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Infiltrazioni mafiose: Processo Black Monkey

In questo contesto la criminalità organizzata ha individuato un settore strategico per i propri investimenti. Soldi sporchi della droga, delle estorsio-ni e dell’usura sono convogliati nel circuito legale del gioco d’azzardo: pro-duzione e distribuzione di slot machine, siti di gioco on line, gestione sale scommesse. la vicenda legata al processo Black Monkey che coinvolge mol-ti esponenmol-ti della famiglia Femia, residente in Bassa romagna è emblemamol-ti- emblemati-ca: intimidazioni, minacce e grandi capitali per creare un impero delle mac-chinette, un impero talmente vasto che al momento degli arresti nel genna-io 2013 furono sequestrati beni per 90 milgenna-ioni di euro. dopo quattro anni di processo, il tribunale di Bologna ha inflitto pene per un totale di quasi 170 A curA del GruPPo dello ZuccHerIFIcIo

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anni di carcere per i 23 imputati alla sbarra.

È stata confermata l’esistenza di una associazione a delinquere di stampo mafioso con a capo nicola Femia detto rocco, condannato a 26 anni di car-cere, della quale facevano parte il figlio nicolas, condannato a 14 anni, e anche la figlia Guendalina Femia, condannata a 10 anni. ed è importante sottolineare come pesanti condanne siano arrivate anche per i cosiddetti colletti bianchi: nove anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e altri reati per l’ex ispettore di Polizia rosario romeo, sette anni e due mesi per il commercialista di Massa lombarda ettore negrini, due anni e due mesi, per millantato credito per la funzionaria della corte di cassazione, a teresa tommasi.

Importanti le parole dei giudici nelle motivazioni alla sentenza di primo grado: “Managerialità e familismo, relazioni con facilitatori e collegamenti con funzionari che assicurano una rete di sicurezza svelando indagini in cor-so o con appartenenti all’intelligence, antiche e concor-solidate relazioni con altre organizzazioni mafiose che all’occorrenza intervengono in una sorta di mutuo soccorso trasversale alle singole mafie“. Ma, soprattutto “una capa-cità intimidatoria, progressivamente affermata con atti concreti (minacce, estorsioni e pestaggi), che ha garantito sempre più soggezione e omertà in capo a chi ha avuto a che fare con l’associazione, vale a dire un potere diffu-so e capillare derivante al clan dalla sua diffu-sola esistenza“.

Secondo i giudici era sufficiente pronunciare il nome di don rocco per sprigionare una capacità intimidatoria effettiva, capace di “piegare ai propri fini la volontà di quanti venivano a contatto con i componenti“ dell’associa-zione. Prova ne è il fatto che nonostante estorsioni e pestaggi, nessuna delle vittime abbia denunciato. una condizione di assoggettamento e omertà che non si è placata nemmeno dopo l’arresto dei vertici del clan e anzi si è riverberata nel processo, tanto da far sottolineare “gli atteggiamenti palese-mente reticenti da parte dei testimoni, dai quali è lecito desumere che subis-sero ancora il condizionamento del clan“.

l’evidenza della difficoltà nel contrasto alla criminalità organizzata, tut-tavia sta in alcuni segnali, difficilmente percepibili per la maggioranza delle persone: ad enada 2017, la fiera internazionale degli apparecchi da intratte-nimento e da gioco, svoltasi dal 15 al 17 marzo, era infatti presente

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Guendalina Femia, allo stand nankurunaisa. dopo che l’azienda Starvegas di Guendalina Femia era stata bloccata dall’unione dei comuni della Bassa romagna nel 2013, a seguito della conclusione dell’indagine preliminare, e che la successiva Starvegas srls aveva trasferito la propria sede legale a Milano, (mantenendo la sede operativa a lugo e contatti legati a Guendalina stessa, come si può leggere sul sito internet dell’azienda), la donna è quindi ricomparsa alla più importante fiera del settore del Sud europa, proponen-do, tra i vari prodotti, la slot Sibille. Sibille è una scheda elettronica realizzata da Starvegas srls e utilizzata per un apparecchio anche da nazionale elettronica, una nota azienda del gruppo terrabusi di Faenza.

Matteo terrabusi, presidente di romagna Giochi e socio della nazionale elettronica, in un’intervista ha ribadito di non aver contatti con i Femia e di aver acquistato un solo gruppo di 200 schede affermando che “non potevamo sa-pere che il legale rappresentante era la compagna di nicola Femia.“ salvo poi essere smentito nella stessa intervista dal direttore generale di nazionale elettronica che ha confermato di aver chiuso la compravendita direttamente con Guendalina Femia “…non potevamo trattarla come una pregiudicata e non sapevamo che fosse imputata nel processo…“. la stessa azienda “romagna Giochi“ è stata colpita nel dicembre 2017 da un’interdittiva antimafia per il ri-schio di infiltrazioni mafiose emessa dalla prefettura di ravenna.

Il mondo dell’impresa e dei colletti bianchi ancora non comprende il si-gnificato ed il rischio dell’infiltrazione mafiosa, tanto che nelle motivazioni della sentenza del processo Black Monkey c’è un passaggio che pare un monito: “ogni volta che un esponente della criminalità organizzata di tipo mafioso commette un reato, oppure un’associazione per delinquere s’inse-dia e opera in un territorio, è l’intera comunità a esserne colpita, oltre che direttamente, anche per l’immagine che di essa viene percepita all’esterno e per la situazione di pericolo a cui vengono esposti i cittadini e il corretto fun-zionamento della democrazia e delle istituzioni. non va dimenticato, infatti, che la mafia è compressione della libertà e della democrazia, proprio per quel potere diffuso di intimidazione e di assoggettamento (e quindi di limi-tazione della libertà) che espressamente riconosce l’art. 416 bis cp.“

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