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Actio empti ed evizione nel pensiero di Giavoleno e Pomponio 140

Al riguardo, la prima testimonianza dell’impiego dell’actio empti in funzione di garanzia, ovvero come rimedio per ottenere in via diretta il ristoro in caso di evizione del bene, può essere presumibilmente ascritta a Giavoleno

D. 21, 2, 60 (Iav. 2 ex Plautio): Si in venditione dictum non sit,

quantum venditorem pro evictione praestare oporteat, nihil venditor praestabit praeter simplam evictionis nomine et ex natura ex empto actionis hoc quod interest.

Il giurista afferma, infatti, che, nel caso in cui non fosse stata assunta in forma stipulatoria la garanzia per evizione, il venditore risulta tenuto, comunque, alla restituzione del prezzo in favore del compratore. Nella chiusa del frammento da ‘et ex natura’ si aggiunge anche che il venditore può essere tenuto all’id quod

interest, considerata la natura - di buona fede - del giudizio ex empto.

Il frammento della cui genuinità si è discusso324, ma che appare

sostanzialmente affidante nel suo complesso, come sottolineato dal Talamanca325, letto in connessione con D. 41, 3, 23, 1 (Iavol. 9 epist.)326, testimonia, in vero, la possibilità del compratore di convenire in giudizio il venditore, in caso di evizione, direttamente con l’actio empti. Un ulteriore elemento merita di essere evidenziato327: Giavoleno giustifica la concessione dell’azione contrattuale                                                                                                                

324 In questo senso da ultimo  BELDA MERCADO, La obligación de garantía por evicción, cit., 313 ss.

325 Cfr. TALAMANCA, voce Vendita, cit., 395.

326 Si autem columna evicta fuerit, puto te ex empto cum venditore recte acturum et eo genere

rem salvam habiturum. Nel passo viene, infatti, concessa l’actio empti per l’evizione di una

colonna facente parte di un edificio oggetto di vendita.

327 Valorizzato, da ultimo, anche da DALLA MASSARA,Garanzia per evizione e interdipendenza

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proprio valorizzando il contenuto, in termini di ‘praestare’ del’obbligazione gravante sul venditore.

Se, dunque, sembra abbastanza certo ritenere che il giurista abbia concesso l’azione contrattuale in funzione di garanzia, alcune incertezze permangono sull’individuazione del ristoro conseguibile con tale strumento. La dottrina tradizionale, infatti, ritiene frutto di interpolazione il riferimento alla possibilità di ottenere l’id quod interest, che sarebbe stato maldestramente inserito dai compilatori giustinianei per adattare il frammento al nuovo regime dell’actio

empti328. Giavoleno, dunque, avrebbe inteso il ricorso all’azione contrattuale come strumento limitato esclusivamente ad ottenere un risultato analogo a quello conseguibile con l’inserimento di una stipulatio.

A mio avviso, il riferimento all’esperibilità dell’actio empti potrebbe essere ritenuto genuino, se si valorizza il riferimento alla ‘natura’ del giudizio: la possibilità di ottenere la restituzione del prezzo, non viene ad escludere che con l’actio empti possa essere anche conseguito l’id quod interest, ove ne ricorrano i relativi presupposti. Si pensi al caso emblematico del venditore in dolo.

L’ulteriore approfondimento sulla diretta esperibilità dell’actio empti in caso di evizione è stato, senza dubbio, compiuto da Pomponio329. Al riguardo merita di essere preliminarmente richiamato

                                                                                                               

328 Cfr. in questo senso E. ALBERTARIO, Il rimborso delle spese fatte dal compratore, in Studi di

Diritto Romano, III, Milano 1936, 490 nt. 2; A. CALONGE, Eviccion historia del concepto y

analis de su contenido en el derecho romano clasico, Salamanca, 1968, 35. ANKUM, Pomponio,

Juliano y la responsabilidad del vendedor por eviccion con la actio empti, cit., 75 ss.

329 Il ruolo di questo giurista nella ‘contrattualizzazione’ della garanzia per evizione è stato evidenziato, di recente, dall’Ankum, che ha messo in discussione la paternità giulianea di tale innovazione, generalmente riconosciuta dalla dottrina. Ciò è evidente nelle parole dell’Autore «segùn la teoria dominante, expuesta por la gran mayorìa de los romanistas, Juliano fue el primer jurista clàsico que, en caso de eviccìon, dio al comprador la actio empti para la indemnizaciòn de danos dicho en términos romanos: el id quod interest, sin necesitad de hablar de dolo del vendedor. … Todos lo hemos tomado unos de otros y, como espero poder demostrar en esto artìculo, erròneamente», cfr.ANKUM, Pomponio, Juliano y la responsabilidad del vendedor por

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D. 21, 2, 16 pr. (Pomp. 9 ad Sab.): Evicta re vendita ex empto erit

agendum de eo quod accessit, quemadmodum ea quae empto fundo nominatim accesserunt si evicta sint, simplum praestatur.

Pomponio afferma che, nel caso venga evitta la cosa venduta, si deve esperire l’actio empti riguardo a ciò che per accessione è stato aggiunto al bene; allo stesso modo, nel caso in cui le cose aggiunte per accessione a un fondo sono state espressamente menzionate al momento della vendita, se vengono evitte, il venditore è tenuto a prestare il simplum. Questo frammento è stato sospettato di aver subito un rimaneggiamento giustinianeo330.

Ciò ha portato l’Ankum331 a fornire una lettura profondamente diversa del testo sostituendo ‘re’ con ‘ancilla’332.

Nello specifico, dunque, Pomponio avrebbe trattato il tema della possibilità o meno di esperire l’actio empti in relazione all’evizione dell’accessione di una schiava: questa fattispecie sarebbe stata avvicinata all’evizione di un’accessione di una parte di un fondo, nel quale caso sarebbe sufficiente prestare il simplum.

Non mi sembra che vi siano elementi idonei ad avvalorare questa ricostruzione, essendo il discorso di Pomponio perfettamente coerente anche nella versione pervenutaci. Il dato, senza dubbio, da evidenziare è la menzionata concessione diretta dell’actio empti per la restituzione del prezzo333.

                                                                                                               

330 Un indice in questo senso sarebbe dato dal fatto che nell’attuale stesura si parla prima dell’accessione di un bene in generale e, poi, si richiama ad adiuvandum il caso di un bene specifico, il fundum, con un’evidente inversione del percorso argomentativo.

331 cfr. ANKUM, Pomponio, Juliano y la responsabilidad del vendedor por eviccion con la actio

empti, cit., 69 nota 27.

332 Dal che il passo risulterebbe Evicta [re] <ancilla> vendita ex empto erit agendum de eo quod

accessit, quemadmodum ea quae empto fundo nominatim accesserunt si evicta sint, simplum praestatur.

333 Discutibili, a mio avviso, appaiono gli ulteriori elementi, che, secondo l’Ankum, potrebbero trarsi dal frammento. In particolare, l’inferire una sottintesa applicabilità dell’actio ex stipulatu o dell’actio de auctoritate per il bene principale dalla circostanza che Pomponio si limita esclusivamente a considerare quale rimedio sia apprestabile per l’evizione dell’accessione e non del bene principale. Con l’ulteriore conseguenza che, nel caso in cui l’evizione dei due beni avvenisse contemporaneamente, l’actio empti non troverebbe applicazione, in quanto la disciplina prevista per il bene principale attrarrebbe sicuramente sotto il suo ambito di applicazione anche la parte accessoria. cfr. ANKUM, Pomponio, Juliano y la responsabilidad del

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Continuando ad esaminare il pensiero di questo giurista, si veda

D. 18, 1, 66, pr.–1 (Pomp. 31 ad Q. Muc.): In vendendo fundo

quaedam etiam si non dicantur, praestanda sunt, veluti ne fundus evincatur aut usus fructus eius, quaedam ita demum, si dicta sint, veluti viam iter actum aquae ductum praestatum iri: idem et in servitutibus urbanorum praediorum.1.Si cum servitus venditis praediis deberetur nec commemoraverit venditor, sed sciens esse reticuerit et ob id per ignorantiam rei emptor non utendo per statutum tempus eam servitutem amiserit, quidam recte putant venditorem teneri ex empto ob dolum.

Pomponio evidenzia un criterio per graduare la responsabilità del venditore. Distingue, infatti, un primo gruppo di ipotesi, rispetto alle quali il venditore è tenuto a garantire il compratore, indipendentemente da un’apposita assunzione di responsabilità. Tra queste ipotesi cita in via esemplificativa l’evizione del bene. Negli altri casi, invece, sussiste la responsabilità del venditore solo in caso di sua assunzione espressa della stessa. Si richiama, in particolare, il caso in cui fosse stata garantita la presenza di talune servitù prediali, quali la via, l’actum, l’

aquae ductum334. Lo stesso discorso, per il giurista, vale anche in riferimento                                                                                                                

334 Al riguardo, giova comunque ricordare come sin dalla fine della repubblica l’actio empti fosse stata concessa nei casi in cui la cosa venduta fosse stata gravata da vincoli, come, ad esempio, una servitù, che potevano causare la perdita o la limitazione del diritto acquistato dal compratore appare testimoniato da diverse fonti. In questi casi le decisioni vengono tutte motivate facendo riferimento alla buona fede, come causa idonea a giustificare il ricorso all’actio empti. A questo proposito esemplificativa è una decisione del giurista Scevola, che opera in pieno periodo repubblicano: D. 21, 2, 69, 3 (Scaev. 2 quaest.): Quid ergo, qui iussum decem dare pronuntiat

viginti dare debere, nonne in condicionem mentitur? verum est hunc quoque in condicionem mentiri et ideo quidam existimaverunt hoc quoque casu evictionis stipulationem contrahi: sed auctoritas servii praevaluit existimantis hoc casu ex empto actionem esse, videlicet quia putabat eum, qui pronuntiasset servum viginti dare iussum, condicionem excepisse, quae esset in dando.

Il passo riporta anche il pensiero del giurista Servio, ma da molti Autori (cfr., per tutti, GIRARD,

l’«auctoritas» et l’action «auctoritatis», Inventare d’interpolations,243 nota 1) è stato ritenuto

oggetto di profondi rimaggettamenti da parte dei compilatori giustinianei, in quanto affermante un principio che non si riteneva potesse essere stato proprio della giurisprudenza repubblicana. Tralasciando le altre questioni concernenti la ricostruzione del testo, che non investono la parte di nostro interesse, merita di essere richiamata l’attenzione su quanto viene affermato dal giurista Servio: il principio fondamentale, secondo cui l’actio empti possa essere concessa anche indipendentemente dall’actio ex stipulatu, pur nel caso di concorso delle due azioni. Applicazioni

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alle servitù urbane. Pomponio, nel proseguo del frammento specifica il discorso relativo alle servitù, ricordando come se era prevista, a vantaggio dei fondi venduti, una servitù ed il venditore non ne aveva fatta menzione, ma consapevolmente aveva taciuto e per questo, a causa della mancata conoscenza del bene, il compratore avesse perso questa servitù, stante il non uso per il tempo stabilito, alcuni giustamente ritengono che il venditore sia tenuto in base all’azione contrattuale della vendita, a titolo di dolo.

La parte di questo passo di nostro interesse è, ovviamente, la prima, in cui viene chiaramente affermata l’esistenza di una responsabilità per evizione, che riguarda beni per cui essa non è stata espressamente assunta.

In base a queste due testimonianze mi sembra che possa affermarsi che, senza dubbio, Pomponio abbia contribuito, prima di Giuliano 335 ,                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

di questo principio possono essere trovate in vari passi del Digesto, di cui si riportano i principali:D. 21, 2, 54, 1 (Gai 28 ad ed. provinc.): Si heres statuliberum, qui sub condicione

pecuniae dandae liber esse iussus est, vendiderit et maiorem pecuniam in condicione esse dirit quam dare ei iussus est, ex empto tenetur, si modo talis est condicio, ut ad emptorem transiret, id est si heredi dare iussus est servus: nam si alii dare iussus, quamvis veram pecuniae quantitatem dirit, tamen, si non admonuerit alii dare iussum, evictionis nomine tenebitur. Nel frammento

sicuramente sarebbe da ritenersi genuina l’affermazione della responsabilità ex empto, mentre si dovrebbe ritenere il frutto dell’opera di qualche annotatore il riferimento seguente introdotto dall’espressione si modo. Ultreriori ed ultime conferme di tale applicazione dell’actio empti si ritengono rinvenibili in: D. 19, 1, 6, 9 (Pomp. 9 ad Sab.): Si venditor sciens obligatum aut

alienum vendidisset et adiectum sit " neve eo nomine quid praestaret", aestimari oportet dolum malum eius, quem semper abesse oportet in iudicio empti, quod bonae fidei sit. D.19, 1, 52, 1

(Scaev. 7 dig.): Praedium aestimatum in dotem a patre filiae suae nomine datum obligatum

creditori deprehenditur: quaesitum est, an filius, qui hereditatem patris retinet, cum ab ea se filia abstinuisset dote contenta, actione ex empto teneatur, ut a creditore lueret et marito liberum praestaret. respondit teneri. Bisogna innanzitutto premettere che anche in questi due passi

l’intervento dei compilatori non è stato assolutamente irrilevante: se prendiamo, ad esempio, in considerazione il primo dei due passi, sicuramente è stato aggiunto dai compilatori giustinianei il riferimento all’esclusione di validità del patto di non prestare per l’evizione e l’inesatta frase

aestimari oportet dolum malum eius, quem semper abesse [..]. In entrambi i casi, però, si può

ritenere sicura la concessione dell’actio empti nel caso in cui il venditore non possa garantire l’habere licere in quanto ha alienato un bene gravato da pegno o appartenente ad altro soggetto. 335 L’anteriorità del pensiero di Pomponio rispetto a quello di Giuliano è dimostrabile in base al periodo di redazione delle relative opere. Il primo passo di Pomponio è tratto da uno dei 35 o 36 libri ad Sabinum: quest’opera, infatti, è stata composta durante l’impero di Adriano e prima dei

Digesta di Giuliano. Questa anteriorità troverebbe riscontro in un’annotazione del Lenel, secondo

cui i libri ad Sabinum conscripti sunt hi libri imperante Hadriano, antequam Iulianus digesta sua

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all’affermazione della diretta esperibilità dell’actio empti in caso di evizione, ma che, come ora vedremo, la definitività di tale acquisizione e la sua sistematizzazione non possa che riferirsi a Giuliano stesso.