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Domus Misericordie e mulieres repentite: i rapporti con il monastero di S Maria Maddalena e S Marta

DOMUS E SFERA RELIGIOSA

5.3 Domus Misericordie e mulieres repentite: i rapporti con il monastero di S Maria Maddalena e S Marta

All‟interno del solco tracciato dal rinnovamento religioso, e in particolare dall‟azione degli ordini mendicanti su scala cittadina, va inserita la complessa vicenda del monastero di S. Marta, inizialmente sorto come comunità di mulieres

repentite253. La predicazione tesa al recupero di donne in difficoltà sortì i suoi effetti in Pisa agli inizi del XIII secolo: già dal 1240 è infatti presente una domus di penitenti che, trent‟anni dopo, venivano indicate dall‟arcivescovo Federico Visconti come sorores repentite hospitalis S. Marie Maddalene de Spina254. Questa

definizione del Visconti ci dà tre informazioni: in primis, che le repentite hanno professato i voti della vita religiosa, divenendo sorores; poi, che la loro domus, denominata per la prima volta “S. Maria Maddalena”, è affiancata ad un ospedale;

252 Sappiamo che nel periodo in cui Giovanni del fu Uguccione Cocchi ricoprì l‟ufficio di Operaio del

Duomo (1341-1346), egli incoraggiò la pratica della Disciplina che seguiva personalmente, tanto che all‟interno del Camposanto si svolgevano processioni di penitenti. Questi per primi potevano identificarsi in quelle due figure dipinte di incappucciati che affiancavano la salma di Giovanni, incoraggiando così lo sviluppo di tale culto; cfr. M. RONZANI, Frate Giovanni “soldato”, cit. pp. 137-140.

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Cioè quelle donne che, pur mantenendo lo stato laicale, si ritiravano dal mondo in una vita di preghiera e penitenza; la definizione di “pentite” derivava da una conversione spesso avvenuta dopo una vita dedita al peccato, o comunque da uno status sociale non raccomandabile (prostitute, ragazze madri, vedove senza mezzi di sussistenza). Le comunità di repentite fecero la loro comparsa nel XIV secolo, andando ben presto a “diluirsi” nella creazione di veri e propri ordini monastici (come le Maddalene) o nel passaggio dallo status di comunità a quello di vero e proprio monastero. Per l‟argomento e le vicende qui esposte si veda C. FERRINI, Dalle “mulieres repentite” alle monache di S. Marta, tesi di laurea, rel. M. Ronzani, a.a. 2003/2004.

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infine l‟ubicazione alla “Spina”, identificabile con una zona suburbana di vaste aree incolte sulla riva destra dell‟Arno, interessata dal passaggio e dal ristagno di acque. La progressiva affermazione della propria presenza nella vita assistenziale cittadina non valse alle suore255 di evitare, non senza resistenze, l‟unione con il monastero di Santa Croce in Fossabanda (ordine di sant‟Agostino), su decisione dell‟arcivescovo Ruggeri presa in data 27 agosto 1290. Tuttavia, la fase più importante dell‟esistenza della comunità delle repentite è inevitabilmente collocabile all‟interno del revival religioso promosso dall‟arcivescovo Giovanni di Poli.

Infatti il 17 marzo 1308256 il vicario di Giovanni Enrico da Montarso, concede alle

sorores del monastero chiamato di S. Maria Maddalena della Spina il permesso di

vivere secondo la regola di Sant‟Agostino, senza che la comunità possa contare più di dodici religiose residenti per volta. Ancor più importante è per noi sottolineare i termini con cui vengono da questo momento in poi definite le suore: che esse continuino ad essere indicate come repentite o dominae, saranno comunque sempre accompagnate da un altro epiteto, cioè de Misericordia257. Affiora quasi impercettibilmente un legame con la Pia Casa, che può essere suffragato grazie a documenti successivi, in cui gli uomini della Misericordia agiscono in veste di rettori, procuratori, tutori, legali rappresentanti delle dominae. Un esempio che può risultarci interessante, in quanto coinvolge un personaggio sinora molto citato, è reperibile in due diversi documenti del 1326: frate Cione da Firenze, rettore della Casa di Misericordia, acquista degli appezzamenti di terreno per conto delle religiose, ad Oratoio258 e Titignano259. Le sorores sembrano perseguire, con l‟aiuto degli uomini della Pia Casa e su loro esempio, una politica di acquisizione fondiaria, la quale ha però probabilmente uno scopo ben preciso, vale a dire la possibilità di muoversi dalla insalubre sede della Spina ad un‟altra sede. Ciò

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O meglio, alla suora, dato che in quel particolare momento solamente una religiosa era rimasta presso l‟istituto.

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AAP, Mensa, Liber Possessionum/1, c. 189v..

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La prima indicazione si trova nel testamento di Benetta della cappella di S. Maria Maggiore, in cui la testatrice lascia dieci soldi dominabus de Spina dictis de Misericordia; cfr. ASPi, Spedale di Santa Chiara, 2077 (1308 maggio 7).

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ASPi, Dipl. S. Marta, 1327 maggio 20.

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avvenne su concessione di Simone Saltarelli (8 maggio 1333): l‟arcivescovo permise alle suore di trasferirsi vicino alla chiesa di Santa Viviana, dove avrebbero potuto edificare un oratorio, un altare, un cimitero, un campanile. Fra i testimoni presenti all‟atto, oltre al vicario generale, il già citato Bonaggiunta da Calcinaia, era presente il “nostro” Bindo Benigni, giurisperito che abbiamo già annoverato nel numero dei dodici.

Fondamentale era stato nell‟ottenimento di tale concessione il legame che le

dominae avevano maturato già da almeno quattro anni con un altro protagonista

della vita religiosa pisana, il predicatore Domenico Cavalca. Il Cavalca aveva ottenuto nell‟agosto del 1329 il permesso di accedere a S. Maria Maddalena per potervi confessare e assolvere le suore; si era successivamente industriato in favore delle dominae della Misericordia, partecipando alla questua annuale per esse e muovendosi con industria et sollecitudine per lo spostamento della sede260.

Il sopracitato Bindo Benigni riappare in due documenti del 1343 e del 1346, confermando come il legame con gli uomini della Misericordia proseguì anche dopo il trasferimento in S. Viviana. Il 20 gennaio 1343261 Guido Sette, vicario dell‟arcivescovo Dino da Radicofani, accoglie la petizione viri prudentis et providi

domini Bindi Benigni affinché le suore possano avere come confessori i frati

Francesco Cinquina e Francesco Gerardini; ai due religiosi, a Bindo e a chiunque in qualche modo abbia cura di S. Maria Maddalena, l‟arcidiacono genovese permette l‟ingresso, sempre nei limiti della convenienza che si addice a un luogo di clausura, e della volontà delle suore.

Il 27 febbraio del 1346262 la licenza, sempre su richiesta di Bindo, è estesa a frate Michele da Vico e ad un suo socio; il religioso potrà inoltre riunire le suore pro

investigando delicta si qua per eas (…) commicterentur.

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Chronica antiqua conventus Sanctae Caterinae de Pisis, ms. presso Biblioteca Cateriniana di Pisa, c. 22v.. È altresì opportuno notare a questo punto come il nome di Santa Marta andò affiancandosi a quello di S. Maria Maddalena dopo che lo stesso Domenico Cavalca fondò l‟omonima chiesa nel 1342. Proprio in Santa Marta si sarebbero poi spostate le vecchie repentite; le religiose vi rimasero fino alla soppressione, avvenuta in epoca napoleonica.

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AAP, Acta extravagantes, B, c. 110r..

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Nel giugno del 1357263 un altro rappresentante della Pia Casa, il rettore frate Angelo, in qualità di procurator et nuntius di Caterina de Sardi, priora del monastero, presenta un‟istanza fatta a nome di Cecco Alliata, Colo del Mosca e Colo Murci, patroni dell‟altare dedicato alle sante Maddalena a Marta eretto nell‟omonima chiesa. I benefattori avanzano la candidatura del sacerdote Piero del fu Nuccio di San Rimedio di Orticaia a sostituire il deceduto prete Matteo del fu Giuntino nella veste di rettore e curatore delle religiose: essi esercitano così il diritto di presentazione ed elezione del rettore, ruolo che difatti viene assegnato a Piero. Nel giro di poco più di un lustro Piero fu spostato ad ecclesiam Sancti Sebastiani

Kinziche264, lasciando così vacante anche l‟altare sopracitato. Il documento

riguardante l‟elezione del nuovo rettore chiarisce la posizione che la Domus

Misericordie deteneva: vi si dice infatti che la electio e la presentatio del sacerdote de iure et antique consuetudine spectat ad dictum monasterium et priores domus misericordie et ad descendentes Iohannis Murcii de cappella Sancti Christofori Kinziche. In questa sede, la candidatura avanzata riguarda il pievano della pieve di

San Gervasio Franciscus quondam Cionini de Sancto Cervasio; l‟elezione è approvata e ratificata in data 9 febbraio 1363.

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AAP, Acta extravagantes, B, cc. 477v.-478v..

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CAPITOLO VI