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Le diverse funzioni dell’actio empti in relazione all’evizione 152

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avrebbe pagato, se fosse stato a conoscenza, al momento dell’acquisto, del vizio, non avendo il secondo soggetto conseguito l’habere licere sul bene acquistato.

Non può, dunque, che discenderne, come chiaramente messo in luce da Letizia Vacca che «la giurisprudenza tardo–classica, prendendo spunto da alcune soluzioni di Giuliano, era arrivata ad individuare nel caso di evizione una ipotesi in relazione alla quale trovavano applicazione i criteri generali di determinazione della responsabilità contrattuale del venditore e del suo contenuto patrimoniale valutabili nell’ambito dell’iudicium empti. Questi criteri comportavano che in tutti i casi in cui l’inadempimento … era dovuto ad una condotta riconducibile al dolo contrattuale, il venditore sarebbe stato tenuto a reintegrare l’interesse patrimoniale del compratore ad avere tale piena disponibilità; laddove, invece, risultava comunque oggettivamente lesa la sinallagmaticità delle prestazioni … nell’ambito del iudicium empti poteva ottenersi o la restituzione in tutto o in parte del prezzo pagato o l’eccezione alla richiesta di pagamento, ristabilendo così l’equilibrio delle prestazioni conforme alla buona fede oggettiva rilevante processualmente»349.

8. Le diverse funzioni dell’actio empti in relazione all’evizione.  

La corretta valorizzazione del pensiero di Giuliano350 permette, poi, di leggere in una diversa ottica soluzioni interpretative a lui successive e rispetto alle quali la dottrina tradizionale si è mostrata fortemente critica.

                                                                                                               

349 VACCA, Sulla responsabilità ex empto del venditore nel caso di evizione secondo la

giurisprudenza tardo–classica, cit., 317 ss.

350 Non può non evidenziarsi, seppure in modo incidentale, come la forza espansiva dei principi eleborati da Giuliano abbia investito anche i negozi che tradizionalmente sono avvicinati alla vendita, prima tra tutti la permuta. In questo senso può, senza dubbio, richiamarsi un passo di Paolo: D. 19, 4, 1, 1 (Paul., 32 ad ed.) Unde si ea res, quam acceperim vel dederim, postea

evincatur, in factum dandam actionem respondetur. Il giurista affronta il profilo della tutela

esperibile dal permutante, che avesse subito l’evizione del bene ottenuto dall’altra parte, dopo aver eseguito la propria prestazione. Quest’ultimo elemento è centrale e va valorizzato: l’adempimento della propria obbligazione da parte di colui che subisce l’evizione permette di ritenere che il contratto produca effetti obbligatori, a differenza del caso in cui a monte la permuta non potesse essere ritenuta perfezionata a causa dell’altruità del bene.Ciò posto è evidente come la concessione da parte di Paolo di un’azione in factum non possa che essere

ACTIO EMPTI E RESPONSABILITA’ PER EVIZIONE 153

Emblematiche, in vero, appaiono al riguardo le parole dell’Arangio-Ruiz, che, in relazione all’affermazione del principio che la responsabilità per evizione deve considerarsi elemento naturale del contratto di compravendita, afferma che ne costituisce «molto più dubbio corollario … la tendenza ad estendere la responsabilità del venditore oltre i limiti nei quali la conteneva l’interpretazione dell’habere licere delle stipulazioni»351.

Con la conseguenza che i frammenti, nei quali è possibile leggere che qualora il compratore avesse ricevuto la proprietà della cosa acquistata, grazie ad altro titolo, quale, ad esempio, una donazione, il venditore avrebbe perso non soltanto l’azione per ottenere il prezzo, nei casi questo non fosse stato ancora pagato, ma sarebbe stato anche costretto a restituire quanto ottenuto dal compratore, nel caso in cui quest’ultimo avesse già pagato, non potrebbero che essere interpolati e frutto di «una tendenza postclassica»352. Al riguardo                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

giustificata dalla necessità di ripristinare l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni. Che un tale principio fosse affermato da Giuliano anche in relazione alla permuta è testimoniato da D. 2, 14, 7, 2 (Ulp. 4 ad ed.): Sed et si in alium contractum res non transeat, subsit tamen causa, eleganter

Aristo Celso respondit esse obligationem. Ut puta dedi tibi rem ut mihi aliam dares, dedi ut aliquid facias: hoc sunallagma esse et hinc nasci civilem obligationem. Et ideo puto recte Iulianum a Mauriciano reprehensum in hoc: dedi tibi Stichum, ut Pamphilum manumittas: manumisisti: evictus est Stichus. Iulianus scribit in factum actionem a praetore dandam: ille ait civilem incerti actionem, id est praescriptis verbis sufficere: esse enim contractum, quod Aristo Sunallagma dicit, unde haec nascitur actio. Nella parte finale del frammento, può vedersi come

Giuliano, nel caso ‘dedi tibi Stichum, ut Pamphilum manumittas’, conceda un’actio in factum

concepta per l’evizione di Stico che segue la manomissione di Panfilo. L’anello di congiunzione

tra l’elaborazione giulianea e l’affermazione di Paolo in D. 19, 4, 1, 1 è rinvenibile in D. 19, 5, 5, 2 (Paul. 5 quaest.): At cum do ut facias, si tale sit factum, quod locari solet, puta ut tabulam

pingas, pecunia data locatio erit, sicut superiore casu emptio: si rem do, non erit locatio, sed nascetur vel civilis actio in hoc quod mea interest vel ad repetendum condictio. Quod si tale est factum, quod locari non possit, puta ut servum manumittas, sive certum tempus adiectum est, intra quod manumittatur idque, cum potuisset manumitti, vivo servo transierit, sive finitum non fuit et tantum temporis consumptum sit, ut potuerit debueritque manumitti, condici ei potest vel praescriptis verbis agi: quod his quae diximus convenit. Sed si dedi tibi servum, ut servum tuum manumitteres, et manumissisti et is quem dedi evictus est, si sciens dedi, de dolo in me dandam actionem iulianus scribit, si ignorans, in factum civilem. Il frammento testimonia, infatti, come

Paolo conoscesse e condividesse il pensiero giulianeo concernente la fattispecie in analisi. Sul punto cfr. da ultimo SCIANDRELLO,Studi sul contratto estimatorio e sulla permuta nel diritto romano, cit., 274 ss., che conduce un’approfondita analisi dei testi qui richiamati e a cui si rinvia

per il necessario approfondimento bibliografico. 351 ARANGIO RUIZ, Compravendita, cit., 350. 352 ARANGIO RUIZ, Compravendita, cit., 351.

CAPITOLO IV

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l’Arangio-Ruiz cita come emblematiche di questa ‘torsione’ due testimonianze riconducibili al pensiero di Paolo

Paul. Sent. 2, 17, 8: Fundum alienum mihi vendidisti: postea idem ex

causa lucrativa meus factus est: competit mihi adversum te ad pretium recuperandum actio ex empto.

D. 21, 2, 9 (Paul. 76 ad ed.): Si vendideris servum mihi Titii, deinde

Titius heredem me reliquerit, sabinus ait amissam actionem pro evictione, quoniam servus non potest evinci: sed in ex empto actione decurrendum est.

Nello specifico l’Autore rileva la distonia che questi passi presenterebbero rispetto ai principi sanciti dalla giurisprudenza classica in relazione all’operare delle stipulazioni di garanzia, che non potevano ritenersi ‘commissae’, nel caso in cui il compratore avesse ricevuto il bene anche per altro titolo. Per quanto riguarda, in particolare, la testimonianza tratta dalle Pauli Sententiae, nelle quali, in vero, l’opposto principio è affermato in modo più evidente, l’Arangio-Ruiz ritiene che il riferimento all’esistenza di un processo di rivendica intentato dal terzo proprietario debba essere ritenuto «sottinteso»353. In merito a D. 21, 2, 9 osserva, invece, che il passo risulta pesantemente rimaneggiato, sia in relazione all’espressione ‘actio pro evictione’, che deve aver sostituito la definizione tecnica data dal giureconsulto allo specifico rimedio processuale esperibile354, sia

per quanto attiene l’ultima frase, ‘sed in ex empto actione decurrendum est’, che si presenterebbe fortemente sgrammaticata355.

                                                                                                               

353 ARANGIO RUIZ, Compravendita, cit., 351.

354 Il Lenel ritiene che il riferimento originario non potesse che essere all’auctoritatem, cfr. LENEL, Pal., cit., I, col. 1094 nt. 8, mentre ritiene genuina l’ultima parte del frammento su cui si

concentrano le critiche della dottrina riportata nella nota seguente. Né, in vero, vi sono elementi per escludere definitivamente la genuinità dell’espressione. Non si è mancato, infatti, di ribadirne la sua classicità, ipotizzandone un utilizzo «per richiamare, in maniera atecnica, ma comprensiva di ogni possibile eventualità, le varie azioni a disposizione del compratore evitto», cfr. LAMBRINI,Compravendita e acquisto ‘ex alia causa’, cit., 769.

355 In questo senso cfr. anche C. FERRINI, Manuale di Pandette, Milano, 1908, 691 nt. 3; A.PERNICE, Labeo. Romisches Privatrecht im ersten Jahrhundert der Kaiserzeit, II.I, Halle,

ACTIO EMPTI E RESPONSABILITA’ PER EVIZIONE 155

A mio avviso, invece, differentemente da quanto ritiene l’Arangio-Ruiz, i due frammenti appaiono perfettamente coerenti con il pensiero della giurisprudenza classica356, se li si legge in connessione con le testimonianze

giulianee sopra esaminate. L’applicazione in D. 21, 2, 9 dei principi sanciti da Giuliano in D. 30, 84, 5 (Iulian. 33 dig.), appare evidente: con la conseguenza, che, se da un lato, come ritiene la dottrina tradizionale l’inciso ‘sed in ex empto

actione decurrendum est’ può apparire da un punto di vista formale essere stato

oggetto di qualche intervento compilatorio, magari per abbreviare il pensiero di Paolo, dall’altro mi sembra che lo stesso possa essere pacificamente attribuito, nel suo contenuto sostanziale, all’elaborazione di tale giurista. Ciò, in quanto appare più che plausibile che Paolo si sia limitato a richiamare il pensiero di un giurista di quasi un secolo prima, Giuliano, senza sentire la necessità di motivare o di chiarire il principio riaffermato.

Può, dunque, a mio parere, ritenersi in prima approssimazione che il rimedio

actio empti venisse utilizzato sia in funzione di garanzia – in tutti i casi in cui si

utilizza l’azione contrattuale al fine di far assumere la garanzia per evizione in forma stipulatoria o per ottenere un effetto ad essa equivalente – sia per far valere la responsabilità per inadempimento, a seguito della ‘contrattualizzazione’ della responsabilità per evizione.

Tale differenziazione, per vero, corrisponde alla diversa forza espansiva che i giuristi romani riconoscevano al principio di buona fede nel plasmare la struttra contrattuale. Come osservato da Dalla Massara, la buona fede nel suo «ruolo normativo» ha comportato l’«attrazione delle stipulationes nel regime dell’emptio venditio» ed, in una diversa lettura, ha fatto sì che «la garanzia dell’emptio venditio» non venisse considerata «staticamente … bensì proprio all’interno dello schema del sinallagma»357.

                                                                                                               

356 In questo senso è stato, di recente, affermato che «appare, però, difficile negare che l’idea in esso enunciata risalga al pensiero dei giuristi dell’età del Principato, dal momento che lo stesso concetto viene ribadito in molti testi della cui classicità non si può dubitare», così LAMBRINI,

Compravendita e acquisto ‘ex alia causa’, cit., 769.

357 cfr. DALLA MASSARA, Garanzia per evizione e interdipendenza delle obbligazioni nella

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A ciò si può aggiungere, come già anticipato all’inizio di questo paragrafo, che non si tratta di due momenti che si collocano tra loro come cronologicamente successivi. Come testimonia, infatti, D. 21, 2, 37, 2 (Ulp. 32 ad ed.) sopra esaminato, pur in un momento, in cui senza dubbio risulta attestato il ricorso all’azione contrattuale per far valere direttamente la responsabilità per evizione, nondimeno – tenendo conto delle peculiarità del caso concreto portato all’attenzione del giurista – si è utilizzata la suddetta azione in funzione di ‘garanzia’.

Queste prime “suggestioni”, – su cui si tornerà anche nel prossimo capitolo – sembrano, per vero, trovare sicura conferma ampliando lo spettro di analisi ad una fattispecie specifica concernente la responsabilità in parola, ovvero il c.d.

pactum de non praestanda evictione, che verrà esaminato nel prossimo paragrafo.