito la abituale linea di discendenza, passando ai suoi figli, legittimi o naturali. Nel caso Ranieri fosse deceduto senza progenie, erede universale sarebbe stata la figlia Emilia, e poi i figli di lei, pur con qualche sottrazione in campo patrimoniale; difatti, morto Ranieri, alcuni dei beni familiari sarebbero stati direttamente destinati ai poveri ed amministrati da parte del fedecommissario e, alla morte di questi, da parte dello Spedale Nuovo, cui erano lasciate le terre in Valle Sercli, in valle

Auxeris, in Pedemontis et in illis contratis versus Arnum, dell‟opera del Duomo,

cui andava il podere de Macchia Pisani Portus (alla condizione che l‟Operaio versasse al fedecommissario, e poi alla Casa di Misericordia, mille fiorini d‟oro170

), e della Domus stessa. Al nostro istituto sarebbe spettato totum podere, domos et

honores nostris heredibus remaneant totum podere, omnesque domo set possessiones, omnia prata, territoria, domestica et silvestria, et quaelibet alia bona quae habenus in dicto Vicarello, et eius confine hoc modo; videlicet quod dictum podere, cum domibus et possessiones et prata, territoria et bona perpetuo sint pro firma et inalienabili possessione ipsorum pauperum et miserabilium personarum et numquam vendantur, neque vendi aliquo modo possint, sed ipsorum fructus, redditus et proventus annuatim sine temporis prefinitione per nostrum fideicommissarium infrascriptum, quosque vixerit, recolligantur et dividantur in tres partes, quarum partium prima pars detur et distribuatur per dictum fideicommissarium illis pauperibus et miserabilibus personis verecundis Pisane civitatis quibus ipsi nostro fideicommissario dari videbitur; secunda vero pars detur et ditribuatur per ipsum eumdem fideicommissarium et prout sibi placebit, religiosi set locis ecclesiasticiis Pisane civitatis; de reliqua vero tertia parte per dictum fideicommissarium emantur panni grossi de lana, et dividantur et dentur carceratis Pisane civitatis, et aliis pauperibus pro tunicis faciendis, prout dicto nostro fideicommissario videbitur. Quae quidem divisio et distributio dictorum fructuum et bonorum, fiat et observetur ut predicitur, toto tempore vitae nostri fideicommissarii infrascripti. Post vero mortem ipsius nostri fideicommissarii volumus et iubemus quod dictum podere, domus et possessiones, prata, territoria et loca ac alia bona revertantur Domui Misericordie Sancti Egidii Pisane civitatis, et ipsorum poderis, domuum, possessionum et bonorum omnium redditus, fructus et proventus annuatim dentur et distribuantur pauperibus et miserabilibus personis per priores misericordie et alios de misericordia, dummodo intersit voluntas et consensus et consilium prioris fratrum Predicatorum Sancte Catherine Pisane civitatis et guardiani fratrum Minorum Sancti Francisci dicte civitatis qui erunt pro tempore, sine quorum consensu et voluntate distributio predicta per illos de Misericordia fieri non possit.

169

M. L. CECCARELLI LEMUT, Della Rocca, Tinuccio, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 37, Roma, 1989, pp. 306-308.

170

In caso di insolvenza, al fedecommissario o alla Pia Casa sarebbe spettato l‟intero frutto prodotto dai terreni in oggetto.

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possessiones, omnia prata et territoria domestica et silvestria et quelibet alia bona stabilia (…) in Camaiano, et in toto eius pleberio. Dunque, gli enti appena citati

non sarebbero diventati, almeno ufficialmente, diretti proprietari dei beni, ma avrebbero funto da amministratori, gestendo quanto ricevuto in modo che i proventi fossero destinati alle fasce sociali indigenti.

La possibilità, comunque allettante, divenne realtà quando, il 5 giugno 1347, Ranieri Novello morì, appena diciottenne, e senza eredi171. In linea teorica si concretizzavano così le condizioni per cui la Pia Casa poteva entrare in possesso di quanto assicuratole dal testamento di un decennio prima. Tuttavia la temperie storica provocò un significativo ritardo nell‟effettiva acquisizione del territorio, avvenuta dopo un trentennio di attesa e testimoniata dalla “lite” del 1376.