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Del resto, il proseguimento della mediazione degli interessi imperiali in Italia nel senso avviato con la creazione del primo nucleo di funzionariato imperiale sembrò risponde- re proprio alla volontà di conservare (a parte l’eccezione mantovana che confermava la regola) la prassi secolare. Dopo la morte di Cesare Gonzaga di Guastalla avvenuta nel 48 Come ha ricordato Quazza i negoziati per la composizione della questione mantovana erano

stati affidati da Ferdinando II all’abate Kremsmünster, ai consiglieri Nostitz e Questenberg che erano favorevoli al duca di Guastalla; Quazza, op. cit. (nota 38), vol. 2, p. 195.

1632, ovvero poco dopo la fine della guerra per la successione di Mantova, questa prima larvale formula di funzionariato imperiale in Italia registrò per un anno una vacanza della carica: pare interessante che il residente di Spagna a Vienna, Giacomo Bruneo, sottolineasse quanto fosse pernicioso per gli affari imperiali l’assenza di un commissario e mettesse in rilievo il pericolo costituito dalla tendenza del momento, la stipulazione di trattati di aderenza con gli stati «regionali», gli «antichi stati italiani»50. Altrettanto significativo mi pare il fatto che, per rimediare a questi pericoli, fossero state avanzate candidature di vari personaggi che, membri di consorterie diverse, miravano in realtà a conservare entro l’alveo delle reti dinastiche degli ultimi tre commissari (il Landi e i due Gonzaga di Guastalla) il controllo e la mediazione degli affari imperiali italiani. Comparvero così autocandidature o raccomandazioni51 di personaggi che, apparen- temente non direttamente coinvolti nel sistema del vassallaggio imperiale, erano in realtà indirettamente ad esso collegati: dopo un periodo tra 1633 e 1640 in cui la commissione generale fu attribuita a Giovanni Andrea Doria, nel 1641 la carica di commissario generale tornò ancora una volta nelle mani di un Gonzaga, Ferrante III duca di Guastalla, figlio di Cesare e nipote di Ferrante II. Pertanto la linea che era stata prima candidata al trono mantovano e poi spodestata tornava a gestire per l’Impero le relazioni con i vassalli italiani. Ma questa linea non durò a lungo perché, terminata la Guerra dei Trent’anni, nel 1653 quand’era ancora nel pieno del suo svolgimento quel conflitto tra Spagna e Francia che si sarebbe conclusa con la pace dei Pirenei, l’Impero smise per qualche tempo di nominare commissari generali e tornò a rivolgersi alla Spagna come mediatrice dei propri interessi in Italia tanto che nel 1653 l’imperatore Ferdinando III conferì al governatore spagnolo di Milano l’incarico, come delegato imperiale, di svolgere indagini su quei feudi che in funzione dei trattati di alleanza su cui si erano concentrate le attività dei duchi di Guastalla negli anni Venti, a causa della loro proliferazione all’epoca della Guerra dei Trent’anni, apparivano ora come «feudi controversi»52. Questo dato della dubbia appartenenza dei territori avrebbe costituito il sale di tutti i problemi che l’Impero e i suoi rappresentanti dovettero affrontare nella seconda metà del secolo.

Non vi è dubbio pertanto che la Guerra dei Trent’anni, con il corollario della doppia crisi di Mantova e Monferrato, con la scelta di una soluzione dinastica e non burocratica, ma al tempo stesso sancita quale eccezione e non regola, abbia rappresen- tato nella storia dei rapporti tra Impero, Spagna e vassalli italiani, uno dei momenti più significativi per la gestione degli interessi imperiali, un periodo in cui a corte, tra gli ambienti familiari della casa regnante e gli uffici dell’Impero emersero ipotesi

50 Cremonini, op. cit. (nota 9), pp. 31-48. 51 Ibidem.

differenti sulla gestione degli affari italiani. E il fatto che al termine del grande periodo bellico, dopo aver tentato di creare figure intermedie, l’Impero tornasse a considerare la corte spagnola e i suoi delegati in Italia come il soggetto più credibile per il disbrigo di quegli interessi, appare sicuramente un dato interessante, su cui si dovrà riflettere anche in considerazione della necessità di prendere in esame in modo più articolato le dinamiche europee della seconda metà del Seicento.

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