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Il pactum de non praestanda evictione 156

Come messo in luce da un’autorevole prospettiva interpretativa358, corollario dell’impostazione – diffusasi nella giurisprudenza romana a partire dal periodo classico – della qualificazione della garanzia per evizione quale elemento «naturale» del contratto consensuale di compravendita, sarebbe stato la diffusione nella pratica di un pactum de non praestanda evictione, volto ad escludere consensualmente tale effetto, che, altrimenti, sarebbe divenuto automatico per le parti stesse.

Il passo principale359 da esaminare per quanto riguarda questo istituto è

tratto da un’opera di Ulpiano. Si veda                                                                                                                

358ARANGIO RUIZ, Compravendita, cit., 350. Nello stesso senso, di recente, DALLA MASSARA,

Garanzia per evizione e interdipendenza delle obbligazioni nella compravendita romana, cit.,

308 ss.

359 La letteratura su questo passo è, senza dubbio, imponente. Per un primo approccio si rinvia a: GLUCK,Commentario alle Pandette, cit., 225 e ss.; RICCA BARBERIS, Efficacia giuridica del

patto de non praestanda evictione, cit., 3 ss.; nonché, da ultimo, con ampia bibliografia A.

MOHINO MANRIQUE,Pactos en el contrato de compraventa en interés del vendedor, Madrid,

ACTIO EMPTI E RESPONSABILITA’ PER EVIZIONE 157

D. 19, 1, 11, 18 (Ulp. 32 ad ed.): Qui autem habere licere vendidit,

videamus quid debeat praestare. et multum interesse arbitror, utrum hoc polliceatur per se venientesque a se personas non fieri, quo minus habere liceat, an vero per omnes. nam si per se, non videtur id praestare, ne alius evincat: proinde si evicta res erit, sive stipulatio interposita est, ex stipulatu non tenebitur, sive non est interposita, ex empto non tenebitur. sed iulianus libro quinto decimo digestorum scribit, etiamsi aperte venditor pronuntiet per se heredemque suum non fieri, quo minus habere liceat, posse defendi ex empto eum in hoc quidem non teneri, quod emptoris interest, verum tamen ut pretium reddat teneri. ibidem ait idem esse dicendum et si aperte in venditione comprehendatur nihil evictionis nomine praestatum iri: pretium quidem deberi re evicta, utilitatem non deberi: neque enim bonae fidei contractus hac patitur convenitone, ut emptor rem amitteret et pretium venditor retineret. nisi forte, inquit, sic quis omnes istas supra scriptas conventiones recipiet, quemadmodum recipitur, ut venditor nummos accipiat, quamvis merx ad emptorem non pertineat, veluti cum futurum iactum retis a piscatore emimus aut indaginem plagis positis a venatore, vel pantheram ab aucupe: nam etiamsi nihil capit, nihilo minus emptor pretium praestare necesse habebit: sed in supra scriptis conventionibus contra erit dicendum. nisi forte sciens alienum vendit: tunc enim secundum supra a nobis relatam iuliani sententiam dicendum est ex empto eum teneri, quia dolo facit.

Occorre premettere che il passo è stato al centro di un fortissimo contrasto interpretativo nella dottrina più risalente, che nell’individuazione della corretta interpretazione del pensiero sia di Ulpiano che di Giuliano360 si è fortemente divisa361.

                                                                                                               

360 Una diversa linea di pensiero ritiene che, in realtà, il pensiero di Giuliano non sia “originale”, ma il frutto dell’operato dei Compilatori giustinianei. «La giurisprudenza classica dunque non conobbe l’inefficacia del patto di non prestare l’evizione, ove il venditore non ignorasse l’alienità, della cosa. Pel diritto classico una tale pattuizione era pienamente valida, anche in quel caso. Lo stesso si ripeta di quelle altre clausole, che abbiamo esaminate nel corso di questo scritto. Come s' è già. detto, è, per lo meno, assai probabile che il diritto ante giustinianeo derivasse la loro assoluta efficacia dal principio, che versa in colpa il compratore, il quale non s'avvede del vizio (nel diritto o della cosa) che affetta l'oggetto, nonostante la dichiarazione (che questa non sia esplicita non monta) del venditore, la quale gli rende ciò possibile e facile. Questa considerazione difatti non poteva non escludere il dolo dell'alienante, giusta la norma, largamente riconosciuta, del diritto romano classico, che l'azione contro il venditore a causa del dolo non dovesse ammettersi, quando l'acquirente conoscesse o potesse conoscere anche lui il vizio

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Si è trattato, senza dubbio, di un intenso dibattito dottrinario362, il cui “eco” sembra essersi notevolmente affievolito nel secolo scorso: in questo senso potrebbero aver militato le scelte codificatorie a partire da quella francese, che facendo propria «l’opinione allora dominante nei pratici»363, hanno sancito

espressamente che il patto in parola – distinguendolo dalla vendita “a proprio rischio e pericolo” – non esclude l’obbligo alla restituzione del prezzo364.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                           

afficiente la cosa. Il diritto giustinianeo, invece, perde di vista questo elemento della colpa con cui è presumibile che abbiano operato i giuristi classici, ed afferma, seguendo una spiccata tendenza che lo trae a considerare rigorosamente la bona fides secondo i principi della morale più rigida, la responsabilità piena del venditore, sciente, malgrado il pactum d. n. p. e.», così A.DE

MEDIO, Il patto di non prestare l'evizione e il dolo del venditore nel diritto romano classico, in

BIDR, XVI (1904), 87 ss.

361 Si è in particolare osservato che «tra coloro che limitavano l’efficacia del pactum, ammettendo per lo meno l’obbligo alla restituzione del prezzo, e coloro che esentavano il venditore di buona fede da ogni responsabilità, si agitava in fondo la perenne lotta tra l’equità … e il diritto, tra le ragioni di mitezza e di equilibrio patrimoniale e di logica giuridica: lotta che si rinnova nella storia letteraria del diritto romano dai due primi corifei e rappresentanti di questa opposizione, l’equo Martino e il severo Bulgaro, fino agli ultimi pratici del diritto romano», così GLUCK,Commentario alle Pandette, cit., 248, nota o). Rifacendosi ad un criterio lato sensu

quantitativo è stato altresì osservato come mentre «per lo passato infatti si può ben dire che anche nella presente questione l’opinione che ammetteva la restituzione del prezzo, abbia avuto la palma, in quanto prevalse negli scrittori più popolari e diffusi, dal Cuiacio al Voet e al De Luca, nella giurisprudenza, e ottenne passaggio nei Codici moderni», invece «in tempi più recenti pochi scrittori l’hanno sostenuta», così GLUCK,Commentario alle Pandette, cit., 249, nota o), mentre la

maggior parte l’ha criticata, cfr. in via esemplificativa, WINDSCHEID, Diritto delle Pandette,cit.,

§391.

362 Gli ultimi “alfieri” di questo dibattito si trovano tra fine ‘800 e inizi del secolo scorso. A favore della tesi più risalente, cfr. in part.: A. DOVERI,Istituzioni di diritto romano2, II, Firenze, 1866, 163; contra L.ARNDTS,Trattato delle Pandette, trad.it. a cura di Serafini, II, Bologna,

1873, 218, nota 6; A.DERNBURG,Diritto delle Obbligazioni, trad.it. a cura di Cicala, Torino,

1903, 417; G. IMPALLOMENI, Nota sulla limitazione della garanzia per l’evizione nelle

legislazioni dalla romana derivata, in Sein und Werden im Rech, Festgabe für Ulrich von Lübtow zum 70. Geburtstag am 21. August 1970, a cura di G.BECKER E L.S. VON CAROLSFELD,

Berlino, 1970, 599.

363 GLUCK,Commentario alle Pandette, cit., 251, nota o)

364 Art. 1628 code civil: Quoiqu'il soit dit que le vendeur ne sera soumis à aucune garantie, il demeure cependant tenu de celle qui résulte d'un fait qui lui est personnel : toute convention contraire est nulle.Art. 1629 code civil: Dans le même cas de stipulation de non–garantie, le vendeur, en cas d'éviction, est tenu à la restitution du prix, à moins que l'acquéreur n'ait connu lors de la vente le danger de l'éviction ou qu'il n'ait acheté à ses périls et risques.; su cui il Troplong (Il diritto civile spiegato secondo l’ordine del codice, Della vendita, Palermo, 1847, 303 e ss.), osserva che «Vediamo le modificazioni cui va soggetta l’estensione ordinaria dell’obbligazione di garantire. … Talvolta esse lo dispensano espressamente da ogni indennizzazione e restituzione di denaro, imperrocchè ordinariamente il venditore, quantunque

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Per vero, l’analisi del suddetto passo sembra continuare a rivestire un precipuo rilievo, in quanto – alla luce delle indicazioni ricavate dall’analisi svolta nel paragrafo precedente – il pensiero di Giuliano può assumere ben altra rilevanza se contestualizzato all’interno dell’impostazione seguita da questo giurista. In altre parole, non sembra condivisibile l’impostazione di una parte della dottrina tradizionale, secondo cui l’obbligo della restituzione del prezzo può costituire «una opportuna conciliazione legislativa per ragioni di equità e di compensazione patrimoniale tra le due parti, ma non è cosa che si possa affatto indurre dai principi più generali relativi all’evizione, ai contratti, alla buona fede»365.

In via preliminare è necessario, però, cercare di ricostruire il lungo ragionamento compiuto da Ulpiano, nell’affrontare il tema generale dell’obbligo di garantire per evizione proprio del venditore.

Ulpiano, che come si è ricavato dall’analisi precedentemente condotta, scrive in un periodo nel quale la garanzia per evizione era già elemento naturale

                                                                                                                                                                                                                                                                                                           

abbia stipulato di non garantire, è obbligato alla restituzione del prezzo … Giusta l’art. 1628 quantunque venga detto che il venditore non verrà sottoposto ad alcuna garanzia, egli rimane contuttociò sempre tenuto di quella che risulta da un fatto suo personale.Perchè sarebbe contrario alla buona fede che il venditore, dopo aver lucrato nella vendita, imponesse al compratore il carico dei suoi propri fatti e gli trasmettesse delle cagioni di molestia derivati da lui, mentrechè gli spetta l’obbligo specialmente di proteggerlo. Qualunque sia il potere delle parti quando esse contrattano, non è in loro facoltà il dar luogo al dolo nelle loro stipulazioni. La buona fede deve presiedere alle medesime, né vi si può introdurre la frode impunemente». Art.1485 c.c. it. 1865: nello stesso caso di stipulata esclusione della garantia, il venditore, accadendo l’evizione, è tenuto alla restituzione del prezzo, eccetto che il compratore fosse consapevole del pericolo dell’evizione all’atto della vendita o avesse comprato a suo rischio e pericolo; E. PACIFICI–

MAZZONI,Il codice civile italiano commentato con la legge romana, le sentenze dei dottori e la giurisprudenza, XII, Trattato della vendita, 456: «Quando l’anzidetta clausola esoneratrice della

garantia per evizione sia efficace, il venditore rimane nondimeno obbligato alla restituzione del prezzo: perciocché l’ha ricevuto senza causa; né per certo all’anzidetta clausola può attribuirsi il significato di una liberalità, dappoichè in definitva, venuta meno la causa onrosa della vendita per la evizione, il venditore non potrebbe ritenere il prezzo se non per causa lucrativa (art. 1485). L’effetto di tale clausola adunque consiste nel liberare il venditore dall’obbligo di dare al compratore tutte le altre prestazioni a cui altrimenti per diritto comune sarebbe tenuto, cioè di restituire i frutti, rimborsare le spese di qualunque specie, e risarcire altri e maggiori danni». Nello stesso senso, E.GIANTURCO,Istituzioni di diritto civile italiano, Firenze, 1911, 223.

CAPITOLO IV

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del contratto di vendita366, si occupa inizialmente degli effetti che l’assunzione in forma stipulatoria367 della garanzia per evizione comporta sul regime di

esperibilità dell’actio empti. Il giurista esamina, in particolare, il caso in cui con

stipulatio il venditore si sia obbligato a rispondere soltanto per gli atti

provenienti o da lui stesso o dai suoi aventi causa.

Tale stipulatio viene a produrre, agli occhi del giurista, un duplice effetto: da un lato, rende rilevanti i soli casi di evizione che provengano dal venditore e dai suoi eredi, dall’altro, seppur indirettamente, viene conseguentemente a limitare la garanzia che può essere fatta valere dal compratore, che nel caso in cui l’evizione provenga da terzi, non potrà rivolgersi per far valere la responsabilità contrattuale del venditore, che  ‘ex empto non tenebitur’. Ne deriva, quindi, che, almeno per Ulpiano, attraverso uno strumento pattizio può incidersi sulla disciplina contrattuale, limitando la responsabilità del venditore, che ben potrà – in caso di evizione proveniente da un terzo – non restituire quanto ricevuto dal compratore a titolo di prezzo368.

                                                                                                               

366 Induce a ritenere, come del resto abbiamo visto nelle pagine precedenti, che tale giurista non ritenesse assolutamente necessario, per il sorgere della responsabilità in questione un esplicito

pactum de praestanda evictione il fatto che il giurista utilizza, in riferimento tanto all’actio empti

che all’actio ex stipulatu, il verbo polliceri, che «indica essenzialmente la determinazione contrattuale che foggia o modifica la garanzia sancita dalla legge» cfr. RICCA BARBERIS,

Efficacia giuridica del patto de non praestanda evictione, cit., 26.

367 Tradizionalmente si ritiene che il riferimento contenuto in questa prima parte del passo sia alla

stipulatio habere licere, a cui si riferirebbe Ulpiano con l’espressione ‘qui autem habere licere vendidit, videamus quid debeat praestare’. Come, però, acutamente rilevato dal Talamanca, non

si può escludere che il pensiero di Ulpiano avesse di mira un ambito più ampio. In questo senso milita, senza dubbio, l’osservazione che non vi erano motivi per i quali i Compilatori giustinianei avrebbero dovuto espungere il richiamo diretto ad un istituto quale la stipulatio habere licere, di cui si trovano, come visto, molteplici testimonianze nel Digesto. cfr. TALAMANCA, voce Vendita,

cit., 398 nt. 986.

368 Pur dinnanzi alla chiara affermazione in questo senso di Ulpiano, ‘nam si per se , non videtur

id praestare, ne alius evincat proinde si evicta res erit, sive stipulatio interposita est, ex stipulatu non tenebitur, sive non est interposita, ex empto non tenebitur’, va segnalato come il Ricca

Barberis, sfruttando uno spunto di Pothier, ha ritenuto che il giurista, pur escludendo sia l’esperibilità dell’actio ex stipulatu che di quella ex empto non volesse precludere al compratore la possibilità di riconseguire, comunque, quanto pagato. Ciò in quanto fin da «quel periodo di tempo in cui la ragion d’essere della garanzia era riposta in una clausola speciale, così da apparire come una prestazione accessoria, il silenzio delle parti, escludendola, lasciava sempre salva al compratore la “condictio” per ripetere la prestazione da lui fatta», cfr. RICCA BARBERIS,

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Nel proseguo del passo, Ulpiano ricorda la diversa opinione di Giuliano, non a caso introdotta con ‘sed Iulianus’. Quest’ultimo afferma, infatti, che il

pactum de non praestanda evictione369, sia nel caso in cui sia espresso, sia nel

caso che sia tacito, mentre impedisce al compratore di richiedere l’id quod

interest, invece ‘verum tamen ut pretium reddat teneri’.

Questa decisione viene giustificata con il ricorso al generale principio di buona fede, che regge l’intera materia contrattuale: non è, infatti, ammissibile che il venditore mantenga il denaro ricevuto, quando il compratore perde il bene acquistato. Giuliano conclude il suo pensiero, affermando che, nel caso in cui si ritenga che tale patto escluda interamente la responsabilità del venditore, ci si troverebbe di fronte ad una vera e propria emptio spei.

Com’è evidente le posizioni di Ulpiano e di Giuliano ora esposte appaiono difficilmente conciliabili. Non a caso, la parte finale del frammento,  introdotta da ‘sed in supra scriptis conventionibus contra erit dicendum’, in cui sembrerebbe, in prima approssimazione, che nuovamente Ulpiano torni ad esporre il proprio                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

POTHIER, Trattato della Vendita2, Livorno, 1841, 483, n.186. Tale argomentare non può essere assolutamente condiviso, in quanto preliminarmente non può non ricordarsi come l’utilizzo della condictio postulerebbe un modello di trasferimento astratto, modello che non si attaglia a quello romano più avvicinabile a quello causale (cfr. VACCA, Annotazioni in tema di vendita e

trasferimento della proprietà, cit., 174 ss.). Nello specifico il ricorso alla condictio appare

giustificabile, infatti, esclusivamente quando un bene sia pervenuto nel patrimonio dell’accipiens ‘sine causa’, ovvero quando la causa contrattuale rectius sinallagmatica non risulti effettivamente valida ed efficacia, ad esempio nel caso di errore sulla causa stessa. Con l’immediata conseguenza che la condictio «non trova applicazione per la ripetizione del pagamento del corrispettivo nei contratti tipici sinallagmatici; in questa fattispecie il pagamento, al momento in cui è effettuato è sempre cum causa, nel senso che è comunque giustificato dalla ‘causa tipica’ di quell’accordo». Così L.VACCA,Osservazioni in tema di ‘condictio’ e arricchimento senza causa nel diritto romano classico, in L’arricchimento senza causa. Atti del Convegno dell'Università degli Studi Roma Tre. Roma, 24 e 25 ottobre 2003, a cura di V.MANNINO, Torino, 2005, 7 ss. [ora in Appartenenza e circolazione dei beni. Modelli classici e giustinianei, a cura di L.VACCA, Padova, 2006, 573 ss. e da cui citato, in part. 594 s.]. Nello stesso senso cfr. da ultimo le precipue osservazioni in relazione a D. 19,2,19,6 (Mel.-Ulp. 32 ad ed.), svolte da B.CORTESE,Indebiti

solutio ed arricchimento ingiustificato. Modelli storici, tradizione romanistica e problemi attuali,

Padova, 2009, 191 ss.

369 Tale espressione, utilizzata spesso in questo paragrafo non è rintracciabile nelle fonti classiche; Giuliano, per riferirsi alla convenzione in parola, ne descrive gli effetti: etiamsi aperte

venditor pronuntiet per se heredemque suum non fieri, quo minus habere liceat, posse defendi ex empto eum in hoc quidem non teneri, quod emptoris interest, verum tamen ut pretium reddat teneri.

CAPITOLO IV

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pensiero, ha dato vita ad un acceso dibattito intepretativo370. In primo luogo, perché, come chiaramente messo in luce dal Talamanca, non vi sono elementi idonei ad attribuire la paternità del pensiero esposto a Giuliano371 o ad Ulpiano.

La chiusa del passo, infatti, «ha tutta l’aria d’esser un intervento risolutore dei compilatori a tagliare una più articolata discussione»372.

Nonostante questa prima difficoltà interpretativa, non sono mancati i tentativi volti a coordinare le impostazioni dei due giuristi, giungendo a ritenere che Ulpiano farebbe propria la motivazione di Giuliano, non accettandone, però, pienamente le conclusioni, limitatamente alla configurabilità di un’ emptio

spei373.

A mio avviso, una corretta esegesi del passo richiede di separare due piani differenti. L’evidenza dell’intervento compilatorio sulla parte finale del passo                                                                                                                

370 Per un approfondimento del quale si rinvia, senz’altro, all’approfondita disamina condotta da ultimo da MOHINO MANRIQUE,Pactos en el contrato de compraventa en interés del vendedor,

cit., 342 ss.

371 Riguardo la tesi attribuibile a questo giurista, va ricordato come il Kaser abbia ritenuto che non sia originale il riferimento, contenuto nel passo, all’esperibilità dell’actio empti per la restituzione del prezzo. Tale riferimento sarebbe il frutto di un intervento giustinianeo, che avrebbe espunto l’originario ottenimento dell’id quod interest. Cfr. M.KASER, , Das Ziel der

actio empti nach Eviktion, in ZSS, 54 (1934), 164. Questa ricostruzione, a mio avviso, non è

condivisibile, in quanto, come sopra si cercherà di dimostrare, l’esperimento dell’azione contrattuale per l’ottenimento della restituzione del prezzo è la sola opzione compatibile con il principio di buona fede, che Giuliano viene a richiamare come fondamento della propria opinione.

372 TALAMANCA, voce Vendita, cit., 398 nt. 994.

373 La non accettazione delle sole conclusioni di Giuliano apparirebbe evidente, osservando che l’espressione con la quale Ulpiano dimostra di non accettare le conclusioni di Giuliano, ovvero

sed in supra scriptis conventionibus contra erit dicendum, è posizionata subito dopo

l’affermazione della configurabilità dell’emptio spei e non è seguita da una propria teoria: se, invece Ulpiano non si fosse trovato d’accordo con l’intero pensiero espresso da Giuliano avrebbe sicuramente fornito una propria motivazione e al posto di quel sed avrebbe sicuramente messo un

et che avrebbe chiaramente indicato in maniera più netta la riferibilità all’insieme del pensiero

prima esposto. Cfr. in questo senso: RICCA BARBERIS, Efficacia giuridica del patto de non

praestanda evictione, cit., 31. Contra: GLUCK,Commentario alle Pandette, cit., 229, che osserva

come la «retta opinione» sia quella che «sostiene che Ulpiano ha rigettato l’opinione di Giuliano, approvandola nel solo caso in cui il venditore sia in dolo. Fuori di questo egli assolve il venditore da ogni responsabilità per l’evizione, anche quanto alla restituzione del prezzo ricevuto, qualora all’atto della conclusione del contratto abbia pattuito di non esser tenuto per l’evizione. Questa retta opinione era già stata ritenuta da parecchi antichi giuristi. … Se non che l’esperienza insegna quanto sia difficile estirpare vecchi e radicati errori, e dare adito alla voce della verità negl’intelletti accecati dai pregiudizi».

ACTIO EMPTI E RESPONSABILITA’ PER EVIZIONE 163

rende, infatti, impraticabile qualsiasi tentativo volto a ricostruire se e come Ulpiano abbia tentato di superare il contrasto con l’opinione di Giuliano. Allo stato attuale, dunque, non può che, da un lato, mettersi in luce quali siano le