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Giovenale Boetto e Giovanni Claret: scambi, invenzioni, modelli tra grafica e pittura

Ritratti di ufficiali vivacemente caratterizzati negli sguardi e nei gesti, ritratti di soldati, corazzieri, picchieri, moschettieri, archibugieri descritti nelle loro divise e armi, come negli esercizi militari incisi da Jacques de Gheyn e da Jacques Callot o da Stepha-

28 Sui restauri del 1930, Olivero, Cognasso e Lovera di Castiglione, op. cit. (nota 5), pp. 32, 35-

36; Goria, op. cit. (nota 3, 2003), p. 166; nel 2005 i lavori di restauro del salone, sotto la Soprintendenza al patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico del Piemonte, sono stati effettuati da Iconos Restauri.

29 L. C. Gentile, «Lo stemma e le sue variazioni, specchio della politica dei Savoia in età moderna», in W.

Barberis (a cura di), I Savoia. I secoli d’oro di una dinastia europea, Torino, Einaudi, 2007, pp. non numerate, fig. 7.

30 Griseri, op. cit. (nota 1, 1988), p. 238; S. Villano, «Scheda 11», in C. Arnaldi di Balme e M.

P. Ruffino (a cura di), Madame Reali. Cultura e potere da Parigi a Torino. Cristina di Francia e Giovanna

Battista di Savoia Nemours 1619-1724, catalogo della mostra di Torino, Genova, Sagep, 2019, p. 128.

31 Sulle fonti romane per l’illusiva architettura, dalla Sala Clementina degli Alberti in Vaticano per

la volta, all’idea compositiva di Agostino Tassi e Giovanni Lanfranco per la decorazione della Sala Regia al Quirinale e alla Sala degli Orazi e Curiazi in Campidoglio del Cavalier d’Arpino per gli arazzi, fino all’Aurora di Guercino sulla volta del Casino Ludovisi, Romano, op. cit. (nota 2), pp. 308-310; Griseri,

no Della Bella, intenti nelle operazioni di guerra in quegli stessi anni descritte nelle relazioni propagandistiche delle vittorie ducali con i siti percorsi dalle armate32. E ancora, sullo sfondo di spaziosi paesaggi o cieli atmosferici, marce, assedi e scontri tra stoccate e fuochi incrociati di pistole e archibugi nei fumi delle polveri da sparo; armi e strumenti di artiglieria da campo accatastati alle basi angolari del salone o nelle bordure degli arazzi; i ritratti delle città e dei territori, che saranno protagonisti delle vedute topografiche del Theatrum Sabaudiae pubblicato ad Amsterdam, a cui lavorerà anche lo stesso Boetto33. È ampio lo spettro dei riferimenti visivi. Tra questi, le invenzioni di Antonio Tempesta, modello privilegiato della produzione battaglistica, come risalta nell’assedio di Verrua con la vistosa ripresa del brano inciso del cavallo raffigurato di tergo34. Gli assedi e le battaglie di Callot (fig. 14), ripresi negli sfondi e reinterpretati dal segno realista di Boetto con visioni più ravvicinate, meno aeree e pittoresche (dal frontespizio callottiano de Les Misères et les Malheurs de la Guerre, Parigi 1633), sembrano inoltre tratte le combinazioni dipinte con cannoni, tamburi e trofei militari; non mancano poi soluzioni che quasi prefigurano le incisioni di Jan Miel per il secondo volume del De Bello Belgico di Famiano Strada (Roma, 1647), cui 32 Un esemplare del Maniement d’Armes d’Arquebuses, Mousquetz et Piques di Jacob de Gheyn

(Amsterdam, 1608), noto manuale d’arte bellica, si conservava nella raccolta di Carlo Emanuele I insieme ad altre incisioni a tema (ora presso la Biblioteca Nazionale di Torino), Romano (a cura di), op. cit. (nota 3), p. 21; per gli Exercices militaires di Callot (1635), ispirati ai modelli di De Gheyn, e soggetti militari in J. Lieure, Jacques Callot. Catalogue raisonné de l’œuvre gravé, 2 vol., San Francisco, Alan Wofsy Fine Arts, 1989, I, pp. 54, 67-69; A. Larcan, «Callot et la société militaire», in Jacques Callot. 1592-1635, catalogo della mostra di Nancy, Parigi, Réunion des Musées Nationaux, 1992, pp. 384-388. Per coeve descrizioni delle battaglie, si veda V. Castiglione, Historia della vita del duca di Savoia Vittorio Amedeo

principe di Piemonte, re di Cipro, s. l., s. n., s. a. [ante 1653] (ASTo, Corte, Storie della Real Casa, cat. III,

mazzo 16), dove si conservano: Relatione delle Vittorie ottenute dal Serenissimo Prencipe di Piemonte, delli

27 genaro sino all’ultimo di esso mese, Carmagnola, Marc’Antonio Bellone,1617; La suite des victorieux progrez des armes du ser. Prince de Piemont contre les Genois, depuis le vingt unieme, jusques au vingt-septieme may l’an 1625, Lione, Jacques Roussin, 1625; Relatione del successo nell’attacco del Castello di Moncalvo, dato d’ordine del Serenissimo Principe di Piemonte, 1628. Presso la Biblioteca Nazionale di Torino, Progressi vittoriosi del Serenissimo Principe di Piemonte contro i Genovesi nella Riviera di Ponente, Torino, 1625

(Msc. 448-39). Sull’assedio di Verrua, cfr. il dipinto genericamente riferito a pittore attivo in Piemonte,

Vittorio Amedeo I all’assedio di Verrua nel 1625 (Torino, Palazzo Reale), in W. Barberis, A. Merlotti,

T. Ricardi di Netro, «I Savoia. Storia di una dinastia», in E. Castelnuovo et al. (a cura di), La Reggia

di Venaria e i Savoia. Arte, magnificenza e storia di una corte europea, catalogo della mostra di Venaria,

Torino, Allemandi, 2007, vol. II, p. 79; su questi temi si rimanda al contributo di F. J. Álvarez García in questo volume.

33 Sul Theatrum Sabaudiae, stampato dopo una lunga gestazione (Amsterdam, Blaeu, 1682),

Griseri, op. cit. (nota 2), pp. XL-XLI; R. Roccia, op. cit. (nota 16); sui collegamenti tra cartografi e pittori-incisori, in riferimento a Boetto, G. Romano, Studi sul paesaggio. Storia e immagini, Torino, Einaudi, 1978 e 1991, pp. 92-94.

presero parte anche i battaglisti Cerquozzi e Courtois35. Riferimenti forse non estraneri al bagaglio figurativo del giovane Claret, la cui origine suggerirebbe una consuetudine con il genere di maestri fiamminghi e olandesi specializzati in battaglie, come Pieter Snayers apprezzato a corte36.

Per questa moderna pittura di storia Andreina Griseri ha individuato il rapporto con il Salón de Reinos al Buen Retiro, la grandiosa impresa terminata nel 1635, con

La resa di Breda e i ritratti equestri di Velázquez e altre opere di grandi artisti di corte

(come il Soccorso di Brisach di Jusepe Leonardo del 1635)37 (fig. 15). Non mancavano alla corte sabauda gli aggiornamenti sulle maggiori imprese europee, sui modelli di Rubens e di Van Dyck, sulle celebrazioni delle vittorie dei sovrani, ma le tangenze con 35 Sui ritratti equestri, gli assedi di Breda e La Rochelle, la battaglia di Avigliana (1631 circa), i

combattimenti di cavalleria, ma anche le imprese di Ferdinando I de Medici del 1614-1620, Les Misères et

les Malheurs de la Guerre, Parigi, 1633, l’intera sezione La guerre in Jacques Callot, op.cit. (nota 31, 1992),

pp. 348- 409, 173-178; Le incisioni di Jacques Callot nelle collezioni italiane, catalogo della mostra di Roma, Pisa e Napoli, Milano, Mazzotta, 1992, pp. 210, 228 e 232; in relazione a Miel, nel De Bello belgico, Griseri, op. cit. (nota 1, 1988), pp. 239-241; Romano, op. cit. (nota 2, 1995), p. 21; per vedute, soggetti militari e esercizi di cavalleria di Della Bella, si veda A. de Vesme, Stefano Della Bella. Catalogue Raisonné, New York, Collectors Editions, 1971, 2 vol., I, pp. 81- 86, 137; Martinetti, op. cit. (nota 7), p. 38.

36 R. Sennewald e P. Hrncirik, Pieter Snayers. Battle painter 1592-1667, Berlino, Zeughaus

Verlag, 2018, con supplemento elettronico The Relief of Saint-Omer in 1638 series of paintings by Pieter

Snayers in Torino, 2020, pp. 1-10; L. Bianco e A. B. Raviola, «Non solo Roma. Torino, i Savoia e le

Fiandre nei Campeggiamenti di Emanuele Tesauro», Incontri, 30, 2 (2015), pp. 61-68.

37 Sul ciclo del Salón de Reinos (Museo del Prado), J. Brown e J. H. Elliott, A Palace for a King.

The Buen Retiro and the Court of Philip IV, New Haven, Yale University, 1980 (2 ed. 1986); F. Checa,

J. H. Elliott e J. Brown, El Palacio del Buen Retiro y el nuevo Museo del Prado, Madrid, Museo del Prado-TF Editores, 2000; A. Úbeda de los Cobos (a cura di), El Palacio del Rey Planeta. Felipe IV y el

Buen Retiro, catalogo della mostra, Madrid, Museo Nacional del Prado, 2005.

Fig. 14. Jacques Callot, La battaglia, acquaforte, da Les Misères et les Malheurs de la Guerre, Parigi 1633. Parigi, Bibliothèque Nationale de France.

il ciclo del Buen Retiro per il trionfo di Filippo IV spingevano la Griseri a ipotizzare un viaggio diretto a Madrid dell’artista degli affreschi Taffini38. Per i rapporti con questa cultura vale però la mediazione del tardo caravaggismo «a passo ridotto» dei cosiddetti bamboccianti a Roma, dove nel 1630 si trovava lo stesso Velázquez39. «Ingrandimenti mentali di quadri a passo ridotto»: è la nota definizione di Roberto Longhi per l’opera di Velázquez del 1630, precedente del grande quadro di storia recente, La resa di Bre-

da, riutilizzata da Giovanni Romano per le battaglie Taffini riportandone la sorgente

38 A. Griseri ipotizzava per la celebrazione del duca a Palazzo Taffini un intervento più determi-

nante dei principi-cognati, in particolare del filospagnolo Tommaso di Savoia Carignano, tramite per la conoscenza del programma del Salón de Reinos dedicato a Filippo IV, sposato con Elisabetta di Borbone, sorella di Cristina di Francia, Griseri, op. cit. (nota 1, 1988), pp. 233-266.

39 R. Longhi, «Velázquez 1630. La rissa all’ambasciata di Spagna», in Paragone, I (1950), pp. 28-34.

culturale agli ultimi sviluppi del naturalismo romano, ai confronti con le battaglie «a passo ridotto» di Michelangelo Cerquozzi40 (fig. 16).

La congiuntura romana, la grafica e l’aggiornamento sui repertori di modelli circo- lanti, tra prove di ottica nordica e naturalismo «a passo ridotto», si configurano dunque centrali nell’aprire il dialogo con esiti ed esperienze europee come il cantiere madrileno.

Restano per molti versi oscuri gli inizi di Boetto e di Claret, ma le opere di entrambi risultano senz’altro segnate da una intensa naturalezza nei primi anni trenta, nel momento nodale di un percorso di ricerca che procede parallelo ma che presto convergerà a palazzo Taffini in una proficua collaborazione. Qui si stringe infatti il sodalizio artistico tra Boetto, già affermato a corte, che appronta regia compositiva e, possiamo immaginare, fornisce fonti grafiche, disegni, modelli per la pittura, fa da tramite con il contesto torinese, e Claret, di poco più giovane, a capo di una società accreditata in ambito locale, in grado di soddisfare impegnative commesse decorative41. 40 Romano, op. cit. (nota 2), pp. 309-312; sui rapporti tra Spagna e Italia cfr. anche i modelli

decorativi genovesi di Lazzaro Tavarone nella presa di Lisbona affrescata sulla volta del salone di palazzo Spinola di Pellicceria: G. Romano, «Presentazione», in Goria, op. cit. (nota 3, 2003), p. 9. Su Cerquozzi e la Battaglia del 1630-1635 circa (fig. 16), collezione Banco BPM (con suo pendant, proveniente dalla collezione di Ludovico Chigi Albani, Ariccia; Collezione Giuliano Briganti, Roma; Banca Sannitica, Na- poli; Banca Popolare di Novara), L. Laureati, «Michelangelo Cerquozzi», in G. Briganti, L. Trezzani e L. Laureati, I bamboccianti pittori della vita quotidiana a Roma nel Seicento, Roma, Ugo Bozzi, 1983; L. Laureati, «Michelangelo delle Battaglie», Paragone, 523-525 (1993), pp. 52-67; G. Sestieri, I pittori

di battaglie: maestri italiani e stranieri del xvii e xviii secolo, Roma, De Luca, 1999, p. 183; R. Colace,

Scheda 68, in P. Marini (a cura di), Capolavori dalla collezione del Banco Popolare. Dipinti scelti dal xiv al xx secolo, Verona, F. Rossi, 2010, pp. 201-203.

41 Sul sodalizio artistico Boetto-Claret, coadiuvato nelle imprese maggiori da altri artisti, tra cui il

pittore Francesco Pistone, già legato a Molineri e socio di Claret, il misterioso Alessandro Arbaudi di cui

Fig. 16. Michelangelo Cerquozzi, detto Michelangelo delle battaglie, Battaglia, olio su tela, 1630-1635 circa. Collezione Banco BPM. © Archivio Fotografico Banco BPM.

Sul disegno portante e incisivo di Boetto si imposta la salda tenuta pittorica di Claret, che lo traduce con una larga e morbida stesura, tornita da ombre e da una luminosa cromia lavorata da rialzi e tocchi più rapidi, in un rapporto che non sembra risolvibile in una schematica divisione di ruoli tra regia e esecuzione pittorica, da leggere invece nei termini di uno scambio più fluido.

In questa vicenda riveste un ruolo chiave l’eclettico Boetto incisore, scenografo, architetto, ingegnere militare, soldato, topografo, forse pittore, come tramandano le fonti e come farebbe supporre la qualità pittorica delle acquaforti: in relazione con Molineri dal 1622, nel 1631 è nominato architetto e ingegnere ducale, nel 1642 ottiene da Cristina il brevetto di «capitano trattenuto», «avendo intrapresa la professione delle armi» e distintosi «nelle guerre che desolarono il Piemonte a quei tempi», testimone diretto sul campo42. La produzione grafica si infittisce a partire dal 1633, quando firma la prima acquaforte datata, il Suonatore di piffero (Biblioteca Reale, Torino; cui si è aggiunto l’esemplare della Biblioteca Nazionale di Madrid, qui pubblicato, fig. 17), che trova uno stretto corrispettivo pittorico in alcuni ritratti del Maestro dei santi Cassinesi (Giovenale Boetto?) intorno al 1635 (in particolare nel San Carlomanno, Galleria Sabauda di Torino), rimandando al contempo per la mezza figura alla fortuna di un modello di cultura manfrediana. Una ricerca espressiva ancorata all’osservazione del reale che si ritrova anche nei soggetti celebrativi (frontespizio Di Robilant, 1634), coevi a Giacobbe e Rachele dedicata a «Iacobo Marcutio amico ingenioso» (incisore

è noto un soggiorno romano nel 1625, gli stuccatori Bartolomeo e Carlo Rusca, Goria, op. cit. (nota 3, 2003), pp. 177-199.

42 Baudi di Vesme, op. cit. (nota 11), I, p. 144; Griseri, op. cit. (nota 1, 1966), pp. 33-62.

Fig. 17. Giovenale Boetto, Il suonatore di piffero, acquaforte, 1633. Madrid, Biblioteca Nacional de España.

romano a Torino dal 1634) e alla serie delle

Quattro Stagioni (1634 circa), con i «ritratti

per la via» dei frati cappuccini ripresi in quo- tidiane occupazioni, con primi piani (si veda in particolare l’Autunno) (fig. 18) di premessa ai personaggi raffigurati sulle pareti saviglia- nesi43. Le tavole incise del funerale (1638), il ritratto del duca firmato e datato 1637, con un luminoso puntinismo che si addensa nelle ombre, in apertura del volume Charriot

d’honneur de S.A.R. Victor Amédéé (1638),

l’assedio di Torino del 1640, il frontespizio dei Campeggiamenti del Piemonte di Tesauro (1641) e l’Entrata di Cristina con il figlio Carlo

Emanuele in Cuneo al termine della guerra ci-

vile (1643) sono prossimi ai ritratti ducali, ai paesaggi, agli assedi e alla scenografia dipinta del salone44.

Anche il percorso di Claret inizia a es- serci noto soltanto dal 1632-1633, quando dipinge in società con il saviglianese Fran- cesco Pistone due pale d’altare per la chiesa degli Agostiniani di Carignano, con un forte contrasto luministico portato sui corpi e sugli 43 Morra, op. cit. (nota 19), p. 66. L’incisione a bulino e acquaforte, presso la Biblioteca Nacional

de España (Juvenalis Borrens, inv. 2937, mm. 133x99), proviene dalla collezione dell’artista Valentín Carderera y Solano (forse entrata durante il soggiorno italiano negli anni venti dell’Ottocento) acquisita nel 1867, Goria, op. cit. (nota 3, 2003), pp. 178, 184-185; sulla anticipazione al 1622 circa di alcune opere di Boetto e sul San Carlomanno (Galleria Sabauda, Torino), Romano, op. cit. (nota 1), pp. 307- 308; «Schede nn. 30, 46-47» di G. Spione e R. Arena, in G. Romano (a cura di), Realismo caravaggesco e

prodigio barocco, catalogo della mostra, Savigliano, L’Artistica, 1998, pp. 202-203, 240-243. Il Suonatore di piffero si ricollega a una serie di tele con medesimo soggetto passate su mercato antiquario con diverse

attribuzioni, a Marzio Masturzio (Wannenes, Genova, 26 novembre 2014, lotti 152-159), Bartolomeo Mendozzi (Finarte, Roma, 25 novembre 2019, lotto 274), se non a Pietro Paolini e allo stesso Boetto (L. Vertova, «Per Giovenale Boetto pittore», Studi piemontesi, XXVII (1998), pp. 33-49).

44 Morra, op. cit. (nota 19), pp. 65-82; M. Viale Ferrero, «Scheda n. 89», in M. di Macco e

G. Romano (a cura di), Diana trionfatrice. Arte di corte nel Piemonte del Seicento, catalogo della mostra, Torino, Allemandi, 1989b, pp. 84-85; C. Goria e G. Spione, «Cultura figurativa nell’età delle Madame Reali», in C. Arnaldi di Balme e M. P. Ruffino (a cura di), Madame Reali. Cultura e potere da Parigi a

Torino. Cristina di Francia e Giovanna Battista di Savoia Nemours 1619-1724, catalogo della mostra di

Torino, Genova, Sagep, 2019, pp. 67-68.

Fig. 18. Giovenale Boetto, L’Autunno, acquaforte, 1634. Musei Reali-Biblioteca Reale di Torino. Foto Ernani Orcorte. Su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo, Musei Reali-Biblioteca Reale, Torino.

oggetti in scena che pare maturato sugli ultimi sviluppi del naturalismo romano, e che si ritrova nelle prime incisioni boettiane45. In questo senso risultano preziosi anche i due piccoli dipinti rinvenuti nella parrocchia di Diano d’Alba espressivi di un’esperienza bambocciante, con temi prossimi a Van Laer, Miel e Cerquozzi, rafforzando così l’ipote- si di un viaggio nella capitale intorno al 1630, forse in compagnia di Boetto46. Come una variante delle grandi battaglie di palazzo Taffini, «una grandiosa bambocciata marina», è stata definita la Battaglia di Lepanto di Claret, ora nella sacrestia di Sant’Andrea a Bra (1642-1646) (fig. 19), legata alla decorazione murale della cappella del Rosario della parrocchiale di Mondovì Carassone con l’omonima battaglia (firmata e datata

1660, come emerso dal restauro in corso) e la battaglia degli Albigesi (con riferimento 45 Romano, op. cit. (nota 2), pp. 309-312. Su Claret, un percorso biografico e stilistico, si trova in

Goria, op. cit. (nota 3, 2003), pp. 171-188; G. Sluiter, «Giovanni Claret», con schedatura delle opere, in W. Meijer, G. Sluiter, P. Squellati Brizio, Repertory of Dutch and Flemish Paintings in Italian Public

Collections, III. Piedmont and Valle d’Aosta, Firenze, Centro Di, 2011, pp. 121-174.

46 Per il Martirio di san Biagio e la Predica di san Vincenzo Ferrer (San Giovanni Battista, Diano

d’Alba) su ampie aperture paesaggistiche, si consideri ad esempio la Predica del Battista di Cerquozzi (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica): Laureati, op. cit. (nota 40), p. 182; Goria, op. cit. (nota 3, 2003), pp. 183-185; Sluiter, op. cit. (nota 45), p. 158.

Fig. 19. Giovanni Claret, Battaglia di Lepanto, olio su tela, 1642-1646, particolare. Bra, Sant’Andrea, sacrestia. Foto Giorgio Olivero.

al 1646 circa, ora da verificare alla luce dei nuovi dati), che costituisce una significativa traduzione della battaglia di Mombaldone, quasi fosse stato utilizzato lo stesso cartone, stessi colori terrosi, ocra, verdi, rosa, azzurri, rossi carichi e incidenze della luce47.

A partire dal 1637 Claret esegue una cospicua serie di cicli murali: dalla perduta cappella del Rosario in San Domenico a Savigliano, con le vittorie cristiane riportate su Albigesi e Turchi a Lepanto, antefatto delle battaglie Taffini, al ciclo della supposta casa fossanese dei Boetto (ora quasi del tutto perduto, attribuito alternativamente dalle fonti a Boetto o a Claret), su programma di Tesauro —dove già a fine Settecento si rilevava proprio il «fare del profondo Velasco e dell’energico Rutilio Manetti»—, fino ai cantieri allestiti sotto la direzione di Boetto nella cattedrale di Fossano (1643-1658) e nella certosa di Chiusa di Pesio (1655-1662)48. All’inizio del quinto decennio Claret risultava un referente per gli eventi legati alla corte: nel 1643 gli sono commissionati i ritratti della reggente e del figlio Carlo Emanuele II, in occasione della visita a Savi- gliano (ancora nel 1668 gli spetteranno i ritratti dei duchi)49.

Una trama di relazioni e congiunture figurative che si stringe sul territorio e che giunge a toccare i punti nevralgici del sistema delle residenze ducali poco oltre la metà del secolo. A inizio 1660, nel cuore del palazzo ducale di Torino, Boetto è ancora coinvolto, come noto, nella decorazione dell’Aula Regia per fornire il disegno, sulle invenzioni di Tesauro, dell’ampio fregio delle mitiche Glorie Sassoni dipinto dai modesti frescanti Fea. Qui non scatta però quello scambio verificatosi decenni prima nel cantiere di palazzo Taffini, di cui Boetto ripropone alcune soluzioni ormai datate, entro una macchinosa scenografia dipinta, seminale forse per le prismatiche e cromatiche architetture illusive che Sebastiano Taricco metterà in opera nei palazzi della provincia50. La presenza di 47 Sulla Battaglia di Lepanto a Bra (dalla cappella del Rosario in San Vincenzo Ferrer, architettura

giovanile di Boetto) e sulle pitture della cappella di Mondovì Carassone (in corso di restauro diretto dalla Soprintendenza di Alessandria e realizzato da Costanza Tibaldeschi), Romano, op. cit. (nota 2), pp. 312- 314; G. G. Galante Garrone e G. Romani, «Scheda n. 266», in M. di Macco e G. Romano (a cura di),

Diana trionfatrice. Arte di corte nel Piemonte del Seicento, catalogo della mostra, Torino, Allemandi, 1989,

pp. 244-245; Goria, op. cit. (nota 3, 2003), pp. 171-172; Sluiter, op. cit. (nota 45), pp. 123, 138-139.

48 Notizie degli artefici piemontesi, a cura di G. C. Sciolla, Torino, Centro Studi Piemontesi, 1990,

pp. 38 e 71-73; Baudi di Vesme, op. cit. (nota 11), I, pp. 143-144; A. M. Bava, «Il ‘vecchio duomo’ di Fossano tra Seicento e Settecento», in G. Romano (a cura di), La Cattedrale di Fossano, Borgo San Dalmazzo, Cassa di Risparmio di Fossano, 1993, pp. 60-102; V. Moccagatta, La Certosa di Pesio, Torino, Centro Studi Piemontesi,1992, pp. 106-114; Sluiter, op. cit. (nota 45), pp. 126-129, 147-150, 154, 162-168, 172.

49 Goria, op. cit. (nota 3, 2003a), p. 174.

50 C. Goria, «‘Saxonicae gloriae’ dipinte. Spazi e figure per le origini dinastiche sabaude», in M.

Bellabarba e A. Merlotti (a cura di), Stato Sabaudo e Sacro Romano Impero, Bologna, Il Mulino, 2014, pp. 93-111; F. R. Gaja, «Circa 1660. Gli Appartamenti per Carlo Emanuele II e Francesca d’Orléans», in G. Dardanello (a cura di), Palazzo Reale a Torino. Allestire gli appartamenti dei sovrani (1658-1789), Torino, Editris Duemila, 2016b, pp. 6-14.

Claret alla Venaria Reale, individuata nella piccola Camera ovata dei cervi famosi affre- scata intorno al 1662 sempre su temi di Tesauro, in contemporanea ai lombardi Recchi e Casella, al lavoro nelle stanze minori e al fiammingo Jan Miel (quest’ultimo giunto da Roma a Torino come primo pittore di corte), apre ancora a nuove riflessioni sul rapporto Claret-Boetto e le prospettive della pittura di storia all’altezza di questi anni51.

Bibliografía

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