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3_Aemilia: il processo

> l’autonomia della cosca

Attraverso un complesso lavoro di analisi è utile analizzare, in primo luogo, l’identità del sistema criminale che l’operazione Aemilia prima, e l’omonimo processo dopo, hanno portato sotto la luce dei riflettori. Il GIP Ziroldi parla, all’interno dell’ordinanza di misure di custodia cautelare, di un gruppo emilia-no che è “unitario e portatore di autoemilia-noma e localizzata forza di intimidazione derivante dalla percezione, sia all’interno che all’esterno del gruppo stesso, dell’esistenza e operatività dell’associazione nell’intero territorio emiliano co-me un grande ed unico gruppo ’ndranghetistico con suo epicentro in reggio emilia, autore di innumerevoli reati, atti di violenza e di intimidazione“.

I personaggi coinvolti sono accusati, con le dovute differenze, di “aver fatto parte dell’associazione mafiosa denominata ’ndrangheta, autonoma-mente operante da anni nel territorio emiliano - provincie di reggio emilia, Parma, Modena e Piacenza“. un punto fondamentale dell’impianto accusa-torio è la tesi secondo cui il gruppo criminale individuato in emilia romagna

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non sia una semplice “succursale“ della casa madre di cutro ma una vera e propria locale, dotata di un’identità piena e delineata. non è un caso, dun-que, che all’indiscusso boss di cutro nicolino Grande Aracri non venga con-testato, nell’ambito del processo Aemilia, il reato di associazione di stampo mafioso. ciò non vuol dire che il suo ruolo e la sua autorità non vengano ri-conosciute, ma sono inserite in un nuovo equilibrio di potere.

Se a cutro nicolino Grande Aracri è il vero capo indiscusso, per la ’ndran-gheta emiliana si riduce a una figura di riferimento. “Una figura sui generis - così come descritta dal comandante leo -. Il suo nome viene usato come bi-glietto di presentazione, ma molte delle attività svolte, come quelle di recupero crediti non hanno nulla a che fare con la formazione di Cutro e spesso non ven-gono neanche comunicate a Nicolino Grande Aracri. Questo nome caratterizza più il gruppo, che il capo stesso“. Per comprendere come la cosca emiliana abbia agito negli anni, bisogna in primo luogo comprenderne la struttura interna. Siamo di fronte, innanzitutto, ad un’organizzazione che, come ha scritto il sostituto procuratore della direzione nazionale antimafia roberto Pennisi, “ha puntato alla conquista delle menti degli emiliani“. Si tratta di un gruppo criminale che dispone di una propria autonomia ed indipendenza, con una struttura unitaria e una gerarchia semiverticistica e orizzontale.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, e secondo quanto emerso dalle diverse deposizioni in aula, sono tre i padrini della cosca emiliana, ognuno con una propria zona di competenza. Alfonso diletto sulla bassa reggiana, Francesco lamanna su Piacenza, nicolino Sarcone su reggio emilia.

Quest’ultimo, grazie all’appoggio dei suoi tre fratelli Giuseppe, carmine e Gianluigi, viene presentato come colui che gestiva le eventuali relazioni della locale di reggio con le altre organizzazioni criminali come la camorra. la lea-dership, nei 30 anni di attività della cosca emiliana, ha visto in prima linea pri-ma dragone, poi Grande Aracri, successivamente Sarcone. Molti i personaggi

“satellite“. delineata la struttura interna, è utile comprendere come sia avve-nuto il passaggio da succursale della casa madre di cutro a cosca autonoma.

A raccontarlo in aula è il neopentito Antonio Valerio che spiega come negli anni 80 all’interno del mondo criminale reggiano operassero tre grup-pi: quello cutrese con un sottogruppo, quello calabro-siculo e quello reggia-no. È il Presidente della corte Francesco Maria caruso a chiedere se per

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staccarsi occorresse un’autorizzazione. “Si sarebbe dovuta chiedere ai Ciampà che erano al vertice, ma non ne avevano bisogno. Avevano solo fatto presente alla “mamma“ di San Luca che volevano aprire una locale“. ed è proprio sul territorio reggiano, precisamente a Quattro castella, che avviene quello Valerio definisce “il G7 dei capi del crotonese“, uno storico summit tra i princi-pali esponenti di ’ndrangheta presenti sul territorio. l’importanza della co-sca emiliana emerge anche da un altro aspetto raccontato da Antonio Valerio, ovvero il fatto che molti degli omicidi commessi negli anni 90 sull’asse reggio emilia- cutro nella lotta tra clan di ndrangheta, furono pia-nificati nella città emiliana, precisamente nell’appartamento dove Valerio scontava nel 1992 i domiciliari.

l’operazione Aemilia ha aperto scenari del tutto nuovi, delineando un quadro che descrive l’evoluzione del fenomeno criminale ed il passaggio dalla realtà crotonese a quella emiliana. dalla relazione della dnA del 2016 emerge in primo luogo un’accentuazione del carattere semi-verticistico del-le famiglie di ’ndrangheta presenti nel crotonese, con un ruolo importante svolto dal clan Grande Aracri, sodalizio che “si è dimostrato capace - benché colpito da diverse ed importanti attività giudiziarie - di imporre la propria influenza su di una vasta porzione del territorio calabrese, con proiezioni in emilia ed altre zone del nord Italia ed extranazionali. la vera caratteristica di tale sodalizio, è la sua radicata presenza in emilia, nonché nel bresciano, nel basso veneto e, per come dimostrato da una recente indagine della ddA di torino, in Piemonte“.

tantissime le iniziative giudiziarie che lo vedono protagonista: oltre a Aemilia, abbiamo l’indagine Pesci della ddA di Brescia, le indagini Minotauro, colpo di coda, Albachiara e San Michele, a torino, l’indagine Kyterion a catanzaro. un dato di fondamentale importanza risiede, dun-que, nell’identità dell’operazione Aemilia e soprattutto del relativo proces-so. Inizialmente presentato come un procedimento penale nei confronti di una cosca di ’ndrangheta infiltrata al nord, Aemilia è diventato un qualcosa di molto più complesso. Innanzitutto, come detto, la cosca non si è sempli-cemente infiltrata, ma si è ben radicata a partire dagli anni ’80 divenendo parte integrante delle dinamiche sociali, economiche e politiche della regio-ne. troppo semplice parlare di un processo ad alcuni calabresi, si

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be di una lettura fuorviante e miope del fenomeno.

Il processo Aemilia in realtà sta ponendo sotto i riflettori un sistema cri-minale integrato che ha come punto focale la cosca Grande Aracri che pur essendo al centro del sistema è solo un tassello del complesso mosaico che sta venendo fuori udienza dopo udienza. come detto, al centro abbiamo la cosca Grande Aracri retta dalla figura di nicolino Sarcone, coadiuvato da Alfonso diletto e Francesco lamanna. All’interno della cosca vi sono altri personaggi che sono parte integrante di essa, che in essa si riconoscono e vengono riconosciuti. oltrepassata la linea di confine ci imbattiamo in quel-la che tante volte viene definita quel-la zona grigia, ovvero tanti altri piccoli o grandi satelliti che ruotano attorno alla cosca che di essa si sono serviti e che ad essa hanno fatto riferimento e affidamento.

una volta cambiata la prospettiva con cui cerchiamo di interpretare il fe-nomeno ci rendiamo conto come intorno alla cosca hanno orbitato per anni innumerevoli personaggi appartenenti all’emilia bene: professionisti, ammi-nistratori, politici, imprenditori, giornalisti, questori, esponenti delle forze dell’ordine. detto questo, è importante però sottolineare come ogni satellite si sia approcciato al punto focale di questo sistema criminale integrato, rap-presentato appunto dalla cosca, in maniera del tutto differente. cambia in-nanzitutto la dinamica di avvicinamento. la domanda centrale rimane “chi cerca chi?“ seguita da altre che puntano alla comprensione delle motivazioni di tale avvicinamento che il più delle volte si trasforma in piena collaborazio-ne. un altro aspetto difficile da comprendere risiede appunto nella consape-volezza di tale collaborazione e delle conseguenze che essa ha comportato.